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Rubava carburante dai mezzi della nettezza urbana. L’arresto convalidato dal Tribunale di Termini Imerese

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I Ca­ra­bi­nie­ri della Co­mpagnia di Bagheria han­no ar­re­sta­to in fla­gran­za un 37enne, palermitano, già noto alle for­ze del­l’or­di­ne, con l’ac­cu­sa di fur­to ag­gra­va­to.

Du­ran­te un ser­vi­zio notturno di con­trol­lo del ter­ri­to­rio, finalizzato alla prevenzione e repressione dei reati in genere, i mi­li­ta­ri del­la Sta­zio­ne di Santa Flavia, percorrendo via Indro Montanelli, han­no no­ta­to dei mo­vi­men­ti so­spet­ti nei pres­si del locale centro di stoccaggio dei rifiuti.

I militari avrebbero dapprima osservato a distanza l’indagato, il quale avrebbe scavalcato il cancello d’accesso dell’area di deposito, munito di un secchio ed un tubo, per poi forzare il serbatoio di un camion in sosta ed iniziare a estrarre il carburante. I Carabinieri sono pertanto intervenuti bloccando l’uomo che sta­va asportando il combustibile da un mezzo di proprietà della società che si occupa della raccolta dei rifiuti.

Il 37enne su disposizione del Pubblico Ministero è stato ristretto presso la Casa Circondariale Burrafato di Termini Imerese, in attesa dell’udienza di convalida. L’arresto è stato successivamente convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Termini Imerese.

Costruire la Luce. L’Ascesa all’Empireo di H. Bosch e la Gurfa di Alia

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Hieronymus Bosch nella visionaria e suggestiva Ascesa all’Empireo (Fig. 2), quarta tavola delle Visioni dell’Aldilà (1503 circa) conservate alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, rappresenta le anime dei salvati che alla fine dell’itinerario di Catabasi, con la discesa oscura nella Morte, affrontano il percorso terminale di Anastasi, con l’Ascesa all’Empireo nella lama di Luce dall’ “Oculus” del Paradiso. Sulla grandezza geniale dell’artista e dell’opera è superfluo soffermarsi: espressione figurativa cristiana di riflessioni diagonali che riassumono tutto il pensiero mistico universale. La lezione ancora valida per i nostri tempi resta quella di sempre “per il dopo”: la ricerca di vie di salvezza e la costruzione mentale di spazi adeguati alla sacralità della sua rappresentazione architettonica sensibile. Paradossalmente l’itinerario intellettuale riguarda anche chi si professa ateo o non credente, perché chi ha certezze religiose almeno questo lo ha risolto. Per consolazione un punto di equilibrio lo trovò Nicolas Gòmez Davila quando scrisse: “La nostra ultima speranza sta nell’ingiustizia di Dio.” Resta il fatto che l’itinerario di Catabasi/Anastasi, Morte/Resurrezione, è Archetipo dei “Riti di Salvezza” in tutta l’Antropologia e la Storia delle Religioni, che culmina nella dottrina cristiana con l’immagine dell’Anastasis di Costantinopoli al monastero di San Salvatore in Chora, dove viene riassunto e rappresentato nella potente ‘mandorla di Luce’ il Mistero della discesa-Catabasi di Cristo agli Inferi, il Sabato Santo, per la successiva definitiva ascesa-Anastasi al Paradiso, la Domenica di Pasqua. (Fig. 1).

Fig. 1 – Anastasis di Costantinopoli al monastero di San Salvatore in Chora (1310-20)

L’opera di Bosch (Fig. 2) non ha bisogno di commenti: centra l’obiettivo emotivamente attraverso il linguaggio della “forma delle Idee senza le Parole”; esattamente come fa la percezione visiva del visitatore più distratto della thòlos alla Gurfa di Alia nella Ierofania del Solstizio estivo. (Fig. 3)

Fig. 2. H. Bosch (1450-1516) Visione dell’aldilà: Ascesa all’Empireo

Fig. 3. Gurfa Lama Luce “Axis Mundi” al mezzogiorno del Solstizio d’Estate (Foto A. Belgiojoso)

Bene: nel latifondo contadino della “Sicilia persa” decine di ambienti tholoidi forati mettono in scena da qualche millennio la stessa fenomenologia lucente ogni giorno, in particolare agli Equinozi ed ai Solstizi, da “fori” non naturali ma progettati e costruiti per determinare fenomeni di eliofania, che è più appropriato definire come “Ierofanie”, associati alla costruzione di calendari rituali e liturgici per le date di inizio dei “Piccoli e Grandi Misteri”, come in tutti i più famosi Santuari/Telesterion della Tradizione ancestrale mediterranea. Sono studi e riflessioni che ho ancora in corso con rimando all’immagine di Fig. 4 per averne ulteriore sintesi visiva.

Fig. 4 – Il raggio dell’ultima luce del tramonto di fine ottobre che colpisce l’ “incasso/abside alla base della parete Est, angolato rispetto all’accesso proprio per accogliere quella particolare luce. Il fenomeno si ripete con la stessa “eliofania” attorno al 20 febbraio. (Foto di Elisa Chimento)

E’ quanto avevamo teorizzato da tempo ma che è stato possibile verificare e documentare solo il 30 ottobre 2022, con l’ultima lama di luce radente del tramonto, che entra da quella porta “stranamente angolata e fuori asse” della thòlos: viene ‘colpito ed avvolto’ dalla luce esattamente proprio quell’abside-porta-incasso, con effetto suggestivo ed emotivo rilevante per l’osservatore. L’incavo-falsa porta-abside,”misteriosa nicchia con sedile”, molto lisciato e sopravvissuto a parete Est doveva trovarsi fra le banchine, rimosse grossolanamente per fare posto successivamente e forse perfino di recente, ad esigenze contadine. Eugenio Guccione, nella sua importante Storia di Alia, ed. S. Sciascia, 1991, a p. 33 lo cita espressamente dandolo per esistente al momento in cui scrive e pubblica, proprio come “misteriosa nicchia con sedile” ancora in vista di fronte all’affaccio sulla tholos dal corridoio superiore, che ovviamente deve essere necessariamente di fattura coeva assieme alla “stanze”. Proprio sopra quella porta simbolica ad incasso ci sono i sesti a parete di un incastro rettangolare per carpenteria lignea perfettamente eseguito in simmetria alta; doveva reggere in sospensione un segnale (Fig. 5) colpito da quella particolare luce angolata del tramonto. C’è anche evidente traccia interna di fossilizzazione di un inserto residuo.

Fig. 5 – Porta simbolica ad incasso a parete Est della tholos con incastro rettangolare per carpenteria lignea in simmetria alta; doveva reggere in sospensione un segnale colpito da quella particolare luce angolata del tramonto. C’è anche evidente traccia interna di fossilizzazione di un inserto residuo.

