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Trabia: attimi di paura alla stazione per un uomo che si è lanciato sui binari

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Venerdì pomeriggio si sono vissuti momenti di grande apprensione per un giovane che sotto lo sguardo incredulo dei viaggiatori e pendolari presenti alla Stazione Ferroviaria di Trabia, si è repentinamente lanciato sui binari all’arrivo di un treno.

Fortunatamente, il tempestivo intervento di una pattuglia di Carabinieri della Stazione di Trabia, impegnata nel pattugliamento del territorio, ha evitato tragiche conseguenze.

I Carabinieri, allarmati da una persona alla quale il ragazzo aveva rivelato la volontà di farla finita, sono riusciti a individuarlo tra i passeggeri e viaggiatori in transito. Alla vista dei militari, però, il giovane, con un balzo, si è lanciato sui binari proprio mentre stava sopraggiungendo un convoglio ferroviario. I militari dell’Arma, con l’aiuto di un collega che si trovava fuori servizio, senza pensarci due volte, lo hanno seguito sulle rotaie e quando ormai il treno in frenata distava qualche centinaio di metri, sono riusciti a vincere la sua resistenza e a trarlo in salvo portandolo sulla banchina dello scalo ferroviario. Il ragazzo, fortunatamente illeso, è stato poi affidato ai sanitari intervenuti.

Al via “Le Notti di BCsicilia”: 50 iniziative per conoscere e valorizzare il territorio

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Al via l’edizione 2025 delle “Notti di BCsicilia”, la manifestazione estiva che come ogni anno propone 50 iniziative per conoscere e valorizzare il territorio attraverso visite guidate, passeggiate, musica, conversazioni, proiezioni, letture, mostre, presentazioni di libri, degustazioni, solidarietà. Un lungo itinerario che inizi giovedì 24 luglio e si concluderà il 3 settembre con la serata dedicata al Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Una lunga serie di eventi che si terranno tutti al calar della sera. Si va alla scoperta dei centri storici di città e paesi della Sicilia con visite guidate a Caltanissetta, Gela, Ispica, Leonforte, Palazzolo Acreide, Petralia Sottana, Petralia Soprana, Roccapalumba e Termini Imerese, con la consulenza culturale dei maggiori studiosi locali, o di particolari architetture o artisti: alla Chiesa del Carminello con gli stucchi serpottiani a Palermo,  ai gaginiani tra Quattrocento e Cinquecento a Gangi, alla Chiesa e alla Cripta della Madonna della Lettera a Riposto, mentre a Nicosia è prevista una passeggiata alla ricerca delle opere di Filippo Randazzo. Una interessante visita guidata si terrà a Gangi nei luoghi di “Vivere in Assisi”, la famosissima rappresentazione sacra dedicata a San Francesco d’Assisi che si terrà a settembre di quest’anno. Ancora visita ai musei: a quello archeologico a Castellana Sicula, a Cerda al Museo della Targa Florio, a quello Diocesano di Mazara del Vallo ed infine sempre al Museo diocesano, questa volta a Catania, per la visita alla mostra “Revelare”. Per la musica in programma a Riesi un concerto “Saudade do Brasil”, due di Musica Antica a Cefalù e Castelbuono e il suggestivo concerto tra le gole al santuario della Madonna del Furi a Cinisi, e l’altrettanto incantevole esibizione all’alba alla Roccia Amorosa di Villalba.

Originali iniziative si terranno a Campofelice di Roccella con una Cena letteraria, a Villalba con la lettura del cielo con Desiderio Lanzalaco, una navigazione poetica in barca con i canti di Quasimodo a Trabia, “All’alba del giorno delle stelle cadenti, tra musica e danze” a Santa Flavia e a Messina “Sequenze frequenze: il suono che cura”. Inoltre una serie di osservazioni astronomiche notturne ad Altavilla Milicia, Santa Flavia e a Castelbuono insieme ad una escursione naturalistica. Un’altra camminata naturalistica è in programma a Monreale con una “Origanata” a Monte Gradara. Per il Cinema, proiezione a Lascari del film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi. Inoltre conferenze, conversazioni e tavole rotonde, a Randazzo sulla “Vara”, a Termini Imerese sull’ultima campagna di scavo a Himera, a Ragusa sul futuro di Donnafugata, e a Montelepre su Hiccara: costruita o ricostruita. Altri eventi sono previsti a Ciminna con “Il Gattopardo a confronto. Luchino Visconti vs Tom Shankland”, a Siculiana con l’inaugurazione di Weekend d’Arte, a Trapani con un omaggio al maestro Andrea Camilleri, a Geraci Siculo “La Notte delle Chiese” e a Isola delle Femmine un Recital di poesie tra parole e musica. In programma anche presentazioni di libri a Ciminna, Campofelice di Roccella, Petralia Soprana, Riesi e Valledolmo, e sempre sui libri la rassegna, giunta alla quarta edizione, Un borgo di libri a Partinico. Spazio anche alla solidarietà con una cena a Sciara per la Missione di Fratel Biagio “Missione e carità” e a Mussomeli a favore del popolo palestinese, ed infine la conclusione, il 3 settembre, a Altavilla Milicia con una manifestazione per ricordare Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso proprio quel giorno di quarantatré anni fa.

