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Golfo di Termini Imerese: Guardia Costiera sanziona diportisti ormeggiati allo Scoglio della Formica 

Nella giornata di lunedì 12 agosto ed in data odierna il personale della motovedetta della Guardia Costiera di Porticello, a seguito di controllo nell’area dello Scoglio della Formica, antistante il porto di Porticello nel Golfo di Termini Imerese, ha elevato due sanzioni amministrative da 230 euro ciascuno nei confronti di due diportisti che avevano ormeggiato l’unità da diporto sulla meda di pericolo isolato che segnala la presenza dello scoglio.

La meda di pericolo isolato, da pochi giorni danneggiata presumibilmente a causa degli ormeggi da parte delle unità da diporto, rappresenta un presidio di sicurezza della navigazione e per tale motivo è vietato l’ormeggio.

In data odierna, grazie al contributo di un associazione di diving locale, è stato recuperato dal fondale marino il miraglio con il dispositivo lampeggiante e nei prossimi giorni verrà verificata la possibilità di ripristino.

La Guardia Costiera di Porticello, nel ricordare che l’area marina dello Scoglio della Formica è oggetto di apposita disciplina contenuta nell’Ordinanza n. 03/2012 dell’Ufficio circondariale marittimo di Porticello, invita tutti i diportisti che frequentano la zona a prenderne visione dei contenuti alla seguente pagina: https://www.guardiacostiera.gov.it/porticello/Pages/ordinanze.aspx

I controlli sull’osservanza del divieto di ormeggio proseguiranno con costanza da parte del personale della Guardia Costiera di Porticello.

UniCamillus scommette su Cefalù, arriva la facoltà di Medicina e Chirurgia, aperte le iscrizioni

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Partira a breve a Cefalù il corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia gestito dell’ Unicamillus, ovvero la Saint Camillus International University of Health sciences.

L’apertura della nuova sede è stata approvata dall’ente con decreto rettorale lo scorso 9 agosto e sono già on line i bandi per l’ammissione, attraverso il superamento di prove d’esame previo possesso dei requisiti richiesti, agli 80 posti disponibili; la prova di selezione è accessibile a cittadini italiani, comunitari ed equiparati e sarà possibile inviare la domanda di partecipazione fino al prossimo 23 settembre.

L’Ateneo

L’università privata Unicamillus è attiva dal 2017 anche se il MIUR ha accreditato con appositi decreti i corsi di laurea in odontoiatria,nutrizione clinica e infine medicina e chirurgia in date più recenti. L’ateneo, intitolato a San Camillo De Lellis, vissuto nel XVI secolo e fautore di una rivoluzione nell’assistenza agli infermi che vengono infine trattati con modalità che anticipano e aprono la strada all attività ospedaliera moderna, si colloca nel numero ormai piuttosto nutrito delle istituzioni che operano attraverso piattaforme on line.

L’ateneo offre una formazione consistente in corsi di Laurea magistrale. Master e corsi di specializzazione incentrati esclusivamente sul campo delle scienze mediche, in modalità e-learning, avvalendosi della collaborazione con enti di formazione e strutture sanitarie italiane,e principalmente l’ Asl di Roma.

L’Università a Cefalù

Nel recente discorso rivolto alla piazza gremita di fedeli e turisti in occasione dei festeggiamenti in onore del SS Salvatore, il vescovo di Cefalù, Giuseppe Marciante, aveva fatto menzione della novità, auspicando una sempre maggiore collocazione di Cefalù nel novero delle città, interpretando tale appellativo nel segno di un sistematico sviluppo non solo sul fronte dell’incremento di presenze turistiche ma soprattutto nella prospettiva di migliorare la qualità di vita della comunità e del comprensorio tutto a lungo termine: “Guardiamo con favore – aveva detto il Vescovo – alla possibilità di dotare Cefalù di una sede decentrata della facoltà di medicina e chirurgia, che guardi al futuro di coloro che la abitano e delle vita stessa, dato il grande bisogno di medici e professionalità nel settore sanitario che vi è. Una sede universitaria decentrata é un segno di democrazia e parità sociale per chi non può permettersi di viaggiare o di andare fuori sede, cui fa da contrappunto il problema, opposto, dell’emorragia di cervelli e talenti che vanno via con rassegnazione per la mancanza di opportunità di studio e di lavoro”.

