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Termini Imerese: riciclaggio e bancarotta fraudolenta, la Guardia di Finanza sequestra 400mila euro e una società, indagati quattro imprenditori

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I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura interdittiva e di sequestro preventivo emessa dal G.I.P. del Tribunale di Termini Imerese, su richiesta della Procura della Repubblica termitana, nei confronti di 4 soggetti, indagati, a vario titolo, per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, autoriciclaggio e riciclaggio.

Le indagini, condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria di Palermo (Gruppo Tutela Mercato Capitali), avviate a seguito del fallimento di una società esercente l’attività di installazione di impianti idraulici e di condizionamento, avrebbero consentito di individuare, in capo agli amministratori di diritto e di fatto, specifiche responsabilità circa la distrazione di disponibilità finanziarie, nonché dell’intero complesso aziendale della fallita, in danno dell’Erario e dei creditori.

In particolare, l’approfondimento dei flussi finanziari, reso oltremodo difficoltoso dall’assenza di documentazione contabile, ha permesso di disvelare una condotta illecita, ideata e realizzata da un’unica regia riconducibile agli indagati, frutto di un’articolata pianificazione distrattiva, perpetrata anche mediante frequenti prelevamenti di denaro contante, finalizzata a proseguire l’attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una nuova società, che rappresenta la continuazione aziendale della precedente, avente similare compagine
societaria e governance, nonché coincidenti sedi legali e operative e identici asset aziendali.

Con questo schema sarebbe stato accumulato un passivo fallimentare allo stato quantificato in oltre 230.000 euro. In considerazione degli elementi probatori raccolti nel corso delle investigazioni, il G.I.P. del Tribunale di Termini Imerese ha disposto per i 4 indagati, il divieto di esercitare attività d’impresa per la durata di un anno, nonché il sequestro preventivo di somme di denaro per 404.000 euro e del complesso aziendale della neo-costituita società.

La società sequestrata è stata affidata ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Termini Imerese.

Termini Imerese, al via la XI Edizione del Premio nazionale di poesia “Himera”. Entro il 10 giugno è necessario inviare i componimenti

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Al via la XI Edizione del Premio nazionale di poesia “Himera”, con una Sezione Speciale sull’Archeologia e i Beni Culturali ed Ambientali in Sicilia, promossa dall’Associazione Culturale Termini d’Arte, con il patrocinio morale del Comune di Termini Imerese. Una manifestazione che si è imposta nel tempo grazie allo straordinario lavoro portato avanti in questi anni dalla sua Presidente Rita Elia (nella foto).

Il premio si articola in 4 sezioni: Sez. A – Poesia inedita in Lingua Italiana (tema libero); Sez. B – Poesia inedita in Lingua Siciliana e nei Vernacoli d’Italia, affiancata da traduzione in italiano (tema libero); Sez. C – Raccolta di Poesia Edita in Lingua Italiana (pubblicata dal 2016 al mese di Gennaio 2024); Sezione Speciale Himera – Opere edite ed inedite, scientifiche e letterarie, incluse tesi di laurea e di ricerca, video-documentari, aventi per oggetto l’Archeologia e i Beni Culturali e Ambientali in Sicilia. Nelle Sezioni A, B i partecipanti, di età non inferiore ai 18 anni, possono partecipare ad entrambe le sezioni (con versamento delle rispettive quote) con un massimo di due componimenti poetici. Le opere dovranno essere scritte su foglio di carta bianca, font Times New Roman, corpo 12, con un massimo 36 versi, privi di firma o altro segno di riconoscimento. Dovranno essere inoltrati tramite plico raccomandato che dovrà contenere: copia della ricevuta del versamento della quota di partecipazione; n.5 copie per ogni poesia, in forma anonima; una copia firmata, indicando indirizzo email, contatti telefonici e inserendo la dicitura “Dichiaro che questo mio componimento poetico è frutto della mia creatività e alla data di invio è inedito e mai premiato in altri concorsi”.

In alternativa alla spedizione postale è possibile la partecipazione alle Sezioni A, B mediante l’invio dei testi poetici all’indirizzo email: [email protected] indicando nell’oggetto della mail “Premio Nazionale di Poesia Himera” e la Sezione/i alla quale si intende partecipare. Nella mail bisognerà allegare: copia/scansione della ricevuta del versamento della quota di partecipazione; gli elaborati relativi alle sezioni a cui si partecipa, in file distinti per ogni sezione, redatti in formato Word (doc/docx), font Times New Roman, corpo 12 e a loro volta in duplice copia, di cui: a) una copia anonima; b) una copia firmata, indicando indirizzo email, contatti telefonici e inserendo la dicitura “Dichiaro che questo mio componimento poetico è frutto della mia creatività e alla data di invio è inedito e mai premiato in altri concorsi”. Nella Sezione C si partecipa con l’invio di n° 5 copie dell’opera, di cui una completa di firma, dati dell’Autore, recapito telefonico, indirizzo email. Nella Sezione Speciale Himera si partecipa con una sola opera, inviando, presso l’indirizzo di cui all’articolo 16, una copia cartacea (completa dei dati dell’autore) e la ricevuta di versamento, mentre il file dell’opera va inoltrato al seguente indirizzo e-mail [email protected].

