Si è chiusa la II Biennale Internazionale di scultura di Salgemma

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Gli artisti hanno scolpito il sale e sono diventati sale essi stessi “il sale della terra”, per dare valore, anima e senso ad un territorio, le Madonie, che sta cercando la propria identità per il futuro, per la salute fisica e psichica dei suoi abitanti. Le sculture realizzate manifestano energia, movimento, provocano emozioni: il sale ha preso forma per raccontare il valore di questo materiale, per il corpo e la mente dell’uomo/donna. Gli artisti hanno messo in evidenza differenti aspetti della energia del sale, hanno utilizzato un materiale che è diventato vivo e vibrante attraverso la luce che lo attraversa. La sua materia irregolare nella cristallizzazione, offre allo scultore una sostanza viva che gli chiede di affrontare l’opera diversamente da come affronterebbe il marmo o la pietra, materiali compatti e non trasparenti.

Gli artisti avevano un tema da cui partire per affrontare la loro opera “Dalle viscere della terra alla luce del sole: il sale un dono per l’uomo/la donna del 2° millennio”, questa era la traccia per raccontare ai visitatori il valore del sale. Alcune opere sono quindi partite dal raccontare l’energia del sale come per esempio l’opera di Momò Calascibetta che parte dalla struttura molecolare dell’acqua e del salgemma, entra nell’anima, nel cuore del materiale e ci rivela la sua origine profonda, quasi a livello scientifico: il tetraedro e il cubo. La sua è una scultura di grande dimensione cm 300×300 a forma di piramide (realizzata con materiale di riciclo come le cannucce delle bibite) sospesa per aria, al cui centro viene collocata una pietra di sale con la struttura molecolare del salgemma-cloruro di sodio: un cubo. Come l’opera di Claus Joans che, dal cuore del materiale salgemma, crea una spirale che esce dal mare e che conduce in superficie l’energia vitalizzante del sale. Il materiale si apre, si anima, e manifesta la sua energia attraverso il vortice che dagli abissi sale in superficie raccontando la “Sea song-La canzone del sale”. La spirale infatti contiene un racconto: quello delle creature che vivono e animano il mare anche a livello del mito: dai pesci alle sirene, ai tritoni, che in una danza a vortice sono” la canzone del mare”. La forma femminile compenetrata nel salgemma abbraccia il mare e imprime un movimento a spirale di forte pathos all’opera che si sviluppa a tutto tondo. L’energia del sale si fa forma leggibile e visibile per i visitatori attraverso la energia creativa e poesia dell’artista che trasfonde nell’opera parte del suo essere. L’opera di Laura Panno, che parte da una rara struttura del salgemma: il così detto “occhio di sale”, un cubo decisamente trasparente che rivela un allineamento regolare dei cristalli di cloruro di sodio che danno luogo a questa trasparenza. In miniera la Panno ha scavato nella parete l’occhio umano ricomposto con piccoli occhi di sale e ricoperto da una rete: l’occhio umano “guarda” attraverso il sale. L’opera di Cosimo Barna ricostruisce in miniera, con un’opera di grande dimensione, il paesaggio e l’energia delle profondità degli abissi: racconta con un “affresco”, sulle pareti di sale la vita sottomarina, conduce il visitatore sotto l’acqua, nel mare, e in miniera siamo sotto terra, a vivere e percepire un’altra dimensione di vita, dove gli esseri si muovono e comunicano attraverso l’acqua salina che è fonte di vita e di forza vitale. Gianfranco Macaluso svolge il tema de “l’occhio di sale” innestando il tema delle struttura atipica e perfetta del cubo trasparente, in un corpo classico: un corpo di donna trattato secondo gli schemi del classicismo greco, evidenziando la perfezione del cubo in relazione alla perfezione del corpo di donna. Altre sculture hanno trattato diversi soggetti dove il salgemma rimane supporto per un racconto diverso dal quello del sale. Come quella di Damiano Sabatino che ha raffigurato una mano che schiaccia un grappolo d’uva e producendo il “nettare degli dei”, il vino. Qui l’energia rappresentata non riguarda il racconto del sale ma il rapporto tra l’uomo e il vino: l’artista ha utilizzato il salgemma come materiale per raccontare la storia di un prodotto della terra siciliana, il vino e il suo rapporto antico con l’uomo coltivatore. Jorunn Monrad, scultrice norvegese, ha scelto un blocco di sale con delle venature che evidenziano l’origine del salgemma, il suo farsi lentamente nel tempo attraverso successive stratificazioni che si sovrappongono nei secoli. E, su questa pietra di sale, l’artista ha disegnato e poi scavato in rilievo la sua traccia, che arriva dal nord, dal mondo medioevale dei racconti nordici, dal bestiario arcaico, in cui le figure mitiche scelte proteggevano nei lunghi inverni nordici gli abitanti delle distese ghiacciate. Il drago che si morde la coda, l’Uroboros, esce dalla pietra e la avvolge. Stefano Zucchi ha scelto con cura la sua pietra di sale, la sua conoscenza di materiali come il marmo di Candoglia e pietre dell’arco alpino, gli danno la capacità di intercettare la pietra di salgemma che ha una composizione uniforme e che resisterà alle diverse lavorazioni. La sua pietra è collocata in cima alla salita del giardino di Villa Sgadari, e da questa posizione il profilo della pietra si sovrappone perfettamente alla montagna che sta di fronte, il Monte Bovolito. La sua scultura parte da questa similitudine e diventa a due facce, sulla prima superficie una spirale: l’energia che sprigiona il sale sciolto in acqua che, avvolgendosi porta in un foro che conduce il visitatore dall’altro lato dove un volto che urla si piega sotto il peso della curva del salgemma. Nel foro, delle spighe di grano raccolte nel campo li vicino. Mariano Brusca ha scolpito un volto infantile, paffuto, non reale, forse una figura benaugurale che, illuminata dall’interno, possa fare luce nella strada della creatività. Per il periodo della 2° Biennale, tutte queste opere, sono state congiunte con il centro di Petralia Soprana, attraverso il segno del “Filo Rosso”, filo steso nelle vie del paese a fare da traccia per gli abitanti e per i visitatori: “strada del sale” dal centro del paese a Villa Sgadari e ritorno, dove le opere erano collocate al’interno del giardino. In seguito le sculture di salgemma sono state esposte durante la XXIII Sagra del Sale che si è svolta a Raffo e successivamente verranno collocate nel Museo permanente all’interno della miniera di salgemma Italkali, contrada Raffo, e visitabile sabato e domenica. Il Museo verrà inaugurato entro le fine di ottobre 2013.