Uno slancio in più per la città e i giovani

In molti, in effetti, avevano immaginato che il progetto riguardasse un coinvolgimento dell’Unipa quindi pubblica e in quanto tale magari più accessibile dal punto di vista economico.

Resta il fatto che ne deriveranno nuove professionalità, assai necessarie per la società, ed opportunità lavorative per gli iscritti ma anche la creazione di un vero e proprio indotto che porterà slancio e maggiore oppurtunità ai giovani di rimanere nel proprio territorio.

Barbara De Gaetani

CLICCA QUI per accedere al bando di ammissione!

 

 

Sciara: incidente sulla SP21, scontro tra auto e moto

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Un incidente si è verificato a Sciara sulla SP21 nei pressi della stazione di servizio.

Coinvolti un’Audi e un grosso scooter, non si conoscono le dinamiche dell’incidente tuttavia sul posto sono presenti i Carabinieri i quali stanno effettuando i rilievi per constatare quanto accaduto.

L’uomo alla guida della moto, è stato portato per sicurezza in ospedale dal personale del 118.

Aggredito volontario del servizio civile all’ospedale di Termini Imerese

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E’ stato colpito dal familiare di un utente con un pugno in testa mentre svolgeva il suo lavoro di volontario del servizio civile all’Ospedale Cimino di Termini Imerese. E’ la bruttissima disavventura di un giovane di 23 anni, che si trovava all’interno di una stanza del nosocomio insieme ad un collega, aggredito da una persona che accompagnava la moglie ad una visita ambulatoriale. Il ragazzo è stato strattonato e colpito con un pugno.

“Condanniamo con la massima fermezza un’aggressione inspiegabile ai danni di un giovane che sta maturando la propria esperienza di volontario del servizio civile nel nostro ospedale di Termini Imerese – ha detto il Direttore generale dell’Asp di Palermo, Daniela Faraoni – siamo sgomenti di fronte ad una violenza crescente verso operatori che con dedizione ed impegno svolgono il proprio lavoro. L’Asp si costituirà parte civile a supporto e sostegno di un giovane al quale va la massima solidarietà mia personale e dell’intera Azienda”.

Dopo l’aggressione, il giovane è stato preso in cura dai medici del Pronto Soccorso dello stesso Ospedale che, dopo tutti gli esami del caso, hanno dimesso l’operatore.

Cerda in festa: alta moda e comicità hanno animato un fine settimana di successo

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Il fine settimana a Cerda ha brillato di glamour e vivacità, con due eventi di grande richiamo che hanno segnato una stagione estiva particolarmente vibrante.

Sabato sera, Piazza La Mantia si è trasformata in una passerella di alta moda grazie alla IV Edizione del “Salotto della Moda”, organizzato e curato dallo Eye One Fashion Maison Biancomanto. Il “Salotto” si è rivelato ben più di una semplice sfilata di alta moda; è stato una celebrazione sublime della creatività e dell’arte sartoriale, un palcoscenico esclusivo per mettere in luce la bellezza e l’innovazione del mondo della moda. Sotto la guida esperta e appassionata di Gianpaolo Guida e il prezioso supporto di Silvia Genovese, l’evento ha saputo coniugare eleganza e raffinatezza, elevando l’esperienza a una celebrazione dell’arte e della cultura. La partecipazione di figure di spicco come la celebre Carmen Russo, il soprano Valentina Di Franco, la cantautrice Gerardina Trovato hanno ulteriormente impreziosito questa manifestazione, confermando che Cerda è capace di ospitare eventi di indiscutibile prestigio.

Domenica, la scena è passata a “La Corrida”, sotto la direzione di DJ Tony & Company.

Questo spettacolo ha inondato il paese di comicità e gioia, rivelando quanto il divertimento e la  spensieratezza siano cruciali per la coesione sociale e il benessere collettivo. Curata con passione e dedizione.