Il plico, contenente i lavori dei partecipanti e sul quale dovrà essere apposta la dicitura “Partecipazione al Premio Nazionale di Poesia Himera Sez…”, andrà spedito entro il /10 Giugno /2024 (farà fede il timbro postale) al seguente indirizzo: Alla Presidente dell’Associazione Culturale Termini d’Arte, Sig.ra Rita Elia, Via del Mazziere 48 – 90018 Termini Imerese (PA).

A parziale copertura delle spese organizzative è richiesto un contributo di € 15,00, per ogni sezione a cui si intende partecipare, da effettuare con le seguenti possibili forme di pagamento: con bollettino postale C.C.P. 8349708 intestato ad Associazione Culturale Termini d’Arte indicando la causale “Premio Nazionale di Poesia Himera”; con bonifico a IBAN IT32U0760104600000008349708 BancoPosta intestato ad Associazione Culturale Termini d’Arte; con accredito Postepay 5333171173214558 intestato a Rita Elia.

I plichi sprovvisti della certificazione di avvenuto pagamento della quota di partecipazione saranno esclusi dal concorso.

I vincitori del 1° Premio assoluto nell’edizione precedente non potranno concorrere nella medesima sezione, pena l’esclusione.

Ai primi classificati delle quattro sezioni verrà assegnata una pergamena e l’opera artistica “La Dea Alata di Himera” del Maestro Domenico Zora. Ai secondi e terzi classificati di tutte le sezioni, verrà assegnata una targa personalizzata. A discrezione della Giuria potranno venire attribuiti, a opere meritevoli, Menzioni d’Onore, Segnalazioni di Merito e Premio Speciale Giuria, consistenti in ceramiche artistiche, opere d’Autore, targhe e pergamene. Ai vincitori dei primi premi delle quattro sezioni, che giungono da oltre la provincia di Palermo, verrà offerto pernottamento e colazione, estendibile ad un familiare.

I vincitori dei primi premi dovranno ritirare personalmente i premi assegnati, pena la decadenza. Per gli altri premi, poiché non si effettuano spedizioni, è eccezionalmente ammessa la delega scritta. I premi non ritirati resteranno a disposizione dell’Associazione.

La classifica dei vincitori di questa XI Edizione si conoscerà nel mese di Luglio 2024 e la Cerimonia di Premiazione avrà luogo nel periodo estivo. I Premiati saranno avvisati tramite e-mail o telefonata.

Durante la serata di premiazione verrà conferito il Premio alla Cultura ad una personalità che si è distinta nel campo dell’Arte e della Cultura. Verranno inoltre assegnate “Targhe all’Eccellenza” a operatori artistici e culturali di rilievo.

La Commissione Giuria delle sezioni poetiche sarà presieduta dal Prof. Ignazio Buttita e composta dai Proff. Giuseppe Bagnasco, Teresa Riccobono, Lucia Lo Bianco, Francesco Federico. La Commissione Giuria della Sezione Speciale Himera sarà presieduta dall’archeologo Prof. Nunzio Allegro e composta dalle Dott.sse Flora Rizzo e Manuela Sinatra. Segreteria, cell. 377.1921450 – 320.0827536.

Gangi,  Roberto Franco con “È sedimentario, mio caro Watson!” vince il “Premio internazionale  Navarro” di Sambuca di Sicilia

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Non si fermano i riconoscimenti per l’ultimo libro dello scrittore di Gangi Roberto Franco “È sedimentario, mio caro Watson! Dalle indagini ‘geologiche’ di Sherlock Holmes alla nascita delle geoscienze forensi”, Plumelia Edizioni.

A pochi giorni dal conseguimento del 2° posto al Premio Internazionale “Salvatore Quasimodo”, il saggio si è piazzato al 1° posto al prestigioso “Premio internazionale Navarro” nella Sezione “Saggi, articoli, tesi di laurea, studi monografici”, attribuito dalla Commissione esaminatrice, presieduta dal professore e scrittore Enzo Randazzo, dopo aver valutato un gran numero di opere provenienti dall’Italia e dall’estero.

La premiazione della XV edizione si è tenuta il 24 maggio presso la Sala Convegni della Sicilbanca, in concomitanza con l’VIII convegno di Studi Navarriani, a Sambuca di Sicilia che grazie alle opere letterarie di Emanuele Navarro fa parte della “Strada degli Scrittori”, i cui itinerari ripercorrono i luoghi amati e vissuti da alcuni grandi scrittori siciliani, da Luigi Pirandello a Leonardo Sciascia, da Andrea Camilleri a Giuseppe Tomasi di Lampedusa, da Pier Maria Rosso di San Secondo ad Antonio Russello, tra molti altri.

Il Premio, nato da un’intuizione del Lions Club Sambuca Belice, del Centro Studi  Adranon, della Fondazione Sicana, del Team Sicilia my love, si propone di celebrare proprio i Navarro nei luoghi in cui vissero la stagione creativa più intensa, in particolare lo scrittore Emanuele Navarro della Miraglia, docente universitario precursore del Verismo e del Pirandellismo, protagonista della scena internazionale e geniale animatore di importanti salotti letterari dell’epoca tra Roma, Firenze, Milano, Parigi.

