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Era latitante da 8 anni: arrestato dalla Polizia a Termini Imerese

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Nei giorni scorsi la Polizia di Stato della Sezione di P.G. della Procura della Repubblica di Termini Imerese, ha proceduto all’arresto di una persona latitante di origini africane di 58 anni, nei cui confronti era pendente un ordine di carcerazione per la consumazione di delitti in materia di sostanze stupefacenti e sul quale pendeva anche la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato Italiano.

L’uomo, scarcerato nel 2012 dopo un periodo di custodia cautelare in carcere, aveva fatto perdere le proprie tracce per 8 anni, sottraendosi alla sentenza definitiva arrivata nel 2016 alla pena della reclusione ad anni 4 e mesi 6.

Grazie ad un controllo di iniziativa da parte degli uomini della Polizia di Stato della Sezione di P.G. della Procura di Termini Imerese, insospettiti della presenza dell’uomo nei pressi del proprio Ufficio, veniva identificato e successivamente condotto presso la Casa Circondariale di Termini Imerese, dove sconterà la pena per i reati commessi.

Consegnati i lavori per la ristrutturazione della masseria Verbumcaudo a Polizzi Generosa

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Partite le opere di ristrutturazione della masseria Verbumcaudo, il bene confiscato alla mafia nel territorio di Polizzi Generosa, nel Palermitano, acquisito dalla Regione Siciliana e gestito dal 2019 dalla cooperativa sociale Verbumcaudo.
La consegna dei lavori è avvenuta stamattina alla presenza del presidente della Regione, dell’assessore all’Economia, del presidente della commissione Antimafia dell’Ars, del vescovo di Cefalù, dei sindaci di vari centri delle Madonie, di autorità militari, del presidente di Confcooperative e dei soci della coop Verbumcaudo.
Nell’ambito della missione 5 “Coesione e inclusione” del Pnrr che prevede corposi investimenti a favore dei beni confiscati, specialmente nel Mezzogiorno, la Regione ha potuto aggiudicarsi un finanziamento da oltre cinque milioni di euro, grazie all’accordo fra assessorato dell’Economia, attraverso il dipartimento Finanze, e l’assessorato delle Infrastrutture, attraverso il dipartimento regionale Tecnico, per la redazione di un progetto di riqualificazione che prevede anche il ripristino di parte della viabilità d’accesso.
Un traguardo importante nella valorizzazione dei beni confiscati, attraverso una collaborazione tra soggetti pubblici e privati, segno concreto della forza dello Stato contro la mafia, per il riscatto del territorio e la tutela del lavoro. Il percorso intrapreso dalla Regione, frutto anche di uno stretto rapporto di collaborazione con l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, punta a restituire ai cittadini, in particolare alle giovani generazioni, ciò che la violenza mafiosa ha sottratto per troppo tempo. I lavori saranno eseguiti dall’ati Icored-Scancarello di Bagheria (Pa) e avranno una durata di 650 giorni.
Prevista la ristrutturazione dell’ala nord-est della masseria, testimonianza dell’architettura feudale siciliana del Cinquecento, estesa per 960 metri quadrati; l’intera azienda agricola si estende complessivamente per circa 150 ettari in territorio madonita. Gli interventi in programma saranno utili a sostenere le attività produttive della masseria, ma anche per le finalità di promozione sociale e della cultura della legalità attuate dalla cooperativa “Verbumcaudo”, fra cui laboratori per le scuole e i giovani, inserimento socio-lavorativo di soggetti fragili, divulgazione.
Previste la rifunzionalizzazione della masseria mediante la creazione di spazi multimediali e l’acquisto di attrezzature agricole per la produzione di olio, vino e formaggi, la riqualificazione energetica della struttura e la sistemazione di alcuni tratti delle strade provinciali di accesso alla masseria, per un piano dal valore complessivo di 5,3 milioni di euro.
https://www.youtube.com/watch?v=W4hZsScgri0

Si presenta alla galleria LI.AR.T a Palermo il volume “Nove per Nove” Poesie di Tommaso Romano e dipinti di Togo

Il 26 Aprile alle ore 17,30, alla galleria  LI.AR.T, in via Giotto, 84 a Palermo, avrà luogo la mostra personale e la presentazione del testo “Nove per Nove – Poesie di Tommaso Romano e dipinti di Togo”, con prefazione del noto poeta Guido Oldani, edizione Ex Libris. L’evento – voluto dalla prestigiosa Accademia di Sicilia – avrà come obiettivo primario quello di mettere in luce sia la parola viva del poeta Tommaso Romano, sia evidenziare i colori le forme, le profondità introspettive del Maestro Togo. Un connubio emblematico che diviene tappeto musivo di straordinaria efficacia capace di vantare come cornice l’Arte, quella autenticamente libera, vera, disinteressata la quale, per questo, diviene pneuma vivificante. L’attrice Stefania Blandeburgo condurrà l’evento culturale curato dagli accademici di Sicilia Maria Patrizia Allotta, Umberto Palma, Mario Pecoraro e da Vito Mauro. Sarà Massimiliano Reggiani a introdurre i relatori Aldo Gerbino e Tanino Bonifacio, tutti critici d’arte di qualità devoti all’armonia, allo stile e alla bellezza. Il Maestro Francesco Maria Martorana seguirà  brani  alla chitarra classica.