Il vicesindaco Giuseppe Amodeo ha espresso grande soddisfazione affermando che “Cerda ha vissuto un fine settimana memorabile grazie a due eventi che hanno catturato l’attenzione e l’entusiasmo della comunità, sottolineando come ogni manifestazione, non solo arricchisce il panorama culturale del nostro paese, ma ha anche un impatto positivo tangibile sull’economia locale. Eventi come questi generano movimento e interesse, portando visitatori e stimolando le attività commerciali. Moda, musica e comicità, in particolare, sono stati strumenti potenti per attirare l’attenzione e rinvigorire il nostro tessuto sociale. Ogni evento riflette il nostro impegno a preservare e valorizzare le tradizioni locali, mentre abbracciamo nuove tendenze e innovazioni”.

Con uno sguardo lungimirante il vicesindaco ha aggiunto: “Questi successi non sono il risultato del lavoro di pochi, ma il frutto della collaborazione e della dedizione di tutta la comunità. Ogni organizzatore, partecipante e cittadino ha contribuito a creare un’atmosfera di entusiasmo e coinvolgimento che ha reso possibile tutto ciò. È questo spirito di unità e collaborazione che ci permette di sognare e realizzare eventi sempre più significativi.”

Nei prossimi giorni Cerda si appresta a festeggiare la patrona, Maria SS. Addolorata, rispecchiando la religiosità e la spiritualità dei suoi cittadini, pronti ad esprimere la loro profonda devozione”.

Infine, conclude il vicesindaco Giuseppe Amodeo: “Siamo pronti a chiudere in bellezza l’Estate Cerdese con l’evento più atteso del comprensorio delle Madonie, l’evento clou di questa estate 2024: i Boomdabash in concerto, il 18 agosto alle 21.30, ancora una volta nella splendida cornice di Piazza La Mantia”.

In questo spazio così ricco di significato e suggestione, che rappresenta il cuore pulsante di Cerda e ne definisce l’identità, Piazza La Mantia, ci permette di apprezzare l’armonia tra storia e modernità, tradizione e innovazione. Con la maestosità della sua scalinata che da sempre accarezza i passi dei visitatori, la sua solenne chiesa, il municipio imponente e il vibrante monumento al carciofo, essa incarna l’essenza stessa del paese conferendogli un fascino ineguagliabile.

Salvina Cimino

Termini Imerese. Ex Blutec, firmato l’accordo quadro: dopo 12 anni si chiude vicenda che ha coinvolto centinaia di lavoratori

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«Con la firma dell’accordo quadro per lo stabilimento industriale di Termini Imerese si risolve definitivamente, dopo più di 12 anni, una vicenda per la quale il mio governo si è impegnato sin dal primo giorno. Un esito positivo al quale abbiamo lavorato costantemente. Fondamentale è stata, in ultimo, la riprogrammazione del Piano per l’occupabilità in Sicilia, approvata nel corso dell’ultima giunta, che destina 30 milioni di euro del Fondo sociale europeo per la chiusura della vertenza. Risorse che saranno utilizzate per l’accompagnamento all’esodo di quanti non transiteranno nel gruppo Pelligra e per la riqualificazione dei 350 lavoratori che saranno, invece, impiegati nello stabilimento». Lo dichiara il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani.
«Sono molto soddisfatto di questo risultato, condiviso anche a livello nazionale – prosegue il governatore –, perché da oggi non solo restituiamo serenità e fiducia nel futuro a centinaia di lavoratori ex Blutec, ma diamo il nostro contributo per l’avvio di una nuova stagione industriale fondata sul polo che si trova alle porte del Palermitano. Un momento storico che avrà importanti e positive ricadute per tutto il tessuto economico e sociale del territorio».

«L’accordo siglato oggi sancisce la definitiva risoluzione della crisi occupazionale del sito ex Blutec di Termini Imerese e avvia con il gruppo Pelligra un percorso che, siamo fiduciosi, potrà definitivamente riqualificare l’intera area». Lo dichiara l’assessore regionale al Lavoro Nuccia Albano dopo la firma dell’intesa avvenuta questa mattina al termine di una riunione alla quale hanno partecipato anche l’assessore alle Attività produttive Edy Tamajo, i rappresentanti dell’Inps, di Blutec, di Pelligra Italia Holding e delle organizzazioni sindacali.