Il libro di Roberto Franco, illustra l’arte dell’investigazione e del processo abduttivo attraverso l’acutissimo modus operandi del più grande investigatore di tutti i tempi (seppur parzialmente immaginario), Sherlock Holmes, richiamando con grazia e dovizia di particolari, i racconti del suo creatore, Sir Arthur Conan Doyle, che per primo ha considerato applicabile nel contesto investigativo la Scienza della Terra, al pari delle altre scienze. Holmes raccoglie indizi, le più piccole tracce, fornisce impensabili interpretazioni, scarta gli eventi tra loro contraddittori, opera con quel geniale paradigma indiziario che consente di abbozzare ricostruzioni che spesso sono oggetto di appassionanti occasioni di approfondimento. La sagacia di risolvere gli enigmi, basata sull’intelligente capacità di riconoscere i fenomeni direttamente sul campo, è frutto del giusto equilibrio di quattro forze: cultura, esperienza, flessibilità ragionata e fantasia.

Un saggio originale, dunque, che continua a mietere successi e a interessare un pubblico sempre più folto, capace di condurre il lettore in un prodigioso luogo della mente dove il confine tra scienza e filosofia si annulla e apre felicemente al mondo della logica deduttiva.

Maria Piera Franco

Si fa presto a dire stress…

La parola ‘stress’ è oggi, di certo, una delle più diffuse. Viene utilizzata con grande frequenza, per definire una serie di situazioni e di condizioni tra le più varie: si è ‘stressati’ se si è stanchi, se si è oberati di lavoro, se si fatica a dormire, se si va in vacanza ‘intelligente’, se si hanno ospiti a cena. Insomma, la parola stress è diventata un ‘contenitore’ che indica tutto e non indica nulla.

La definizione del concetto di stress e la sua relazione con la vita sociale ha portato a due ordini di conseguenze: uno di tipo medico, l’altro di tipo psicosociologico. Dal punto di vista medico è risultato evidente che una serie di condizioni – dette stressors appunto – possono influenzare direttamente e indirettamente l’organismo e condizionare quindi l’insorgenza di un gran numero di condizioni patologiche. Dal punto di vista psicosociologico, la conseguenza fondamentale è stata una valutazione più attenta e circostanziata di quelle condizioni sociali che rappresentano di per se stesse un fattore di rischio per l’insorgenza di malattie psicosomatiche.

Ciò è del tutto indipendente dalla coscienza del fatto che la società contemporanea, con i suoi livelli di complessità, è per certi versi una società patogenetica. Per citare le parole di Bruno Bettelheim nel 1960: “Oggi non dobbiamo più fremere per timore delle epidemie e della fame o degli spiriti maligni nascosti nelle tenebre o degli incantesimi delle streghe, ma siamo stati alleviati dal peso delle fatiche più sfibranti, e le macchine, non il lavoro delle mani, ci daranno presto non soltanto quasi tutto ciò di cui manchiamo, ma anche ciò di cui in verità non abbiamo bisogno (1960)”.

Parole profetiche, visto che risalgono a più di sessant’anni fa. Ma se queste considerazioni possono stimolare la riflessione, ciò che necessita è la definizione esatta di come la complessità sociale possa produrre stress – e quindi patologia psicosomatica. E’ fuori discussione che esista, oggi, una ‘società psicosomatica’, almeno quanto esiste una famiglia e un individuo ‘psicosomatico’. Il problema scientifico sembra quello di stabilire se esistono dei fattori ‘psicosomatogeni’ assoluti, e soprattutto se tali fattori siano correlati – e in che modo – con la complessità sociale, entrambi compiti di importanza fondamentale ai fini di una corretta prevenzione primaria. D’altra parte è del tutto illusorio pensare che la relazione tra stile di vite e malattie sia acquisizione della medicina moderna. Già Ippocrate aveva compiuto osservazioni al riguardo, quando esaminando lo stile di vita degli Sciiti aveva evidenziato come gli appartenenti alle classi più elevate soffrissero di malattie specifiche, che non si ritrovavano invece nelle classi più basse, tutte attribuite dallo stesso all’abitudine di stare gran parte del tempo in sella ai loro cavalli – il che produceva tra l’altro secondo Ippocrate, obesità e disturbi sessuali.

Nella valutazione di questi fattori ci si trova di fronte ad alcuni problemi abbastanza complessi. Il fondamentale di essi è quello di determinare il peso obiettivo di uno stressor e il peso soggettivo che ad esso è attribuito dall’individuo, da ciò che viene chiamato il suo “filtro cognitivo”. In altre parole, individui diversi possono reagire in maniera molto differente ad uno stesso stimolo stressante. Ma se il filtro cognitivo può modificare la percezione di uno stress, l’attenzione maggiore va data allo stressor in quanto tale o ai fattori psicodinamici e relazionali che caratterizzano la reazione individuale allo stress?

Il problema è ancora ben lungi dall’essere risolto. E’ stato dimostrato, in questo contesto, che tre fattori psicosociali sembrano avere valore di stressors: l’eccessiva responsabilizzazione; l’eccessiva deresponsabilizzazione; la frustrazione e l’insuccesso.

Ne consegue che di fronte ad uno stesso stimolo, individui differenti possano reagire in maniera differente, il che sposta il problema preventivo e igienico mentale dalla sfera psicosociale a quella individuale e relazionale. Ne consegue che quello che ci interessa non è tanto una valutazione della complessità sociale in quanto tale – compito che demandiamo ai sociologi, o alla psicologia sociale – quanto il modo in cui un individuo internalizza e rielabora, in base ai propri vissuti la complessità sociale stessa che pertanto diviene un valore relativo e astorico.