Questa è dunque la “verifica” che quella porta simbolica per l’aldilà posta ad Est sarebbe stata progettata “angolata” dal suo dedalico costruttore proprio per cogliere quell’ultima Luce: guarda caso proprio nel tempo di Boedromione, che ad Eleusi segnava la ritualità dei “Grandi Misteri”. Va notato  che la “manifestazione luminosa” verificata coincide in maniera significativa con la Samhain del mondo celtico e con la nostra Tutti Santi-Festa dei Morti cristiano-cattolica. L’eliofania si è puntualmente ripetuta, documentata, al tramonto del 21 febbraio 2023, con il “ritorno” del moto solare dal punto di Solstizio invernale verso il punto di tramonto dell’Equinozio di primavera. Osservazioni empiriche’ ma “scientifiche” al contempo, che di fatto attestano curiosamente anche la data di quello che sarebbe proprio il “Tempo Sacro” dei “Piccoli Misteri” di Eleusi. Entriamo così, di fatto, in un argomento vertiginoso, visto che proprio Eleusi è stata  Capitale della Cultura 2023. Stessa ritualità di Luce alle stesse date che penetra da millenni nel corridoio ipogeico egizio fino al Sancta Sanctorum con il “bacio del Sole” a Ramesse II ad Abu Simbel.

Queste “coincidenze” qualcosa di importante vorranno pur dirci, ma fermiamoci a questo punto; il resto verrà se ne saremo all’altezza, come Comunità di Patrimonio radicata in una Grande Tradizione. Resta valido per il seguito l’interrogativo che ci lasciò, scrivendo proprio del “Palazzo filosofico” della Gurfa, Alessandro Musco: “La storia della Sicilia e del mediterraneo è stracolma di magazzini rinserrati e murati: si narra che vi siano raccolte solo cose note, di cui ne abbiamo visibili e disponibili mille e mille copie, schedate, catalogate, sapute e risapute. Si dice, appunto. Ma è poi vero che tutto abbiamo capito e che di tutto possediamo sapere e che di tutto c’è traccia sicura a partire dai libri di scuola?” (Dalla presentazione di A. Musco, Il Catasto Intellettuale Mediterraneo e la Gurfa di Alia, pp. XI-XV, in: C. Montagna, Il Tesoro di Minos. L’architettura della Gurfa di Alia tra Preistoria e Misteri, ed. O.S.M., 2009)

Oltre queste rapide ricognizioni il Viaggio sulla Via della Thòlos che porta agli Ipogei della Gurfa continua, con il conforto di studiosi prestigiosi che si stanno associando alla nostra Cerca/Ricerca. A supporto delle annotazioni che siamo stati in grado di farne l’amico poeta Vincenzo Ognibene ha scritto questi versi straordinari su quell’ “Axis Mundi di Luce”:

“Diu/comu fazzu a tràsiri/nnò to vacanti/ca iè un nenti/chinu di lustru.”

(Dio/ come faccio a entrare/ nel tuo vuoto/ che è un niente/ pieno di luce)

(Da: V. Ognibene, Villàurea Signura quasi Himera. Poesie 1994-2010, ed. Coppola-Margana, 2011, p.27)

Carmelo Montagna

L’ASD Sciara calcio torna in seconda categoria e punta in alto: una vera e propria «fenice»

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La nascita di questa squadra in realta è una rinascita per il calcio sciarese, vista l’assenza di una società sportiva dal lontano 2009 nel paesino in provincia di Palermo. La nuova ASD Sciara nasce nel 2018, grazie alla perseveranza di Marco e Silvio Serraino (i gemelli del goal) e Stanislao Minuto, persone che hanno dedicato la loro gioventù al calcio, gli stessi che hanno voluto creare e portare avanti un vero e proprio progetto di rinascita e risalita per la società giallorossa. Il primo presidente, della rifondata società, è stato Carmelo Andolina, in carica dal 2018 al 2021. Il primo anno per i giallorossi fu una grande soddisfazione, vista la promozione dalla terza alla seconda categoria già alla prima stagione.

Successivamente, per i giallorossi, ma anche per tutte le altre squadre del campionato, è stato molto difficile continuare con costanza a causa dei due anni di Covid-19. Proprio il primo campionato di seconda categoria è stato interrotto con lo Sciara in quinta posizione, e con l’obiettivo salvezza già ben che superato, mentre il secondo anno è stato più difficile visto che sono state disputate solo due giornate prima del nuovo stop pandemico. Dal 2021 in avanti, a ricoprire la carica di presidente è stato Agostino Vega, lo stesso che attualmente è in carica. Con lui, la squadra riesce ad ottenere la salvezza nel campionato di prima categoria 2021/2022, anche se per motivi logistico economici la squadra non ha avuto la possibilità di iscriversi nuovamente al campionato di prima categoria, ricominciando quindi dalla terza.

In quella stagione i giallorossi arrivarono fino ai playoff dove vennero battuti dai cugini del Caccamo in semifinale. Infine nella stagione uscente, i ragazzi di Vega, guidati tecnicamente dal mister Pasquale Papa riescono a vincere il campionato con alcune giornate d’anticipo ma soprattutto con l’orgoglio di essere anche imbattuta, record per la squadra giallorossa. La caratteristica importante di questa squadra è stata quella di aver avuto sempre gran parte delle rosa proveniente proprio dalla gioventù sciarese. Storica, rimane la prima stagione in terza categoria dove i ragazzi vinsero il campionato aggiudicandosi i playoffs con una squadra di soli sciaresi.

Quella di Sciara, si conferma comunque una piazza difficile da affrontare per gli ospiti, visto il tifo viscerale e passionale dei tifosi locali che sostengono la squadra anche in trasferta. Adesso, grazie alla realizzazione dei nuovi spogliatoi, la squadra potrà usufruire dei una struttura ancor più funzionale e sicuramente comoda, in attesa di ulteriori interventi nell’infrastruttura sportiva. Una bella storia d’amore che si spera possa essere eterna.

Francesco Peri

Giornale di Cefalù: una villa comunale più a misura di bambino

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Il Consiglio ha approvato una mozione per rendere più a misura di bambino la villa comunale: intervista al Consigliere Gianluca Cesare. Due appuntamenti al Cine Di Francesca con il “Teatro di Parola”: Piparo con “Il cunto”, e Pennisi e Durante con “Il ponte”. Ne parla Caterina Di Francesca (foto).
In ricordo di Pepita Misuraca: testimonianze di Salvatore Portera, Salvatore Giardina, Anna Incrapera, Germana Russo, Maria Carla Martino Pagano, Cinzia Muscarello. Un incontro per ricordare Nicola Imbraguglio.
Questi i servizi principali del Giornale di Cefalù – anno 41 n.1808 – videonotiziario – web diretto e condotto da Carlo Antonio Biondo; dal 12 settembre 2024 su facebook profilo Adriano Cammarata e sul canale you tube Carlo Antonio Biondo (https://youtu.be/DRUutQ2pFlM). Archivio Giornale su cammarataweb; link su tutti i social.

“Il guerriero di Taranto” di Antonino Macaluso vince il Cefalù Film Festival “Premio Pino Scicolone”

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“Il guerriero di Taranto” di Antonino Macaluso ha vinto la nona edizione del Cefalù Film Festival “Premio Pino Scicolone”. La premiazione si è svolta all’interno del cinema Di Francesca.