Nascondeva droga nel furgone: trentenne originario di Termini Imerese arrestato in provincia di Matera

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I Finanzieri del Gruppo di Matera, nell’ambito del dispositivo di controllo del territorio volto alla repressione dei traffici illeciti, sulla S.S. 106 Jonica hanno tratto in arresto un trentenne, originario di Termini Imerese e residente nella provincia di Messina, trovato in possesso di 200 grammi di “hashish”, che avrebbero fruttato sul mercato oltre quattromila euro.

L’uomo, arrestato, era alla guida di un furgone, risultato di proprietà di un’impresa di trasporti della provincia di Messina, di cui era dipendente. Al momento del controllo, è apparso in evidente stato di agitazione.

All’esito di una approfondita ispezione, il cane antidroga “Ginger”, ha segnalato, con insistenza, la presenza di sostanze stupefacenti all’interno del vano trasporti del mezzo.
I finanzieri sono riusciti ad individuare una busta di plastica di colore bianco abilmente occultata, nella quale vi erano due panetti di materiale resinoso di colore marrone, che, a seguito di esame speditivo drop test, è risultato essere sostanza stupefacente tipo “hashish”.

Pertanto, il conducente, nella flagranza del reato di traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, è stato posto agli arresti domiciliari presso una idonea struttura in Matera. La competente Autorità Giudiziaria, riconoscendo l’esistenza di un concreto quadro indiziario, ha convalidato la misura restrittiva, emettendo ordinanza di applicazione dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, con contestuale obbligo di dimora all’interno della provincia di Messina.

Psicologia del kamikaze islamico

Nel 1275, il potente imperatore mongolo Qubilai Kan (diventato celebre in Occidente per la sua sfarzosa ospitalità a Marco Polo) inviò cinque ambasciatori in Giappone per cercare di riallacciare relazioni amichevoli con quel paese guerriero che non era riuscito precedentemente a conquistare, dopo campagne militari disastrose. Il Bakufu del Giappone (il consiglio dei capi), ritenne però che essi fossero spie anziché ambasciatori, e li fece giustiziare. Appresa, anche se molto tempo dopo,  la notizia Qubilai andò su tutte le furie e, nel 1281, mobilitò un potente esercito di invasione: in totale centoquarantamila uomini e quattromilaquattrocento navi furono scaraventate contro il Giappone, nel tentativo di annientarlo definitivamente. Per quanto i giapponesi fossero guerrieri abilissimi nella difesa del loro arcipelago, guidati dal grande condottiero Tokimune, la sproporzione di forze in campo era tale da non lasciare alcuna speranza ai difensori dell’impero del Sol Levante. E infatti, dopo circa cinquanta giorni di lotte feroci, le armate mongole avevano fra l’altro già conquistato una solida testa di ponte sull’isola di Takashima. La conquista era ormai prossima. Ma, nella notte sul 15 agosto, un violentissimo ciclone su abbatté sull’isola, distruggendo gran parte delle navi mongole, fracassandole sugli scogli dell’isola come gusci di noce sotto un pesante martello. Le perdite dell’esercito mongolo, del quale facevano parte anche contingenti cinesi e coreani, furono spaventose. Qubilai Kan non si sarebbe mai più ripreso da quella disastrosa sconfitta. I giapponesi ritennero, ovviamente, che il tifone che aveva spazzato via le navi degli invasori, fosse opera dei loro Dei, i kami, che avevano salvato così la loro patria. Pertanto lo chiamarono kamikaze, vento divino.

Gli Occidentali avrebbero risentito parlare del kamikaze solo 663 anni dopo, esattamente il 20 ottobre 1944, durante lo sbarco delle truppe americane a Leyte, nelle Filippine, dove, per la prima volta, piloti giapponesi si scaraventarono coi loro aerei contro le navi americane, immolandosi nel tentativo di annientare gli invasori.  Da allora l’idea del kamikaze, del martire che pone in atto un suicidio consapevole, determinato da una fede incrollabile e finalizzato alla distruzione di un nemico, è diventata quasi un luogo comune riferito alla cultura giapponese, per molti versi incomprensibile alla nostra, così come luoghi comuni incomprensibili sembrano essere l’harakiri, o la psicologia del samurai, o la filosofia del bonsai. E quindi, così come ci sembra impensabile suicidarsi per motivi etici, dedicare la propria vita al combattimento onorevole e cavalleresco, o coltivare sequoie in un vaso da fiori, ci sembra strano potersi immolare lucidamente per fede politica o religiosa. Non a caso, i kamikaze giapponesi chiamavano i loro primi, piccoli aerei bomba Ohka, fiore di ciliegio, mentre gli americani li ribattezzarono Baka, pazzo. Cose aliene, misteriose, esotiche, e soprattutto cose lontane.