La volgarizzazione, purtroppo tanto diffusa, del concetto di stress presuppone, nel modello popolare, che gli aspetti sociali siano di due tipi: buoni e cattivi, i primi connessi ad una situazione ideale di salute mentale e psicofisica, i secondi ad una condizione, appunto di stress. Questa valutazione fu intuita come errata persino dallo stesso Hans Selye, il teorizzatore moderno del concetto di stress, quando distinse opportunamente, un eustress da un distress: un tipo di stress naturale, biologico, in altri termini ‘ecologico’, e uno stress patogeno, anti-ecologico.

Ma a definire la qualità dello stress sembrano intervenire fattori individuali che nulla hanno a che vedere con la realtà psicosociale.  L’individuo ha la capacità di stabilire cosa sia o non sia stressante per se stesso. Tale capacità si può estendere agli eventi o alle situazioni più varie, caratterizzando non solo la risposta percettiva, ma anche l’integrazione di tale risposta. Si è visto, per esempio, come la risposta allo stress in una condizione sperimentale può variare significativamente in relazione alla personalità del soggetto, per cui soggetti esposti allo stesso stimolo stressante possono reagire in maniere molto differenti. Non è allora tanto la complessità sociale a determinare la risposta allo stress, bensì il modo in cui tale complessità sociale viene vissuta e percepita.

Lo studioso Levi, ideatore di un modello psicosociale di risposta allo stress, precisò che fattori ambientali, rapporti interpersonali e risposte emotive si pongono in relazione con il programma psicobiologico individuale, e che è proprio tale programma a modulare il tipo e l’entità della risposta.

Nella concezione di Selye lo stress è infatti una risposta ‘aspecifica’ dell’organismo all’ambiente: il suo valore patogenetico risiede allora nella convergenza tra essi stessi e quegli stati transitori di natura emozionale che Levi stesso definisce ‘precursori di malattia’. Sono le variabili interagenti, cioè, a determinare il valore di uno stimolo.

Un esempio tipico del valore relativo della complessità sociale nel determinare il valore dello stress è dato da un questionario usato come strumento di valutazione, la Social Readjustment Rating Scale di Holmes e Rahe.

In essa vengono elencati alcuni eventi stressanti che, sommandosi, possono produrre una condizione emozionale predisponente all’insorgenza di una malattia psicosomatica o più genericamente psichiatrica. Ciò che ha suscitato, in diversi studiosi, perplessità è proprio il fatto che, per quanto espressioni di complessità sociale, le domande della scala non lasciano spazio al peso soggettivo. Tanto per fare un esempio, non è detto che tutti gli individui considerino alla stessa maniera un ‘mutamento di abitudini personali’, un divorzio o, semplicemente, le vacanze o le feste natalizie. Il peso attribuito da persone diverse a ciascun evento è individuale: può cioè essere modificato da vissuti, convinzioni, paure, fantasie. Se è vero allora che il ‘mutamento di abitudini’, per esempio, è un prodotto tipico della attuale complessità sociale (si pensi semplicemente all’enfasi posta sul problema della ‘mobilità lavorativa’ nella società attuale), è difficile attribuirle un peso oggettivo.

Un altro fattore importante da tenere in considerazione è quello relativo alla cultura, e quindi al ‘paradigma’, al modello di mondo. La complessità sociale, ovvero, può essere vissuta in termini diversi in base al proprio modello di realtà e alla propria capacità di accettare o rifiutare i diversi aspetti che la compongono. In ogni individuo è ipotizzabile un modello di realtà nel quale esistano aspetti ‘buoni’ e aspetti ‘cattivi’ la cui definizione qualitativa prescinde dal loro peso obiettivo.

Così, prendendo come esempio le voci della scala di Holmes, è possibile indagare non solo il loro peso obiettivo, ma il loro peso soggettivo culturale. Per fare un esempio, il ‘peso’ di un divorzio sarà molto differente tra soggetti con diverse visioni religiose o morali del mondo (per esempio, un cattolico e un agnostico).

Considerazioni di questo tipo, ci costringono a spostare l’attenzione dalla complessità sociale al vissuto della complessità sociale e alle sue determinanti culturali. Anche volendo prescindere dalla variabilità individuale, è anche la cultura di appartenenza che decide quali fattori di complessità sociale vadano considerati stressanti e quali no.

Ogni cultura stabilisce dei modelli che le sono propri per identificare cosa sia normale e cosa non lo sia, per cui il concetto di norma sembra equiparabile ad un continuum nel quale sono rintracciabili tutti gli aspetti dell’esistenza – la cui importanza viene definita dalla cultura dominante. L’unica norma generalizzabile appare quella biologica, culturalmente immodificabile, e quindi unica fonte di normatività.

Lo stress è una risposta biologica, che stabilisce una norma: ovvero che l’organismo reagisce a qualunque stimolo esterno. La patogenicità, cioè la correlazione fra lo stimolo esterno ‘subìto’ e l’insorgenza di una malattia psicosomatica o di un disturbo psicologico, è variabile ed è condizionata sia dalle caratteristiche individuali, sia dall’ambiente culturale nel quale si verifica questa sequenza ‘stimolo-risposta’. Ciò implica che un soggetto risponda allo stress in base a modelli individuali e sociali, indipendenti, per larga misura dalla complessità sociale in se stessa.