“Come ogni anno – Afferma Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale di BCsicilia – proponiamo un suggestivo viaggio di quaranta giorni per riscoprire le tracce di un passato che parla della bellezza e della magnifica storia della nostra terra. Più di cinquanta iniziative proposte da una associazione culturale e di volontariato, realizzate senza nessun contributo pubblico, per raccontare un’isola nella sua singolare unità, e far conoscere un impareggiabile  patrimonio culturale e artistico. Una straordinaria avventura che coinvolgerà tutta l’isola: da Palermo a Catania, a Messina, a Trapani solo per citare i centri più importanti, ma poi tappe a Caltanissetta, Palazzolo Acreide, Bagheria, Gela, Randazzo, Gangi… Un articolato percorso che vede coinvolti quasi quaranta comuni, realizzato grazie all’eccezionale impegno e alla passione civile di tanti soci di BCsicilia che si spendono costantemente per valorizzare e promuovere la parte più stupenda della nostra isola che incanta e che affascina ma parla anche di memoria identità di un popolo”. Per informazioni Tel. 346.8241076. Email: [email protected]. Fb: BCsicilia.

Adelasia del Vasto e le radici cluniacensi in Sicilia: la chiesa di Santa Maria degli Angeli di Montemaggiore Belsito

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Nel cuore del XII secolo, la Sicilia normanna si distingue come un crocevia di civiltà, religioni e poteri. In questo scenario, la presenza dei monaci cluniacensi, benché discreta e tardiva rispetto ad altre regioni d’Europa, testimonia l’apertura dell’isola alle grandi correnti religiose del continente. Due presenze in particolare segnano la traccia cluniacense in Sicilia: il monastero di Santa Maria delle Giummarre a Sciacca e la chiesa di Santa Maria degli Angeli di Montemaggiore Belsito, quest’ultima ceduta nel 1157 con atto ufficiale dal nobile Rinaldo di Tusa, alla presenza dei vescovi eletti Daniele e Bosone della diocesi di Cefalù.
Ma l’humus culturale e spirituale che permise questo radicamento risale a qualche decennio prima, e porta il nome di Adelasia del Vasto. Nata intorno al 1075 da una nobile stirpe aleramica del Piemonte, Adelasia giunge in Sicilia come sposa del conte normanno Ruggero I d’Altavilla, uomo di guerra ma anche di visione politica. Alla morte del marito, Adelasia regge la Contea per conto del figlio minorenne Ruggero II, che diventerà il primo re di Sicilia nel 1130.
La sua formazione e il suo retaggio familiare la pongono a contatto con le idee della riforma ecclesiastica di Cluny, che già dai tempi del bisnonno Odalrico Manfredi si erano diffuse nelle corti nobiliari del Piemonte e della Provenza. La riforma cluniacense propone un monachesimo austero ma colto, centralizzato ma universale, in stretto dialogo con il Papato. Era la via per legittimare il potere temporale con un’autorevolezza religiosa nuova.
Adelasia non appare nei documenti ufficiali relativi alla donazione del 1157, ma il suo ruolo va letto in prospettiva. Durante la sua reggenza: favorì la fondazione e la riorganizzazione di istituzioni religiose; promosse una Chiesa alleata del potere centrale ma non corrotta; coltivò relazioni con l’Europa continentale, come dimostra il suo secondo matrimonio con Baldovino I di Gerusalemme, anch’egli vicino ai valori della riforma cluniacense.
Fu quindi un’anticipatrice culturale e spirituale: la sua apertura verso la riforma ecclesiale creò un contesto favorevole affinché, qualche decennio più tardi, anche in Sicilia si potessero stabilire — seppur in forma ridotta — case cluniacensi, con il consenso delle autorità locali, come nel caso di Montemaggiore. L’atto di donazione del 1157, che lega Montemaggiore all’abbazia madre di Cluny in Borgogna, è più che un evento notarile: è il segno di una rete spirituale e culturale che attraversava l’Europa, e alla quale la Sicilia normanna, erede dell’intelligenza di Adelasia e della visione dei suoi successori, volle partecipare.
La piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli, posta nel cuore delle Madonie, diventa così testimonianza tangibile di un legame invisibile: quello tra una donna del Nord, una riforma religiosa nata in Francia e una terra mediterranea che fu, per secoli, ponte tra le civiltà.
Santi Licata

Nella foto Immagine della regina Adelasia, generata dal’I.A.

