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Funerali Papa Francesco: Protezione civile siciliana sarà presente a Roma

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La Protezione civile della Regione Siciliana, in collaborazione con il coordinamento tra le Regioni e con il dipartimento nazionale di Protezione civile, su indicazione del governatore Renato Schifani, darà il proprio contributo alle iniziative di assistenza e accoglienza alle centinaia di migliaia di pellegrini che si recheranno a Roma in occasione dei funerali di papa Francesco, in programma oggi, sabato 26 aprile.

Il dirigente generale Salvo Cocina ha infatti disposto l’invio di una colonna mobile di 12 mezzi con 43 volontari, coordinati da tre funzionari regionali. I volontari provenienti dalle varie zone della Sicilia si sono radunati a Messina e sono giunti nella prima mattina di ieri a Roma, dove sono stati alloggiati nel campo allestito a Centocelle.

Le squadre della Protezione civile siciliana forniranno supporto ai pellegrini fino a domenica 27 aprile. Lavoreranno fianco a fianco con i colleghi delle altre Regioni per garantire un’accoglienza ordinata e un’assistenza efficace a tutti coloro che giungeranno nella Capitale.

Si presenta all’A.R.S. il volume “Paolo Orsi Cava d’Ispica Paesaggio Siciliano” a cura di Giovanni Di Stefano

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Promosso dall’A.R.S., BCsicilia e Le Fate Editore si presenta martedì 29 aprile 2025 alle ore 16.30 presso la Sala “Mattarella” di Palazzo dei Normanni a Palermo il volume, curato da Giovanni Di Stefano, con foto di Vincenzo Giompaolo, dal titolo “Paolo Orsi. Cava d’Ispica paesaggio siciliano”. Dopo il saluto dell’on. Gaetano Galvagno, Presidente dell’Assemblea regionale Siciliana, di Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale BCsicilia, e di Alina Catrinoiu de “Le Fate Editore”, è prevista la presentazione tenuta dal prof. Massimo Cultraro, del CNR, Università degli Studi di Palermo. I partecipanti, all’ingresso, dovranno presentare un documento di identità. Dress code: formale (uomini giacca e cravatta).

In occasione dei 90 anni dalla scomparsa di Paolo Orsi, il grande scopritore dell’antica Sicilia, la Casa Editrice “Le Fate” ha pubblicato un testo dell’archeologo sul paesaggio storico di Cava d’Ispica (corredato da sei immagini dell’epoca in B/N) arricchito da un Itinerario fotografico di più di 50 immagini a colori di Vincenzo Giompaolo che ripercorrono il testo dello studioso e con un testo di commento di Giovanni Di Stefano. Il testo di Paolo Orsi è un’incantata descrizione del paesaggio della valle, un vero canyon scavato nel tavolato calcareo degli Iblei che agli occhi del grande Orsi gli appare diverso “…dalle fantastiche visioni delle città greche… un paesaggio selvaggio e romito”. Il pregevole testo di Orsi su Cava d’Ispica è una immersione profonda nella civiltà rupestre della Sicilia descritta con la magia di una impareggiabile prosa che fa del grande studioso trentino l’ultimo grande viaggiatore del Grand Tour in Sicilia. Nel testo di Orsi le antichità preistoriche, romane, bizantine e medievali della Cava d’Ispica sono il paradigma del paesaggio storico della Sicilia.
Giovanni Di Stefano, archeologo, docente di Archeologia del Mediterraneo tardoantico all’Università della Calabria e all’Università di Roma Tor Vergata, già Direttore del Parco Archeologico di Camarina, ha conseguito l’abilitazione nazionale a Professore Ordinario di Archeologia, dirige scavi e ricerche a Cartagine, Malta e Roma. Ha pubblicato monografie con Novecento, Giunti Editore, Electa, Fabrizio Serra Editore, Selleria, Oltredizioni, Sicilia Punto L, recentemente è stato associato all’Icomos Italia.
Vincenzo Giompaolo, ricercatore etnografo e fotografo ha pubblicato su le Feste del popolo siciliani, sul Carnevale di Sicilia, Presepi negli Iblei.

