Montemaggiore Belsito, Mons. Raffaele Arrigo e la principessa Francesca Termine: un patto d’amore per Montemaggiore

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Nelle pieghe della storia locale esistono vicende silenziose, capaci però di generare cambiamenti profondi e destinati a durare nel tempo. La vita di Mons. Raffaele Arrigo, nato a Montemaggiore Belsito nella notte di Natale del 1873 e morto nel novembre del 1945, è una di queste. Ma accanto al suo nome, indissolubilmente, si affianca quello della principessa Francesca Termine, appartenente a una delle più antiche famiglie aristocratiche di Sicilia e figura di grande intelligenza, sensibilità e impegno civile.

Nel ricordo dell’ottantesimo anniversario della morte di Arrigo, il loro legame merita di essere raccontato come storia esemplare di vocazione, fiducia e amore per la comunità. Raffaele Arrigo nacque in una casa modesta, figlio di artigiani, in quella notte in cui la cristianità celebra la venuta della luce nel mondo. Per lui, la luce della vocazione fu precoce e tenace. Ancora adolescente decise di orientare la propria vita al sacerdozio, sostenuto da una fede profonda e da una naturale inclinazione al servizio delle persone.

Gli studi lo condussero a Roma, dove completò la formazione teologica laureandosi nel 1901. Ed è qui che la sua vita si intrecciò con una figura destinata a segnare il futuro della comunità montemaggiorese.

Nata a Palermo il 4 novembre 1842, Francesca Termine apparteneva a un lignaggio antico: i Termine, principi di Baucina e marchesi di Montemaggiore con Biscardo. Educata tra libri, musica, lingue straniere e relazioni diplomatiche, visse nella Palermo ottocentesca dei salotti culturali, delle grandi trasformazioni politiche post-unitarie e delle iniziative di beneficenza sostenute dalla corte di Margherita di Savoia, di cui fu dama di palazzo. Intelligente, elegante, attenta ai bisogni della società, Francesca fu una donna capace di coniugare la tradizione aristocratica con una sensibilità moderna e umanitaria. Promosse scuole, istituti per i poveri, opere educative. Visitava gli enti assistiti di persona, offrendo aiuti e ascolto.

Fu proprio questa inclinazione al sostegno dei giovani meritevoli che la portò a riconoscere, nel giovane Arrigo, un talento spirituale da accompagnare.

Durante gli anni romani di Raffaele, la principessa Termine divenne non solo la sua sostenitrice economica, ma una vera mentore. Ne incoraggiò la formazione, lo seguì con affetto, lo sostenne nella vita universitaria.

Pose però una sola condizione: una volta sacerdote, Raffaele sarebbe dovuto tornare a Montemaggiore Belsito per servire la sua comunità.

Non era un’imposizione nobile, né un interesse personale. Era la scelta di una donna che amava profondamente le proprie radici e desiderava affidare il futuro spirituale e sociale del paese a un giovane che riteneva capace di trasformarlo.

Arrigo accettò quella promessa con convinzione, e vi rimase fedele per tutta la vita.

Ordinato sacerdote il 13 giugno 1897, Arrigo tornò a Montemaggiore Belsito diventando presto il braccio destro dell’anziano parroco. Fondò associazioni mariane, gruppi giovanili, l’Azione Cattolica di Montemaggiore Belsito: maschili e femminili, e iniziative per le famiglie, ispirate alla formazione nella fede e nell’educazione.

Fu però anche un innovatore: restaurò chiese, tra cui la chiesa Madre di Sant’Agata, elevata al rango di basilica dal Venerabile Mercurio M. Teresi nel 1802; favorì l’arrivo dell’elettricità, dell’acqua potabile, delle prime automobili (creando la S.A.M.: Società Automobilistica Montemaggiorese, l’8 marzo 1921 finanziata con quote azionarie) e del primo torpedone a Montemaggiore Belsito; sognò e avviò la realizzazione di una grande casa per ragazzi, un istituto educativo moderno e accogliente.

Il sacerdote sembrava incarnare precisamente ciò che la principessa Termine aveva intuito in lui: una guida capace di unire spiritualità e progresso.

La modernità portata da Arrigo incontrò però resistenze e calunnie. Il progetto dell’istituto educativo, da realizzare nel palazzo principesco, fu ostacolato da tensioni locali. Per difendere la pace della comunità, Arrigo scelse il silenzio e sospese momentaneamente l’iniziativa.

Nel 1926, animato dalla speranza, partì per gli Stati Uniti per cercare fondi tra gli emigrati siciliani. Tornò con risorse sufficienti, ma le difficoltà del dopoguerra e della Seconda Guerra Mondiale resero tutto più complesso.

Decise allora di affidare l’opera alle Suore Maestre Pie Filippini, garantendo che il sogno cresciuto dal patto con la principessa non si perdesse.

Mons. Raffaele Arrigo morì il 18 novembre 1945.
Pochi giorni prima, il suo istituto aveva finalmente aperto le porte ai giovani di Montemaggiore: una coincidenza che molti lessero come un dono della Provvidenza.

Nel 1971 le sue spoglie furono traslate nella cappella dell’istituto, tra i ragazzi che lui aveva tanto amato.

Oggi il suo nome vive in: nell’Istituto Comprensivo Mons. Raffaele Arrigo, in Via Mons. Raffaele Arrigo e soprattutto nella memoria di una comunità che lo riconosce come padre e costruttore di futuro.

Francesca Termine, morta il 12 febbraio 1900, non vide il compimento del progetto che aveva ispirato. Eppure, senza il suo gesto iniziale, senza la fiducia accordata a quel giovane sacerdote e senza quel patto fondato sull’amore per Montemaggiore, la storia di Arrigo sarebbe stata diversa.

La sua figura rimane quella di: una aristocratica moderna, una dama colta e sensibile, una benefattrice silenziosa, una testimone del passaggio tra Ottocento e Novecento,
che seppe usare la propria posizione non per affermare potere, ma per generare bene.

Nell’intreccio delle loro vite si legge una verità semplice e preziosa: una comunità cresce quando il talento di un giovane incontra la fiducia di un adulto capace di vedere lontano.

Raffaele Arrigo e Francesca Termine, pur appartenendo a mondi diversi, condividevano lo stesso amore per Montemaggiore Belsito e lo stesso desiderio di farne un luogo di crescita, spirituale e civile.

Oggi, nell’anniversario della morte del sacerdote, ricordare entrambi significa riscoprire le radici di un’opera che continua a dare frutto e la storia di una relazione che fu, davvero, un dono per un intero paese.

Santi Licata

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