«Dopo oltre 12 anni – prosegue Albano – si chiude una vicenda che ha coinvolto centinaia di lavoratori e le loro famiglie. Da quando ci siamo insediati, abbiamo cercato di mettere fine al precariato, intervenendo su numerose vertenze, dagli Asu agli ex Pip e, oggi, diamo una risposta agli oltre 500 dipendenti ex Blutec. Negli ultimi mesi abbiamo intensificato gli sforzi e con il mio staff, che ringrazio, siamo riusciti a trovare una soluzione, assicurando a 183 lavoratori il prepensionamento e ad altri 350 un nuovo futuro occupazionale con il gruppo Pelligra. Abbiamo sempre detto che non abbandoneremo nessuno e, finora, i risultati dimostrano che il governo Schifani sta sanando tante vicende rimaste senza soluzione per decenni».

Termini Imerese, revoca cittadinanza onoraria a Mussolini: apprezzamento dell’ANPI

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La delibera di Giunta del 17 luglio 2024 n.142 riguardante la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini è stata ratificata nella seduta del Consiglio Comunale di Termini Imerese dell’8 agosto 2024.

Già il 9 luglio il direttivo locale della sezione G. Li Causi dell’Anpi aveva inviato una lettera di richiesta di revoca alla Giunta e al Consiglio comunale e il 22 luglio una lettera di  apprezzamento per la determinazione della Giunta Comunale di revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini e aveva anche apprezzato le motivazioni e le argomentazioni molto circostanziate per cui la Giunta  richiedeva la  revoca con effetto immediato.

“L’approvazione nel Consiglio Comunale – scrive l’ANPI) è stato soprattutto un fatto politico importante sia per i consiglieri di maggioranza che per i consiglieri di minoranza (14/16 favorevoli un astenuto e un consigliere resosi assente). Il dibattito è stato acceso e contraddittorio in una assise formata da forze diverse.  Ma chi afferma oggi di condividere e difendere la costituzione perché sono valori che appartengono a tutti, deve essere in grado di difenderla. In un regime dittatoriale il dissenso viene represso in qualsiasi forma, ma grazie alla nostra carta costituzionale, nata dalla resistenza e contro il fascismo, viene garantita la libertà di opinione e di dissenso. Si riconosce dunque il coraggio dimostrato da tutti i consiglieri che hanno ratificato la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini”.

Premio Dedalo Festival: istituito un nuovo premio in memoria del professore “Roberto Sottile”

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Il Festival in questa XVII edizione, che si terrà presso la villa comunale di Caltabellotta (AG) dal 20 e 21 agosto 2024, ha voluto istituire un nuovo premio ed intitolarlo al compianto professore di linguistica italiana dell’Università di Palermo Roberto Sottile.

Studioso dinamico, sensibile e attento, nella sua breve vita ha realizzato tantissimi progetti di notevole pregio. Molte pubblicazioni al suo attivo che hanno dato visibilità, attraverso lo studio dei dialetti, a centinaia di artisti siciliani. “Il dialetto nella canzone italiana degli ultimi venti anni” e “Dialetto e Canzone. Uno sguardo sulla Sicilia di oggi” rappresentano un patrimonio per chi desidera conoscere il panorama che gira attorno la musica che utilizza il dialetto per esprimersi.

Roberto Sottile originario di Caltavuturo, attento ai fenomeni che riguardano le piccole aree interne, dal 2012 è stato sempre presente ed attivo al Dedalo Festival in tutte le edizioni anche quelle realizzate fuori dalla Sicilia, regalando entusiasmo, conoscenza e qualificando il nostro evento.

In accordo con i familiari di Roberto Sottile, la Moglie Eugenia Capitummino ed il figlio Mauro, è intenzione del Dedalo Festival assegnare e consegnare il riconoscimento ad artisti che hanno saputo qualificare e valorizzare attraverso le loro opere il dialetto e per essere riusciti con la loro attività a superare i confini regionali.