Questo non significa ovviamente negare importanza ai fattori sociali obiettivi, sempre più deterioranti, o allo stile di vita da essi imposti, come fattori di rischio per le malattie psicosomatiche. Significa semplicemente valutarne l’importanza con maggiore obiettività. In altre parole: diamo a Cesare quel che è di Cesare…

Giovanni Iannuzzo

Nasce la Consulta delle Madonie: «prioritario fermare lo spopolamento»

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Nasce la Consulta giovanile delle Madonie, con l’obiettivo di formalizzare una rete di 17 consulte comunali, esistente ormai da anni e già molto attiva sul territorio. Il nuovo organismo sarà legato all’Unione Madonie e collaborerà con esso per rappresentare le esigenze e le necessità dei giovani in un territorio complesso e gravato da molteplici problematiche come le Madonie.

Nella prima seduta è stato nominato il nuovo consiglio direttivo, eletto all’unanimità: Tiziana Albanese di Petralia Soprana (Presidente), Giuseppe Graziano di Aliminusa (Vicepresidente), Marina Seminara di Gangi (Vicepresidente), Francesco Lo Bianco di Castelbuono (Segretario) e Giuseppe Di Gangi di Blufi (Tesoriere).

«Siamo fiduciosi che l’apporto delle consulte all’attività politico-amministrativa dell’Unione sarà fondamentale per riuscire a definire una programmazione pienamente in linea con la necessità di rilanciare territorio e fermare l’inesorabile spopolamento» – affermano i giovani della neonata Consulta delle Madonie.

«Lavorare in rete è l’unica possibilità che abbiamo per garantire un futuro alle Madonie. Agricoltura, turismo, viabilità, diritto alla salute, cultura, contrasto all’emigrazione giovanile forzata sono i primi fronti su cui intendiamo impegnarci. La priorità è riuscire a invertire la tendenza dello spopolamento, anche attraverso l’attivismo nelle consulte. Ci rivolgiamo a tutti i nostri coetanei: scegliamo di restare e di essere attivi nella vita pubblica dei nostri paesi».

8 e 9 giugno alle urne 37 comuni della Sicilia: nel nostro Comprensorio si vota a Bompietro e San Mauro Castelverde

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Negli stessi giorni in cui gli italiani andranno alle urne per il rinnovo del Parlamento Europeo, 37 comuni siciliani sono chiamati a rinnovare i propri organi amministrativi. In otto centri si voterà con il sistema proporzionale mentre nei restanti 29 il sistema di attribuzione dei seggi è maggioritario. Gli elettori interessati sono 483.901. Le operazioni di voto si svolgeranno sabato 8 giugno 2024, dalle 15 alle 23, e domenica 9 giugno 2024, dalle 7 alle 23.

Nel nostro Comprensorio Termini Imerese, Cefalù, Madonie si voterà solamente in due Comuni, entrambi con il sistema maggioritario, Bompietro e San Mauro Castelverde.

Per la restante provincia di Palermo sono interessati al rinnovo di sindaco e consiglio comunale i comuni di: Bagheria, Bompietro, Borgetto, Cinisi, Corleone, Monreale, Palazzo Adriano, Roccamena, San Mauro Castelverde. Per la provincia di Agrigento: Alessandria della Rocca, Caltabellotta, Campobello di Licata, Naro, Racalmuto, Sant’Elisabetta. Per il Nisseno: Caltanissetta, Gela e Sommatino. Per la provincia di Catania: Aci Castello, Motta Sant’Anastasia, Ragalna, Zafferana Etnea. Per Messina: Brolo, Condrò, Falcone, Forza D’Agrò, Leni, Longi, Mandanici, Oliveri, Rometta, Spadafora. Per la provincia di Siracusa il solo comune di Pachino. Per la provincia di Trapani i comuni di: Castelvetrano, Mazara del Vallo, Salaparuta e Salemi. Nessun comune al voto nelle province di Enna e Ragusa.

L’elettore dovrà recarsi alle urne portando con sé la tessera elettorale e un documento di identità in corso di validità. Si possono esprimere una o due preferenze per i candidati al consiglio comunale; nel caso in cui vengano espresse due preferenze, queste devono riguardare candidati di genere diverso (un uomo e una donna). Se entrambe le preferenze dovessero appartenere allo stesso genere, la seconda verrà annullata. Il voto espresso per una lista si estende al candidato sindaco ad essa collegato, ma non viceversa. Si può esprimere la preferenza per un candidato sindaco e una lista ad esso collegata, ed esprimere anche la scelta di candidati al consiglio comunale; oppure si può esprimere la preferenza per un candidato sindaco e per una lista ad esso non collegata, con relative preferenze per i candidati al consiglio comunale.

“Maria e Rosalia: il dono, la speranza e il futuro”. Progetto a Petralia Sottana per i 400 anni della Santuzza

Presentato l’evento storico artistico che attraverso due donne, Maria SS Bambina e Santa Rosalia, unisce Petralia Sottana a Palermo. Un progetto che prevede un cartellone fitto di appuntamenti alcuni dei quali già iniziati. E’ già al lavoro Mirco Inguaggiato e i ragazzi dell’istituto scolastico di Petralia Sottana che, nell’ambito del laboratorio artistico, stanno realizzando un quadro delle due sante con il salgemma colorato.