Fonti storiche e riferimenti utili
– Chronica monasterii Casinensis, Amato di Montecassino.
– G. A. Loud, The Latin Church in Norman Italy.

– C. A. Garufi, Documenti per la storia dei Cluniacensi in Sicilia.
– Filippo e Santi Licata, Le origini. Montemaggiore e il monastero cluniacense di Santa Maria.
– Sara Favaró, Adelasia. Madre del Regno di Sicilia e Regina di Gerusalemme ovvero Adelaide Aleramo del Vasto.
– Archivio storico diocesano di Cefalù, atti del 1157.

Pollina Cinefilm 2025: cinque storie in gara al Teatro Pietra Rosa

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Il cinema torna a brillare sotto le stelle del Teatro Pietra Rosa. Il 22 luglio, nella suggestiva cornice scolpita nella roccia di Pollina, andrà in scena la seconda edizione del Pollina Cinefilm. Cinque film si contenderanno l’ambito “Premio Città di Pollina”, riconoscimento che celebra le migliori espressioni del cinema siciliano contemporaneo.

La selezione di quest’anno, effettuata dalla giuria del Festival del Cinema di Cefalù, offre un ventaglio di storie intense e profondamente radicate nel vissuto umano e territoriale dell’Isola, dimostrando quanto il linguaggio del cinema possa restituire con forza e poesia il senso della comunità, della memoria, dell’identità.

I cinque film in concorso: 1. Spaisati di Luca Di Martino. Un’opera musicale e poetica che affronta con delicatezza il tema dello spopolamento nei piccoli borghi del Sud. Attraverso la conversazione immaginaria tra due anziani amici, Spaisati è una riflessione intima sulla nostalgia, sulla “restanza” e sul diritto di rimanere legati alla propria terra. Un film che canta in dialetto siciliano l’identità e l’appartenenza, in equilibrio tra memoria e futuro. 2. Apri la porta di Chiara Catera. Un racconto potente e toccante sul bullismo e sulla forza salvifica dell’amicizia. Protagonista è Brian, un bambino di 11 anni che trova il coraggio di affrontare l’indifferenza e la derisione. Catera, regista sensibile e impegnata, costruisce una narrazione che parla a tutte le età, toccando i temi dell’inclusione, del rispetto e della rinascita interiore. 3. Nessuna guerra, nessun combattimento di Marco Ferrara. Un film breve ma incisivo. Un soldato, devastato dalla guerra, sceglie di abbandonare le armi. Un gesto silenzioso che diventa grido pacifista. Ferrara, regista già premiato a livello internazionale, firma un’opera dal forte impatto visivo e simbolico, capace di parlare al cuore e alla coscienza. 4. Inno Atletico Castellammare 2024/25 di Roberto Scaglione. Un videoclip musicale costruito con immagini reali, che racconta non solo una squadra di calcio, ma anche una comunità che si stringe attorno a un sogno. Un progetto ibrido, realizzato anche grazie all’intelligenza artificiale, che fonde sport, identità e passione con un linguaggio originale e contemporaneo. 5. La Patente di Michelle Montalto. Liberamente ispirato alla novella di Pirandello, La Patente ci porta in una Sicilia attuale ma ancora intrisa di superstizioni e pregiudizi. Giovanni Ciaccio, protagonista grottesco e tragico, decide di chiedere una licenza ufficiale per portare sfortuna. Montalto costruisce un racconto ironico e malinconico, profondamente umano, dove le parole diventano destino e le etichette sociali fanno male più delle azioni.

Cinque opere, cinque sguardi diversi, un’unica serata per celebrarle tutte nella magica atmosfera del Teatro Pietra Rosa, che accoglierà pubblico, registi e ospiti speciali per una notte di grande cinema. Al termine della proiezione, una giuria di esperti assegnerà il Premio Città di Pollina al miglior film in concorso. Sarà una serata di festa e riflessione, ma soprattutto di condivisione, come ben sintetizza la dichiarazione del Sindaco di Pollina, Pietro Musotto: «Pollina torna ad accendersi di luce e di storie. Con questa seconda edizione del Pollina Cinefilm, il nostro Teatro si conferma non solo come un luogo di bellezza, ma come un autentico palcoscenico dell’anima, capace di accogliere visioni, emozioni e linguaggi diversi. Il cinema ha il potere straordinario di unire le persone, di raccontare chi siamo e dove vogliamo andare. Questo festival nasce dal desiderio di valorizzare il nostro territorio attraverso la creatività, la cultura e il talento di chi lo vive e di chi lo attraversa con sguardo sensibile. Il Teatro Pietra Rosa, incastonato nella roccia e nel silenzio delle nostre montagne, diventa ancora una volta luogo d’incontro, di sogno e di riflessione. Che il Pollina Cinefilm possa continuare a crescere, e che Pollina resti per sempre casa della bellezza, dell’arte e dell’accoglienza».