Sono stati selezionati per questa edizione tre straordinari artisti:
Vincenzo Pirrotta attore e regista (“Spaccaossa”)
Alessio Bondì cantautore (musica originale “Amorte” per “Spaccaossa”)
Cesare Basile cantautore (la storia di un autore essenziale, ruvido e potente)

La Gurfa di Alia come limite della “Chora di Kamikos” nella Saga di Dedalo Kokalos e Minos

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Per capirne di più, con Pietro Griffo, diamo credibilità al racconto della “Saga di Dedalo, Kokalos e Minos” come fatto da Erodoto (V° sec. a.C.) e Diodoro Siculo (I° sec. a.C.), accreditandoli come autentici fatti storici degni di memoria. Dallo Spirito del racconto emerge una sconfitta politica clamorosa della potenza del talassocrate Minosse ed una incredibile affermazione politica dell’astuzia di un re/eroe Sicano. Dalla Lettera del racconto risulta che il monumento funerario eretto per il Minos era un Heroon a doppia camera, in un “Santuario”, con l’ambiente destinato alle celebrazioni rituali e la cripta per la conservazione del corpo o di reliquie. Si trattava di un ambiente funerario annesso ad un importante Tempio di una divinità femminile –Venere/Afrodite – probabile figurazione del culto mediterraneo della Grande Madre. Il tutto doveva avere dimensioni, attributi architettonici e deposizioni adeguati alla grandezza di uno dei più importanti re della protostoria mediterranea. Per quanto riguarda la forma architettonica è evidente che doveva avere a che fare con la tradizione costruttiva, funeraria e templare, della coeva arte Egeo-Minoica: cioè la struttura a thòlos. Quella Tomba/Tempio/Santuario venne distrutta nel 480 a.C. dal tiranno di Agrigento Terone, che restituì i resti mortali di Minosse ai Cretesi.

Sia pure distrutta, la sepoltura di Minosse dove poteva trovarsi? L’unica risposta attendibile è quella che la pone “presso Camico”: così ci indica, per esempio, anche Aristotele (in Pol., II, 7,2). L’idea antica di città era inclusiva di tutto l’ambito di dominio esercitato sul suo territorio: la Chora. Dire allora che Minosse morì e fu sepolto “presso Camico” significa che la sua tomba va ricercata nel territorio/Chora di Kamikos.

“Camico sorse nel territorio politico di Akragas. Fermiamoci un poco a precisarne i confini…il confine orientale…a qualche distanza ad occidente della foce del Salso (Himera meridionale),…confine occidentale…al di qua di Eraclea Minoa…per il confine settentrionale le fonti classiche tacciono… nei tempi che precedettero Terone il territorio di Agrigento era limitrofo a quello di Imera. …il territorio di Agrigento dovette estendersi per gran tratto nell’interno dell’isola. Confine naturale da queste parti sarà stato con tutta probabilità lo spartiacque tra il Platani e il Fiume Torto. All’espansione politica agrigentina, già dal VI-V sec. a.C., va verosimilmente attribuito quanto di greco troviamo nella necropoli di Vassallaggi, tra S. Cataldo e Serradifalco, e nella fortezza di Kassar, presso Castronovo, che è oggi al confine tra le province di Agrigento e Palermo, come una volta doveva esserlo tra i territori di Agrigento e di Imera”.

Citazioni da: Pietro Griffo, Ricerche intorno al sito di Camico, Agrigento, 1948.

Alla fine Pietro Griffo, nell’opera che abbiamo citato, identificò il sito di Kamikos con Sant’Angelo Muxaro, ma quello che a noi interessa in questa sede è che con altrettanta (inconsapevole) maestria pose il sito della Gurfa di Alia, che evidentemente non conosceva, alle origini della valle dell’Halykos/ Platani, come limite settentrionale della Chora di Kamikos. Possiamo perciò ragionevolmente sostenere che l’Ipogeo/Thòlos della Gurfa si trova “presso Camico”.

Carmelo Montagna

Fabrizio Clerici, Tempio dell’Uovo al tramonto, 1971.