“Maria e Rosalia: il dono, la speranza e il futuro – afferma il sindaco di Petralia Sottana Piero Polito – è un vero e proprio evento che nasce grazie alla sinergia con la città metropolitana di Palermo per coinvolgere la comunità tramite la musica, l’arte e tutto quello che è patrimonio comune tra Petralia Sottana e Palermo nel nome di santa rosalia e di Maria Bambina”

Per l’occasione è stato anche realizzato il logo rappresentativo della manifestazione, disegnato dall’artista Loredana Sabatino. Il soggetto scelto è un giglio che, simbolicamente, mette insieme le due figure di Maria SS Bambina, compatrona di Petralia Sottana e a Santuzza patrona di Palermo.

Due donne legate dal giglio che è simbolo di purezza e, allo stesso tempo, storico stemma di Petralia Sottana. Il Giglio di Roccia, così come spesso è stato chiamato il paese, sboccia in una serie di attività iconiche capaci di rendere speciale anche sulle Madonie il 400° anniversario dal ritrovamento delle spoglie della santa in una grotta sul monte Pellegrino che furono portate in città per liberarla dalla peste nera. Dal quel 14 luglio del 1624, Palermo continua a onorare la sua santa patrona così come Petralia Sottana Maria SS Bambina. “Maria e Rosalia: il dono, la speranza e il futuro” è il titolo del progetto che prevede tanti appuntamenti. L’ultima decade di giugno sarà dedicata al laboratorio creativo teatrale che avrà come tema: “Sulle orme di Maria SS. Bambina e S. Rosalia” che sarà curato da Claudia Quattrocchi (Associazione Culturale “Fuori di Testa”) e coinvolgerà i bambini iscritti all’Oratorio estivo “Beato Carlo Acutis” di Petralia Sottana che scopriranno le leggende su Maria SS. Bambina e S. Rosalia dalle quali realizzeranno un lavoro teatrale che metteranno in scena il 6 luglio presso Cine Teatro Grifeo il cui titolo è già scritto: I Cunti “Sulle orme di Maria SS. Bambina e S. Rosalia”.

Previsto anche per il 22 giugno pomeriggio presso l’aula consiliare un convegno sull’attività dell’associazione SAMO, la Società per l’assistenza del malato oncologico.

Il 12 luglio il percorso si chiuderà con un concerto musicale che si terrà nello splendido anfiteatro della pineta comunale che vedrà sul palco le band “La Cicciuzzi” e i “Taberna Mylaensis” e Mario Incudine. Tutti gli artisti hanno scritto e cantato, negli anni, brani dedicati o collegati al culto di S. Rosalia. E’ previsto il pagamento di un ticket di 10 euro.

Tutti gli eventi sono finanziati dalla città metropolitana di Palermo con un bando del settore cultura. L’organizzazione della manifestazione è a cura del Comune di Petralia Sottana e dalla Asc Production.

Mons. Benedetto Rocco e la Gurfa di Alia

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Studioso di valore della Gurfa fu Monsignor Benedetto Rocco (1926-2013), docente di “Sacra Scrittura” e “Patristica” alla facoltà teologica “S. Giovanni Evangelista” di Palermo, direttore nel 1980, studioso di lingue antiche tra cui l’ebraico, l’aramaico ed il fenicio; autore di testi sulle iscrizioni fenicie scoperte presso la “Grotta Regina” a Palermo, sui mosaici e sull’archivio della Cappella Palatina di cui fu gestore; si interessò degli ebrei in Sicilia dal tardo antico al medioevo. Vogliamo ricordarlo in particolare per il suo importante e coraggioso intervento del 1995 ad Alia, al Convegno La Gurfa e il Mediterraneo, dove sostenne posizioni “non allineate” rispetto alla vulgata, data per certa, della “fossa granaria medievale” degli “addetti ai lavori”.

Per memoria di archivio ne riportiamo le parti più significative, che condividiamo come posizione corretta di ricerca ancora adesso attuale, di quel suo intervento.

Nel merito di questa epigrafe che riporta nel testo, questo scrive Benedetto Rocco, in Mediterranei e Fenici alla Gurfa di Alia:

