Complesso rupestre di Alia: il nome “Gurfa” potrebbe arrivare dall’antica lingua persiana con il significato di “misterioso”

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Per quanto fin qui detto, il dato di realtà ci obbliga a rimettere le centinaia di ipogei tholoidi già censiti e quelli in corso di “accatastamento/studio”, prima fra tutti la Gurfa, nel “cassetto giusto” della ricerca scientifica, che è quello dell’Architettura megalitica in ipogeo, fatta “per via di levare” come avrebbe detto Michelangelo, e non fra le “grotte/ingrottati” di pertinenza propria della Speleologia.

Per dirla ancora meglio: evitare di continuare a mischiare la gioielleria con la bigiotteria.

Quindi: dare luce agli importanti “Ipogei e Thòlos della Gurfa”, a partire da quella sviante “segnaletica turistica” che indica genericamente le Grotte; con l’aggiunta che siamo in presenza del più grande ambiente a “Thòlos con Oculus” del Mediterraneo, che pure un suo significato deve avere.

Usare l’evidenza della categoria “Thòlos” significa confronto del suo “codice culturale” con la celebre “Thòlos/Tesoro di Atreo” a Micene o quello che resta del “Tesoro di Minyas” ad Orchomenos (Beozia), che sono i più immediati confronti tipologici in una genealogia di forma e significato che risale agli impianti neolitici thòlos/case-tombe cipriote di Choirokoitia.

In attesa che prima o poi gli “addetti ai lavori” ci forniscano dati certi di scavo e qualche datazione attendibile di reperti databili, che pure sembrano esserci nelle parti strutturali più inaccessibili ed inviolate, la domanda fondamentale a cui bisognerà cercare di rispondere dovrebbe essere questa: e se quell’ambiente tholoide forato, intriso di suggestioni architettoniche e sacralità, fosse parte di un Heroon, una struttura complessa Tomba-Tempio-Palazzo, una sorta di “Telesterion e Pantheon della Sikania” incredibilmente sottovalutato e sfuggito agli studi? Non sarebbe nemmeno la prima volta.

E’ dato acquisito dalla ricerca più attenta che le strutture architettoniche più antiche ed i reperti sparsi che sopravvivono ultramillenari alla catastrofe del tempo sono parte significativa delle dinamiche culturali che li hanno generati, con una loro “aura del Genius loci” suggestiva che permane e/o un sostrato psichico residuale percepibile, che qualcosa può ancora dirci come eco di risonanze arcane. Le “domande giuste” servono quindi per indicare direzioni di marcia per la ricerca di senso, del “come-quando-perché”.

Nei casi clamorosi ed imponenti di siti antichi dei quali abbiamo perfino smarrito la memoria storica, anche per la loro evidenza monumentale, sono possibili almeno due risposte intuitive e di buon senso: o sono antichissimi o sono recentissimi, con intermezzo di usi più o meno documentati in situazioni di adattamento a residenza di fortuna nell’economia residuale del latifondo siciliano.

Nel caso dell’ambiente tholoide forato della Gurfa, ma anche in altri più modesti ma altrettanto importanti impianti ancora usati a scopo agropastorale di simile tipologia segnalatimi ed in corso di studio, colpisce la sensazione estetica, forte e chiara, di trovarsi immersi in spazi progettati per ritualità sacrali fuori dal tempo ordinario, che tolgono il fiato nell’apparire “aureo” dell’evidenza di forma e significato in occasione delle Ierofanie del Solstizio estivo, ma anche degli Equinozi o altre date del Tempo Cosmico della “Tradizione radicale” connessa alla “Dimensione delle Origini”, per quanto ne abbiamo potuto verificare in lunghi anni di studio ed annotazioni.

Mi colpirono tempo fa le interessanti annotazioni, totalmente inedite e da sviluppare, sulla natura e significato del sito della Gurfa proposte dal prof. Filippo Raimondo, architetto e docente di Composizione Architettonica e Urbana all’Università di Chieti. Le ripropongo, per aprire altre possibili “vie di fuga” dalla banale ovvietà mediatica sul sito. “…il complesso rupestre, e in particolare modo la grande sala, ci sorprende almeno per quattro motivi: per la dimensione…per la forma …per la nascita… snocciolare i primi grani di quel rosario di coincidenze e apparenti casualità che, se tutto va bene, ci porterà a comprendere quale sia la ‘forma del tempo’ e quale sia ‘il tempo della forma’. … Nella radice del suo nome, Gurfa, si trova la chiave per disvelare il primo dei nostri quesiti … il nome Gurfa non trova nessun riscontro glottologico nella lingua siciliana … Mentre, è incredibile a dirsi, contiene innegabili analogie di forma e contenuto col termine GUFRA. Vocabolo, questo, udite udite, che appartiene alla lingua avestica, cioè all’antica lingua persiana. Il vocabolo GUFRA, che per altro in avestico vuol dire profondo o misterioso, deriva poi dalla radice -GEU, che a sua volta … concorre a formare il termine greco GYPE, che, guarda caso, indica un abitare in cavità, un abitare di tipo nomadico … Non è pensabile che queste siano solo coincidenze.” (F. Raimondo, Le ragioni della forma, ed. Sala, 2007).

Su questo argomento torneremo con particolare attenzione.

Carmelo Montagna