Termini Imerese, il dibattito sul porto e la falsa democrazia di facebook

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Da settimane si è sviluppata sui social un’ampia polemica sul futuro del porto di Termini Imerese. Il dibattito, se così si vuole definire, ha un suo punto cruciale: il luogo dove sarà realizzato l’approdo turistico.

Non è una questione di ubicazione, dietro quella scelta si gioca parte dell’avvenire della città. Se quest’ultima avrà come punto di forza il turismo e la sostenibilità ambientale, o diventerà un mega scalo commerciale dove inquinamento e rischi ambientali saranno costantemente presenti.
E’ nata anche una associazione a difesa del vecchio prg che voleva il porto turistico prossimo al centro storico, ed ha raccolto in poco tempo anche un significativo consenso.
Ma questa idea pur se interessante è costretta ad essere perdente, non perché sia peggiore o irrealizzabile, ma semplicemente perché la strategia scelta per farla diventare vincente non è efficace. L’errore dei promotori è quello di concentrare le idee e il confronto sui social. La discussione si muove all’interno di quel mondo, senza rendersi conto di essere nei fatti autoreferenziali, in pratica di parlarsi addosso. E in definitiva avvantaggiare il possibile “avversario”.
Tutti questi estimatori di facebook non hanno compreso una cosa che è lapalissiana. Il dibattito sui social favorisce esclusivamente chi “gestisce il potere”, in questo caso l’Amministrazione comunale, che finge di cercare confronto e mediazioni invece sostiene sfacciatamente il progetto dell’AdS, e dall’altro l’Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale che ha deciso da tempo il futuro dello scalo di Termini Imerese e persegue con tenacia, a colpi di interventi “infrastrutturali”,  il suo obiettivo, anche in questo caso avendo fatto credere che il progetto definitivo sarebbe stato il frutto di ampio dibattito tra tutti i soggetti interessati.
Del resto basta dare semplicemente un’occhiata al sito della stessa autorità portuale. Per quanto riguarda il Porto di Palermo si legge: “Palermo è una città storica con un ricco patrimonio culturale ed un florido turismo che rappresenta un’importante industria non soltanto  per la città ma anche per il suo porto, diventato uno degli approdi favoriti dalle navi crociera, yachts e scafi da diporto”, mentre per Termini Imerese risulta scritto: “Il porto è ben dotato delle infrastrutture e dei servizi per la movimentazione dei veicoli commerciali e delle merci da/verso compagnie Ro-Ro. Ampi e funzionali piazzali di deposito situati alle spalle della banchina Riva soddisfano ogni esigenza degli utenti”.
Il presidente dell’Autorità di sistema portuale Pasqualino Monti durante i suoi interventi sul futuro dei porti nella Sicilia occidentale ribadisce continuamente l’idea principe: ogni scalo per essere vincente e produrre ricchezza deve accogliere tutto.
E infatti è coerente: l’80%  del commerciale di Palermo viene spostato a Termini, compreso il traffico pesante, e il 20%, quello “buono”, rimane nel capoluogo. In effetti ha ragione, ogni porto ha sia “questo che quello”.
I termitani otterranno chiaramente anche l’approdo turistico, decentrato e marginale rispetto al centro cittadino dove ovviamente non attraccherà mai nessuno: anche in questo caso la città avrà “questo e quello”.
A tale proposito non possiamo nascondere la nostra meraviglia rispetto ad alcuni “impegnati” che in queste settimane si sono stracciati le vesti, affermando di non essere a conoscenza del progetto. Il presidente Pasqualino Monti è venuto tre volte a Termini ed ha incontrato politici, ambientalisti e tecnici, esprimendo chiaramente il suo programma per il porto di Termini: sarebbe stato commerciale. Durante quelle “visite apostoliche” sono state anche poste delle domande da parte dei presenti, che per bontà  definiamo “banali” ma ad essere realisti li dovremmo definire “idiote”. Nei fatti Monti ha “infinocchiato” tutti tra gli osanna generali, correndo anche il rischio di essere portato in processione come l’immagine dell’Immacolata dell’8 dicembre.
