
«Abbiamo iniziato a viaggiare e a condividere le stesse passioni, sempre alla scoperta di nuovi luoghi e di culture diverse – esordisce Domenico Francoforte – e così, sempre insieme,
iniziamo il nostro percorso formativo nella ristorazione a Londra, passando dalla Nuova Zelanda e continuando in Australia: luoghi in cui scopriamo questo nuovo ingrediente, i “microgreens”, i micro-ortaggi».
Domenico Francoforte e Aurora Marino sono due giovani trentenni che stanno insieme da 16 anni, lui cuoco e lei pasticciera con un bagaglio internazionale di esperienze su cibo e nutrizione, oggi alla guida della loro startup tutta siciliana: GrowLife superfood. Producono e commercializzano, tra Palermo e Trapani, per i privati e a breve anche per la Gdo, micro-ortaggi, piantine di 2-7 centimetri di altezza coltivate in piccole vaschette biodegradabili e raccolte non appena sviluppate le prime foglie. «Sono più di 12 varietà quelle che oggi coltiviamo con sementi e substrati biologici – spiega Domenico – e perciò totalmente naturali e dall’elevato valore nutrizionale: bastano poche quantità di queste piccole verdurine per soddisfare il fabbisogno nutrizionale di vitamine di cui giornalmente un adulto ha bisogno, molto più dell’ortaggio maturo perché tutti gli elementi nutritivi imprigionati nel seme non si espandono per tutta la pianta ma rimangono concentrati nei cotiledoni, le prime foglioline, rendendo questo ingrediente uno dei migliori “superfood”». E aggiunge: «Sono dei veri e propri integratori alimentari naturali, ottimi sostituti di tutti gli integratori sintetici che di solito assumiamo».
Dall’estero a Partinico, in provincia di Palermo, dove è la sede dell’azienda, dei terreni e del giardino verticale. «Il nostro obiettivo – precisa Aurora Marino – è quello di educare e diffondere la cultura del cibo e della nutrizione, dell’impatto ambientale zero, della sostenibilità delle attività svolte». L’impronta della Nuova Zelanda le è rimasta attaccata alla pelle: «Lì ho ritrovato me stessa, quel contatto con la natura che avevo perso. Ho imparato pure a surfare».
Viaggiano da sempre, fin dai loro acerbi vent’anni. Lei va in Madagascar nel 2010 grazie al servizio civile internazionale e Domenico la segue a ruota; nel 2011 sono a Londra con in mano solo le prime esperienze da cuoco per lui e un’immersione in sala per lei. Ci restano 3 anni e corrono per passare da un ristorante stellato all’altro; Aurora si specializza alla London School of Coffee e nel latte-arte. «In Africa – ricorda Aurora – il tempo andava piano, nelle metropoli va velocissimo come a Londra e vieni apprezzato non solo se sei bravo ma anche se metti amore e passione in quel che fai. Se hai e dimostri tutto questo, vai su molto in fretta». Nel 2014 però vogliono rallentare il ritmo e staccare la spina. Viaggio di sola andata per la Nuova Zelanda «in mezzo a verde e pecore – scherza Aurora – ma dove scopriamo una nuova ristorazione: un’esperienza magnifica. Qui divento pasticciera nei ristoranti gourmet». Il viaggio per loro è essenza oltre che metafora e nel 2016 sono a Melbourne, in Australia: nuove usanze di cottura, nuove pietanze, nuovi pezzi di cultura fatti propri. Ma soprattutto è qui che ritrovano quel che avevano imparato a conoscere a Londra nei piatti delle loro cucine: i microgreens. Con in più la fortuna di lavorare al Royal Mail Hotel in mezzo ai canguri e all’orto del proprietario adibito proprio alla coltivazione dei micro-ortaggi. Una formazione sul campo che imprime nella testa soprattutto di Domenico l’idea di farne impresa una volta in Sicilia. Dove vogliono ritornare, prima o poi.
Nel 2018 una pausa di pochi mesi a Trappeto, dove attualmente vivono, per poi ritornare in Australia, si trasforma nel trasferimento definitivo. «Ero in attesa della prima delle nostre due figlie e non avevamo da parte più nulla – racconta Aurora – e lì il panico». Trovano un lavoro ben pagato nella vicina Malta, ma non scatta la scintilla e ritornano a casa. Intanto chiedono e ottengono il reddito di cittadinanza e proprio la navigator che li segue apre loro la porta per realizzare quell’idea imprenditoriale che avevano chiara in mente ma che non sapevano tradurre non possedendo gli strumenti necessari: soldi e business plan. Questi li acquisiscono grazie a JA Italia, un programma di sostegno ai Neet sull’autoimprenditorialità, il cui contest, “Match the Future!”, mette in palio, per la migliore idea, un premio di 6.500 euro per cominciare a muovere i primi passi. E loro lo vincono.
«Come imprenditori abbiamo delle spese, ma grazie allo Stato con il reddito di cittadinanza riusciamo ad andare avanti e a fare le cose piano e bene. Il nostro Paese – continuano i due giovani startupper – ci ha fatti restare e non ci ha obbligati a ripartire». Piccoli passi per cominciare a crescere e a consolidare il fatturato. Non si vedono più come ristoratori ma come ambasciatori dei micro-ortaggi in Italia: «Abbiamo imparato a non programmare nulla – chiosano – ma a ricordarci solo di mettere la vita in una valigia e andare».
Antonino Cicero





