L’enigma del Gattopardo: Maria Antonietta Ferraloro e i segreti di un romanzo senza tempo

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Esistono opere che, come bussole nel labirinto della storia, ci guidano attraverso le epoche, svelando la complessità dell’animo umano e contemporaneamente i mutamenti della società. “Il Gattopardo”di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è una di queste, un romanzo che, grazie all’acuta e appassionata analisi di Maria Antonietta Ferraloro, massima conoscitrice, continua a risplendere nel presente.

In un’epoca in cui la critica letteraria si confronta con nuove sfide e nuovi approcci, il lavoro di Ferraloro si distingue per la sua capacità di coniugare rigore filologico e sensibilità interpretativa. La sua analisi del “Gattopardo” non si limita a una lettura tradizionale del testo, ma si apre a nuove prospettive, esplorando i legami tra la vita dell’autore e i luoghi descritti nel romanzo, e offrendo nuove interpretazioni dei personaggi e dei temi centrali dell’opera.

Docente e saggista, con un dottorato di ricerca in Storia della cultura, collabora con il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania e si occupa della formazione degli insegnanti di Lettere.

Tra le sue opere:  “Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo” (Pacini Editore, 2014) e “L’opera-orologio. Saggi sul Gattopardo” (Pacini Editore). Il libro “Il Gattopardo raccontato a mia figlia” (La Nuova Frontiera Junior, 2017), con il quale ha avvicinato il classico di Tomasi di Lampedusa alle nuove generazioni.

In questa intervista, esploriamo insieme a lei i momenti salienti del suo percorso di studiosa, le sfide e le soddisfazioni della ricerca letteraria, e il ruolo fondamentale della letteratura nella formazione della nostra identità culturale.

Desideriamo esprimere la nostra più sentita gratitudine a Maria Antonietta Ferraloro per averci concesso il privilegio di questa intervista. La sua erudizione, la sua passione e la sua capacità di illuminare i meandri della letteratura siciliana e del Gattopardo hanno arricchito la nostra comprensione di un’opera fondamentale, e ci hanno offerto spunti di riflessione preziosi.

Lei è una figura di spicco nel panorama della critica letteraria italiana, e la sua profonda analisi della letteratura siciliana ha ulteriormente rivelato la sua straordinaria ricchezza e complessità. Quale evento, ricordo, incontro o lettura ha dato origine a questo profondo interesse?

La ringrazio molto per le parole generose che ha nei miei confronti. La verità è che sono stata un’allieva mediocre sino al momento in cui, alle Medie, l’incontro con un grande maestro, il professore Giuseppe Celona, non mi ha educato al piacere e alla bellezza della lettura. Da quel momento in poi, ho iniziato a non potere più fare a meno dei libri. Leggerli e studiarli è diventato una parte essenziale di me.

Il suo lavoro di studiosa ha gettato una luce nuova sull’opera di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, rivelando sfumature e connessioni che arricchiscono la nostra comprensione del “Gattopardo”. La sua dedizione a questo capolavoro della letteratura italiana è evidente. Potrebbe raccontarci come è nata questa passione e quali sono stati i momenti chiave che l’hanno portata a dedicarsi allo studio del “Gattopardo”?

Sino ai 19 anni ho vissuto in un piccolo paesino nebroideo che si chiama Ficarra. Qui, nella lontana estate di guerra del 1943, Tomasi di Lampedusa giunse, insieme alle donne della sua famiglia, la madre e la moglie. Non aveva, naturalmente, ancora scritto niente se non tre articoli letterari passati nel più assoluto silenzio. Era uno sfollato come tanti altri, ed era già un principe decaduto. La fortuna economica della sua casata si era ormai dissolta quasi del tutto.

Eppure, un uomo come lui non poteva passare inosservato. Era intelligentissimo e colto; trovò presto una cerchia di amici di riferimento. Nel frattempo, l’orrore della guerra lambì anche la piccola comunità, rimasta, sino ad allora, al riparo di eventi bellici eclatanti. Ci fu un bombardamento violento; ed uno scontro a fuoco tra soldati del Reich e quelli Alleati, durante il quale, come ho potuto dimostrare dopo anni ed anni di ricerche, trovò la morte il giovane militare tedesco che ha ispirato la figura e l’episodio del soldato borbonico che don Fabrizio troverà morto nel proprio giardino, nella I parte del Gattopardo e così centrale per l’architettura dell’intero romanzo.

Lei ha dedicato particolare attenzione all’analisi dei personaggi del “Gattopardo”. Quali figure, a suo avviso, incarnano le contraddizioni e le complessità dell’animo umano?