Riccardo Rossi racconta i suoi incontri con Papa Francesco, l’ultima emozione

Ho avuto la grazia, racconta il giornalista Riccardo Rossi, di ascoltare e di vedere un’altra volta, Papa Francesco quest’anno al Giubileo dei Giornalisti in Sala Nervi in Vaticano dove ci ha regalato grande fede dicendo a noi giornalisti: “Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu nel tuo interiore, nella tua vita sei vero?” Ci ha detto di essere sempre veri, non solo quando scriviamo, ma in ogni nostro comportamento della giornata: a casa con la famiglia, con i colleghi. Dobbiamo sempre di più fonderci in Gesù ed essere testimoni di verità, accogliamo le nuove esagerazioni d’amore del Re Divino, i volumi di Libro di Cielo, vergati da Luisa Piccarreta per perseguire fusi in Gesù, la realizzazione del Regno di Dio su questa terra e quindi la fine di ogni male.

I suoi incontri con il romano pontefice anche nella Missione di Speranza e Carità a Palermo da Biagio Conte, in Vaticano e a Roma per il Giubileo dei Giornalisti quest’anno.

San Mauro Castelverde, al via i lavori di recupero del Mulino a vento 

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Sono stati aggiudicati, per un importo complessivo di 226 mila euro, i lavori per il recupero e la valorizzazione del Mulino a vento e dell’area circostante, con l’obiettivo di migliorare anche la qualità paesaggistica.

Un intervento strategico che si inserisce nel più ampio progetto di rigenerazione culturale e sociale “Borgo vivo – San Mauro Castelverde, dal mandamento al cambiamento”, finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del programma “Attrattività dei borghi storici”.

La ditta aggiudicataria dell’appalto è la Faella Giuseppe di Favara, che ha ottenuto l’incarico con un ribasso del 35,25%.

«Prosegue con determinazione – dichiara il sindaco Giuseppe Minutilla – il nostro impegno per la valorizzazione degli insediamenti storici di San Mauro Castelverde. Il mulino a vento, testimonianza significativa del patrimonio storico-architettonico locale, rappresenta un elemento identitario di grande rilevanza. Oggi, grazie agli interventi di riqualificazione, questo simbolo del passato sta riscoprendo una nuova funzione e un nuovo significato. Attraverso iniziative come questa, San Mauro Castelverde intende consolidare le proprie radici culturali e proporsi come meta d’eccellenza per un turismo sostenibile, consapevole e rispettoso della memoria storica, capace di coniugare tradizione e innovazione.»

Il Mulino a vento di San Mauro Castelverde, considerato probabilmente l’unico esemplare del genere esistente nelle montagne della Sicilia, occupa una suggestiva posizione panoramica e costituisce un simbolo delle tradizioni produttive locali legate alla macinazione dei cereali.

Il recupero del mulino è parte integrante del progetto “Borgo Vivo”, sostenuto dal PNRR con un finanziamento di 1,6 milioni di euro. L’intervento prevede non solo il restauro dell’antica struttura, ma anche la valorizzazione dell’area circostante, al fine di realizzare un percorso ecomuseale che si integri con le botteghe artigiane storiche del borgo.

L’intervento mira a trasformare il complesso in un vero e proprio hub culturale, inserito in un sistema museale diffuso capace di unire la memoria storica dei cicli produttivi tradizionali, la valorizzazione paesaggistica delle Madonie e l’attrattività turistica attraverso percorsi tematici ed esperienziali.

Blufi e Soprana: primi Comuni delle Alte Madonie a sostegno della lingua siciliana

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«Riconoscere al siciliano lo status di lingua e di idioma identitario della Sicilia». Lo chiedono i consigli comunali di Blufi e Petralia Soprana, attraverso una mozione approvata ieri all’unanimità che dà seguito alle rivendicazioni delle organizzazioni Cademia Siciliana e Trinacria, portate in piazza lo scorso 30 marzo.