A VOLTE…RITORNANO

E lontane rimasero sino agli ’70, quando l’Occidente e il Medio Oriente si ritrovarono a confrontarsi con nuovi problemi legati ai nuovi assetti geografici e politici dell’area del Mediterraneo, in particolare con la questione palestinese. Dopo decenni di guerre arabo-israeliane, la risposta dei movimenti di liberazione palestinesi fu il terrorismo. Ma non il terrorismo al quale il mondo era drammaticamente abituato.  Il 30 maggio 1972 un commando composto da tre guerriglieri assaltano l’aeroporto Ben Gurion a Tel Aviv (allora aeroporto Lod). Ma non hanno previsto vie di ritorno o di fuga. Sono imbottiti di bombe a mano, così da esplodere se colpiti. Compiono una strage, sparando all’impazzata sulla folla, uccidendo 24 persone e ferendone 76. Poi sotto il fuoco delle forze di sicurezza israeliane si concretizza quasi del tutto il progetto del commando: due attentatori saltano in aria, ma il terzo viene ferito e quindi catturato.

Per la prima volta il mondo del secondo dopoguerra, appena risorto in gran parte dalle ceneri del più spaventoso conflitto mondiale della storia, si confronta di nuovo con i kamikaze, un fenomeno apparentemente folle, incomprensibile, che si pensava orlai rilegato nei testi di storia, come un folletto malevolo in chiuso in una bottiglia per un incantesimo. Il problema è che da allora, da quel tiepido giorno di maggio di 52 anni fa, il fenomeno dei kamikaze islamici è andato crescendo in maniera inquietante sino a divenire una nuova strategia bellica planetaria, un nuovo implacabile modo di fare la guerra e seminare il terrore. Episodi di spaventosa ferocia come l’attentato al World Trade Center di New York (le famosi Torri Gemelle), realizzato proprio da attentatori suicidi, fanno parte ormai dell’inconscio collettivo di una generazione.

Il dato più inquietante è, però, che si tratta di un fenomeno che era sconosciuto all’Occidente. Mentre era ormai nota la filosofia nipponica del kamikaze (e tutte le cose note, per quanto orribili appaiono comunque in qualche misura accettabili), era del tutto ignota l’applicazione di questa strategia da parte dei terroristi islamici.

Per secoli, cristiani e musulmani si sono confrontati duramente sui campi di battaglia, per terra e per mare, in Europa, Asia, Africa, a Bisanzio come a Vienna, sul Volga come a Lepanto, in Andalusia come in Sicilia. Si può dire che esiste, nella coscienza occidentale, una conoscenza quasi archetipica del ‘moro’, dell’antico nemico musulmano (coscienza e conoscenza, beninteso, reciproca). Ma l’idea stessa del kamikaze islamico era sconosciuta.

Naturalmente, tuttologi di ogni parte del mondo hanno cercato di fornire spiegazioni. Quelle più comuni (e banali) riguardano il fatto che i nuovi kamikaze islamici vengono fuori da un retroterra culturale proprio all’Islam. Gli shahid imparano, insomma, che chi muore nel nome di Allah sarà lautamente ricompensato nell’aldilà e che quindi morire per la causa dell’Islam è il modo migliore per guadagnarsi il paradiso islamico, che com’è noto, è rappresentato in modo molto più estetico e ‘carnale’ di quello cristiano, a partire dal fatto che in paradiso i martiri vengono accolti da settanta bellissime vergini… Quindi la logica del kamikaze islamico troverebbe una sua ragion d’essere nel contesto della stessa religione e cultura musulmana.

E’ una spiegazione, però, molto discutibile, per almeno due motivi: anzitutto l’ideologia del suicidio rituale è totalmente estranea alla cultura islamica. Poi perché la tecnica kamikaze (ad ulteriore conferma di quanto detto) è una tecnica che fu importata, sempre nei fatidici anni ’70, dai militanti dell’organizzazione terroristica giapponese Sekigun, che addestrarono in Libano una intera generazione di guerriglieri. Uno dei terroristi esplosi per aria nel 1972 al Ben Gurion di Tel Aviv si chiamava Okudaira Tsuyoshi, ovviamente giapponese, il teorico della nuova tecnica di combattimento. Non v’è quindi dubbio sul fatto che quella dei kamikaze sia una tecnica importata nel mondo islamico, e ad esso sostanzialmente estranea. Il problema, però, è un altro, ed è esprimibile con una semplice domanda: quale è l’impatto psicologico di questa nuova strategia di combattimento, importata come la Cola-Cola o l’hamburger di McDonald’s, sulla psicologia propria al mondo islamico? Quali perplessità, dubbi, angosce o interrogativi può porre al mondo musulmano la filosofia del kamikaze, che appare estranea all’Islam certamente non meno di quanto appaia estranea all’Occidente?

