Cronaca di una seduta medianica: una esperienza al “Cerchio Firenze 77”

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Sono abituato, ormai da decenni a discutere ed argomentare su temi che riguardano i cosiddetti fenomeni paranormali. E’ ovvio che, nel discutere di argomenti tanto problematici dal punto di vista scientifico, tento sempre di attenermi alla massima cautela scientifica. E quando mi viene chiesto se io abbia assistito a fenomeni particolarmente eclatanti, quando cioè mi viene chiesto di mie personali esperienze, divengo ancora più cauto. Ma in una occasione almeno ho dovuto confrontarmi con qualcosa di veramente sorprendente.

Negli anni ’80 del secolo scorso, un gruppo di studiosi fiorentini divenne famoso in Italia per la produzione di fenomeni medianici imponenti, che riguardavano sia comunicazioni di altissimo livello intellettuale, sia fenomeni fisici impressionanti, in particolare la materializzazione fra le mani del medium di oggetti più o meno preziosi. Il gruppo, che si era auto-denominato “Cerchio Firenze 77”, non era aperto al pubblico, non cercava proseliti, non aveva alcuna struttura associativa. Si dedicava a queste pratiche in modo assolutamente privato, con grande riservatezza e serietà. Venne alla ribalta della pubblicistica sul paranormale, per i resoconti pubblicati al riguardo da studiosi che erano riusciti ad ottenere un invito per partecipare alle sedute. La selettività negli inviti era una regola assoluta: niente personaggi in cerca di un facile scoop, niente ricerca di pubblicità. Spesso si trattava di personaggi del mondo artistico (alle sedute sembra abbia partecipato pure Federico Fellini) o di studiosi di grande rispettabilità in vari campi scientifici. Insomma, partecipare alle sedute medianiche del “Cerchio” non era per nulla facile, vista la serietà delle persone che ne facevano parte e la loro grande riservatezza.

Di notevole interesse erano anche stati gli articoli che, da tempo, venivano pubblicati da Cerchio e sul Cerchio su noti periodici «popolari» di argomento parapsicologico, e alcuni volumi che avevano avuto un grande successo nell’ambiente spiritualista. In quegli anni io mi occupavo intensamente di ricerche sul paranormale. Nonostante la giovane età, ero già abbastanza noto per il mio atteggiamento rigoroso, e il mio sostanziale scetticismo nei confronti delle pratiche spiritiche, verso le quali avevo sempre avuto comunque un grande rispetto. Forse fu per queste caratteristiche personali che la mia richiesta di partecipare ad una seduta del Cerchio, che feci quasi timidamente al direttore di una storica rivista spiritualista con la quale collaboravo da tempo, venne subito accolta. E così, in occasione della mia partecipazione ad un congresso sulla sopravvivenza ad Arezzo, sabato 29 ottobre 19.. io e un ristrettissimo gruppo di persone che erano molto vicine alle attività del ‘Cerchio’, partimmo per Firenze, dove arrivammo verso le 21, recandoci poi all’indirizzo dove si sarebbe tenuta la seduta.

Nella mattinata avevo conosciuto, al Congresso, Luciana Campani, la sorella del medium e, da anni, l’addetta alle «public relations» del Cerchio. Era stata proprio una sua serie di articoli sulla rivista «Gli Arcani», che, anni prima, aveva fatto conoscere al grosso pubblico le mirabilie del circolo medianico fiorentino. Fu lei ad accoglierci: cortesissima, simpatica, un modo di fare accattivante. Mi dice, quasi timidamente, che non è detto che durante la seduta si verificherà qualcosa. Rispondo che va bene lo stesso.

L’ambiente è raffinato, semplice ed elegante, vi si respira un’aria di ospitalità. Non ha nulla di oscuro o di occulto. È anzi luminoso, cordiale. L’appartamento è arredato con gusto; sono già presenti molte persone tutte più o meno vicine all’attività del Cerchio. Qualcuna la conosco, di persona o di fama. La stanza dove si terrà la seduta non è tappezzata da tende austere, né vi è qualche altra caratteristica abitualmente collegata al medianismo d’altri tempi. In una poltrona collocata pressappoco al centro d’un salottino raccolto c’è Roberto, il medium. È cortese anch’egli, ha una espressione tranquilla, intelligente. È comunicativo, ed ha, soprattutto, una espressione onesta. No, non somiglia per niente ad una di quelle figure a metà tra il baraccone e il ciarlatanesco che affollano le cronache spiritiche, da Kardec in poi. Non sembra anzi nemmeno un medium. Dopo alcuni minuti di conversazione, vedo Roberto che si toglie il maglione, restando in camicia. Fissa un piccolo microfono alla stessa. Ci avverte che non sempre le sedute hanno risultati eclatanti, quei risultati che hanno reso famoso il Cerchio e che tutti si aspettano. Non aspettatevi niente, suggerisce, io coi risultati non c’entro. Poi, improvviso, il buio. Un buio che ha quasi una sua densità materiale, che è palpabile, fisico. È quasi una forma della materia, non è buio abituale; restiamo immersi in questo buio per pochissimo tempo, prima che una voce, che proviene da Roberto, ma non è quella di Roberto, ci saluti tutti.