«Premesso che a causa della mancanza di un uso formale, la maggioranza dei siciliani non si sente a proprio agio nell’usare il siciliano nei contesti formali e nelle comunicazioni, alimentando così il pregiudizio che affligge la lingua e ostacolando lo sviluppo di una competenza linguistica nella propria varietà del siciliano, oltre che nelle altre – si legge nelle delibere approvate – chiediamo che la lingua siciliana venga riconosciuta ufficialmente dalla Regione Siciliana, a cui il presente atto verrà trasmesso».

Il siciliano, infatti, nonostante una secolare tradizione e letteratura, oggi è tra le lingue d’Europa considerate vulnerabili: perde il 4% dei parlanti ogni 5 anni.

«Sono orgoglioso del fatto che Blufi sia stato il primo comune delle Alte Madonie ad approvare la mozione – afferma Domenico Abate, presidente del consiglio -. Credo si tratti di una battaglia importante da sostenere: senza identità e radici, senza le nostre tradizioni e la nostra lingua, in questo mondo sempre più globalizzato, saremmo spaesati. Spero che la nostra approvazione sia di esempio per i tutti gli altri comuni del territorio».

Anche il Sindaco di Blufi, Calogero Puleo, ha preso parola in consiglio, esprimendo il massimo sostegno alla proposta.

«La lingua non è solo un mezzo di comunicazione, è il riflesso dell’identità culturale di un popolo, esprime la sua visione del mondo e il suo modo di pensare. Una frase pronunciata in siciliano non ha, spesso, lo stesso significato della traduzione in italiano – afferma Puleo -. Come istituzioni non possiamo che fare la nostra parte per la tutela della nostra lingua madre».

Ieri nche il Comune di Petralia Soprana ha discusso e approvato la mozione. «In altre regioni di Italia, come la Sardegna, le lingue autoctone sono riconosciute e tutelate – afferma Pietro Macaluso -. È un passo importante che deve compiere anche la Regione Siciliana. Non bisogna vergognarsi di parlare siciliano, la nostra identità di siciliani è qualcosa di cui andare orgogliosi. Come scritto nella mozione, bisogna tenere conto delle tante varietà linguistiche presenti nell’isola, adottare norme flessibili e al passo con i tempi, mettendo in campo tutti gli strumenti necessari a far sì che l’uso del siciliano non si perda e anzi venga trasmesso alle nuove generazioni».

Valledolmo celebra 25 anni di eccellenza agricola: torna la Fiera più importante della Sicilia

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Dal 30 aprile al 4 maggio 2025, Valledolmo si conferma epicentro della primavera siciliana con la XXV edizione delle “Giornate dell’Agricoltura”, l’evento che da un quarto di secolo valorizza il cuore rurale dell’Isola e le sue migliori produzioni. Cinque giorni tra natura, cultura e innovazione, per scoprire – e riscoprire – la Sicilia più autentica.

Quella di Valledolmo è molto più di una fiera: è un vero e proprio viaggio nelle eccellenze siciliane. Con oltre 300 espositori provenienti da tutta l’Isola, la manifestazione si articola in quattro grandi aree tematiche: agroalimentare, zootecnia, macchine agricole e artigianato. In particolare, spiccano i 70 stand dedicati ai prodotti tipici locali, tra degustazioni, promozioni e vendita diretta.

Fiore all’occhiello di questa edizione sarà il focus sul “Cane di Mannara”, il mastino siciliano simbolo della ruralità dell’area, e la rassegna delle razze bovine Charolaise e Limousine, in collaborazione con ANACLI. Il 1° maggio, l’uva da vino sarà protagonista con show cooking e degustazioni, mentre il 2 maggio si terrà il convegno “Coltiviamo idee, raccogliamo futuro”, con esperti e istituzioni a confronto sul futuro dell’agricoltura siciliana.