Intendiamoci: momenti storici o situazioni politiche particolari che hanno implicato, o addirittura richiesto, suicidi rituali o di massa sono abbastanza frequenti nella storia. Gli ebrei assediati a Masada, durante la conquista romana, trovarono molto più dignitoso suicidarsi in massa anziché cadere nelle mani dei legionari. Gli Spartani di Leonida alle Termopili sapevano benissimo che non sarebbero sopravvissuti alla loro spasmodica difesa della Grecia contro le armate persiane, e lo stesso fecero i texani asserragliati nel convento di Alamo, contro le truppe del generale Santa Ana nel 1848. Probabilmente successe lo stesso a Balaclava, per quella epica ultima carica di cavalleria, durante la guerra di Crimea. Gli esempi di comportamenti suicidari in guerra o in situazioni di conflitto culturale si sprecano. Cosa pensare dei martiri cristiani che si facevano tranquillamente (beh, si fa per dire…) sbranare dalle belve del circo Massimo? Martiri ed eroi, involontari kamikaze e soldati che si sacrificano con quel ‘grande sprezzo del pericolo’ che ricorre così spesso nelle cronache belliche di ogni parte del mondo popolano la storia bellica della nostra specie.

Qui, nel caso dei kamikaze musulmani il problema è però diverso. E’ un problema culturale, che sembra afferire anziché ad un singolo episodio storico ad una scelta strategico-politica, ad una modalità lucidamente programmata di colpire il nemico colpendo contemporaneamente se stessi, nel contesto di una cultura, quella islamica, che non conosce il suicidio come arma di guerra. E’ forse davvero una nuova forma di martirio religioso?

MARTIRI E NO

Una delle definizioni più abusate dei kamikaze islamici è quella di ‘martiri’, che, per l’affermazione della jihad islamica sono disposti a sacrificare la propria vita. Ma è un concetto estraneo alla cultura occidentale, per la quale il martire (in senso cristiano) è chi da la vita per dare la vita agli altri, anche ai nemici, senza toglierla a qualcuno. Si vedono subito, allora, le profonde differenze culturali. In senso cristiano il kamikaze è un soldato che impone la propria fede. Il senso cristiano occidentale dovrebbe essere diverso. Ma è diverso? Sicuramente non nella storia. Basti pensare a quanto avvenne nell’america post-colombiana per rendersi conto che questo spirito di martirio era molto più teorico che pratico. Si obietta che nel Corano si sancisce il principio della guerra santa contro gli infedeli, ma una lettura più attenta dimostra come la guerra santa sia prima di tutto una guerra contro se stessi e non contro gli altri; inoltre sarebbe veramente ipocrita pensare che questo non avvenga anche nel mondo cristiano. L’arcivescovo Arnaud Amaury che durante la crociata contro gli Albigesi sembra abbia dato l’ordine di massacrare sempre e comunque tutti, cristiani ed eretici, tanto Dio avrebbe riconosciuto i suoi, non pare un grande esempio di predisposizione al martirio in senso cristiano.

Oltretutto, se è vero che l’Islam ha sempre avuto una forte vocazione alla conquista degli infedeli, non credo che si possa dire diversamente per i cristiani: le feroci repressioni delle eresie, la conquista manu militari di popolazioni di altra religione, i massacri sudamericani, o le stesse, secolari, persecuzioni contro gli ebrei, traditori di Cristo, o spesso contro gli stessi islamici, sembrerebbero dirla lunga sulla propensione al martirio dei cristiani.. Se, comunque, i kamikaze islamici non sono martiri, si ritorna al punto di partenza, come in un infinito gioco dell’Oca: ma allora, cosa sono? Come può essere compreso, interpretato, forse anche giustificato, questo nuovo modo di imporre a prezzo della propria vita, un’idea? E qual è, in fondo, questa idea?

PSICHIATRIA DEL KAMIKAZE ISLAMICO

Si comprende bene che, a questo punto, il problema ricade nell’ambito della psichiatria culturale e sociale, molto più di quanto non afferisca a diatribe religiose, ideologiche o politiche. Perchè il problema è più complesso. Lo riassume benissimo lo psichiatra marocchino Ghita El-Khayat, quando afferma che l’antropologia storica appare indispensabile per spiegare la struttura dei gruppi umani in termini di ondate migratorie, conquiste, guerre, ‘paci’, il che ci può fare dimenticare l’altra faccia della medaglia, e cioè un altro tipo di relazioni fra i popoli caratterizzato dal razzismo, dalla xenofobia e da conflitti ideologici sanguinosi. Il tentativo di comprendere sarebbe così un antidoto all’intolleranza.  “Attualmente – conclude però amaramente El-Khayat – guerra e violenza rimangono talmente prevalenti che essi sembrano una parte intrinseca dell’umanità”.

E’ qui, in questa visione al contempo apocalittica e realistica che dobbiamo trovare la risposta ai kamikaze islamici? Non credo che sia proprio così. E’ invece vero che è proprio la diversità storica, culturale ed esistenziale dell’Islam a creare grandi sfide ai concetti usali degli antropologi e degli psichiatri. La cultura islamica ha infatti una forte identità, che ha resistito a qualsiasi influenza esterna. Essa non sembra, in sostanza, disponibile all’accettazione della globalizzazione, sia in senso politico, sia in senso religioso. E’ un problema col quale l’Occidente deve fare seriamente i conti.

Allora, anche l’idea del kamikaze può essere riletta non come quella dei martiri disposti a tutto per la loro rivoluzione religiosa, bensì proprio in senso culturale. Esistono dei dati che fanno riflettere.

