Il cortometraggio, messo su tra settembre e novembre del 2020, è una produzione indipendente, già selezionato dal Festival del Cinema di Cefalù e tenuto sott’occhio all’estero. «Ha una durata di circa quattro minuti e mezzo – precisano i registi – ed è stato girato in digitale, con risoluzione full hd, in formato panoramico e a colori. Non vi è alcun inserto di dialoghi o interviste né colonna sonora musicale; è presente soltanto un sonoro di tipo ambientale ad accompagnare le immagini».
Insomma immagini nude e crude con l’intento «di restituire – continuano i due registi – la fotografia attuale di un territorio divenuto non-luogo. La fascia costiera che si estende a est di Termini Imerese, che comprende l’ormai ex-area industriale fino al sito archeologico di Himera, è la rappresentazione concreta di come il fallimento del sogno di sviluppo industriale abbia portato, contemporaneamente, alla devastazione di un territorio e allo svuotamento di ogni identità economica, sociale e culturale, in senso lato. Una landa dalle sembianze post-apocalittiche dove la presenza umana diviene sporadica e tragicamente grottesca».
Dall’autostrada o dall’interno dell’area industriale, dove ciondolano cani tra asfalto consunto, illuminazione intermittente e capannoni niente più che scheletri senza vita, quel paesaggio restituisce allo sguardo, assuefatto da tanta inerzia e bruttura, desolazione, deserto, abbandono, lasciando martellante il solito ritornello che Termini Imerese, a un certo punto, confuse la strada da prendere al bivio.
«Sicilia 2020, – chiosano i registi – agglomerato industriale di Termini Imerese. 50km a est di Palermo. Nel 2011, nel cuore dell’area industriale e dopo quarant’anni di attività, chiude lo stabilimento Fiat per la produzione di autoveicoli. Nel raggio di 5 km sorge il sito archeologico di Himera, antica colonia greca, dove si ritiene essere presente la più grande necropoli di tutta la Sicilia e tra le più estese d’Europa, con oltre 13.000 sepolture ritrovate. Una terra in cui crisi economica e disastro ambientale sono intrecciati ormai da molto tempo». È la sinossi del loro lavoro, che lascia l’amaro in bocca e le immagini, in tempi social, sono l’essenza di un post muto. Tra rassegnazione e riscatto (quale? Quali le risorse e, soprattutto, i progetti sostenibili in grado di cambiare realmente il volto dell’intera zona?) ancora una volta un bivio...
Antonino Cicero
Link trailer:
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