Non solo agricoltura: le “Giornate dell’Agricoltura” sono anche cultura e intrattenimento. In programma: mostre fotografiche, laboratori creativi per bambini, pittura estemporanea, esibizioni equestri, auto d’epoca, concerti e molto altro. Grande attesa anche per la giornata dimostrativa su campo, dove le aziende presenteranno in azione le ultime tecnologie per una meccanizzazione sostenibile.

Valledolmo, piccolo grande distretto rurale, ha saputo negli anni chiudere filiere strategiche – dal grano duro al pomodoro siccagno, dall’olio ai legumi confezionati – puntando su qualità, trasformazione e identità. La fiera ne è il riflesso: una vetrina che unisce produttività, innovazione e rispetto del territorio.

In un’epoca in cui il ritorno alla terra è sempre più una scelta di vita, Valledolmo lancia il suo messaggio: investire nell’agricoltura è investire nel futuro. Le “Giornate dell’Agricoltura” sono un’occasione imperdibile per conoscere da vicino chi lavora ogni giorno per custodire e rinnovare l’anima rurale della Sicilia.

A Ciminna si parla di contrasto alla fauna selvatica

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Si è svolto ieri presso l’aula consiliare del comune di Ciminna un interessante incontro sul tema:
“Incremento del cinghiale nel territorio di Ciminna: strategie e buone pratiche per una gestione sostenibile”.
L’incontro, voluto dall’Amministrazione Comunale, ha visto la presenza di cittadini, di agricoltori e allevatori del territorio e di esperti in materia di gestione della fauna selvatica in Sicilia. Afferma il sindaco Vito Barone: “Su mia richiesta, ascoltando le istanze dei cittadini, si è svolto un interessante incontro sulla gestione e il contenimento dei cinghiali nel territorio ciminnese.
Presenti un nutrito gruppo di allevatori e agricoltori. Lo scopo era quello di creare un confronto per programmare strategie, progetti  e iniziative e per meglio comprendere e affrontare il fenomeno della preoccupante presenza di cinghiali. A seguito delle preziose  esperienze maturate nel parco delle madonie, illustrate dal commissario straordinario Caltagirone, si è predisposto un intervento sinergico fra Regione, Parco delle Madonie e Comune per adottare i primi interventi. L’Amministrazione comunale da me guidata si è subito resa disponibile a mettere in campo ogni utile iniziativa (acquisto gabbie, disponibilità di locali per accogliere quelle infrastrutture necessarie per rendere più funzionale l’attività di contenimento) per contenere la presenza dei cinghiali nel territorio a tutela degli interessi dei settori produttivi del territorio”.
Fra i relatori: Salvatore Caltagirone Commissario Straordinario dell’Ente Parco Madonie che ha portato la sua esperienza maturata con i piani di gestione in atto nel Parco delle Madonie, così come i saluti dell’Assessore Regionale al Territorio ed Ambiente Giusi Savarino e ringraziato il Sindaco Barone per l’invito e per la sua sensibilità.
“Ho portato il mio contributo alla popolazione ciminnese, che sta vivendo, come tante altre in Sicilia, il problema della elevata presenza dei cinghiali. La nostra attività è stata avviata da qualche anno – dice il Commissario Caltagirone – ma è negli ultimi due anni che ha avuto maggiore impulso. Ci fa piacere potere dare il nostro supporto a realtà che soffrono lo stesso problema. Anche se il territorio sul quale lavoriamo è un’area protetta ed è regolata da una serie di norme il Parco delle Madonie, ormai, viene preso ad esempio quando si parla di gestione della fauna selvatica. È un vanto per noi ed è proprio questo il motivo per cui siamo qui. Mi preme sottolineare che il nostro lavoro è svolto in sinergia con il Dipartimento Regionale dello Sviluppo Rurale, il Corpo Forestale, l’I.Z.S.”.
I presenti hanno assistito attenti alle argomentazioni che si sono dipanate nel corso dell’incontro senza fare mancare il loro contributo ai lavori in un clima di assoluta collaborazione.
È stato importante illustrare l’evoluzione del problema – ha dichiarato Egidio Mallia, referente tecnico-scientifico dei piani di gestione dei suidi e dei daini del Parco delle Madonie, nonché redattore del piano straordinario per la gestione della fauna selvatica in Sicilia per conto della Regione Siciliana – durante l’intervento sono state presentate le principali strategie tecnico-operative, basate su presupposti scientifici consolidati, volte a garantire operazioni in sicurezza e nel pieno rispetto delle normative vigenti in materia di gestione faunistica e sanità pubblica veterinaria.”
Non è mancato il momento dedicato alle attività sul campo per spiegare le novità per contenere il dilagare della presenza dei cinghiali nei vari territori dell’isola e le tecniche più efficaci utilizzate dai selecontrollori e dal personale addetto.
Infine, a spiegare il ruolo della Regione Siciliana Giovanni Misseri, Ispettore Superiore del Dipartimento Regionale dello Sviluppo Rurale e Territoriale e Coordinatore del Piano di gestione straordinario, che afferma: “abbiamo dato, per il tramite del Sindaco, la nostra piena disponibilità, ai cittadini, agli agricoltori, agli allevatori di Ciminna, ai quali abbiamo assicurato la nostra collaborazione con uomini e mezzi. Questi ultimi segnaleranno le zone più a rischio. È quello che il piano di gestione straordinario prevede ed è grazie al Piano che oggi possiamo dare risposte più immediate e concrete.

