In ricordo dell’Appuntato dei Carabiniere Giuseppe Cavoli ucciso a Montemaggiore Belsito nel gennaio del 1983

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Il 21 gennaio 1983 viene ucciso a Montemaggiore Belsito l’Appuntato dei Carabiniere Giuseppe Cavoli.

All’epoca dei fatti il militare era in organico al Comando Stazione di Carabinieri a Montemaggiore. Quel giorno occorreva rintracciare in paese Giuseppe Zanghì, psicolabile, sfuggito al controllo durante il tragitto verso Palermo per il suo ricovero coatto disposto presso una struttura sanitaria. Alla ricerca dell’uomo che si aggirava armato tra le strade imbiancate di neve, si predispongono i Carabinieri a bordo di una Fiat Campagnola guidata dal brigadiere Antonio Siviero, il Comandante della Stazione, Santo Gambino, sedeva accanto all’autista, e l’Appuntato Giuseppe Cavoli, seduto sul sedile posteriore. Mentre i tre Carabinieri percorrevano Corso Re Galantuomo, furono attaccati con colpi d’arma da fuoco (un fucile da caccia) sparati dallo stesso Zanghì che agiva in maniera psicotica. Giuseppe Cavoli venne colpito e ciò ne causò la morte, mentre il brigadiere Siviero che era alla guida, rimase ferito. L’omicida fu poco dopo arrestato e assicurato alla giustizia.
L’Appuntato Cavoli lasciava la moglie Giovanna Candino, i figli Alessandro, Loredana ed Emiliano, quest’ultimo Maresciallo Maggiore dei Carabinieri.
Il 21 gennaio 1986 il Comune di Montemaggiore Belsito ha fatto collocare nel Comando Stazione dell’Arma una targa in marmo, attualmente custodita all’ingresso dello stabile, recante la scritta “I cittadini di Montemaggiore Belsito all’Appuntato dei Carabinieri Giuseppe Cavoli nel ricordo delle sue doti umane e del suo sacrificio. 21 gennaio 1986”.
Con decreto presidenziale n.119 del 23 agosto 2019, all’Appuntato Cavoli Giuseppe, nato il 2  luglio 1937 a San Mauro Castelverde, è stata concessa la  medaglia  d’oro al valore dell’Arma dei carabinieri «alla memoria» con la seguente motivazione: «Addetto a stazione distaccata, con eccezionale coraggio ed esemplare iniziativa, consapevole dei concreti  rischi  cui  si  esponeva,  non esitava, insieme con altri militari, a porsi alla ricerca di un soggetto psicolabile che si aggirava  armato di fucile nel centro abitato, costituendo pericolosa minaccia per la  cittadinanza.  Fatto segno di proditoria azione di fuoco da parte dello squilibrato, decedeva a seguito delle ferite riportate. Chiaro esempio di elette virtù militari ed altissimo senso del dovere spinto fino all’estremo sacrificio».
Santi Licata