Poveri e pazzi: le sfide storiche della psichiatria sociale

L’attenzione della psichiatria e  in genere delle scienze del comportamento per i fattori sociali è andata progressivamente accentuandosi  nel corso della storia del pensiero  occidentale, di pari passo col procedere delle conoscenze scientifiche sulla struttura e sul funzionamento della mente e delle conoscenze sui disturbi psichiatrici. Non è una novità la riflessione che in condizioni di disagio sociale anche le condizioni psichiche possano essere problematiche e non occorre nemmeno avere molta fantasia per capire che i problemi economici, la povertà, la mancanza di mezzi, il legame indissolubile con uno stato di povertà disperato, talvolta atavico e non modificabile, non sono sicuramente condizioni che possano incentivare il benessere psicologico.

Un attento e sensibile osservatore di queste problematiche fu, per esempio, lo spagnolo Juan Luis Vives, che prestò grande attenzione (per quanto i tempi glielo permettessero: nacque a Valencia nel 1492) a tutto ciò che afferiva al disagio sociale. Cattolico fervente, sinceramente religioso e di grande coerenza intellettuale Vives si occupò fondamentalmente di etica e di sociologia, e quindi si trovò a dover esaminare le brutture sociali dell’epoca. Scrive per esempio, in un’opera dall’emblematico titolo di De subvenzione pauperum della necessità che dei poveri e dei diseredati non si occupino i privati, attraverso le opere di beneficienza, ma lo stato che ha il preciso dovere di provvedere ai bisogni dei più bisognosi.

L’idea dunque che esista una qualche correlazione fra disagio mentale e disagio sociale non è sicuramente nuova. D’altra parte certe cose risultarono subito evidenti anche ai grandi clinici dell’Ottocento: la relazione tra condizioni sociali sfavorevoli e incidenza di disturbi psichici, e viceversa tra condizioni di salute mentale e buono stato sociale, era così evidente che non poteva non essere rilevata, sin dall’antichità. Ma, d’altra parte il predominio medico su quanto riguardava la salute mentale, poteva al massimo considerare la società come concausa, e mai come causa primaria, della presenza o dell’assenza di salute mentale.

D’altra parte, come si era andato via via scoprendo, l’alimentazione e una sana igiene di vita erano sicuramente fatti importanti per il mantenimento della salute di tutto l’organismo, cervello compreso. In quel modo può essere emblematica, a questo riguardo,  la definizione di “esaurimento nervoso’, inventata dal medico americano John Brown, originario di Philadelphia, che per più di vent’anni insegnò fisiologia all’Università di Edimburgo. Brown aveva asserito nel 1780 che i disturbi mentali erano il prodotto di una eccessiva stimolazione del cervello che, essendo un tessuto particolarmente sensibile, poteva andare incontro ad irritazioni o ad ‘esaurimento’, dando luogo a stati astenici. E fu una teoria che avrebbe avuto grande credito, ispirando anche le definizioni ottocentesche di ‘neuroastenia’ del medico americano George Miller Beard o di ‘psicoastenia’ di Pierre Janet.

Ma i primi veri descrittori di forme di malattia mentale correlate a condizioni di abbrutimento sociale furono letterati e filosofi. Personaggi sordidi o sofferenti, abbrutiti dal vizio, affamati o criminali, fragili o mentecatti vengono fuori dai romanzi di Charles Dickens, di Eugene Sue, di Emile Zola, di Victor Hugo, non solo inventori di storie, ma anche fedeli fotografi di una situazione sociale realmente deteriorata, nella quale le sacche di emarginazione erano un dato sotto gli occhi di tutti. Nelle grandi metropoli le situazioni di degrado delle periferie erano spaventose. Lasciamole descrivere dalla penna di Charles Dickens: “Veniva poi una vasta estensione abitata – poiché gli umili seguaci dell’accampamento della ricchezza piantano per molte miglia all’ingiro le loro tende – ma il suo aspetto era il medesimo. Umili e fradice case, molte da appigionare, molte ancora in costruzione, molte semicostruite e crollanti – alloggi dove sarebbe stato difficile dire chi fra il padrone e il pigionale avesse maggior bisogno di compassione – fanciulli denutriti e seminudi, sparsi per ogni via e razzolanti nella polvere – madri che sgridavano la prole e minacciose pestavano sul marciapiede i piedi calzati di ciabatte – padri in abiti frusti, che s’affrettavano tristi alla fatica che dava loro il pane quotidiano e poco più – donne che tagliuzzavano qualche cosa, lavandaie, ciabattini, sarti, droghieri, che esercitavano il loro commercio nella stanza comune, in cucina, negli anditi e nelle soffitte, e a volte tutti ammucchiati sotto lo stesso tetto – fabbriche di mattoni sull’orlo di giardini attorniati da doghe di vecchie botti, o assi di edifici incendiati, annerite e con le bolle e le pustole delle fiamme – mucchi di erbacce, d’ortiche, di piante selvatiche e di gusti d’ostriche, disseminati nella più straordinaria confusione – piccole cappelle dissidenti per insegnare, con abbondanza d’illustrazioni, le miserie della terra, e molte chiese nuove, erette con un po’ di ricchezza superflua, per mostrare la via del cielo”.