25 Aprile: Comune di Castelbuono inaugura monumento dedicato ai concittadini che presero parte alla Resistenza

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Il 25 aprile è il giorno in cui l’Italia intera ricorda la conquista della libertà e la fine dell’oppressione nazifascista. Istituita nel 1949, la Festa della Liberazione rappresenta molto più che una semplice data storica: è il simbolo della rinascita democratica del nostro Paese, dell’impegno di uomini e donne che scelsero di opporsi alla dittatura, contribuendo a gettare le basi dell’Italia repubblicana.

Quest’anno ricorre l’80° anniversario di quel 25 aprile 1945, quando il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia (CLNAI) lanciò un appello decisivo all’insurrezione nei territori ancora sotto controllo tedesco. La fine completa delle ostilità arrivò pochi giorni dopo, il 3 maggio, ma fu il 25 aprile il giorno scelto per rendere omaggio al coraggio, alla dignità e alla determinazione di un popolo che non si arrese.

Questa data celebra quindi non solo la cessazione della guerra, ma soprattutto il valore della Resistenza, la scelta consapevole di lottare per la libertà, la giustizia e la democrazia. Senza quella lotta, senza il sacrificio dei Partigiani, oggi non avremmo la Costituzione che garantisce i nostri diritti e fonda la nostra convivenza civile.

In occasione di questo importante anniversario, l’Amministrazione Comunale di Castelbuono intende rendere omaggio ai suoi concittadini che presero parte alla Resistenza e che furono riconosciuti ufficialmente come Partigiani e Patrioti. Per onorarne la memoria e il contributo alla libertà collettiva, verrà inaugurato un monumento a loro dedicato, che avrà luogo giorno venerdì 9 Maggio alle ore 10.00 in Piazza Parrocchia.

Un gesto che vuole non solo ricordare, ma anche educare, trasmettendo alle nuove generazioni il significato profondo di quella lotta e l’importanza di custodire ogni giorno i valori su cui è fondata la nostra democrazia.