Il video come migliore attore dal titolo “L’acquario” è stato invece dedicato a Diana Di Francesca, molto nota a Cefalù per il suo impegno sociale e culturale.

Ha presentato Antonella Giotti, mentre padrino della serata è stato l’attore Mario Opinato. Hanno allietato l’evento la cantante Linda Armetta e il chitarrista Gianni La Rosa.

“Anche quest’anno sono pervenuti cortometraggi da tutte le parti del mondo e ogni volta la serata di premiazione è molto suggestiva – afferma la Presidente della Fondazione Antonella Scicolone. A questo proposito desidero ringraziare il prof Giovanni Cristina e Davide Cesare per la loro disponibilità e gentilezza”.

Le foto pubblicate sono di Armando Geraci.

Ciminna, 65° anniversario dell’uccisione del Carabiniere Scelto Clemente Bovi

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Ieri mattina a Corleone è stato commemorato il Carabiniere Scelto Clemente Bovi, insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare “Alla Memoria”.

Alle ore 10,00, in località Bicchinello, luogo dell’agguato ove sorge il cippo commemorativo, è stata deposta una corona d’alloro e benedetto il monumento eretto in memoria del decorato.

Alla commemorazione erano presenti il Col. Ivan Boracchia, Comandante del Reparto Operativo Carabinieri di Palermo, il Ten. Col. Giulio Modesti, Comandante del Gruppo di Monreale, il Cap. Daniele Giovagnoli, Comandante della Compagnia di Corleone, il Sindaco di Corleone, Dott. Walter Rà, il Sig. Salvatore Peri cognato del caduto, una rappresentanza dell’Associazione Nazionale Carabinieri delle sezioni di Corleone, Piana degli Albanesi e Prizzi, nonché personale della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza.

Il Carabiniere Scelto Clemente Bovi era di Ciminna ed effettivo alla Stazione Carabinieri di Caltabellotta. L’8 settembre 1959, di ritorno da un permesso fruito presso la propria famiglia, veniva fermato – di notte ed in aperta campagna – da sei malfattori, i quali avevano già commesso altre dieci rapine. Pur sotto la minaccia delle armi, estraeva la pistola d’ordinanza ed ingaggiava, da solo e allo scoperto, violento conflitto a fuoco, nel corso del quale uccideva uno dei banditi e ne feriva probabilmente un altro finché, colpito al petto da una fucilata, cadeva al suolo esanime dopo aver messo in fuga i malviventi.

La storia del valoroso militare è raccontata in un libro dal titolo “Un eroe semplice. In memoria del carabiniere Clemente Bovi” curato da Alfonso Lo Cascio, Giuseppe Cusmano e Vito A. Bovi, pubblicato da Edizioni Arianna.

“La pietra, il legno, il tesoro. Eredità culturale tra tutela, valorizzazione e opportunità di sviluppo”: convegno di BCsicilia a Gangi

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“La pietra, il legno, il tesoro. Eredità culturale tra tutela, valorizzazione e opportunità di sviluppo” è il titolo suggestivo del convegno promosso da BCsicilia che si terrà a Gangi, nella splendida cornice di Palazzo Bongiorno, il 14 e 15 settembre 2024 con il patrocino del Comune, e affronta i temi quanto mai attuali della salvaguardia del patrimonio culturale e dello sviluppo turistico dell’isola.

Si inizia sabato 14 alle ore 16,30 con i saluti di Giuseppe Ferrarello, Sindaco di Gangi e la presentazione del Presidente regionale di BCsicilia Alfonso Lo Cascio, a cui farà seguito l’intervento di Antonio Purpura, Docente di economia dell’Università di Palermo, dal titolo “Beni Culturali e innovazione: per rilanciare una crescita della Sicilia equa e sostenibile”, e quello di Antonio Presti, Presidente della Fondazione Fiumara d’Arte, che affronterà il tema “Arte generatrice di economia”. A seguire  l’intervento di Giovanni Di Stefano, archeologo, Docente presso l’Università della Calabria, che parlerà su “Le città greche di Sicilia. Un tesoro di pietra per il turismo mediterraneo” ed infine Gioacchino Fazio, Docente di Economia applicata presso il Dipartimento Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche all’Università di Palermo, relazionerà su “Le presenze turistiche in Sicilia: problemi e prospettive”. Alle ore 20 è previsto l’Aperitivo con l’Arte.

Il giorno successivo, domenica 15 alle ore 10,00, si riprende con  una tavola rotonda dal titolo “Sistema dei Parchi archeologici: fruizione integrata, attrattori culturali e soggetti di crescita economica” a cui prenderanno parte Carmelo Bennardo, Direttore Parco archeologico di Siracusa, Eloro e Villa del Tellaro, Luigi Biondo, Direttore Parco archeologico di Segesta, Luigi Gattuso, già Direttore del Parco archeologico di Gela e del Parco archeologico di Kamarina e Cava d’Ispica e Domenico Targia, Direttore Parco archeologico Imera, Solunto, Iato.

Dopo il pranzo, con inizio alle ore 16,30, è prevista la tavola rotonda sul tema “Ereditare il futuro. Beni Culturali: una articolata politica per lo sviluppo economico”. Sono previsti gli interventi di Salvatore Geraci, Deputato della Lega, Componente della Commissione Cultura dell’ARS, di Annunziata Luisa Lanteri, Deputato di Forza Italia, Vice Presidente Commissione Cultura dell’ARS, di Luigi Iuppa, Presidente dell’Unione dei Comuni delle Madonie, di Manlio Mele, già Deputato ARS, Coordinamento regionale Dipartimento Cultura PD, e di Loredana Russo, già Senatrice della Repubblica, Componente Commissione cultura di Palazzo Madama.

“I nostri beni culturali non sono solo memoria storica – afferma il Presidente regionale di BCsicilia Alfonso Lo Cascio – ma anche eredità del futuro. Un patrimonio straordinario che merita di essere salvaguardato, promosso e valorizzato: sta tutto qui il senso della scommessa per un miglioramento della nostra terra. Comprendere come l’arte, fattore identitario di una comunità, possa diventare generatrice di economia, e lo stesso ruolo che giocano le istituzioni preposte allo scopo, contemporaneamente attrattori culturali e soggetti di crescita. Una sfida per la cultura, in termini di contenuti e di soggetti protagonisti, ma soprattutto della politica, chiamata ad elaborare percorsi innovativi e originali per lo sviluppo della Sicilia che la vede, nonostante il grandioso patrimonio architettonico e l’eccezionale ricchezza artistica, ancora relegata a ruoli marginali nel quadrante del turismo non solo nazionale”.

Per informazioni ed iscrizioni Tel. 346.8241076 Email: [email protected].