“PRIMA PARTE …E’ stata una delle costanti, nelle descrizioni popolari della Gurfa, la presenza di caratteri epigrafici incomprensibili, di scritte ‘geroglifiche’, o di qualcos’altro, il cui senso è sfuggito fino ai nostri giorni. (p.49) … L’esame linguistico, senza dubbio difficilissimo e ancora incompleto, ha rivelato che si tratta di iscrizione in lingua fenicia o -se si preferisce- in lingua punica, che è una variante occidentale del fenicio. Non essendo possibile ad alcuno stabilire la diretta provenienza dell’autore della incisione, continuiamo a chiamarla fenicia: il fenicio include il punico, il punico non include il fenicio. (p.50) … Vocalizzando il testo consonantico, traduciamo ‘Melqart’ al primo rigo, e ‘anche ad Astarte’ nel terzo rigo; altre consonanti isolate qua e à non ci danno per ora la possibilità di traduzione alcuna. Abbiamo la presenza di Melqart e Ashtart, una notissima coppia divina, adorata dai Fenici e certamente anche dai Cananei, dagli Aramei e dai Mesopotamici. Melqart più esattamente era venerato a Tiro (=Melk-Qart ‘il Re della Citta’ ); il culto di Astarte (p.51) spaziava in tutto il vicino oriente (in accadico era detta Ishtar). … Il significato completo dell’epigrafe ci sfugge, non essendo ancora letto il contenuto del secondo e quarto rigo; dello stesso primo rigo la lettura è parziale. Si può tuttavia prevenire ogni nostra legittima curiosità, ipotizzando o la trasformazione della Gurfa a luogo di culto fenicio, o l’offerta, da parte di un devoto, di un vistoso dono votivo, tale da richiedere una menzione speciale per i secoli futuri. Di più non possiamo dire, almeno per ora. L’acquisizione della presenza dei Fenici alla Gurfa apre la porta a mille considerazioni, alle quali difficilmente si potrebbe rispondere in questa sede. A chi sembrasse inedita la presenza dei Fenici nel territorio di Alia – come lo è del resto – presentiamo un quadro della Sicilia fenicio-punica, mettendo in evidenza tutte le località che fino ad oggi hanno restituito epigrafi fenicie. Partendo da nord ovest raggiungiamo Solunto, palermo, Monte Pellegrino, Grotta Regina e la sorella minore Grotta dei Vaccari, Montelepre, Monte Palmita, Erice, Favignana, Mozia, Marsala, Selinunte, Licata, tutte località costiere o prossime alla costa; in questi ultimi anni sono state identificate iscrizioni anche nell’interno dell’isola, precisamente a Castronovo (p. 52) ed ora anche ad Alia. Per la completezza della documentazione, non so resistere ad altro ricordo, che mi affiora alla memoria: a oriente delle Madonie, sui Nebrodi viene localizzata la città detta dai Greci Amestratus, che vale in fenicio ‘Am-Ashtart’, cioè ‘popolo di Astarte’, ed oggi è conosciuta come Mistretta. Non è sul mare, ma nell’interno. Tra Castronovo e Casteltermini viene localizzata Mytistratus, altro toponimo fenicio, distinto dal precedente, che vale ‘Muti-Ashatart’, cioè ‘Uomini di Astarte’. Neanche questa città è sul mare, ma nel centro dell’Isola. Checché ne abbiano pensato fino ad oggi gli storici e i cultori della civiltà ellenica in Sicilia, non si può eludere la presenza di due città di puro etimo fenicio, presenti in Sicilia là dove con ogni cura pseudo-scientifica si è cercato di cancellarle. Questi sono fatti, che non sopportano discussioni; si tratta ora di capire il senso e la portata di queste scomode presenze. Per essere completi, aggiungiamo che presso Musei e grandi collezionisti di numismatica vengono mostrate monete con la scritta Ras-Melqart, ossia una località detta in antico Capo di Melqart, la cui ubicazione rimane controversa: secondo alcuni studiosi sarebbe la vecchia Kephaloidion (‘piccolo capo’), cioè Cefalù, secondo altri sarebbe una città della costa meridionale tra Selinunte e Agrigento, possibilmente Eraclea Minoa, a causa dell’identificazione di Melqart con Herakles/Hercules della tradizione greco-romana. Chiediamo allo storico di rivedere le sue posizioni sugli insediamenti in Sicilia nell’antichità, per trovare posto anche alle nuove acquisizioni epigrafiche, e a quelle che seguiranno certamente in  futuro. Sono queste scoperte a (p. 53) liberarci da certa pigrizia mentale, che ci fa assuefare a dati storici non più difendibili e a considerare come acquisiti per sempre fatti ormai superati, anche se accreditati da appoggi di nomi famosi. Ci sembra che sia tempo di uscire dal pantano, per respirare aria libera e pura. (p. 54)