Ma torniamo al dibattito sul futuro della città che si agita sui social.
Chi scrive non ha un buon giudizio di questi ultimi, anzi la pensa come il grande Umberto Eco: “Facebook è il regno degli imbecilli”. Il fatto che intervengano tutti non è esempio di democrazia. Perché il dibattito sui social non permette al meglio di emergere anzi spesso esprime il peggio. I c.d. “leoni delle tastiere”, che “godono” dei like e si beano delle visualizzazioni, difficilmente sono esempio di competenza e conoscenza. E un tema così importante non può essere lasciato alla realtà virtuale. Anche perché, con queste premesse, difficilmente si raggiungerà una sintesi e nei fatti sarà incapace di rappresentare una valida alternativa.
Chi è contrario e si oppone a quel progetto di sviluppo della coppia Terranova-Monti, per avere un minimo di possibilità di vittoria  deve abbandonare i social, e farne solo un uso di spazio comunicativo.
Fuori dal virtuale il movimento deve essere costantemente presente e con forza e determinazione chiedere convocazioni di Consigli Comunale straordinari, organizzare assemblee pubbliche, promuovere dibattiti, incontri con gli amministratori e i vertici dell’Asp, coinvolgere Associazioni, movimenti, partiti, università e soprattutto far parlare le persone competenti, esperti che siano in grado di leggere le carte e produrre proposte alternative. Bisogna far sì che a rappresentare un movimento siano i più esperti e preparati e non gli “accattoni” del virtuale e spesso pure del reale.
Anche a coordinare un dibattito o condurre una intervista bisogna chiamare soggetti competenti che siano provvisti titoli adeguati, non persone che si inventano professionalità che non hanno mai avuto. Se si vuole cambiare bisogna essere in grado di esprimere qualità e non dare spazio alla mediocrità che non può che esprimere una insignificante banalità.
E quanto tutto ciò abbia danneggiato la città è palese nel suo quotidiano.
Infine una considerazione su quanto affermato, in una lunga riflessione sul passato di Termini Imerese, in parte condivisibile e in parte no, da un professore termitano di indiscussa preparazione culturale e da noi stimato. Nel post, purtroppo banalizzato dal fatto di essere stato pubblicato su facebook, dichiarava che la crescita e la prosperità  il paese l’aveva  ottenuta grazie soprattutto alla presenza del porto commerciale. E’ vero, però ha dimenticato di aggiungere che quel tipo di attività allora coinvolgeva intere comunità di lavoro e forze mercantili.
E proprio in quel periodo, va anche detto, nella parte bassa si costruiva l’Albergo delle Terme su progetto del prestigioso architetto Damiani Almeyda.
Allora il turismo era riservato ad una èlite.
Ma in un secolo è cambiato chiaramente il mondo: oggi è il turismo un fenomeno di massa, mentre il commercio, quello portuale in particolare, è un settore riservato a pochi imprenditori e altrettanti lavoratori specializzati. La ricchezza alle comunità locali non la fornisce il trasporto di merci ma solamente il movimento di persone.
Ognuno a suo modo può essere innamorato del passato della città e mettere in evidenza la parte che secondo lui esprime il periodo più florido, anche a sostegno delle proprie convinzioni.
Ma quando la città viveva di commercio erano altre epoche storiche, e pensare di mitizzarli, come coloro che sognano Termini come una novella Pompei o una Rimini del sud, si rischia o di rimanere prigionieri di una visione ideologica superata o di essere ingenuamente fuori dalla realtà.
E’ giusto che ognuno difenda la propria visione di città e i propri interessi più o meno legittimi, ma per un momento bisogna essere onesti con se stessi, anche a futura memoria: l’arrivo del mega porto commerciale non porterà nessuna ricchezza diffusa alla comunità (e chi pensa diversamente o è un ingenuo o è un incompetente), sarà solamente un nuovo scempio i cui effetti nocivi per la collettività si vedranno nei decenni a venire, quando la catastrofe sarà ormai evidente e tornare indietro sarà, purtroppo, molto ma molto difficile.