Montemaggiore Belsito, 3 maggio. Quando la fede salvò un paese: il racconto del Santissimo Crocifisso

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Ci sono storie che sanno di leggenda, di miracolo, di comunità. E quella del Santissimo Crocifisso di Montemaggiore Belsito è una di quelle che, ancora oggi, commuove e unisce un intero paese. È il cuore pulsante della devozione popolare, un simbolo che attraversa i secoli e le generazioni, accompagnato da processioni, promesse e preghiere.
Era l’anno 1625. La Sicilia, parte dell’Impero Spagnolo, viveva sotto il governo del Viceré, tra i pesi del dominio feudale e la crescente povertà delle campagne. Ma ancor più spietata fu la peste che, proprio in quell’anno, flagellò Palermo e i suoi dintorni, mietendo vittime e diffondendo terrore.
Mentre nel capoluogo si narrava della miracolosa apparizione di Santa Rosalia, a Montemaggiore si diffondeva un’altra voce: un Crocifisso ligneo, di straordinaria bellezza, era stato ritrovato nei pressi di un antico monastero benedettino, poco fuori dall’abitato. Il luogo, da sempre considerato silenzioso e sacro, si trasformò in punto di pellegrinaggio.
Per il popolo montemaggiorese, quell’immagine sacra non era solo legno scolpito, ma un segno tangibile della protezione divina. In quel clima di paura e disperazione, nei pressi di un antico monastero benedettino, a pochi passi dal centro abitato di Montemaggiore, viene ritrovato proprio un’effige di Cristo in croce. Nessuno sa da dove venga davvero, ma la sua comparsa viene subito interpretata come un segno divino. Un simbolo di speranza, una presenza da proteggere e onorare.
Da quel momento, la devozione cresce. Passano poco più di cinquant’anni, e nel 1676 la principessa Lucrezia Migliaccio, guarita miracolosamente da una grave malattia, decide di costruire una chiesa in suo onore. Nasce così la chiesa del SS. Crocifisso, impreziosita dagli affreschi di Filippo Randazzo e dalla mano dell’architetto Francesco Ferrigno. Lì viene custodito il Crocifisso miracoloso, al centro della vita religiosa del paese.
Ma la vera svolta arriva più di due secoli dopo, nel 1837. In quell’anno, una nuova paura si insinua tra le case: il colera. A Palermo e in tanti altri centri siciliani, il morbo miete vittime senza tregua.
Nel 1837, tra altri, muoiono a Termini Imerese il patriota, storico ed economista siciliano Nicolò Palmeri (1778) e a Palermo il fisico e storico, anch’esso siciliano, Domenico Scinà (1765). La causa del loro decesso è la medesima: proprio il colera, che, nell’estate, si era diffuso nel capoluogo di regione siciliano e nella sua provincia, mietendo numerose vittime.
Anche Montemaggiore teme il peggio. Così, il 10 luglio, il popolo si riunisce nella chiesa del Crocifisso. È un momento di forte tensione, ma anche di grande fede. Il clero, i rappresentanti del comune e i cittadini si stringono insieme per fare un voto solenne: se il paese sarà risparmiato, ogni anno, per sempre, celebreranno il Crocifisso come loro patrono, con solenni celebrazioni l’11, 12 e 13 settembre.
Quel voto non è solo un atto spirituale, è una dichiarazione di fiducia nel soprannaturale, un patto collettivo tra il popolo e il suo simbolo più sacro. Il documento, firmato da ecclesiastici e civili, è ancora oggi una delle testimonianze più toccanti della fede popolare. Il Crocifisso viene ufficialmente eletto Compatrono di Montemaggiore Belsito, assieme alla Patrona Sant’Agata, tale da tempo immemore.
Ma la storia non finisce lì. Perché, nonostante la preghiera accorata, il morbo arriva. Il 20 agosto 1837, il colera fa le sue prime vittime anche a Montemaggiore. Tra queste, il reverendo arciprete Filippo Muscarella. È un duro colpo per la comunità. Ma poi il contagio rallenta. Le vittime restano quindici, un numero limitato rispetto agli altri centri. Il paese si salva, e molti attribuiscono quella salvezza proprio all’intercessione del Crocifisso e alla sua protezione.
Ogni anno, a settembre — nei giorni precedenti, successivi e il 14 compreso — ma anche il 3 maggio, Montemaggiore si trasforma. La processione della vara lignea, con la statua del Crocifisso portata a spalla per le vie del paese, è molto più di un rito religioso: è un momento di riconoscimento collettivo, una narrazione identitaria che si rinnova. L’artigianato, i canti, le luci, i volti: tutto contribuisce a dare forma visibile a una memoria comune.
La sua monumentale “vara lignea”, voluta dal barone Nasca, un capolavoro dell’artigianato religioso, viene portata in processione con all’interno la statua lignea. Le strade si riempiono di gente, canti, luci, preghiere. Non è solo una festa religiosa, è un momento di identità collettiva, un rito che rinnova la promessa fatta quasi due secoli fa.
In un’epoca come la nostra, in cui anche la pandemia recente ha risvegliato antiche paure, la storia del Crocifisso di Montemaggiore continua a parlare. Parla di come, in tempi di crisi, una comunità trovi forza in un simbolo. Che si creda o meno al miracolo, il vero prodigio è la capacità delle persone di unirsi, di darsi senso, di trasformare la paura in rito, e la sofferenza in speranza.
Una storia che, tra fede, tradizione e memoria, continua a essere raccontata. E vissuta.
Santi Licata