Le “stanze perdute” della Gurfa di Alia e quelle antiche scale

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Arrivati a questo punto del percorso, avviandoci alla conclusione dell’itinerario dopo la sessantina di interventi che Esperonews  ha ospitato, sulla Via della Thòlos, alla ricerca del significato che gli ipogei della Gurfa di Alia celano “in piena luce”, brevemente riassumo quello che ne ho capito dopo un ventennio abbondante di studi confronti e riflessioni. In breve: con moltissima probabilità, è il Telesterion/”Palazzo delle iniziazioni”per la figura del Minos/Re del Mondo, architettura di “Tradizione Dedalica” Egeo-Sikana, sintesi monumentale di altre centinaia di ambienti accomunabili per ragioni progettuali di forma e genealogia. Un ragionamento semplice e di prima approssimazione potrebbe essere questo: se Paolo Orsi nella sua sapienza riconobbe nella Thòlos monumentale di Sant’Angelo Muxaro la “Tomba del Principe”, da qualche parte doveva trovarsi una “Tomba del Re”; che potrebbe benissimo essere la nostra della Gurfa, per monumentalità e sapienza costruttiva. Sulla Tomba/Tempio/Santuario del Minos nella “Chora di Kamikos” abbiamo acquisito la ragionevole certezza che doveva esser un monumentale ambiente liturgico/funerario annesso ad un Tempio di Afrodite, di scala dimensionale e territoriale adeguata alla grandezza di uno dei più importanti Re della protostoria mediterranea. Da “Telesterion liminare” doveva essere situato in un punto strategico di contatto, per le relazioni geopolitiche che gestiva nella probabile “anfizionia/dodecapoli” degli Indigeni, fra la costa del Tirreno e quella del Canale di Sicilia. Per quanto riguarda la forma doveva avere a che fare con la tradizione costruttiva della coeva architettura Egeo-Minoica: cioè un Palazzo con una struttura a thòlos. Si trovava nella “Chora di Kamikos”, attuale entroterra agrigentino delle idrovie Platani e Salso. Per una operazione militare in risalita del Platani/Halykos verso Himera, quella Tomba/Tempio/Santuario venne “rinvenuta” e distrutta nel 480 a.C. dal tiranno di Agrigento Terone, che restituì con operazione di abile propaganda politica i resti mortali del Minosse di cui parlano le fonti storiche ai Cretesi (circa mille anni dopo i “fatti”!). Questi indizi, assieme al “Limen della Chora di Kamikos” posizionato ragionevolmente da Pietro Griffo al displuvio di confluenza dei bacini idrografici Platani-Torto, da Heraclea Minoa a Mura Pregne, ci portano in zona di contatto di età greca fra i sistemi territoriali di Akragas ed Himera. Questi elementi probanti di “archeologia del paesaggio” spiegano da soli l’ubicazione degli ipogei della Gurfa; del perché quella thòlos, la più vasta del Mediterraneo, con i suoi ambienti di servizio, si possa trovare proprio la. In attesa di più precisi dati archeologici e datazioni su reperti, che purtroppo ancora non arrivano, questa è la mia posizione di sintesi.

Dopo la catastrofe culturale della perdita della sua memoria storica, alla Gurfa di Alia c’è quello che resta di un impianto ipogeico monumentale dell’età del Bronzo, di sofisticata progettazione e realizzazione, dove è possibile rintracciare l’uso di moduli di “geometria aurea”. L’impianto viene ricavato, “tre generazioni prima della guerra di Troia”, ristrutturando radicalmente una precedente area sacra con necropoli Eneolitica e del Bronzo Antico di cui restano tracce di “stanze perdute” ed alcune tombe a grotticella nella parte sommitale. Un sistema di scale esterne intagliate in roccia, ancora leggibile, collega tutti i livelli. Il suo “dedalico” costruttore mostra di conoscere la memoria dei modelli di case-tombe a thòlos ciprioti di Choirokotia e del Megaron ligneo anatolico-frigio di Gordion. Sembra essere una struttura unitaria che ha al piano inferiore una vasta camera funeraria dinastica collegata ad un grandioso ambiente a thòlos per il culto, con sovrapposte le “stanze” di un Santuario, in cui si praticava il rito dell’ “incubazione” e della “catabasi”: rimandi straordinariamente simili alle descrizioni larvali che le fonti storiche fanno per l’Heroon e tomba-tempio della figura “Misterica/Sacrale” del Minos/Re del Mondo in Sikania, da ricercarsi nella valle del fiume Halykos-Platani. La Gurfa si trova infatti in un importante sito nel cuore della Sikania dell’età del Bronzo, nel punto di snodo strategico fra i sistemi fluviali Platani-FiumeTorto, che in antico collegava Himera, sul Tirreno, con Heraclea Minoa, sul Canale di Sicilia; da lì dovette passare il tiranno agrigentino Terone nel 480 a.C. quando, in marcia su Himera per la sua conquista, “rinvenne” e distrusse la tomba-tempio che si attribuiva alla figura del Minos, che trovò la fine dei suoi giorni in Sicilia. In assenza di reperti archeologici da scavi ufficiali, oltre la quantità impressionante di indizi che mi hanno orientato nell’attribuzione, le tracce evidenti di distruzione ed incendio dei rivestimenti lignei alla Gurfa , assieme al “Tridente” inciso che vi ho rinvenuto a parete, ancora aspettano una datazione.

Mie recenti indagini con ricognizione fotografica da un drone hanno confermato l’evidenza di grandi strutture murarie di sommità, totalmente inedite, a servizio della parte più antica della necropoli rupestre, con intagli e pareti di ‘stanze perdute’ che meritano accurate indagini (Fig. 1). Un sistema di gradini esterno in roccia collega ancora adesso tutti i livelli fino alle ‘cisterne superiori’ passando per le ‘stanze’ del primo piano. Sono presenze strutturali di grande interesse e mai in precedenza attenzionate dal punto di vista archeologico.

Quel percorso di accesso con scale, dalla “vasca triangolare con letto di posa” in basso (Fig. 4) fino alle tombe a grotticella antichissime di sommità (Fig. 5), è argomento che da solo indica un intervento unitario sul ‘prospetto’ attuale degli ipogei, per accedere alla necropoli più antica del livello superiore, con i gradini meno usurati rispetto a quelli di accesso al primo livello delle quattro ‘stanze’, che presentano livello di usura doppio o triplo; cosa che logicamente non dovrebbe accadere per ambienti dati come ‘medievali’ e quindi molto più recenti. (Figg. 2-3) E’ questo l’indizio certo di un originario percorso di ascesa-discesa su tutti i livelli agibili del costone roccioso, con uso successivo e molto più intenso per l’evidente usura dei gradini delle “stanze” del primo piano in età post-antica medievale e contemporanea.

Il ragionamento sulla “stranezza” della differente usura del rapporto “alzata-pedata” nel confronto fra la diverse scale, evidentemente di matrice unitaria, porta alla conclusione che il primo livello delle “quattro stanze” ha una continuità d’uso intenso abitativo in epoche successive alla primitiva fattura di tutto l’impianto rupestre e fino al nostro tempo. La presenza di “rope-holes/fori da fune” a parete esterna sulle scale (Fig. 3), in posizione poco pratica per uso contadino, suggerisce anche l’ancoraggio di cordami carpenterie e strutture lignee verticali andate perdute.

