Francesco Pintaldi, ricercatore e docente di matematica oltre che Preside nei Licei, si sta dedicando con autorevolezza giornalistica non comune alla divulgazione di temi socio-ambientali mirati in particolare alla valorizzazione di figure ed aspetti trascurati della nostra “insularità”, che prima ancora di essere geografica sembra essere antropologica e quindi culturale. Va citato in proposito un intervento critico di Massimo Cacciari che vale la pena di ricordare: “I siciliani sono così sprovveduti e presi dal complesso storico di “autorazzismo” mediatico da non capire che solo perché un pensatore nasce a Castelvetrano deve, per forza, essere “inferiore”, per esempio, ad uno mediocre trovatosi a nascere dalle parti di Heidelberg o di Tubinga; mentre sembra essere “normale” associare l’immagine della stessa Castelvetrano alle gesta ignobili di rinomati capimafia”. Argomentazione che Francesco Pintaldi fa propria, di fatto, in almeno tre suoi recenti interventi sull’opera di ricerca in corso di Carmelo Montagna sulla Grande Architettura degli Ipogei-Thòlos della Gurfa. Si tratta di: La Gurfa di Alia: tra mito, pietra e luce. Un viaggio nel cuore di un mistero siciliano (1), Dove l’invisibile si fa luce: l’ipogeo della Gurfa raccontato da Carmelo Montagna (2), Nel cuore della Tholos: un viaggio iniziatico nella Gurfa di Carmelo Montagna (3).
Per il particolare interesse destato dai tre interventi in un pubblico “non specialista”, riteniamo utile porre qualche domanda a Francesco Pintaldi, anche per rendere il giusto merito al suo lavoro di acuto indagatore, su un tema “diagonale” così particolare ed intrigante come quello della Cultura della Thòlos.
Cosa ti ha spinto ad affrontare l’argomento con i tuoi interventi così puntuali e documentati?
Intanto vorrei ringraziarti per l’attenzione che mi hai voluto dedicare: questo mi dà l’occasione anche di chiarire meglio alcuni aspetti del mio approccio alla Gurfa. In realtà ciò che mi ha spinto ad occuparmene, seppur a livello giornalistico, è stata soprattutto la curiosità, che da sempre è stata il motore dei miei studi, in particolare di quelli legati al pensiero matematico, a cui mi sono dedicato in modo più ampio e diretto. A questo si aggiunge l’interesse costante che nutro, da ormai un ventennio, verso gli studi di Carmelo Montagna, amico, collega e docente, che ho conosciuto dai tempi della mia presidenza al Liceo E. Basile di Palermo e seguito poi con attenzione e dai quali ho tratto, sulla Gurfa, stimoli preziosi per le mie riflessioni. Proprio questa curiosità, nutrita anche da tali riferimenti, mi ha condotto a guardare alla Gurfa non come a un semplice sito archeologico di interesse locale, ma come a un autentico scrigno di memorie, simboli e identità. Parlare di questo luogo significa restituirgli dignità e visibilità, riportandolo dall’ombra alla luce. Mi affascina e rattrista il fatto che in Sicilia esistano tesori che rischiano di restare “clandestini” alla conoscenza comune, mentre potrebbero diventare motore di riscatto sociale ed orgoglio culturale.
Le radici ancestrali del Mito e la simmetria con la ricerca storica delle fonti associate all’indagine seria dei “conoscitori” del territorio siciliano può essere una risorsa aggiuntiva agli studi accademici specialistici?
Assolutamente sì. Il Mito, lungi dall’essere una favola lontana, è un codice simbolico che ci permette di interpretare i luoghi e la loro memoria. Quando la ricerca storica si apre al dialogo con il mito, la conoscenza diventa più completa e affascinante. Non si tratta di sostituire lo studio scientifico, ma di affiancarlo, arricchendolo di quelle dimensioni narrative ed emotive che spesso sono più efficaci nel raggiungere il grande
pubblico.
Gli aspetti emersi e documentati nell’opera di ricerca pubblicata di recente da edizioni Pendragon, La Via della Thòlos, in particolare sulle tracce emerse di Architettura Dedalica in Sicilia possono essere assunti come punto di riferimento, fra Mito, Simbolo e Culti, per nuove chiavi di lettura da aggiungere allo standard della metodologia archeologica?