Esiste una “Sindrome di Norimberga”? Prigionieri della norma nella vita quotidiana

Nella storia della medicina, e quindi anche della psichiatria, da sempre sono esistiti dei modi anche abbastanza fantasiosi per definire le malattie o le sindromi. Un modo noto a tutti è l’uso di eponimi’, l’abitudine cioè di definire dal nome dello scopritore (è il triste caso del morbo di Alzheimer, per esempio), o del per primo paziente o, meno frequentemente dal nome di una località dove è stata scoperta (anemia mediterranea, per esempio). Insomma negli inventori di definizioni mediche si nota una notevole creatività. Ballo della tarantola. Meno frequenti le definizioni legate a loghi geografici. Febbre di Lassa, febbre emorragica di Crimea-Congo. La più nota in psichiatria è quella di ‘sindrome di Stoccolma’, legata ad un famoso episodio di dirottamento areo, nel quale si notò che fra sequestratori e sequestrati si era creato un forte rapporto affettivo, tanto che i secondi difesero strenuamente l’operato (criminale) dei primi.

Una città il cui nome meriterebbe di essere associato ad una sindrome psichiatrica è Norimberga, la città tedesca già nota nel Medioevo perché fu lì che venne inventato uno dei più feroci sistemi di tortura mai inventato dal sadismo umano, la tristemente nota ‘Vergine di Norimberga’. Si trattava in poche parole di un sarcofago di metallo, a forma dimensione umana, con le fattezze di una donna, all’interno strapieno di aculei. Il condannato si veniva rinchiuso dentro, e prima ancora che morisse soffocato veniva trafitto dagli aculei. In base al sadismo di chi infliggeva il supplizio, la ‘Vergine’ poteva essere anche resa incandescente prima dell’uso.

Norimberga però città medioevale bellissima non è solo nota per questo motivo. Durante la seconda Guerra mondiale fu praticamente rasa al suolo dagli Alleati che poi decisero, proprio in quella città fantasma di celebrare il primo, famoso processo contro i crimini nazisti alla fine del secondo conflitto mondiale. Il processo di Norimberga fu emblematico per due motivi: anzitutto perché per la rima volta vennero presi in considerazione i crimini contro l’umanità, poi per l’atteggiamento emerso dagli interrogatori dei criminali nazisti. Infatti anche i più feroci tra loro, si dichiararono innocenti, adducendo come giustificazione per i loro documentatissimi crimini il fatto di avere semplicemente ‘ubbidito agli ordini’, rispettando quindi un severo e legittimo (a dir loro) comportamento etico militare. Non avevano preso alcuna iniziativa aveva solo eseguito gli ordini imposti dalle superiori gerarchie o dal Fuhrer in persona. Questo punto di vista destò ovviamente un grande scalpore, suscitando un dibattito – per certi versi non ancora concluso – sulle implicazioni etiche di comportamenti soggettivi, anche quando essi vengano ‘ordinati’ da un capo o comunque una figura di vertice alla quale si deve pertanto obbedienza. Ma lasciamo agli storici, ai filosofi o ai sociologi la responsabilità della diatriba e poniamoci invece una semplice domanda: quante volte, nella nostra pacifica quotidianità, mettiamo in atto un comportamento simile a quello descritto dagli imputati nazisti del processo di Norimberga? Quante volte, cioè, compiamo certe azioni solo perché esse comunque ci vengono imposte o suggerite o consigliate da un concetto di norma dominante?

La definizione di Sindrome di Norimberga non ha ovviamente alcun significato geografico, politico o razziale. Essa nasce esclusivamente da un fatto storico, il processo di Norimberga ai criminali nazisti, la prima grande occasione nella quale il mondo occidentale moderno fu costretto a confrontarsi con comportamenti apparentemente paradossali, fondati sulla contraddizione fra stato di salute mentale individuale, valori personali ed azioni concrete, sia sul piano politico sia sul piano militare. La discussione quindi si sposta da un piano astrattamente storico, al piano sociale e culturale (se, quanto e come tutti siamo portati ad obbedire a regole e norme, e ad accettare regole e compromessi anche quando potrebbero sembrarci sbagliati, non etici, o addirittura perversi, persino in aperta contraddizione con le proprie idee o comportamenti o interessi, ma sempre minimizzandone l’importanza o reputandola decisamente irrilevante rispetto a fattori personali o culturali; ciò, beninteso deve avvenire in condizioni di apparente, comune, stabilità mentale, e non per autentico convincimento personale, ma semplicemente perché si intende, con tale comportamento rispettare aprioristicamente un’idea o un principio o un valore culturale, che si reputa superiore alle idee, ai principi o ai valori personali.