Fig. 1 – Gurfa: sesti d’intaglio e strutture murarie esterne di sommità, con il percorso di accesso gradinato alle ‘stanze perdute’, dalla thòlos ‘piccola’, in basso, alla necropoli rupestre più antica con ‘cisterne’ per le ‘stanze’ sottostanti del primo livello. (Foto cortesia di Roberto Lumia, da riprese con drone effettuate il 24.3.2024)

Figg. 2 e 3 – Immagini da riprese con drone dei sesti delle strutture murarie esterne di sommità, con evidenziato il percorso unitario di accesso gradinato alle ‘stanze perdute’, dalla thòlos piccola (A) alla necropoli rupestre più antica con ambienti di ‘servizio’ (B) e ‘cisterne’ collegate con le ‘stanze’ sottostanti del primo livello. Da notare la presenza di ‘fori passanti/rope holes’ a parete sulle scale “molto usurate”. (Foto cortesia di Roberto Lumia, da riprese con drone effettuate il 24.3.2024).

Fig. 4 – Primi scalini superstiti intagliati, “poco usurati” ad inizio del percorso di accesso in salita per la sommità.

Fig. 5 – Scalini “poco usurati” a parete laterale di accesso fra il primo livello delle “stanze” e quello superiore delle tombe preistoriche a grotticella.

La cosa certa è che, vista la tristezza dei tempi, non possiamo più permetterci di trascurare una presenza di straordinaria importanza per la stessa Storia dell’Architettura antica in Sicilia, anche per farne volano di sviluppo socio-economico per tutta l’area di riferimento indotta dell’entroterra siciliano “povero”, fra il Platani ed il Salso. Ma questa è un’altra “materia”.

Carmelo Montagna

Dal 15 settembre alla Villa Palmeri la quinta edizione di Termini Book Festival

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Dopo il successo delle prime quattro edizioni, dal 13 al 15 settembre, a Termini Imerese, all’interno della splendida cornice di Villa Palmeri, ritorna il Termini Book Festival.

La kermesse letteraria, ideata e diretta dallo scrittore termitano Giorgio Lupo, è organizzata dall’associazione culturale Termini Book Festival di cui è presidente il medico Fabrizio Melfa.

Il Festival quest’anno avrà come tema “Ritratti. Dietro volti, infinite storie”.

Gli autori e le autrici ospiti dell’edizione 2024 del Termini Book Festival saranno ventidue; i romanzi presentati appartengono sia al genere giallo che al mainstream e si alterneranno non solo scrittori affermati, ma come ogni anno sarà dato spazio anche ad autori emergenti.

Diego Lama, giornalista, scrittore e vincitore del Premio Tedeschi, e fresco vincitore del Premio Selezione Bancarella 2024 presenterà La casa della colpa (Mondadori), scritto a quattro mani con la sorella Diana e pubblicato con lo pseudonimo di Valeria Galante; Alessia Castellini, coautrice di articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali e scrittrice, presenterà il romanzo Il sentiero delle formichelle (Piemme); Claudia Cocuzza, caporedattrice per Writers Magazine Italia, redattrice per ThrillerNord e vincitrice del Garfagnana in giallo 2022, sezione romanzi inediti , farà conoscere, in anteprima e insieme alla scrittrice Marika Campeti, anche lei caporedattrice per la rivista letteraria Writers Magazine Italia, la raccolta 365, racconti gialli, thriller e noir. Marika Campeti, a sua volta, parlerà sul palco del suo ultimo romanzo dal titolo L’ultimo respiro di Mara (Bertoni Editore); Eleonora Lombardo, scrittrice e giornalista che scrive di cultura e tiene corsi di scrittura creativa, presenterà il romanzo Sea Paradise (Sellerio); Eliana Camaioni, critico letterario e collaboratrice della rivista Letteratitudine e del giornale Messina Today, parlerà del suo romanzo Nostra Signora da Messina (Algra Editore); Fabio Ceraulo, che lavora nel settore turistico ed è un appassionato di storia risorgimentale, finalista in alcuni concorsi, presenterà il suo Falconera (Spazio Cultura Edizioni); Fabio Mundadori, scrittore di gialli, thriller, noir e testi fantascientifici, vincitore nel 2008 del premio “Giallolatino” e nel 2011 del “Garfagnana in giallo”, condirettore di quest’ultimo premio letterario e direttore artistico di “NeRoma Noir Festival”  presenterà il suo Le lacrime di Dio (Sette Chiavi). Ed ancora Alessandro Miceli, scrittore di romanzi gialli ambientati nella Sicilia sud-orientale, farà conoscere Il sottobosco (Algra Editore); Cirino Cristaldi, giornalista, autore e sceneggiatore, Presidente dell’Associazione NO_NAME con cui produce Etnabook, Via dei Corti, Sicily Short League e CineMigrare, il suo Ousmanne Olman (Algra Editore); Melissa Turchi, impiegata di banca e scrittrice, presenterà il suo secondo romanzo, Parole in grammi (Morellini Editore); Francesca Maccani, insegnante di Lettere alla scuola secondaria, scrittrice e vincitrice nel 2018 del premio Donna del Mediterraneo con La cattiva scuola, scritto a quattro mani con Stefania Auci, dopo il grande successo del suo romanzo Le donne dell’Acquasanta, edito da Rizzoli, presenterà Agata nel vento (Rizzoli); Gabriella Genisi, autrice di numerosi libri tradotti all’estero e ideatrice della serie poliziesca dedicata alle indagini di Lolita Lobosco (pubblicata da Sonzogno), dalla quale è stata tratta una serie tv andata in onda su Rai Uno e trasmessa in tutto il mondo, presenterà Giochi di ruolo (Marsilio Editore) terzo episodio del ciclo dedicato a Chicca Lopez, maresciallo dei carabinieri; Maria Elisa Aloisi, avvocato penalista, scrittrice e vincitrice nel 2021 del premio Tedeschi con Il canto della falena, editor della collana Odissea Crime, presenterà il suo Sto mentendo (Mondadori). Sarà presente anche Michele Burgio, professore universitario, scrittore e cultore della tradizione popolare siciliana, che presenterà il suo ultimo romanzo dal titolo Altro da Palermo (Ianieri Edizioni). L’autore dialogherà anche con lo scrittore Salvo Toscano, Pino Apprendi, garante dei detenuti di Palermo e Presidente di Antigone Sicilia e Carmen Cera, responsabile Amnesty International Termini Imerese, sul tema L’inferno invisibile, ritratti dietro le sbarre”. Salvo Toscano, giornalista RAI, semifinalista al Premio Scerbanenco, finalista al Premio Zocca Giovani e vincitore del Premio Telamone, è l’autore degli undici romanzi incentrati sulle indagini dei fratelli Corsaro diventati una serie tv Taodue che a settembre andrà in onda su Mediaset. Sul palco del Termini Book Festival Salvo Toscano presenterà il suo L’ultimo presagio (Newton Compton); Simona Moraci, scrittrice, giornalista professionista e insegnante, proposta da Aldo Cazzullo al Premio Strega 2022, presenterà il suo Come pesci sugli scogli (Morellini Editore); Ignazio Rosato, autore teatrale, cinematografico e televisivo per trasmissioni come Striscia la notizia ed autore di Roberto Lipari, ci parlerà del suo Il grano nero (Scatole Parlanti).  Dialogherà con lui proprio Roberto Lipari, replicando un format vincente già collaudato durante l’ultimo salone di Torino. Infine Paolo Pintacuda, sceneggiatore per il cinema e vincitore del Premio Solinas 2010, presenterà il suo Jacu (Fazi Editore); Michele Iacono, artista e scrittore, ci racconterà L’esilarante storia degli uomini tristi (PAV Edizioni). Al Termini Book Festival sarà presente anche quest’anno Roberto Mistretta, vincitore del Premio Tedeschi, giornalista e collaboratore del quotidiano La Sicilia, editor della collana Delos Crime, con il suo I delitti del castello (Fratelli Frilli Editore) e Gaetano Savatteri, giornalista e scrittore il suo I colpevoli sono matti, quattro indagini a Makari (Sellerio editore). Dai suoi romanzi e racconti, aventi per protagonista il giornalista e investigatore Saverio Lamanna, è stata tratta la serie televisiva italiana Rai Màkari con protagonista Claudio Gioè.

