Lascari, saggio teatrale offerto dall’Associazione Polis

0
252

Lo scorso fine settimana l’Associazione Polis ha offerto al pubblico un saggio teatrale, di grande intensità, diretto dal regista Romano Bosich che ha saputo orchestrare con misura e sensibilità un intreccio di voci, corpi e linguaggi scenici.

Dieci  interpreti si sono avvicendati sullo spazio scenico, dando vita a una serie di monologhi, duetti e quadri d’insieme che hanno mostrato la varietà e la ricchezza del linguaggio teatrale, in un percorso che ha spaziato dal grottesco al lirico, dal comico al drammatico.

A introdurre e collegare i diversi momenti è stato il presidente dell’Associazione, Salvatore Cesare che ha sfoderato una  verve tipica del teatro di rivista degli anni ruggenti e, a tratti, la giullarata civile di Dario Fo. Il suo ruolo di trait d’union ha donato continuità e ritmo alla rappresentazione, trasformando la serata in un vero rito collettivo  in cui l’attore e lo spettatore condividono “la verità del momento presente”.

Tra i momenti più vivaci, un duetto, interpretato da Francesco Mattina e Teresa Castiglia: un brano solo apparentemente scanzonato, che si è rivelato, invece, un’amara parabola sull’incomunicabilità, un piccolo apologo contemporaneo sul rischio di perdere il linguaggio del cuore.

Di pregiata abilità Gabriella Grasso nel monologo “Folle”: una prova viscerale, istintiva, in cui dolore e fierezza si sono intrecciati in un canto di resistenza femminile. La sua interpretazione ha ricordato il “teatro dell’anima” di Anna Magnani, dove la fragilità si trasforma in potenza espressiva.

D’intensa emozione il brano poetico di Carlo Rao declamato da Rosa Ilardo, la cui voce, cristallina e ferma, ha saputo evocare il rumore delle onde, la purezza dell’acqua ed il suo intonso respiro, restituendo alla parola la sua ancestrale forza salvifica.

Antonio Cesare, con la sua vivida e misurata interpretazione, ha dato prova di notevole padronanza scenica nel testo “La ragazza” di Francesco Chianese, un viaggio onirico in bilico tra desiderio e nostalgia, un percorso introspettivo che ha richiamato alla memoria le suggestioni poetiche di felliniana memoria.

Non meno brillante è stata Lucia Agosta, che ha stupito e divertito il pubblico con un virtuosistico brano di Achille Campanile, scrittore celebre per il suo umorismo surreale, dimostrando che la padronanza della parola può essere gioco ed arte insieme.

Deliziosa, Giusi Barbera nei panni di una dama del seicento che ha offerto una ricetta culinaria, composta con ironia letteraria dal regista Bosich e declamata con tale grazia ed eleganza gestuale da trasformarla in un piccolo gioiello barocco: la teatralità che diventa sublime leggerezza.

Pietro Scavuzzo è stato una vera rivelazione: con naturalezza e versatilità ha attraversato registri differenti, dal bambino curioso e inquieto all’ambizioso avvocato, che in perenne lotta tra il bene ed il male, vende la sua anima al diavolo: una prova d’attore sorprendente ma soprattutto convincente.

E per finire, Giusi Schittino, già nota per la sua sensibilità ed abilità recitativa, che ha trasformato con il suo innato talento,  la celebre canzone di Adriano Celentano – L’emozione non ha voce –  in un poema recitato, restituendole la dignità del verso e la profondità di un testo esistenziale.

Il risultato è stato uno spettacolo corale e autentico, in cui ogni interprete ha offerto la propria verità, lontano da manierismi o artifici.

La scelta di portare in scena un lavoro così articolato all’interno di uno spazio associativo rappresenta un atto culturale di grande valore: una scelta significativa sotto il profilo culturale e sociale, un  inno al potere generativo delle relazioni umane e dell’associazionismo ed alla forza inesauribile della parola.

Le due serate hanno registrato un pubblico numeroso e partecipe che ha accolto con calore e convinto apprezzamento ogni esibizione, tributando agli interpreti lunghi applausi e confermando il pieno successo del saggio teatrale firmato Polis e diretto con sensibilità e maestria da Romano Bosich.

Giuseppe Schittino