A ben pensarci è un comportamento che mettiamo in atto quotidianamente, nelle piccole, ma anche nelle grandi cose. Accettiamo l’invito a una festa, ad un matrimonio, ad un compleanno perché ci sembra scortese non farlo, perché sconteremmo qualcuno. salvo poi a chiedersi perché è invece legittimo che l’altro/a scontenti noi, fermo restando che non c’è niente c’è di male a rifiutare un invito. Tendiamo a dire sempre di si ai figli perché tutti lo fanno, perché altrimenti i figli potrebbero soffrirne, perché si sentirebbero differenti, senza pensare che la filosofia del ‘no’, laddove giustificata, è un cardine di una corretta pedagogia. Ci vestiamo in un ceto modo perché ‘è figo’, e non perché stiamo comodi. L’abbigliamento, a tal proposito, è infatti uno dei piatti forti del conformismo. Se poi le scarpe sono scomode o il vestito ti viene stretto non importa. E così, via via, adottiamo gli stessi atteggiamenti nei confronti di cose ben più importanti. Votiamo alle elezioni per un partito anziché per un altro perché così ci è stato suggerito, per un candidato anziché un altro perché ci potrebbe tornare utile. Ingrassiamo il mercato globalizzato per seguire linee di tendenza. Comperi il SUV o la fuoriserie perché una norma misteriosa dice che questo migliora la tua immagine sociale, non perché ne hai bisogno. Mangiamo come la pubblicità ci suggerisce e non in base ai nostri gusti. Critichiamo chi evade le tasse, ma vorremmo essere i primi ad evaderle e ci lamentiamo perché mancano i soldi per i servizi sociosanitari. L’elenco delle cose che facciamo “perché è giusto così” e non perché ci crediamo sarebbe lunghissimo. Non faremmo tante cose o, viceversa, le facciamo, semplicemente perché una norma culturalmente imposta ci dice che dobbiamo sempre e comunque ubbidire alla norma, perché essa decide cosa e giusto e cosa sbagliato. Ci si comporta, cioè, secondo regole di conformismo culturale che vengono ritenute superiori a qualunque valutazione personale, che può essere anche in assoluta contraddizione con quanto suggerito o imposto socialmente.

L’idea, allora della definizione di “sindrome di Norimberga” nasce proprio da questa considerazione: talvolta l’obbedienza eccessiva o impropria ad un modello culturale può condizionare i comportamenti, sino a renderli profondamente contraddittori con le proprie esperienze ed il proprio sistema di valori, per cui persone assolutamente normali si ritrovano per anni, per decenni, talvolta per tutta la vita, ad adottare sistemi e criteri di valutazione falsi ed inadeguati, ritenuti validi per semplice acquiescenza passiva ad modello culturale medesimo.