In base per esempio ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (riportati dalla rivista Trancultural Psychiatry) che ha studiato il tasso di suicidi in un gran numero di nazioni, esistono delle importanti differenze quantitative che si evidenziano fra Paesi Islamici e di altra cultura. Alcuni dati? Il tasso di suicidi maschili in Egitto è dello 0.1 (addirittura inesistente nel sesso femminile: 0.0); nel Barhein è di  è di 4.9; nel Kuwait di 1.0 – teniamo presente che questi ultimi due Stati sono molto più occidentalizzati rispetto all’Egitto, dove la componente islamica tradizionale è molto più forte. Paragonati ai tassi di suicidio registrati in altri paesi le differenze sono impressionanti: in Israele del 9.5 (del 3.6 fra le donne); in Giappone (ovviamente, viste le differenti culture) del 20.4; in Francia del 29.6; in Austria del 34.8; negli USA del 20.4. Sembra quindi evidente che nei paesi islamici non esista una ‘propensione’ al suicidio. E allora come si spiega la strategia messa in atto dai kamikaze?

La risposta va forse cercata proprio nelle caratteristiche così forti dell’identità islamica. E’ un dato noto infatti che i comportamenti suicidari in contesti che non hanno una “mitologia” suicidaria, possono essere espressione di una violenta risposta a condizioni sociali esterne di estremo disagio; in particolare è il modo in cui gruppi o comunità reagiscono ad invasioni ‘ideologiche’, nel tentativo di difendere un senso di identità minacciata; la difesa di questo senso di identità culturale, e quindi anche religiosa o politica, sembra allora molto più forte dell’istinto di sopravvivenza personale in quanto i singoli individui sembrano convincersi di poter sopravvivere nella continuità culturale del proprio popolo o della propria etnia, specialmente a fronte di cambiamenti individuali e sociali drammatici. E’ come se l’individuo si annullasse nel gruppo; il comportamento suicidarlo del kamikaze diventa paradossalmente un modo privilegiato di preservare la propria identità nel contesto dell’identità della propria comunità. Diventa pertanto non modalità di annullamento, ma di sopravvivenza culturale.

Non appare allora un caso che la tecnica dei kamikaze palestinesi, estranea alla cultura dell’Islam, sia stata importata e accettata in un momento storico particolare, , laddove questa tendenza può essere considerata una reazione violenta ad una storia dolorosa e umiliante per un intero popolo. Nel considerarla estensibile a tutto il mondo arabo, non si può dimenticare che i processi di globalizzazione sembrano minare alle basi una cultura fortemente radicata nel passato, con un senso di appartenenza fortissimo e strutture sociali immutabili e tradizionali (si pensi al ruolo della donna, alla struttura della famiglia, al rifiuto del concetto occidentale di ‘secolarizzazione’ dei costumi e via dicendo).

E’ una tesi che può fare discutere, e la cui accettazione non implica affatto, com’è ovvio, ne condivisione ne giustificazione: è solo una possibile chiave di lettura di uno dei fenomeni più inquietanti del mondo contemporaneo, ma non solo questo. In quanto lettura antropologica, essa non offre solo un’interpretazione, ma suggerisce una speranza, della quale abbiamo tutti bisogno: che cioè senza riduttive semplificazioni, o inviti ad improbabili crociate, tutti gli uomini di buona volontà, indipendentemente dalla propria etnia o cultura, possano contribuire ad un futuro migliore, dove il vento divino di qualsiasi religione soffi per costruire e non per distruggere.

Giovanni Iannuzzo

Ambienti tholoidi di Monte Raitano (PA) e delle “Stanzie di S. Anna” a Villarosa (EN)

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Monte Raitano si trova nella Valle dello Jato, fra San Cipirello e San Giuseppe Jato in provincia di Palermo. Assieme a molti altri siti preistorici della zona, queste tholoi di Monte Raitano hanno superiormente l’Oculus architettonico/“scodellino”, sicuro elemento di “riconoscimento” e citazione dei modelli di cultura micenea. La particolarità di questi ambienti è dovuta al fatto che probabilmente non sono genericamente “tombe” ma più propriamente, come tutti gli spazi ipetrali di cui discutiamo, luoghi di culto aventi come orizzonte sapienziale il Sole, la Luna, le Stelle da osservare e studiare ad occhio nudo nei loro movimenti apparenti. I costruttori avevano sicure conoscenze in campo astronomico che utilizzavano per rituali di cui sappiamo poco o nulla.

Sicura base di partenza per saperne di più sono gli studi pionieristici di Alberto Scuderi e Francesca Mercadante. Per consolidare lo stato attuale delle conoscenze occorre una adeguata indagine archeologica a supporto del dato archeastronomico certo, che possa tutelare e diffondere la conoscenza di questa importante memoria di architettura pre-greca, qui come altrove in Sicilia (Figg.1-2-3). Queste incredibili “camere forate” sono state indicate anche quali “granai” di epoca imprecisata e sono state riutilizzate dai contadini in epoca storica. Resta il curioso fatto, incontestabile e verificato, che “funzionano” perfettamente da “teatro luminoso delle sparizioni” al mezzogiorno solare dei giorni del Solstizio estivo, quando la figura umana visivamente si “smaterializza” proprio per effetto di quella lama di Luce dall’Oculus zenitale (Figg.4-5-6): come alla Gurfa di Alia o a Caltabellotta ed in tutti gli ambienti similari che stiamo cercando di verificare.