“SECONDA PARTE  Se fino a questo momento, attraverso il linguaggio delle epigrafi, siamo partiti dal secolo scorso e siamo approdati al sec. V a.C. per la storia della Gurfa, in questa seconda parte guadagneremo altri 1000 anni con il linguaggio delle comparazioni. metteremo a confronto la Gurfa e Micene … Le tombe fuori le mura sono nove, tutte a tholos; fra queste la più conosciuta e ammirata è la cosiddetta ‘tomba di Agamennone’ o ‘tesoro di Atreo’. … Tra le nove tombe a tholos di Micene solo il ‘tesoro di Atreo’ ha una seconda camera di dimensioni normali, a cui immette una porta laterale e un corridoio di pochi metri di lunghezza. Solamente ad Orchòmenos in Beozia si trova un modello con tutti e tre gli elementi suddetti: dromos di accesso, tholos (p.54) (ormai in parte distrutta, in parte restaurata fin dove possibile), e camera laterale che era, come a Micene, la vera e propria tomba. … Torniamo alla Gurfa. Dimentichiamo per un istante le quattro stanze superiori con la scala di accesso esterna, e osserviamo i due vani del piano terra: sono esattamente disposti come nel ‘tesoro di Atreo’. … Ci troviamo, a giudizio di chi vi parla, davanti a una tomba monumentale in tutto simile, direi più che simile, a quella di Micene e a quella di Orchòmenos. Le misure, che tutti conosciamo, sono sbalorditive: raggio della tholos m.12,30×13,35; altezza m.16,35. la camera sepolcrale, col noto soffitto a due spioventi, è un pò più bassa di quella di Micene, che si pensa fosse decorata come quella di Orchòmenos. Se fino ad oggi Micene e Orchòmenos sono state considerate le due gemelle per la presenza di tutti gli elementi sù elencati, oggi dobbiamo dire che Micene, Orchòmenos e la Gurfa d’Alia formano un trio archeologicamente compatto. Sono le tre sorelle maggiori della serie, quelle che hanno ereditato con tratti (p. 55) più decisi il modello atavico; o, se si preferisce, quelle che hanno innovato, con una camera laterale, la tradizionale struttura architettonica funeraria. Anzi, a parte ogni idea di campanilismo o di trionfalismo, si deve dire che la tholos -tra quelle finora conosciute- più alta al mondo è quella di Alia, perchè supera Micene in altezza per almeno due metri. La presenza della  camera mortuaria, necessariamente oscura, ci suggerisce quale poteva essere l’uso della tholos: l’ultima sosta del cadavere prima della sepoltura definitiva; preghiere rituali da parte dei sacerdoti; sacrificio per i defunti; banchetto funebre dei congiunti; ricorrenze annuali o decennali; ed altro ancora. Una volta affidato alla sua ‘camera per l’eternità’ il defunto non veniva più disturbato nel suo sonno ultramondano, se non dall’ingresso eventuale di altri defunti dello stesso rango, al lume di (p. 56) candele; ovviamente una tomba così monumentale non veniva scavata se non per i capi e i notabili di quelle antiche società. (p. 57) … Verrà anche il tempo in cui sarà abolita la destinazione al culto della tholos, e in quella occasione avverranno altri cambiamenti (p. 59) Quanto all’epoca della Gurfa antica, cioè la primitiva, possiamo ragionare per deduzione: se a Micene e ad Orchòmenos, come a Pylos, queste tombe sono state archeologicamente datate alla seconda metà del 2° millennio a.C., la Gurfa bisogna datarla al più tardi al 1.500 a.C., perchè ad esse contemporanea, se non anteriore per una maggiore arcaicità (p. 61) …Un’ultima brevissima parola, proprio sulle ‘enti’, che scavarono la Gurfa. Non è necessario, allo stato attuale delle ricerche, pensare agli Achei o Micenei o Egeo-cretesi o ad altri popoli, di cui ci è giunto il nome, Indoeuropei, Asiani o Semiti. In questo campo più che la facile e corposa erudizione vale l’intuito del genio e il dato archeologico interpretato con rigore e saggezza. Costruzioni a tholos, più o meno simili o dissimili nella struttura portante, pur con le varietà esecutive dovute al temperamento, alla cultura o al clima, si trovano disseminati in tutto il bacino del Mediterraneo: nella Grecia arcaica ed in Sicilia, in Sardegna, a Pantelleria, a Malta, nell’Italia Centrale, nel Nordafrica … Dagli storici i popoli anteriori agli Indoeuropei sono chiamati ‘mediterranei’, e in mancanza di un termine più adeguato, ‘mediterranea’ è chiamata la loro lingua. ‘Mediterranei’ per il momento chiamiamo ancora i costruttori della Gurfa. B.R. (p.62)”

Da: Benedetto Rocco, Mediterranei e Fenici alla Gurfa di Alia, in AA.VV., La Gurfa e il Mediterraneo. Convegno di studi storico-archeologici sulle Grotte della Gurfa, ed. Comune di Alia, 1995 (ristampa PA-2001), pp. segnate.

Mons. Benedetto Rocco (1926-2013)

Carmelo Montagna

Termini Imerese, cinesi interessati a riaprire l’ex stabilimento Fiat

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Lo stabilimento Fiat di Termini Imerese è stato abbandonato da anni dall’azienda torinese. Successivamente è subentrata la Blutec ma senza nulla di fatto, ed ora l’impianto è in attesa di ospitare una nuova produzione di vetture.

Dopo diversi tentativi di “ripartenza”, tutti falliti clamorosamente, a breve potrebbe tornare a produrre auto grazie a costruttori cinesi. Le case automobilistiche del gigante asiatico stanno infatti visionando alcune fabbriche dismesse in Europa, ed hanno individuato dei siti in Polonia e in Spagna. Attenzione anche all’Italia, dove sono diverse le fabbriche non più attive, a cominciare proprio da quella di Termini Imerese.

Nel frattempo si è risolta la questione relativa all’attuale proprietà del sito, andata definitivamente a Pelligra in cambio di 8,5 milioni di euro, impegnatasi altresì ad assumere 350 dipendenti ex Blutec.

 

 

Gangi, 100 mila euro dalla Protezione Civile per la messa in sicurezza del fiume

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Il comune di Gangi ha ottenuto, dalla Protezione civile regionale, un finanziamento di oltre 100 mila euro per interventi e messa in sicurezza del fiume Gangi che si trova ai piedi dell’abitato. I lavori, nell’alveo del fiume, interesseranno il tratto a partire da contrada Piano e verso la zona a valle della provinciale 14, denominata “Sotto Gangi-Calascibetta”. Si tratta di interventi previsti dalla protezione civile per superare la situazione di criticità che si era determinata a seguito degli eccezionali eventi meteorologici del novembre del 2018. Nei giorni scorsi il dipartimento regionale della protezione civile per la provincia di Palermo ha notificato l’avvenuto finanziamento che arriva dopo lo stato di calamità riconosciuto dal Consiglio dei Ministri.

“Sono interventi importanti e necessari che interessano l’alveo del fiume Gangi ai piedi dell’abitato – ha detto il sindaco Giuseppe Ferrarello – ringrazio il dipartimento regionale della protezione civile, e per l’impegno profuso i nostri tecnici Giovanni e Antonio Vena e la nostra esperta in materia di “Protezione Civile” Maria Carmela Palmeri.