Montemaggiore Belsito. Calcio: L’Asd Belsitana resta in prima categoria

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Una battaglia vera, un pomeriggio carico di tensione e speranza, una squadra che ha messo in campo anima e cuore. Sabato 19 aprile 2025, alle ore 15.30, l’ASD Belsitana ha scritto un’altra pagina epica della propria storia: vittoria per 1-0 contro i Rangers Palermo nella Finale dei Playoff Retrocessione di Prima Categoria Sicilia – Girone Amatori. Una partita che valeva un’intera stagione, e che ha regalato ai giallorossi la salvezza e la permanenza in Prima Categoria per il secondo anno consecutivo.
Nell’unico scontro stagionale tra le due squadre, la Belsitana sapeva di giocarsi tutto. I Playoff Relegation non perdonano: dentro o fuori, con la pressione alle stelle e la voglia di riscatto nel cuore.
A decidere la gara, un colpo che resterà nella storia: Francesco Agnello, con freddezza e classe, firma il gol della vittoria, il gol della speranza, il gol della salvezza. L’1-0 finale consegna ai giallorossi un risultato pesantissimo, maturato fuori casa, lontano dallo storico campo J. F. Kennedy di Montemaggiore Belsito, ma con l’energia di un’intera comunità sulle spalle.
“Non saremmo dovuti arrivare fin qui, ma ci siamo. Adesso con cuore, orgoglio e tutte le nostre energie difenderemo i nostri colori e lotteremo per raggiungere il nostro obiettivo. ”Con queste parole, la società aveva caricato l’ambiente prima del match. Parole che non erano solo motivazione: erano una dichiarazione d’identità. La Belsitana non si arrende mai. Lo ha dimostrato durante l’intera stagione e lo ha confermato sul campo in una partita che valeva più di mille discorsi.
Anche se il match si è disputato lontano dalle mura amiche, il tifo e il calore di Montemaggiore Belsito non hanno mai smesso di farsi sentire. Tifosi presenti sugli spalti e altri incollati a seguire ogni aggiornamento, col fiato sospeso, con il cuore in campo. E alla fine, l’urlo liberatorio: la Belsitana resta in Prima Categoria!
Questo successo non è solo il frutto del talento e della freddezza di chi ha segnato, ma anche del lavoro instancabile di una squadra unita, di uno staff tecnico preparato, e di una società che non ha mai smesso di crederci. È la vittoria di una comunità che si stringe attorno alla propria squadra, che vive ogni domenica con passione, che soffre, esulta, crede. La Belsitana non è solo una squadra di calcio: è un simbolo di appartenenza per Montemaggiore Belsito e per chi porta nel cuore quei colori giallorossi.
Con la salvezza in tasca, la Belsitana può guardare avanti con rinnovata fiducia. Le sfide non mancheranno, ma questo gruppo ha dimostrato di avere tutto: grinta, cuore e spirito di sacrificio. Qualità che fanno la differenza, dentro e fuori dal campo.
Santi Licata