Stessi riferimenti per le due enigmatiche “grotte” dette “Stanzie” a tre km a sud di Villarosa, ancora da studiare e delle quali è perfino difficile reperire immagini sul web (Fig.7). Sono ovviamente quasi irraggiungibili e versano in pietoso stato di abbandono.

Per i più curiosi

https://www.duepassinelmistero2.com/…/la…/escursioni-/

Figg.1-2-3 Thòlos di Monte Raitano

Figg.4-5-6 Effetto Luce smaterializzante al mezzogiorno solare del Solstizio estivo nella thòlos di Monte Raitano. (Foto cortesia da un video di Alberto Scuderi)

Fig.7 Interno della Stanzia di Villarosa

Carmelo Montagna

Grande successo a Trabia per l’Open Day itinerante 2024, oltre 600 prestazioni

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Grande successo dell’OPEN DAY ITINERANTE organizzato dall’ASP Palermo, in collaborazione con il Comune di Trabia, che ha offerto oltre 600 prestazioni.

Molti cittadini hanno avuto accesso a vari esami di prevenzione, sia per adulti che per bambini, vaccinazioni e supporto per pratiche amministrative, nonché microchippatura per gli amici a quattro zampe.

È stata una giornata di condivisione, confronto e crescita, che ha permesso ai trabiesi di usufruire di servizi importanti per la salute e il benessere, nel proprio comune senza doversi spostare.

“Uno degli obiettivi della nostra amministrazione – spiegano dal Comune – era quello di offrire a Trabia servizi di qualità per la prevenzione e la salute, favorendo così la conoscenza e aprendo le porte del nostro paese a realtà più grandi e arricchenti”.

Ecco i numeri delle prestazioni eseguite:

– 31 Mammografie
– 27 HPV Test – Pap Test
– 13 Sof Test
– 116 Vaccinazioni
– 117 Pratiche amministrative
– 115 Visite, ECG, eco cardiografie
– 91 Screening visivi (9 positivi)
– 69 Screening logopedici (19 positivi)
– 27 Microchip impiantati

“Un sentito ringraziamento – scrivono gli organizzatori – all’ OPI Palermo Ordine delle Professioni Infermieristiche per aver fornito nozioni di primo soccorso ai ragazzi dell’ Istituto Comprensivo Giovanni XXIII – Trabia, a Segreteria Federasma per aver effettuato 26 spirometrie, a Piccoli Battiti per aver eseguito 20 ECG pediatrici, a Samo onlus per le informazioni sull’assistenza ai malati oncologici e alla Magna Vis per il supporto logistico e di coordinamento“.

Come appariva la “Torre Roccella” di Campofelice agli occhi di al-Idrisi? Ecco l’idea di una giovane fotografa campofelicese

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Il territorio di Roccella è compreso nell’arco costiero controllato nel periodo antico, dalla vicina colonia greca di Himera, la cui area di influenza, sotto il profilo politico-commerciale, è delimitata ad Ovest dall’abitato di Termini Imerese e ad Est dal promontorio di Cefalù. I primi chiari riferimenti al territorio di Roccella ed al suo castello sembrano comparire nelle cronache musulmane. Il 14 giugno 827 l’armata araba, guidata da Ased-Benforat o Asad Ibn al-Furat sbarca a Mazara, risale la vallata del Belice e fronteggia l’esercito bizantino.

La conquista dell’isola inizia con l’occupazione delle città costiere e si conclude nel 965 con la caduta di Rometta, ultima roccaforte dei Bizantini. Le cronache musulmane segnalano l’attacco a un castello indicato col toponimo Qasr al Gadid, o con la variante Qasr al-Hadid, cioè il “Castello di Ferro”. Henri Bresc, identifica il Qasr con il castello di Roccella poco distante dalla città di Cefalù che gli arabi conquistano nello stesso anno.

L’idea di Sophia e il supporto dell’intelligenza artificiale

Si chiama Sophia Bellina, la giovane fotografa e grafica campofelicese che ha avuto l’idea di ricostruire la Torre Roccella. Alcuni dettagli del castello, personaggi compresi, sono stati aggiunti da Sophia, mentre parte dell’immagine è stata generata grazie al supporto dell’intelligenza artificiale.

“Base d’appoggio – rifersice Sophia ad Esperonews – per realizzare l’immagine è stata usata un’antica stampa del castello che descrive quest’ultimo dopo la venuta di Muhammad al-Idrisi. L’immagine, rappresenta proprio la venuta di quest’ultimo inviato da Re Ruggero II nel 1138 a raccogliere informazioni geografiche lungo la costa tirrenica“. Cita il castello di Roccella come Saharat al hadid (la rupe di ferro), descrivendola in questo modo: “A dodici miglia sorge Roccella, casale di modeste proporzioni con un forte in cima alla rupe, la quale si addentra nel mare, scoscesa in tutte le sue parti”.

