“Occhi” e “Fori passanti” negli ipogei della Grande Architettura

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Chi spaccerebbe per bigotteria la propria eredità di preziosa gioielleria familiare? Questa riflessione, che potrebbe apparire scontata o banale, va fatta ad alta voce per ripensare e mettere nel “cassetto giusto” i nostri ipogei di Grande Architettura Clandestina (G.A.C.), sulla “Via della Thòlos”.

E’ necessario-urgente scoprir-si “nuovi occhi” per ri-guardare l’Antico che c’è attorno a noi. Altra scelta non abbiamo per aprirci il varco d’uscita dalla triste minorità culturale, che percepiamo dalle nostre parti confusamente come destino che ci è capitato in sorte, senza saperne spiegare il perché; che è anche di fatto radice del sottosviluppo socio-economico.

Senza tante altre parole proviamo perciò a ri-guardare il nostro Paesaggio Culturale proprio a partire dal “punto di vista” di questi ultramillenari e silenti “strani occhi o fori passanti”; che pure qualcosa avranno da dirci in “prospettiva estetica”, cioè della percezione conoscitiva profonda e sottile che avviene attraverso i nostri sensi.

Per il semplice fatto che qualcuno ci ha dedicato testa tempo e materiale per farli, in contesti di ridotto o nullo “scopo pratico”, affidandoli alla semplice apparente o marginale “decorazione”, essi ci pongono “domande silenti” a cui abbiamo il dovere di dare qualche brandello di risposta dotata di un minimo di senso compiuto. Magari dalle “risposte” che sapremo darne nel “labirinto dei significati” ne verrà fuori il “filo di Arianna” del Mito/Realtà che portò in salvo quell’Eroe Culturale/Teseo. Nell’ipotesi peggiore, del nulla di fatto con risposta a somma zero, ci ritroveremo magari “più colti”; in quella migliore avremo dato il nostro contributo per l’avanzamento di saperi ed occasioni utile “anche” allo sviluppo.

Ri-guardiamoci con questa prospettiva quindi alcune “immagini che ci guardano”.

Fig. 1 – “Occhi/rope holes/fori passanti” alla Gurfa di Alia, dalla terza stanza del livello superiore ma il sito, come tutti gli altri coevi in Sicilia, è pieno di queste strutture ad incasso. E’ uno dei tanti “Occhi” con foro passante e cristallizzazioni di bruciatura catramosa, definito da Silvana Braida “rope holes” e messo in relazione diretta con analoghi “fori passanti” presenti negli ipogei di Hal Saflieni a Malta, che sono più antichi della Piramide di Cheope.

Figg. 2 e 3 – “Occhi/testa taurina” (Età del Rame) e “Occhi” da protome taurina ad altorilievo da un vaso  di stile Sant’Angelo Muxaro-Polizzello (Età del Ferro). Reperti in mostra al Museo Archeologico Regionale “F. e L. Landolina” di Marianopoli.

Questi altri “Occhi” antichissimi, che presentiamo alla riflessione, servono  per approdi al “linguaggio sottile dell’altrove”: sono dunque più che “decorazioni” o “reperti architettonici”, ma veri e propri “frammenti di insegnamenti sconosciuti” di importanza simbolica ed archeologica, da non trascurare, che possono orientare per l’attribuzione.

Fig. 4 – Betilo/menhir alla Gurfa, incassato in roccia con “Occhi”. E’ alto circa m.1,80 ed è posto a sinistra, parete esterna, dell’ingresso piano terra alla “stanza a tenda”/Cripta funeraria dinastica”, usata fino a tempi recentissimi come ricovero per animali e stalla.

Fig. 5 – “Occhi” sulla linea di accesso agli Ipogei della Gurfa, di fronte alla vasca triangolare a destra, con immediatamente sopra la tomba a thòlos censita da F. Tomasello in “Tombe a thòlos della Sicilia Centro-Meridionale”. Si notano chiaramente in sommità i sesti di una antica ed originaria scala di accesso esterna ai livelli superiori degli Ipogei.

Carmelo Montagna