Dickens pubblica il suo “The Old Curiosity Shop” nel 1841, evidenziando già un degrado che, vent’anni dopo, Hugo descriverà in modo ancora più duro. Si tratta del periodo storico, più o meno, che vede il consolidamento della borghesia, l’arricchimento di una parte della società, e l’impoverimento progressivo di una parte ben più grande. Impoverimento che portava inevitabilmente a comportamenti socialmente ‘patologici’, come la prostituzione, la delinquenza, l’alcolismo. La buona società borghese, ovviamente, invertiva il nesso di causa ed effetto: i delinquenti non erano diventati tali perché erano poveri, ma erano i poveri che diventavano delinquenti perchè classe quasi biologicamente inferiore, in quanto non possedevano il valore tutto borghese della parsimonia e del risparmio, e ovviamente del controllo degli istinti più bassi. D’altra parte, tra il 1850 e il 1873 si assistette anche ad un poderoso sviluppo industriale di tutta la società occidentale. Macchine a vapore, filaio e telai meccanici, consentivano ora una produttività decisamente maggiore, e la sostituzione del carbone di legna con quello minerale aveva ulteriormente incentivato la potenza dei mezzi di produzione, in quanto combustile più economico e più facilmente trasportabile. L’incremento delle attività industriali, imponeva grandi concentrazioni dei mezzi di produzione nelle zone urbane, che conobbero di conseguenza un enorme sviluppo, anche perché offrivano lavoro, per accettare il quale, la popolazione operaia doveva necessariamente spostarsi dalla campagna alla città. La Parigi di Victor Hugo, intorno al 1860 aveva superato ampiamente il milione di abitanti. Intorno al 1880 Londra, la nuova, grande capitale della Rivoluzione Industriale, aveva raggiunto i quattro milioni e mezzo di abitanti. Ma quello che era cambiato era anche l’assetto storico delle città: il centro storico in qualche modo diveniva il centro degli affari, costringendo la popolazione meno agiata a trasferirsi altrove, nelle ‘cinture operaie’, vaste megalopoli di periferia di nuova costruzione, o prodotto del progressivo accorpamento di villaggi e sobborghi, veri luoghi di abiezione sociale, dove le classi sociali più povere vivevano in condizioni inumane, senza igiene, senza servizi, in ambienti malsani, intorno a fabbriche che ammorbavano l’aria con le loro ciminiere che scaricavano il fumo della combustione del carbon coke che muoveva i preziosi ingranaggi delle macchine industriali. Le famiglie degli operai sono letteralmente ammassate in miserabili edifici, noti col nome di slums. Ma c’era anche un altro problema: quello dei ritmi di lavoro impossibili (sino a 14 ore al giorno).

Le condizioni abitative degli operai sono descritte in maniera efficacissima da L. Mumford, uno dei più grandi sociologi dell’inurbamento: “In Inghilterra, per cominciare, migliaia di queste nuove abitazioni operaie, in città come Birmingham e Bradford, erano costruite una addosso all’altra (ne esistono ancora molte). A ogni piano dunque, due stanze su quattro non ricevevano direttamente la luce del sole e non erano per niente ventilate. Non esistevano spazi aperti se non uno stretto corridoio tra il retro di una casa e quello della casa accanto. Mentre nel Cinquecento in molte città inglesi il gettare l’immondizia per strada era considerato un reato, in questi centri proto-industriali era questo il metodo abituale per sbarazzarsene. Essa poi rimaneva lì, per quanto sporca e ripugnante potesse essere, “finché l’accumulazione non induceva qualcuno a portarsela via come letame”, materia questa che certo non mancava negli affollati quartieri nuovi della città. Le latrine indescrivibilmente fetide, erano di solito in cantina, era anche usanza comune tenere porcili sotto le case e i maiali ripresero ad aggirarsi per le strade, come nelle grandi città non facevano più da secoli. C’era persino una spaventosa scarsità di gabinetti: in un quartiere di Manchester, nel 1843-44, ai bisogni di oltre settemila abitanti provvedevano complessivamente 33 cessi, cioè uno ogni 212 persone.