Insomma, una bellissima idea che grazie all’intuizione di Sophia Bellina, ci riporta indietro nel tempo a quegli antichi fasti della grande terra di Sicilia.

 

A Caccamo il primo concorso internazionale di canto lirico, il 20 aprile 2024 concerto di presentazione

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Importante appuntamento con l’associazione Amici della Musica “Benedetto Albanese” di Caccamo e con la partecipazione straordinaria della Fondazione Scimeca per il Rinascimento Solare.

Il prossimo 20 aprile, alle ore 19, nell’auditorium San Marco di Caccamo, si terrà il concerto di presentazione della prima edizione del concorso internazionale di canto lirico. Si esibiranno Carmela Caponetto (soprano), Alice Mulia (mezzosoprano) e Gabriele Ferrara (basso). L’evento è associato alla 27° edizione del concorso nazionale per giovani musicisti “Premio Benedetto Albanese”.

I due concorsi sono promossi dall’associazione Amici della musica “B. Albanese” che da 29 anni si occupa della realizzazione (prima tre edizioni regionali e poi ventisei edizioni a carattere nazionale), con il patrocinio del Comune di Caccamo, della Città Metropolitana di Palermo e dell’Assemblea della Regione Siciliana.

«Si respira grande entusiasmo per l’avvio di questa nuova edizione del Concorso nazionale Giovani Musicisti– commentano il presidente dell’associazione Amici della Musica, Renato Filippello, ed il direttore artistico, Marilena Anello – Non c’è edizione, infatti, che non ci regali la scoperta di grandi giovani talenti o interessanti promesse del mondo musicale, di cui poi negli anni, più o meno direttamente, continuiamo a seguire il percorso. La novità assoluta del Concorso internazionale di Canto Lirico, rappresenta un motivo in più di grande attesa per l’appuntamento di Aprile, al quale aspettiamo numerosi non solo i candidati ma anche gli appassionati di musica e tutti coloro che vogliano prendere parte a giornate artistiche che auspichiamo di grande interesse».

Lo scopo principale della manifestazione è quello di diffondere la cultura musicale e stimolare i giovani, offrendo loro una qualificata occasione di confronto tra le più importanti scuole musicali, e portando, al contempo un considerevole numero di turisti in Sicilia, e in particolare a Caccamo provenienti da tutte le regioni italiane.

L’iniziativa contribuisce notevolmente alla diffusione su tutto il territorio nazionale del nome della nostra città e di tutta la regione, delle sue bellezze paesaggistiche, della sua storia e delle sue opere d’arte.

 

Il concorso è rivolto ai seguenti musicisti:

Pianoforte, Quattro mani, Archi, Fiati, Chitarra, Fisarmonica, Arpa,

Percussioni, Musica da Camera, Cori, Jazz,

Scuole Medie ad Ind. Musicale, Gruppi scolastici liberi, Licei musicali

La manifestazione si svolgerà a Caccamo dal 20 al 30 Aprile al 2024 presso l’Auditorium S. Marco, situato nel centro storico; Alcune prove presso il Castello Medievale, Chiesa SS. Annunziata e  Chiesa S. Maria degli Angeli.

Le prove pubbliche dei concorrenti, suddivisi per fasce d’età e per tipologia di strumento si svolgeranno di fronte ad una Commissione di eminenti musicisti ed esperti musicali scelti all’interno delle varie istituzioni pubbliche musicali italiane o tra concertisti di provata esperienza.

Oltre al premio principale, consistente in una borsa di studio (€ 1.000,00), per consentire al vincitore di partecipare ad una scuola di alto perfezionamento, saranno assegnati nella giornata conclusiva della manifestazione, diversi premi speciali, tra cui: il  Premio città di Caccamo, il Premio “Chopin”, il Premio “Jazz”, la realizzazione di un CD.

Altri premi vengono offerti dalle CASE MUSICALI “CURCI”, “WICKY-MUSIC”, “EUFONIA” DI MILANO. La manifestazione finale con di premiazione dei Vincitori si svolgerà il 27 Aprile 2024 presso l’imponente cornice della Chiesa S. Maria degli Angeli.

Da quest’anno il concorso aprirà una finestra di respiro internazionale lanciando il 1° concorso internazionale di canto lirico. Possono partecipare cantanti provenienti da tutti i paesi del mondo e saranno valutati da una giuria internazionale presieduta dal direttore d’orchestra M. Gaetano Colajanni, con l’ausilio pianistico del M. Salvatore Scinaldi.

