Termini Imerese, ristrutturazione casa-studio di Sgarlata in contrasto con il  Codice dei Beni Culturali: interviene il presidente dell’Ordine degli Architetti

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Nella polemica sul futuro della casa-studio dello scultore Filippo Sgarlata è intervenuto con una lettera aperta anche il Presidente Ordine degli Architetti della Provincia di Palermo Iano Monaco.

Il Presidente auspica che vengano tutelati  gli interessi della collettività a conservare e valorizzare un bene che, oltre e prima ancora che ai legittimi proprietari, appartiene di fatto alla storia e alla cultura della città di Termini.
“Tra i tanti effetti positivi del Superbonus 110%  – scrive il Presidente Monaco – ne è stato annotato almeno uno negativo che consiste nella disattenzione della legge che l’ha istituito nei confronti della qualità dell’architettura che ne deriva. Quello che qui andiamo a descrivere ha tutte le caratteristiche del caso esemplare di come, in alcune circostanze, non si dovrebbe procedere.  Siamo a Termini Imerese e ci occupiamo della casa-studio dello scultore Filippo Sgarlata (1901-1978),  nato a Tunisi ma di radici termitane, allievo delle Accademie di Palermo e di Roma, infine docente in quella di Palermo, molto attivo fin dalla giovane età nel campo dell’arte e della scultura in particolare, assai vicino alle posizioni del pittore Pippo Rizzo, autore di importanti opere scultoree tra cui la Porta Mariana in bronzo della Cattedrale di Palermo.
Ritornato a Termini dagli USA, dove aveva accudito a importanti commesse, Sgarlata vi costruì negli anni ’30 del secolo scorso, a ridosso delle arcate dell’acquedotto seicentesco (che correva parallelo all’acquedotto romano Cornelio del II secolo a.C. oggi scomparso), in quella che allora era periferia ed ora non lo è più, un piccolo e originale edificio a forma di parallelepipedo, con finestre a sesto acuto, per ubicarvi il suo studio-laboratorio, forse anche casa, in cui  lavorò per lunghi anni, attualmente in grave stato di abbandono.
Negli anni scorsi l’immobile è stato alienato dal discendente diretto dello scultore e il nuovo proprietario ha presentato al Comune di Termini un progetto di demolizione e ricostruzione dell’edificio realizzato da Sgarlata allo scopo di avvalersi delle agevolazioni fiscali del Superbonus 110%.
Secondo il vigente strumento urbanistico l’area in cui ricade l’immobile consente qualunque tipo di intervento con l’eccezione della nuova costruzione. Tuttavia, nel nostro felice Paese in cui il bizantinismo interpretativo prevale sul buonsenso e sul significato delle parole, l’intervento di demolizione e ricostruzione è legalmente riconducibile a un intervento di Ristrutturazione edilizia che invece ammette la possibilità di demolire e ricostruire un edificio, sia pure con il contemporaneo rispetto di alcune condizioni di cui è incerta l’applicabilità al caso in esame data la scarsa attenzione con cui a suo tempo venne redatto il vigente PRG.
Presso gli uffici della Soprintendenza il nuovo proprietario ha così presentato una richiesta di autorizzazione che fa riferimento al solo vincolo archeologico; vincolo che, sebbene interessi tutta la zona immediatamente adiacente all’immobile di Sgarlata (e lo crediamo, ci passa l’antico acquedotto), incredibilmente ne taglia fuori l’area di sedime come fosse una delle tante formelle scultoree che gli valsero in vita tanti riconoscimenti.
Sebbene sia la Soprintendenza che il Comune di Termini riconoscano il rilievo storico-artistico del piccolo edificio costruito novant’anni fa dall’artista, che ne invocherebbe la conservazione, la valorizzazione ed il restauro, magari per adibirlo alla esposizione delle sue opere, attualmente ospitate in angusti spazi del museo civico Baldassare Romano di Termini, pare che l’intervento di demolizione e ricostruzione (alias  Ristrutturazione edilizia) sia destinato a essere autorizzato.  Tale esito della pratica sarebbe in evidente contrasto con i principi cui si ispira il vigente Codice dei Beni Culturali e con l’interesse dei cittadini a conservare e preservare i beni che testimoniano l’evolversi dell’arte e della storia.
Auspichiamo, in conclusione, che una attenta valutazione della questione consenta a ognuna delle parti che hanno voce e responsabilità in capitolo di tutelare gli interessi della collettività a conservare e valorizzare un bene che, oltre e prima ancora che ai legittimi proprietari, appartiene di fatto alla storia e alla cultura della città di Termini”.