La forzata convivenza con topi e pidocchi era causa di epidemie di peste bubbonica e tifo petecchiale. L’umidità onnipresente, ed ideale per i batteri, rendevano facilissimi i contagi epidemici. Mancava persino l’acqua, e spesso i poveri erano costretti ad andarla a mendicare nei quartieri ‘bene’.

La morale borghese dell’epoca era profondamente permeata dalla filosofia positivista, fondata a sua volta sugli indiscutibili progressi delle scienze, in particolare fisiche e biologiche, avvenuti nella seconda metà dell’Ottocento. Propugnava quindi un grande ottimismo nella possibilità che le scienze avrebbero potuto non solo produrre una evoluzione positiva della società tutta, ma anche in qualche modo dirigerla e controllarla. Inoltre, la teoria dell’evoluzionismo di Charles Darwin consentiva ulteriori elaborazioni: così come avveniva in natura, anche nella società umana esistevano individui (e classi sociali) forti e ben adattate e individui (e classi sociali) deboli e maladattate. Era una legge naturale. Anzi, si poteva aggiungere che per una società migliore sarebbe stato indispensabile che le classi sociali meno adattate scomparissero (e non è affatto un caso che fu proprio quello che tentarono di fare, di lì a mezzo secolo, gli psichiatri nazisti). Bisognava lasciare svolgere alla natura la propria funzione, e agli scienziati il proprio lavoro, quello stesso lavoro che consentiva una conoscenza sempre più approfondita delle leggi di natura che, a loro volta, avrebbero consentito di orientare storia e sviluppi sociali. Era un paradigma semplice e diffuso, ma non senza critici, come il marxismo e i movimenti che lo precedettero o seguirono. Espressioni ormai celebri come quella del filosofo Feuerbach, che “l’uomo è ciò che mangia”, o che in un palazzo si pensa sempre meglio che in una capanna non facevano che riassumere evidenze poi di fronte agli occhi di tutti. I socialisti ‘utopisti’ furono i primi a lanciare grida d’allarme su una situazione di deterioramento sociale incredibilmente sottovalutata e che era più tollerabile. Ed insieme a loro, come abbiamo visto, scrittori e intellettuali denunziarono con tutta la forza della loro creatività, i guasti di un sistema sociale ingiusto ed inumano. Sulla scia, poi, del pensiero di Karl Marx e Friedrich Engels, il concetto di salute mentale individuale e di responsabilità sociale nel suo mantenimento divenne oggetto di una intensa politicizzazione. Negli anni ‘60 e soprattutto settanta del secolo scorso vi furono autori che identificarono il disagio sociale e le condizioni di alienazione delle classi subalterne come fattori di natura eziologica, assunto dal quale ovviamente derivava che l’unica terapia possibile per i disturbi psichici, e l’unica strategia per il mantenimento della salute mentale era la bonifica sociale. Pensatori come Marcuse, o Fromm, o Cooper o Laing asserirono spregiudicatamente che la salute mentale era salute sociale, in quanto disagio e malattia psichica esistevano anche come prodotto dell’alienazione delle classi sociali prodotta da un sistema economico brutale. Oggi non credo che la situazione sia migliore. Sono cambiati solo i tempi, le tecnologie, le strategie di sfruttamento del lavoro, che creano un disagio mentale strisciante, ancora più subdolo. Una delle più potenti terapie possibili sarebbe, ancora, pertanto, seguendo i pensatori che abbiamo citato, il cambiamento di questo sistema e della sua disumanità. Ma, l’attuazione di questa ‘rivoluzione’, non possiamo delegarla solo alle istituzioni: ciascuno di noi deve fare la sua piccola parte. L’oceano, in fondo, è fatto di piccole gocce…

Giovanni Iannuzzo

Castelbuono, Comune e ITS Madonie aprono le porte alla Camera di Commercio Italiana a Dubai

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Si è tenuto presso la Sala Consiliare del Comune di Castelbuono, l’evento “ITS Madonie incontra le imprese: nuove sinergie con la Camera di Commercio Italiana a Dubai”, promosso dalla Fondazione ITS Academy JobsFactory Madonie e dal Comune di Castelbuono. Un appuntamento che ha visto la partecipazione di una nutrita rappresentanza del tessuto imprenditoriale delle Madonie, con l’obiettivo di creare nuove opportunità di crescita sui mercati internazionali, in particolare negli Emirati Arabi Uniti.

L’iniziativa nasce dalla volontà di mettere in connessione la missione formativa dell’ITS Madonie — istituto di eccellenza post-diploma — con le esigenze reali del mondo produttivo siciliano, soprattutto nei settori dell’agroalimentare e del turismo. L’istituto si distingue per la proposta di percorsi altamente professionalizzanti incentrati sul marketing, la promozione del territorio e la valorizzazione delle produzioni locali, con una forte attenzione a sostenibilità, innovazione e internazionalizzazione.