Durante la serata conclusiva del Festival, condotta dalla conduttrice Tv e Radio Eliana Chiavetta, verrà assegnato il Premio Termini Book Festival, organizzato in collaborazione con Il Giallo Mondadori. Il Premio, dedicato ai racconti di genere giallo, permetterà al vincitore di essere pubblicato sulla storica collana da edicola Il Giallo Mondadori. Da quest’anno il premio sarà intitolato a Cosimo Cristina, il giornalista termitano assassinato dalla mafia. Per Raccontare “CoCri”, così firmava i suoi articoli il giovane cronista, dialogano sul tema Luciano Mirone, giornalista e scrittore, Alfonso Lo Cascio, giornalista, scrittore e presidente regionale di BCsicilia, e Giusy Conti, dirigente scolastica.

«Quest’anno il Festival, consolidando la propria natura di casa della scrittura, accoglie ventidue autori – afferma Giorgio Lupo – confermata la partnership con Il Giallo Mondadori, abbiamo aperto il festival a nuove collaborazioni e nuove iniziative: prima tra tutte i tre Ritratti invisibili: tre momenti di approfondimento su temi socialmente rilevanti durante i quali daremo la parola a giornalisti, addetti del settore, scrittori. Il primo di questi momenti riguarderà i suicidi in carcere, tema delicatissimo da inquadrare nel più ampio problema delle carceri italiane, come ha sottolineato il Presidente della Repubblica Piersanti Mattarella; nel secondo daremo voce all’esperienza fatta dal nostro Presidente, in qualità di medico, al progetto umanitario in Uganda, denominato Cute Project, e nel terzo appuntamento, domenica 15 settembre, parleremo di Cosimo Cristina: il giornalista termitano che negli anni ’60 fu assassinato dalla mafia di Termini Imerese. Altra novità di rilievo di questa V edizione sarà l’iniziativa Dialoga con l’editore, in cui scrittori ed editori si incontreranno di presenza a Termini Imerese. Per chi vuole pubblicare con case editrici serie, questa sarà un’occasione privilegiata per poter proporre il proprio progetto editoriale direttamente all’editore o a un suo direttore di collana, in un appuntamento a lui riservato. Insomma, la sensazione è che il Festival stia crescendo, anno dopo anno, e già quest’anno molti b&b hanno esaurito le proprie stanze grazie a chi si sta spostando da tutta la Sicilia, e non solo, per poter esserci»,

Gli incontri della kermesse letteraria saranno moderati da: Rosalba Costanza, Daniela Cappadonia, Francesca Caronna, Michaela Pinto, Salvo Toscano e Michele Burgio, Pino Apprendi, Anna Laurà, Marika Campeti,Claudia Cocuzza, Salvatore Calamera,  Roberto Chifari, Giovanni Di Marco, Roberto Tedesco, Giovanna La Motta e Stefania Ignazzitto.

I finalisti saranno valutati dalla giuria composta dal direttore di Giallo Mondadori Franco Forte e dagli scrittori Diego Lama e Gabriella Genisi.

Il Termini Book Festival 2024 sarà realizzato grazie al patrocinio oneroso della Regione Sicilia, assessorato al Turismo e Spettacolo, al gratuito patrocinio del Comune di Termini Imerese e agli sponsor Antonio Bellaville (Bellaville Solutions), Nicola Cascino (Gruppo Cascino), Giuseppe Genovese (Gruppo Genovese) e Fabrizio Melfa (Mediaging Clinic Center).

Partner assicurativo sarà l’agenzia Sara Assicurazioni di Termini Imerese, agenti Giuliano e Goffredo Forzinetti. La copertura mediatica sul web e radio sarà garantita da Teleterminiweb e da Radio Panorama. Fotografo ufficiale del Termini Book Festival sarà Corrado Chiavetta. La grafica è curata dall’artista RORI che, come ogni anno, interpreta in modo originale e unico il tema della manifestazione. Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.

Il rapporto terapeutico: curare per professione e bisogno di aiuto

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Nel rapporto tra chi cura per professione e chi ha bisogno del suo aiuto, delle sue prestazioni professionali, vi sono da sempre differenti aspetti, del tutto opposti nella loro natura eppure profondamente complementari. Il primo è l‘aspetto puramente ‘tecnico’, professionale, razionale. Il medico che somministra medicine, prescrive analisi o suggerisce altre strategie terapeutiche, sta mettendo in atto una conoscenza puramente razionale, che va di pari passo con il progresso delle conoscenze scientifiche generali per la sua epoca; in ogni caso, sta facendo’ qualcosa che gli è suggerito da quanto appreso. Il secondo aspetto è, al contrario, assolutamente personale, soggettivo, irrazionale. Non è fondato su ciò che il medico ‘sa’, bensì su ciò che il medico ‘sente’.

Sono due aspetti complementari e inscindibili dell’attività dell’essere e medico, e quindi della relazione tra il terapeuta e il paziente. Questi, infatti, ha sicuramente fiducia nelle capacità ‘tecniche’ del medico, ma si aspetta da lui anche qualcos’altro, non solo competenza professionale. Ciò che il cliente si aspetta può essere variamente definito: comprensione, simpatia, sostegno.

È il caso di dire che se questa seconda componente del rapporto tra medico e paziente non esistesse la medicina sarebbe più semplice e precisa, meno variabile e più razionale. Il problema è però che, in tal caso, non sarebbe ‘umana’, in quanto la malattia non è qualcosa che può essere limitato alla sfera puramente fisica. Questa è stata la grande illusione, forse, della medicina positivistica ottocentesca. Oggi invece sappiamo che la malattia non colpisce solo il corpo, ma la persona nella sua globalità. La cura di conseguenza, non può occuparsi solo della malattia. Il vecchio aforisma che non esiste la malattia ina il malato esprime abbastanza bene questo concetto di fondamentale importanza. Una terapia che sia autenticamente tale, infatti, deve tener conto dell’intera persona, del suo contesto sociale, della sua storia, della sua famiglia; in altre parole, di quell’insieme psicofisico che lo caratterizza in quanto persone.