Al primo premio sarà assegnata una borsa di studio di € 1.500,00; al secondo di € 800,00 e al terzo di € 500,00

Il progetto culturale concorso internazionale è stato sposato e finanziato dalla FONDAZIONE SCIMECA per il RINASCIMENTO SOLARE

Isnello celebra le verdure tradizionali e antiche delle Madonie, dal 20 al 21 aprile il borgo si prepara alla festa

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La 17esima edizione della Festa delle Verdure Tradizionali e Antiche delle Madonie, manifestazione unica nel suo genere, organizzata dalla Proloco Isnello col supporto del Comune di Isnello e il patrocinio degli Assessorati Regionali dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale e del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo e della Città metropolitana di Palermo, animerà questo fine settimana.
Un ricco calendario caratterizzerà sabato 20 e domenica 21 aprile.
Nella mattinata di sabato 20 aprile, mostra e degustazione delle Verdure per gli studenti dell’I.C. Minà Palumbo di Isnello e passeggiata alla scoperta della raccolta in campo, a cura della Proloco di Isnello e Aromatiche Madonie.
Nel pomeriggio di sabato, a partire dalle 17.30 presso l’Auditorium del Centro Sociale, una interessante tavola rotonda, con tanti ospiti, sui benifici delle Verdure per una alimentazione sana e come prospettiva di sviluppo per il territorio madonita.
Domenica 21, una giornata imperdibile: il centro storico del Comune di Isnello sarà animato per tutta la giornata da diverse iniziative!
Per tutta la giornata, sarà allestita una mostra mercato con le eccellenze e le produzioni artigianali del territorio, sarà possibile fare esperienze e visite guidate, degustare i deliziosi piatti preparati dai volontari della Proloco Isnello, assistere ad un imperdibile show cooking col Prof.Mario Marchese a cura dell’ I.C. “Mandralisca” di Cefalù e molto altro ancora.
Dalla mattinata e per tutto il giorno, tanto divertimento per grandi e piccini con i balli folk e i canti popolari dell’ Auser di Polizzi, le arti circensi e il teatro di strada di Mario Barnaba e l’Ass.Kiklos e la musica jazz della The Dixie Kings Street Band.

IL PROGRAMMA DELLA FESTA 2024

SABATO 20 APRILE
ORE 09.30, Auditorium del Centro Sociale:
RACCONTI E TRADIZIONI CULINARIE SULLE VERDURE SPONTANEE
Gli alunni delle Scuole di Isnello incontrano i soci della Pro Loco. A seguire degustazione delle verdure, a cura dell’IPSSEOA “Mandralisca” di Cefalù.
ORE 10.30 – 13.30: Escursione guidata nelle campagne di Isnello. Riconoscimento delle verdure spontanee sul campo. Partenza dal Centro Sociale.
ORE 17.30, Auditorium del Centro Sociale:
TAVOLA ROTONDA: “Verdure spontanee: Alimentazione sana e opportunità produttive”
Saluti istituzionali: Avv. Marcello Catanzaro, Sindaco di Isnello. Prof. Mario Fiorino, Pres. ProLoco Isnello
Interverranno:
– Prof. Giuseppe Di Noto, Botanico
– Prof. Biagio Agostara, oncologo – IDIMED
– Dott.ssa Francesca Cerami – IDIMED
– Dott. Dario Cartabellotta, Dir. Gen. Dipart. Agricoltura, Ass. Reg. dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea
– Prof. Vincenzo Guarnieri, Dir. Scol. I.I.S. “Mandralisca” Cefalù
– Dott. Salvatore Caltagirone, Comm. Str. Ente Parco delle Madonie
– Dott. Alessandro Ficile, So.Svi.Ma
– Dott. Dario Costanzo, GAL Isc Madonie
– Dott. Rosario Genchi, EU Consulting
– Santina Grisanti, Sapori Siculi
Modera: Luciana Cusimano, Ass. Cultura, Politiche Giovanili e Servizi Turistici di Isnello
DOMENICA 21 APRILE
ORE 10.00 – 19.00, centro Storico di Isnello:
– Show Cooking “Tradizione e innovazione della Cucina siciliana” dell’IPSSEOA “Mandralisca” di Cefalù con il Prof. Mario Marchese. Ore 12.30, Piazza Mazzini
– Degustazione di piatti a base di Verdure Tradizionali delle Madonie, a cura della Pro Loco Isnello
– Mostra-mercato delle eccellenze territoriali
– Animazione per grandi e piccini a cura di:
Gruppo Canti e Balli Popolari itineranti dell’Auser Polizzi Generosa, ore 11.30 – 15.30
Arti e Teatro di Strada con Mario Barnaba e l’Ass. Kyklos:
ore 11.00, Auditorium del Centro Sociale: Laboratorio per bambini “Il circo immaginario”
ore 12.00 – 13.30, Trampolieri itineranti
ore 12.30, Piazza Impastato: Spettacolo di giocoleria comica e clown
ore 17.30 – 19.00, Trampolieri itineranti
ore 18.00, Piazza Impastato: Spettacolo di bolle di sapone giganti
ore 19.00, Piazza Impastato: Spettacolo di Teatro di Strada
Musica Jazz con The Dixie Kings Street Band, spettacoli itineranti, ore 16.00 – 19.00
VISITE GUIDATE ALLA CHIESA MADRE E ALLA CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO
a cura di Don Domenico Sideli e dei Volontari del Servizio Civile
ore 12.00, 15.00, 17.00. Punto di raccolta visitatori, Piazza Mazzini
Esperienze e battesimi della sella con asini e muli a cura dell’ Azienda Agricola Crupi Paolo e Scuderia Equi Navarra.
Sfilata di asini bardati lungo il centro storico, dalle ore 11.30
Esperienze dalle ore 12.00 alle ore 16.00, Parco urbano Chico Mendes.