A sostenere e facilitare l’organizzazione dell’evento è stato il sindaco di Castelbuono, Mario Cicero,  che nel suo intervento introduttivo ha lodato l’iniziativa, sottolineando l’importanza di accompagnare le imprese locali in percorsi di apertura verso nuovi mercati, come già avvenuto per alcune realtà imprenditoriali del territorio attive negli Emirati.

Il momento centrale dell’incontro è stato l’avvio di un’importante interlocuzione con la Camera di Commercio Italiana negli Emirati Arabi Uniti, finalizzata alla sottoscrizione di una convenzione con la Fondazione ITS Madonie. Un accordo che punta a facilitare l’accesso delle imprese siciliane ai mercati esteri, offrendo supporto concreto per l’ingresso in un’area considerata oggi uno dei poli economici più dinamici e strategici a livello globale.

Il presidente della Fondazione ITS Academy JobsFactory Madonie, Giosuè D’Asta, ha illustrato le potenzialità dell’istituto, ribadendo l’importanza di creare una rete forte tra formazione e impresa per affrontare le sfide dell’internazionalizzazione. D’Asta ha evidenziato come le aziende locali debbano rafforzare la propria competitività anche attraverso percorsi formativi innovativi e progetti condivisi. Luigi Falanga, membro del Consiglio di Amministrazione della Camera di Commercio Italiana Araba, ha portato il saluto istituzionale e ribadito l’interesse concreto del sistema emiratino verso le eccellenze produttive siciliane, in particolare nel settore agroalimentare di qualità. Ha inoltre mostrato tutti gli elementi economici, sociali e culturali degli Emirati, soffermandosi anche sullo scenario geo-politico e sulle opportunità che possono scaturire da questo opportunità. Mario Francesco Milia, certified advisor della Camera di Commercio Italiana a Dubai, ha invece approfondito gli aspetti normativi e procedurali per avviare attività commerciali negli Emirati, illustrando le principali opportunità e criticità che le imprese devono affrontare per inserirsi con successo in questo contesto economico in forte crescita. Significativo anche l’intervento del giornalista Mario Liberto, direttore della testata Sicilia Agricoltura, che ha sottolineato come i cambiamenti nello scenario geopolitico e commerciale mondiale — anche alla luce delle politiche protezionistiche statunitensi — rendano necessario esplorare nuovi mercati, con particolare attenzione a quelli emergenti e ad alto potenziale, come quello del Golfo.

La giornata si è conclusa con un vivace dibattito tra i presenti e i rappresentanti della Camera di Commercio e l’ITS Madonie, durante il quale sono state affrontate numerose domande da parte degli imprenditori locali desiderosi di approfondire modalità e strumenti per affacciarsi con successo sui mercati esteri.

A chiusura dell’incontro, il sindaco Mario Cicero e il presidente Giosuè D’Asta hanno annunciato l’apertura di uno sportello informativo dedicato alle imprese, che sorgerà in via Garibaldi 67, a Castelbuono. Lo sportello sarà un punto di riferimento per tutte le realtà imprenditoriali del territorio interessate ad avviare o consolidare rapporti commerciali con gli Emirati Arabi Uniti, offrendo consulenza, supporto e accompagnamento in tutte le fasi del processo di internazionalizzazione.

Il convegno ha gettato le basi per future collaborazioni e ha rafforzato l’impegno di tutti gli attori coinvolti nel costruire un sistema formativo sempre più rispondente alle esigenze del mercato e capace di generare occupazione di qualità per i giovani.

Caccamo, è morto il medico pediatra Domenico Porretta

E’ morto il dott. Domenico Porretta, stimatissimo medico pediatra, che per decenni ha svolto la sua professione con straordinaria competenza, dedizione e umanità. Oltre all’attività professionale, il dott. Porretta è stato impegnato nella vita pubblica e politica del territorio, ricoprendo negli anni numerosi incarichi istituzionali: Consigliere e Presidente del Consiglio Comunale di Caccamo; Consigliere e Assessore della Provincia Regionale di Palermo, Vicario del Presidente del Consiglio Provinciale; Componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Giglio di Cefalù.

“Apprendiamo con immenso dolore – scrive nella pagina facebook del Comune il sindaco Franco Fiore – della scomparsa di un illustre cittadino e autorevole Figlio della nostra Comunità. Sempre disponibile, a tutte le ore del giorno e della notte, e spesso ben oltre i confini comunali, ha offerto le sue cure in modo gratuito, incarnando i valori più alti del servizio alla comunità e della solidarietà. Ci lascia un uomo affabile e cordiale, un esempio di dedizione alla famiglia, alla comunità e alle istituzioni.