Da un punto di vista teorico si può facilmente concordare con queste affermazioni, che trovano, nella storia della medicina, numerose conferme, da Ippocrate in poi. Il problema è come valutarle ne1la pratica reale, quotidiana del medico e non, beninteso, all’interno di specialità che, per loro statuto scientifico, sono — o dovrebbero essere — portate a prestare attenzione alla persona nelle sue variabili psicosociali e comportamenti, bensì nel campo della medicina generale, di base, nella quale assai più difficile è gestire correttamente un rapporto col paziente che sia terapeutico in senso teorico e umano al tempo stesso. Di norma, l’unico modo che ha il medico per gestire correttamente un rapporto psicologico col malato è quello di affidarsi non solo alle proprie conoscenze, ma anche alla propria sensibilità e al proprio intuito. Queste tendenze personali sono anche rinforzate, ovviamente, da fattori conte la deontologia professionale, il rispetto, e il senso del proprio lavoro come “missione”. Ma questo non basta. Non basta perché all’interno della relazione tra medico e paziente è possibile evidenziare tutta una serie di meccanismi che la possono condizionare, implicando un atteggiamento che va ben oltre le norme della sensibilità e del buon senso.

Esistono diverse interpretazioni possibili del modo in cui una relazione medico-paziente può instaurarsi. Una delle più suggestive è quella ipotizzata e descritta da Hollander nel 1958. Secondo questo autore esistono tre modalità particolari di gestire questa relazione, tutte fondate sulla maggiore o minor presenza di dipendenza o autonomia. Nel primo tipo di rapporto, il medico è la parte attiva e il paziente ha un ruolo interamente passivo: è il caso delle urgenze, o della chirurgia, e riproduce in qualche modo la relazione madre-lattante, ripercorrendone le modalità di dipendenza totale. Un secondo tipo di rapporto è invece quello che si instaura nel corso di malattie acute: in questo caso esiste tra medico e paziente una collaborazione, che in qualche modo riproduce i tratti del rapporto tra genitore adulto e bambino. Il terzo tipo di rapporto è quello delle malattie croniche, nel quale la relazione è caratterizzata da una più ampia autonomia del paziente, ripercorrendo le modalità delle relazioni tra adulto e adulto.

Non esiste quindi un ‘modello’ ideale e assoluto, ma modelli differenti più o meno adatti a situazioni specifiche nella pratica medica. Ognuno di tali modelli ha i propri pregi e i propri difetti, e problemi psicologici specifici pone pure il passaggio da un tipo di modello all’altro.

Secondo un altro autore, Schneider, la relazione tra medico e paziente può essere vista in modi differenti. Tra i tanti, egli ipotizza una relazione puramente “scientifica”, che è quella tipica degli studi biologici e che, se applicata al paziente, non è in grado di coglierne i problemi emotivi. Un altro modello è quello della “relazione di servizio”, nella quale il medico si comporta come un tecnico, che deve ‘riparare’ qualcosa. Più tipico degli specialisti, questo modello relazionale può anche essere caratterizzato da un buon approccio, che però resterà sempre superficiale e sostanzialmente astratto. Un ulteriore modello è poi quello, ideale, della relazione interpersonale soggettiva nella quale la comunicazione profonda tra due persone viene raggiunta, al di fuori dagli schemi più o meno convenzionali, in maniera autentica. È solo in questo livello che la terapia diviene ‘terapia globale’, sebbene non sempre è necessario che tale stadio sia raggiunto.

Di certo, diversi di questi aspetti assumono un’importanza indiscutibile. Per esempio i modelli di comunicazione, verbale o non verbale. Assai spesso si tratta di una comunicazione standardizzata, secondo schemi divenuti abituali. Il medico parla ‘difficile’, non spiega’ al paziente, in una parola non comunica; oppure comunica a un livello troppo superficiale, falsamente rassicurante, o non presti attenzione all’aspetto non-verbale della sua relazione col paziente, attenendosi a noi me estremamente rigide.

Ma queste relazioni sono sostanzialmente “culturali”, nel senso che afferiscono non a una “patologia del rapporto”, quanto ad una serie più o meno estesa di norme che caratterizzano fortemente la relazione medico-paziente nella nostra cultura. Il fatto che, per esempio, il medico non comunichi con chiarezza al paziente è uno stereotipo culturale.

Dobbiamo esaminare, invece, quali sono i problemi che possono configurare una vera patologia del rapporto medico-paziente. E questo non accade solo per incuria o superficialità del medico, bensì per una serie di motivi, che mette in gioco i meccanismi psichici più profondi sia del medico che del suo paziente. Esistono svariate situazioni che possono precipitare una crisi del rapporto terapeutico. Una delle più importanti si verifica quando il medico si trova di fronte a un paziente con una malattia grave, che richiede cure pesanti c difficili, che implica una menomazione o che può avere una prognosi infausta.

Una situazione di questo tipo implica un violento rebound emotivo sul medico. Da un lato questi si sente impotente, incapace e colpevole di tale incapacità o impotenza; dall’altro reagisce alle sue emozioni mettendo in atto difese estremamente riferite. Ma non è questa la sola situazione di crisi. Un’altra, assai frequente, è quella delle patologie ‘psicosomatiche’, funzionali in genere. Il paziente psicosomatico non é né un paziente facile, né un paziente classico’. Egli ha un vissuto ambivalente nei confronti del medico, nega i suoi conflitti e i suoi problemi, e non di rado tende a colpevolizzare il medico, utilizzandolo addirittura come alibi per la propria malattia. Ma e un simile comportamento, o meglio questo insieme di sintomi somatici e comportamenti, che rappresenta il modo del paziente di relazionarsi col mondo e con il medico. La sofferenza che esprime è somatica solo in apparenza: è psicologica a un 1ivello decisamente più profondo. Cogliere questo duplice aspetto non è facile per il medico. Egli può enfatizzare il sintomo somatico, il che gli consente un adeguato distanziamento emotivo dal paziente; può prescrivere terapie aggressive, può semplicemente fingersi sordo alle mille esigenze del paziente di fondare un rapporto più autentico. I risultati sono sempre disastrosi.