L’approccio interdisciplinare di Carmelo Montagna apre una prospettiva innovativa. L’Architettura Dedalica, letta nella sua connessione con simboli e culti, diventa un ponte tra archeologia, antropologia, storia delle religioni e persino estetica. È un modo di superare la frammentazione degli studi e proporre una visione unitaria, in cui le pietre non sono mute, ma parlano attraverso miti, riti e saperi antichi.
C’è necessità ed urgenza, come sembra, di diffondere una nuova didattica per la “scuola” che deve diffondere la consapevolezza del nostro patrimonio culturale, anche quello meno conosciuto, anche per farne volano di sviluppo socio-economico delle Comunità?
Sì, è un’urgenza. La scuola ha il compito di formare cittadini consapevoli e il patrimonio culturale è una parte viva della nostra identità. Se i ragazzi conoscono i luoghi e i simboli della loro terra, imparano ad amarli e a difenderli. E da questa consapevolezza può nascere anche sviluppo economico, perché un bene culturale, quando è valorizzato, diventa attrattore di ricerca e di investimenti. Poi anche di turismo culturale, da gestire in forme adeguate ed intelligenti.
Puoi farcene qualche esempio?
Gli esempi di trasformazione del patrimonio culturale in Sicilia non mancano. Penso alla Valle dei Templi di Agrigento o ai mosaici di Piazza Armerina: per decenni luoghi quasi dimenticati, che oggi attirano visitatori da ogni parte del mondo. Ma potrei citare anche Selinunte, un tempo sepolta e sconosciuta, oggi fra i parchi archeologici più grandi d’Europa; o Segesta, con il suo tempio dorico e il teatro immerso nella natura, divenuti simboli di un’antichità che continua a vivere. E ancora Mozia, l’isola fenicia nello Stagnone di Marsala, che negli ultimi decenni è stata restituita al pubblico come straordinario polo culturale; Morgantina con le sue statue e i suoi mosaici, capaci di ridare dignità a un territorio interno troppo spesso trascurato; o Cefalù, che da semplice cattedrale di una cittadina si è imposta a livello internazionale come parte del patrimonio UNESCO dell’itinerario arabo-normanno. Senza dimenticare il Parco delle Madonie, dove natura, storia e tradizioni si intrecciano in un modello di sviluppo sostenibile.
La Gurfa dovrebbe seguire la stessa strada. Ha qualcosa di unico: un’aura di mistero che intreccia mito, storia e natura e che può attrarre studiosi, viaggiatori e turisti in cerca di esperienze autentiche. Oggi il turismo non si limita più a “vedere”, ma vuole vivere e partecipare. In questo senso, la Gurfa ha tutte le carte in regola per diventare un simbolo di riscatto, di identità e di sviluppo per la comunità locale, trasformando un patrimonio
nascosto in una risorsa viva e condivisa.
Elisa Chimento
Note di riferimento al testo:
(1)https://siciliabuona.com/la-gurfa-di-alia-tra-mito-pietra-e-luce-un-viaggio-nel-cuore-di-un-misterosiciliano/? fbclid=IwY2xjawKAtPtleHRuA2FlbQIxMQBicmlkETBFczZxdVIwRXlkMzNsMDhkAR50oUSzd8G73cIP
mZkKJB70aFZvHQn04Gt3if17eOfUJ8MNjgVrCC2eth36QA_aem_rvNPSNBNECw52 ELbFEnGbg pubblicato il 1.5.2025
(2)https://siciliabuona.com/dove-linvisibile-si-fa-luce-lipogeo-della-gurfa-raccontato-da-carmelomontagna/?
fbclid=IwY2xjawLcwDlleHRuA2FlbQIxMQBicmlkETBFczZxdVIwRXlkMzNsMDhkAR6s35Z
_hz55HXQWWlnZUUsld_uUPmz5__S02e-5ABX7BuIps-
SqE4MkaDLb2g_aem_oxMRYAGMRQSQ5AtUs7pPUQ pubblicato il 10.7.2025
(3)https://siciliabuona.com/nel-cuore-della-tholos-un-viaggio-iniziatico-nella-gurfa-di-carmelo-montagna/