Il Gattopardo è un libro che amo rileggere. Magari, nel passato, le avrei indicato altri personaggi. Ma le ultime suggestioni che ne ho ricavato mi portano a individuare in Angelica una delle figure più complesse e contraddittorie di questo capolavoro. Cresciuta dal padre come preziosa merce di scambio, come controparte di un qualche conveniente contratto matrimoniale, non lo delude. L’amore per Tancredi sembra però redimerla, correggere quella certa selvatichezza della famiglia d’origine che le è rimasta comunque addosso, come una puzza intollerabile: non a caso, (omen/nomen) suo nonno è un individuo così spregevole da essere stato soprannominato dai compaesani Peppe Mmerda. Quella certa selvatichezza che somiglia ad un difetto di fabbrica e che lascia intravvedere, appena sotto la maschera di una bellezza straordinaria, un volto nudo dai tratti sgradevoli – si pensi alla risata sguaiata, in un pranzo dei Salina, che ne svela l’intima, oscura natura; gela il sangue di Concetta; incupisce il Principe.

Il “Gattopardo” è un’opera che continua a suscitare interesse e dibattito. Lei ha esplorato a fondo i legami tra la vita di Tomasi di Lampedusa e i luoghi descritti nel romanzo. Quali sono le scoperte più significative che ha fatto in questo percorso di ricerca?

Come le dicevo, ho dedicato a Tomasi lunghi anni di studio e ricerche. Ho ripercorso la sua intera opera che, contrariamente a quanto si dice, non si limita solo al Gattopardo.  Ho letto e riletto i meravigliosi Racconti; le sue suggestive Lezioni. E ho interrogato compulsivamente scritti occasionali e carteggi anche inediti – grazie alla generosa amicizia di Gioacchino Lanza Tomasi, figlio adottivo del principe. Questo mi ha permesso di definire meglio alcuni dei legami intertestuali più rilevanti nel celebre romanzo. Ad esempio ho ricostruito il rapporto che lega lo scrittore ad un modello di riferimento qual è Virginia Woolf. Molte sorprese, però, me le ha riservate anche l’indagine che stavo conducendo “sul campo”. Ho potuto ricostruire un periodo quasi del tutto sconosciuto eppure rilevante della biografia umana e letteraria di Tomasi. Inoltre, la cartografia dei luoghi del Gattopardo, grazie ai miei studi, ha potuto infatti accogliere finalmente il borgo messinese di Ficarra. Come ho già accennato, sono riuscita a dimostrare che questo paese ha donato al romanzo sia personaggi che episodi importanti.

“L’opera-orologio. Saggi sul Gattopardo” è un altro dei suoi saggi lampedusiani. Ci parli di quali aspetti ha voluto approfondire in questo volume, e delle nuove interpretazioni che offre ai lettori.

Tomasi di Lampedusa sosteneva che sia possibile smontare un’opera letteraria esattamente come si fa con un orologio. Tuttavia, puntualizzava anche, che in certe opere, ‒ i capolavori dei grandi maestri, per intenderci ‒ per quanto possiamo osservare da vicino i meccanismi vi è pur sempre un quid irrazionale. Possiamo incaponirci quanto vogliamo. Il segreto del suo funzionamento rimane saldamente nelle mani del suo artista-creatore.

Seguendo però certe suggestioni insite nel metodo critico tomasiano, ho potuto rileggere l’opera del Principe da angolazioni diverse.  Mi interessava in particolar modo soffermarmi sull’ineffabile mistero del processo creativo; sul rapporto tra critico e testo; e sul valore della pietas e della compassione, sentimenti su cui tanto insiste Tomasi e così necessari al nostro inquieto presente.

Con “Il Gattopardo raccontato a mia figlia”, lei ha avvicinato un classico della letteratura italiana ai giovani lettori. Quali sono le sfide e le soddisfazioni nel trasmettere la passione per la letteratura alle nuove generazioni?

Ho scritto questo libro per mia figlia. L’ho immaginata come una lettera che avrei voluto consegnarle per il suo nono compleanno. Desideravo parlarle del mio profondo amore per i libri ed in particolare del legame viscerale con Il Gattopardo, del quale già mi stavo occupando già da tempo. Ed invece, proprio perché i libri, allo stesso modo dei figli, fanno ciò che vogliono, si è trasformato ben presto in un libro che continua riservarmi non poche sorprese. A metà aprile, ad esempio Feltrinelli mi ha chiesto di parlarne durante la festa per i settant’anni della propria nascita.

Io credo, ce lo confermano i dati che abbiamo in nostro possesso, che i ragazzi in età scolastica leggano e anche parecchio. La disaffezione nei riguardi della lettura nasce negli anni successivi. Questo mi porta ad una considerazione principale: è necessario ripensare a un nuovo modo di fare didattica nelle scuole. Fare in modo che il tesoretto di letture accumulato in questi anni non solo non vada perso , ma continui nel tempo ad espandersi sempre di più.