Se questa trama concettuale si riferisse esclusivamente a fatti storici episodici, ma comunque presenti ubiquitariamente nella storia dell’umanità, potremmo ritenere che questo comportamento nasca, si sviluppi e si esaurisca in specifici contesti storico-culturali. Il problema che invece voglio evidenziare è che esso non è affatto così contestualizzato, ma si manifesta nelle comuni relazioni umane, in particolar modo in contesti familiari e sociali di apparente, assoluta normalità. La si rileva spesso nella pratica psichiatrica dove si rilevano situazioni nelle quali un soggetto A (gregario), di norma in qualche modo formalmente legato ad un soggetto B (dominante), in un contesto X (gruppale, di coppia o familiare) si trova, dopo anni di condizionamenti oppure dopo periodi anche più brevi, ad adottare modalità di pensiero e istanze comportamentali o relazionali che rispecchiano pienamente le idee o le convinzioni del soggetto B, anche quando esse sono o sembrano in aperta contraddizione con le proclamate opinioni del soggetto A medesimo. Il motivo di questa acquiescenza è rintracciabile nel fatto che nel soggetto A l’idea dell’importanza del contesto X travalica ampiamente la capacità di individuare le difettualità, per quanto palesi esse siano, del comportamento del soggetto B. Il rispetto del contesto X diventa allora dominante, in A, anche rispetto all’idea forte che il soggetto B stia sbagliando, abbia compiuto azioni immorali, o comunque eticamente dissonanti dalle idee del soggetto. Così, e solo per fare alcuni esempio, una madre può accettare che il marito picchi o maltratti i figli, pur essendo profondamente convinta che si tratti di un comportamento insano o ingiusto, ma finendo con l’allearsi al carnefice; oppure dei genitori possono coprire le malefatte del figlio pur essendo convinti che si tratti di comportamenti ignobili; o un figlio può ‘coprire’ gli illeciti compiuti dai genitori pur essendo perfettamente convinto che di illeciti si tratti. La determinante comune di tutti questi atteggiamenti consisterebbe nel fatto che esiste una idea dominante fortissima (per esempio l’idea di famiglia, di coppia, di perbenismo sociale) rispetto alla quale qualsiasi capacità di critica viene estromessa dalla coscienza individuale, gruppale o sociale.

Obbedienza alla norma

E’ chiaro che queste argomentazioni vanno interpretate in base ad adeguato pensiero critico. La società umana si è da sempre imposta delle regole morali e di comportamento, l’adesione personale alle quali è necessaria per mantenere la coesione sociale. Ma queste regole sono normalmente condivise dalla comunità, perché finalizzate alla sicurezza e alla civile convivenza. E’ questa condivisione che le rende accettabili da tutti, ma all’interno di uno stesso sistema culturale. Se varia il sistema culturale possono variare anche le regole, ma non il modello di comportamento. Facciamo alcuni esempi. Nell’Ottocento, nella cultura degli indiani Crow – ben lontani, quindi, dai modelli sociali occidentali – una precisa norma imponeva che un marito tradito non potesse in alcun modo vendicarsi del torto subito, né con la moglie né con il suo amante. In alternativa gli concede di comportarsi da folle: può andare in giro con un sonaglio e disturbare la quiete della tribù, salire a cavallo in senso inverso al normale, persino di disturbare il silenzioso dispositivo militare Crow, mostrandosi al nemico mentre il resto dei guerrieri è appostato e in assetto da combattimento. E’ una vera e propria malattia culturale, che è stata fantasiosamente definita di “Cane pazzo che vuole morire”. Può però durare per un tempo determinato, trascorso il quale Cane Pazzo deve guarire, altrimenti viene cacciato dalla tribù. E’ presumibile che il povero Crow tradito dalla moglie volesse reagire in ben altro modo, ma si doveva adeguare alla norma della sua comunità. Un caso contrario è quello, drammatico, del delitto d’onore nella Sicilia dell’Ottocento: l’uomo tradito doveva vendicarsi uccidendo moglie e amante, anche se non voleva farlo. Un esempio letterario splendido dell’atteggiamento di chi fa o meno qualcosa perché è giusto così e non per convinzione lo ritroviamo ne Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello, dove il buon Ciampa spiega alla signora Beatrice il teorema delle tre corde, la ‘civile’, la ‘seria’ e la ‘pazza’, ognuna da ‘girare’ in base a come decidiamo di comportarci rispetto alla norma… Cane pazzo che vuole morire, Ciampa e la signora Beatrice… Gli esempi potrebbero essere tanti altri, ma tutti suggeriscono che, forse, un comportamento improntato ad una “sana follia” – per usare un audace ossimoro – è l’unica soluzione per evitare di adeguarsi a norme che vorremmo rifiutare, senza riuscirci perché, per parafrasare Gramsci, troviamo più comodo il pessimismo della ragione che l’ottimismo della volontà.

Giovanni Iannuzzo