La terza situazione è quella del ‘paziente psicologico’ o talora francamente psichiatrico, che esige dal medico di base di essere un contenitore delle sue angosce, un confidente solidale con i propri conti itti relazionali, e gli chiede una “adozione psicologica”. Questa richiesta viene presentata in genere nella forma che appare più ovvia al paziente per potere essere accettata: quella di un sintomo che non necessita di una terapia, ma che esprime un bisogno generalmente inconscio. Sono casi molto frequenti negli ambulatori dei medici, che quasi sempre si rivelano fallimentari. Da un lato il medico sensibile e motivato. Può anche cedere alla tentazione di ‘adottare’ il paziente, invischiandosi nella situazione che gli viene proposta. Dall’altro capita assai spesso che egli non abbia le capacità necessarie a essere un contenitore adeguato delle angosce dell’altro, un alleato valido nel conflitto del paziente, in grado di offrire quella funzione “materna” che gli viene richiesta. E può allora reagire in maniera difensiva, raccogliendo le accuse del paziente che gli rimprovererà che il farmaco è sbagliato, che le terapie hanno effetti collaterali, che gli serve proprio quella certificazione che non è possibile fornirgli. Il deterioramento de1 rapporto è inevitabile.

Di fronte a queste situazioni le manovre difensive del medico possono essere numerose almeno quanto quelle dei pazienti. Una delle più diffuse è la fretta: il medico è impegnato, non può eseguire la visita domiciliare e, ha l’influenza o può dedicargli solo poco tempo in ambulatorio per rispetto verso gli altri pazienti che stanno aspettando in sala d’attesa. Specialmente nel caso dei pazienti ‘psicologici’ viene poi messa in atto la difesa dell’invio allo specialista, il quale assai spesso viene suggerito al paziente perché i disturbi sono nervosi. Di solito è in prima linea il neurologo, molto più raramente lo psichiatra e ancora più raramente lo psicologo clinico.

Altra e più aggressiva linea di difesa è infine la separazione tra se stesso e il paziente, che assume la forma di una ‘scientificizzazione’ o di una ‘obiettivizzazione’ esasperata. Si tratta ovviamente del tentativo di vedere nel paziente un ‘oggetto’ da osservare, al pari di un animale da esperimento. È una buona strategia nel caso di malattie incurabili o di pazienti in stato terminale, per i quali più nulla può essere più fatto sul piano medico. Li si considera come oggetti di osservazione, per produrre quel necessario  distanziamento emotivo che consente al medico di non dovere riflettere sulla limitatezza del suo potere terapeutico e sulle tematiche che afferiscono alla morte. Esiste a questo proposito il rischio di un inutile accanimento terapeutico, che solo in senso lato è rivolto al paziente, e si indirizza invece, per vie più sottili, a ciò che il paziente gravemente cronico o terminale rappresenta: in genere il fantasma della sconfitta e dell’impotenza terapeutica.

Le difficoltà poste dalla stessa dinamica dcl rapporto medico-paziente inducono a chiedersi se sia possibile in qualche modo un cambiamento nella struttura di tale relazione, almeno per quanto riguarda il medico, nel tentativo o di renderla pienamente valida e pienamente efficace. È ovvio, allora, come qualsiasi terapia non possa essere attuata se prima il medico non prende coscienza del disagio che un certo tipo di relazione gli arreca. Successivamente occorre tentare di comprendere quali sono i motivi di tale disagio: bisogna cioè ascoltare se stessi e il paziente.

Spesso basta prestare un minimo di attenzione a ciò che questi dice, per rendersi conto, anche solo vagamente, dei suoi bisogni. Occorre allora mobilitare la propria capacità di ascolto e porre la domanda giusta al momento giusto, facendo sentire al paziente la propria disponibilità. L’obiettivo ideale da raggiungere sarebbe forse quella ‘relazione soggettiva’ a cui Schneider attribuisce tanta importanza. Le variabili che nel raggiungimento di tale obiettivo entrano in gioco sono, probabilmente, le stesse che lo psicologo Carl Rogers evidenziò appieno come elemento fondamentale di ogni psicoterapia. Anzitutto l’empatia, la capacità cioè di entrare in sintonia emozionale con l’altro, di comprendere le sue esigenze, i suoi bisogni, le sue aspettative sul piano ben più profondo di quello puramente razionale. È la capacità di ‘sentire’, più che di analizzare. Nel rapporto fra medico e paziente questa ‘disponibilità all’empatia’ assume un’importanza determinante. Inoltre, altre variabili sono importanti: la disponibilità all’ascolto, la capacità di apparire anche ‘persone’ e non solo ‘tecnici’, la fiducia che si può o meno ispirare sul piano umano.

Sono tutte caratteristiche, sul piano psicologico, che torneranno utili quando, dopo avere ascoltato i problemi del paziente, si sarà nella condizione di fornire una risposta. qualunque essa sia. È in questa fisse che il buon rapporto facilita la proposta di una soluzione al problema medico del paziente: non una soluzione ’preconfezionata’, o standardizzata, né tantomeno una soluzione di comodo fondata su dinamiche difensive del medico, o su una reinterpretazione delle esigenze del paziente, bensì una risposta coerente, valida sul piano scientifico ed emotivamente ‘carica’ sul piano umano, spesso basta far comprendere che si è capito e che si farà tutto il possibile, tenendo in considerazione realisticamente il problemi del paziente e non illudendolo sull’onnipotenza del potere terapeutico.

Condizione fondamentale di questa accettazione del paziente e dei suoi problemi c ovviamente la conoscenza che il medico ha di se stesso, dei propri atteggiamenti verso la tale o la talaltra malattia, del modo di gestire il proprio rapporto col malato. La medicina di base, in fondo, é il primo stadio scientifico della ‘psicoterapia’, se a questo termine viene giustamente conferito il significato di “terapia dell’anima”.

Ecco le domande che occorre che il medico si ponga: quali sono i suoi limiti di persona, quali le sue resistenze all’accettazione di quali patologie o di quali situazioni, Bisogna, allora, che il medico abbia elaborato una buona visione generale del suo modo di essere come persona, prima ancora che del suo modo di essere come medico. Occorre fare i conti, in altri termini, con i limiti umani da un lato, e con i limiti della professione dall’altro, sfuggendo alla pericolosa, subdola convinzione che esista la possibilità di una ‘onnipotenza terapeutica’ e di un totale distacco dalla sofferenza, che sempre e in ogni modo appare come ‘sofferenza dell’altro’.

Tutto questo può indurre in un errore fondamentale: quello di ritenere che per conseguire un tal risultato sia necessario trasformare il medico generico in uno psicoterapeuta. Il che, ovviamente, non è vero. È vero, semmai, che è tempo di comprendere che nell’essere medico, nel confrontarsi con la sofferenza umana, occorre una adeguata attenzione agli aspetti psicologici della malattia.

Una delle formidabili intuizioni di Balint fu quella di suggerire che è il medico stesso ad essere medicina; una medicina che può essere somministrata in vari momenti, con dosaggi diversificati, con indicazioni e contro-indicazioni differenti.

Non é peregrina l’idea che questa nozione del medico come medicina necessiterebbe di più adeguati approfondimenti durante il training universitario. allo stesso modo in cui si studiano struttura chimica, modalità di somministrazioni ed effetti (terapeutici e secondari) di altri farmaci. È probabilmente la sola strada per arricchire il bagaglio del medico di medicina generale, e del medico in genere, fornendogli nuove risorse per la pratica della sua arte e l’esercizio della sua scienza.

Giovanni Iannuzzo