In un suo recente approfondimento su Focus Junior, lei sottolinea come la lettura e la scrittura abbiano avuto un ruolo determinante nell’evoluzione umana, differenziandoci dagli altri esseri viventi. In un’epoca dominata dalla tecnologia digitale, come possiamo riscoprire il valore della lettura per preservare la nostra umanità, e in che modo questa riflessione può legarsi alla sua analisi del ‘Gattopardo’, in considerazione del fatto che si tratta di un’opera che racconta la trasformazione di un’epoca?

Leggere è un’avventura di cui non possiamo fare a meno. Le neuroscienze lo dimostrano in maniera inequivocabile. L’uomo, infatti, è l’unico animale che racconta storie. Gli servono per comprendere se stesso e il mondo; per  pensare, intessere o sciogliere relazioni; per  immaginare. Gli servono, insomma, per vivere.

Leggere modifica il nostro cervello e potenzia le nostre capacità intellettive, cognitive ed affettivo-emotive, ma è anche essenziale per coltivare un pensiero profondo e autenticamente umano. In un’epoca dominata dalla tecnologia digitale, riscoprire la lettura è una priorità per preservare la nostra stessa umanità.

Il rapporto con i Classici, la loro importanza, è presto detta. Come sottolinea una delle più grandi neuroscienziate viventi, Maryanne Wolf, il «cervello che legge» nutre il «cervello che pensa». Il linguaggio scritto possiede infatti una natura «profondamente generativa». Tutto questo vuol dire che pensiamo bene solo se leggiamo bene. Nessuna lettura nutre il nostro cervello quanto un Classico.

La peculiarità di questi libri, a cui Il Gattopardo appartiene a pieno diritto, risiede nella loro ineffabile natura di libri capaci di oltrepassare le barriere del tempo e dello spazio, È come se parlassero una lingua tutta loro, che tutti, proprio tutti possono intendere. E, al di là delle storie che raccontano, riescono a venire incontro alle grandi domande di senso alle quali nessuno di noi può sottarsi – sulla vita, sulla morte, sui legami affettivi, sulla piccolezza e miseria umana, come sulla sua grandezza.

Tu apri questi libri e ne vieni letteralmente rapita. E capisci che hai bisogno della loro sapienza o del turbamento e del disorientamento che suscitano in te, per comprenderti meglio e per capire meglio la condizione umana.

La ricerca letteraria è un lavoro entusiasmante, ma anche impegnativo. Quali sono le sfide e le soddisfazioni che ha incontrato nel suo percorso di ricerca, e quali sono i progetti futuri che la appassionano maggiormente?

Disciplina e rigore sono sicuramente due compagni fedeli e irrinunciabili di chiunque desideri intraprendere un percorso di ricerca, sia essa o meno letteraria. Sono sempre più convinta che scrivere sia infatti un’attraversata in solitaria. Tuttavia lungo il percorso accidentato che ci porta a confrontarci con le nostre passioni e con le nostre ossessioni basta imbattersi anche in minuscole pepite d’oro perché tutti i sacrifici che si fanno abbiano finalmente un senso.

La bellezza di ogni ricerca risiede nella sua imprevedibilità. Per quanto hai pianificato, non sai mai dove ti condurrà realmente. Io, di sicuro, non pensavo di trovare, alla fine del mio lungo cammino, il Tomasi inedito che ho trovato.

Dopo questo grande maestro della Modernità letteraria, ho trovato una linea di ricerca altrettanto appassionante nella didattica della lettura e della letteratura; e, soprattutto, nella neurodidattica. Il grande sviluppo che nell’ultimo decennio hanno conosciuto le neuroscienze ci permettono di comprendere meglio i processi d’apprendimento e il ruolo centrale che l’intelligenza emotiva assume al loro interno. Ci permettono di offrire strumenti e percorsi didattici adatti ad una scuola che i tempi nuovi chiamano a sfide inedite. Naturalmente, questo continuo aggiornamento-studio, mi porta fuori dalla mia vecchia comfort zone legata esclusivamente alla scrittura  e mi chiama, in giro per le scuole, a fare molta formazione

Credo, comunque, che la mia sia stata una reazione abbastanza naturale. Dopo quasi 15 anni di studi dedicati al Principe palermitano avvertivo l’esigenza di un cambio di rotta radicale. Mi era impossibile proseguire sul solco della pura critica letteraria.

La nostra conversazione è stata ricca e appassionante e permetterà senz’altro ai nostri lettori di approfondire la sua visione della letteratura siciliana e del ‘Gattopardo’. C’è qualcosa che le sta particolarmente a cuore, un messaggio o una riflessione che desidera condividere con i nostri lettori, e che non abbiamo ancora avuto modo di esplorare?

Mi piacerebbe che i ragazzi non smettessero mai di comprendere, intuire, sapere, e sentire quanto leggere renda liberi. Quanto leggere nutra il nostro animo. Ne lenisca il dolore; ne esalti la gioia.

Salvina Cimino

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