In segno di profondo rispetto e riconoscenza, in occasione delle esequie sarà proclamato il lutto cittadino per la durata della cerimonia funebre. A nome mio personale, dell’Amministrazione Comunale, del Presidente del Consiglio, dei Consiglieri comunali e della cittadinanza tutta, esprimo profondo cordoglio e vicinanza alla famiglia del Dottor Domenico Porretta in questo momento di dolore. Caccamo non dimenticherà mai il suo impegno, la sua generosità e la sua grande umanità.

I funerali di Domenico Porretta si terranno sabato 19 luglio, alle ore 18.00, presso la Chiesa della Santissima Annunziata di Caccamo.

Via libera alla stabilizzazione degli ultimi 450 lavoratori ex Pip: Regione chiude la pagina del precariato storico

Con l’approvazione definitiva del piano assunzioni 2025 da parte dell’assemblea dei soci della Sas, si conclude oggi un capitolo lungo oltre vent’anni. La Regione Siciliana dà il via libera alla stabilizzazione degli ultimi 450 lavoratori del bacino “Emergenza Palermo”, ponendo fine a una delle più durature vertenze occupazionali della storia dell’Isola.

La decisione di oggi segue la delibera della giunta regionale dello scorso maggio che ha consentito alla Sas di completare l’assunzione di circa 2.000 lavoratori ex Pip, già avviata lo scorso anno con l’inserimento di 1.427 unità, adeguando così l’organico alle nuove esigenze organizzative della società. I lavoratori saranno destinati sia agli uffici e ai dipartimenti della Regione sia al settore sanitario.

Gli uffici della società partecipata avvieranno da mercoledì prossimo (23 luglio) le procedure propedeutiche alle assunzioni che, come previsto dalle norme, verranno ratificate attraverso la firma dei contratti soltanto dopo l’approvazione del documento finanziario consuntivo della Regione Siciliana.

«Con questo atto – dichiara il presidente della Regione, Renato Schifani – si completa un percorso voluto e portato avanti con determinazione dal mio governo. Abbiamo chiuso per sempre la pagina del precariato storico, dando finalmente dignità, certezze e futuro a centinaia di famiglie siciliane. La nostra azione è stata improntata a criteri di responsabilità, programmazione e sostenibilità».

«Oggi – dice Mauro Pantò, presidente di Sas – possiamo finalmente dire di essere giunti al traguardo. Con la richiesta ai lavoratori dei documenti necessari per le ultime assunzioni comincia, infatti, il conto alla rovescia. Un risultato inimmaginabile dopo 24 anni di emergenza e precariato e che va innanzitutto ascritto alla volontà del presidente Schifani e della sua Giunta».

Al Palazzo Pucci Martinez di Petralia Sottana si presenta il progetto “Maroneum”

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Si terrà il prossimo 22 luglio, a partire dalle ore 11,00, la presentazione del progetto “Maroneum” al Palazzo Pucci Martinez di Petralia Sottana, sede dell’Ente Parco delle Madonie.
Nell’ambito del protocollo d’intesa già sottoscritto tra l’Ente Parco e l’associazione socio culturale Fenice di Caltanissetta si darà il via a una serie di iniziative che saranno presentate dal commissario straordinario del Parco Salvatore Caltagirone e dal presidente dell’Associazione Giovanni Di Lorenzo.
L’evento avrà lo scopo di far conoscere tutte le attività innovative e di promozione del territorio oltre a essere un momento di incontro conoscitivo e informativo. La comunicazione e la divulgazione metodica avranno un ruolo determinante nel progetto.
Si avvicenderanno le ‘voci’ di professionisti conosciuti nel mondo scientifico che daranno vita a un momento unico sul territorio. L’incontro sarà caratterizzato anche dalla presentazione del trailer del docufilm “Maroneum: la quinta stagione”, che sarà possibile vedere sui canali social dell’ente Parco, realizzato dal chirurgo madonita e referente della macro area sud Sicilia Calabria di Montagnaterapia (SIMonT) oltre che socio dell’Associazione Nazionale Fotografi Naturalisti d’Italia (AFNI) Giovanni Di Lorenzo, da sempre impegnato nella divulgazione con immagini e short documentary che raccontano la bellezze del territorio Italiano, con un ‘occhio’ particolare su quello Siciliano e, soprattutto, del Parco delle Madonie.
Al tavolo della presentazione, anche,  Peppuccio Bonomo, dirigente del Parco delle Madonie; Francesco Toscano,  biologo naturalista; Giuseppe Di Miceli, presidente Comitato tecnico scientifico dell’ Ente Parco delle Madonie. Modererà la giornalista Sonia Giugno.