La “Cultura della Thòlos” in Sicilia e l’architettura in negativo

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Il nostro megalitismo non si presenta di norma solo nelle forme del dolmen o del menhir conosciute in Europa o a Malta, ma in quello più suggestivo e “segreto” dello scavo in roccia, per fare grotticelle funerarie o thòlos: quasi la ricerca “sottile”, umbratile e ctonia, del contatto “profondo” con il grembo della “Grande Madre Mediterranea”, nel ciclo di vita-morte-rinascita che passa dai “misteri” del sottosuolo, noto mitologicamente per il culto di Demetra e Kore. Questa architettura in negativo, fatta per sottrazione di materia piuttosto che per addizione, contrariamente alle conclusioni devianti cui può arrivare certo determinismo materialista legato alla sola consistenza del banco roccioso (del tipo: “se è roccia dura si edifica, se è tenera si scava”), ha a che fare col mondo del simbolico. E’ la ricerca dello strato di contatto ancestrale con il Sacro, poiché  rispetto a quelli che edificano fuori terra, a contatto con l’aria, in elevazione, “verso l’alto”, sembra essere questo il tratto di equilibrio, datore di senso e forma all’architettura arcaica, che caratterizza i costruttori ipogeici protostorici della Sikania. Dei quali, occorre ricordarlo, fu maestro Dedalo, qui rifugiatosi in fuga da Minosse, in una saga di mito e d’avventura lungo la Valle del Platani-Halykos, e poi nel resto dell’isola, che gli storici antichi davano per “vera” (situata nel “tempo mitico delle Origini”, per dirla con Mircea Eliade) e collocavano nel “Tempo degli Eroi”, “tre generazioni prima della guerra di Troia”.

Quella “venuta” mitica in Sicilia di Dedalo, unita a contatti iberico-nuragici, determina di fatto il passaggio ad una fase urbana di insediamento lungo le vallate fluviali, con manufatti megalitici ed ambienti tholoidi.  La vicenda, vasta e complessa, al confine fra l’architettura e l’archeologia, della presenza dolmenica e degli ambienti a thòlos nella realtà archeologica del paesaggio protostorico siciliano, con le estensioni d’uso improprio di quegli ambienti fino alla nostra contemporaneità, non ha ancora avuto l’attenzione sistematica che merita, con qualche rara eccezione.

In particolare la diffusa presenza in Sicilia della “Cultura della Thòlos”, tratta di un autentico “codice architettonico”, che definisce esattamente l’ ambiente culturale che lo esprime. Si tratta di una “classe” di ambienti-strutture che è perfettamente inseribile, come tipologia architettonica, nella genealogia di un arco cronologico vastissimo, a partire dalla memoria ancestrale della “casa-tomba a thòlos” del Neolitico cipriota di Choirokotia (circa VI millennio a.C.), passando per la costruzione più nota e significativa: il “Tesoro di Atreo” (nella foto) a Micene (XV sec. a.C.).

Carmelo Montagna