«Buonasera, cari, buonasera». È François, una delle entità che si presentano, da qualche tempo abitualmente. Non è uno dei Maestri spirituali che intervengono alle sedute, ma, mi dicono, una delle entità che fungono da intermediari tra essi e i partecipanti alle sedute stesse. Rispondono alle domande sollevate dalle grosse questioni filosofiche affrontate dai Maestri, spiegano, ammaestrano. Ed è proprio con un invito a porgere domande, che François si presenta. Ma chi è, o chi dovrebbe essere, François? Sono nuovo a questo circolo, non so tutti i particolari. Me lo spiegano. François è l’entità del medico di Napoleone Bonaparte. È, naturalmente, francese. È una sorta di «esercitatore» delle entità più elevate. Ha fornito, mi dicono, notizie concrete per la sua «identificazione spiritica».

Le comunicazioni medianiche si succedevano, una dietro l’altra, senza sosta. Le risposte alle domande assumevano quasi sempre la forma di messaggi completi, articolati, esaurienti, che discutevano di problemi dell’essere, dell’esistenza. Spesso i temi che venivano trattati sfioravano argomenti direi classici, relativi a fatti etici, morali, spirituali che emergevano dalle domande e venivano poi sviluppati dalla eloquenza di François. Era questo l’unico fatto che mi stupiva: il fatto che, qualunque domanda gli si facesse, Roberto/ François parlasse fluentemente, senza la minima esitazione, con dotta competenza. Dava ogni risposta con precisione e con dovizia di consigli, suggerimenti, competenza. “Ma chi è in grado di dimostrarmi, pensavo, che una simile fluenza dell’eloquio non indichi particolari capacità nel medium, e nient’altro?”.

François salutò i presenti, cortesemente, così come si era presentato. Pensai che la seduta fosse ormai finita, e, con un po’ di delusione, pensavo a tutto quello che era stato scritto e detto del e sul Cerchio Firenze. Eravamo di nuovo nel buio più assoluto, e al buio si aggiungeva un silenzio che sembrava talvolta non lasciare trasparire nemmeno la presenza degli astanti. Buio e silenzio. Poi, la luce. Inizialmente era solo un barlume verdastro, fosforico, che si originò approssimativamente dalla parte della stanza dove si trovava Roberto, il medium. Poi il barlume aumentò, divenendo un fioco chiarore che andava espandendosi progressivamente, sino a divenire una luminosità verde, che permetteva di intravedere le mani del medium distintamente. Era una luminosità fumosa, e sembrava anzi che dalle mani di Roberto, illuminate di verde, si originassero delle ampie volute di fumo che inondavano la stanza. Le volute si sprigionavano continuamente, senza alcuna interruzione. Intanto una nuova entità, «Michel», la guida fisica, quella che produce questi particolari fenomeni, aveva iniziato a parlare. Io mi ero inginocchiato di fronte al medium, in modo tale da poter osservare con precisione cosa stava accadendo. Vidi che una zona di quella luminosità, quella più interna alle mani del medium, sembrava diventare più intensamente colorata, acquisendo quasi una struttura. Dopo qualche istante, questa struttura divenne chiara: era come un segmento di una sostanza elastica, lungo approssimativamente dieci centimetri, dal quale si irradiava una luce ancora più forte. Ricordava in qualche modo una listarella di chewing-gum, per la sua pieghevolezza, la capacità di adattarsi al modellamento che il medium operava su di essa. Dal segmento di sostanza sembravano sprizzare di tanto in tanto delle scintille, ed era possibile notare, con chiarezza, dei filamenti luminosi che si dipartivano dal segmento, quasi sottilissimi tentacoli di consistenza gelatinosa, che si distaccavano da esso e poi si ritraevano, pulsanti.

Toccai questo segmento di materia: era elastico, di consistenza quasi modellabile. Io stavo a guardare, ad una distanza di pochi centimetri quello che accadeva. Gradualmente il segmento di materia sembrava assumere una forma più definita, sottile, meno plastica. Poi, improvvisamente, l’oggetto divenne definito: una spilla, che Roberto/Michel disse doveva consegnare ad uno dei «nuovi » e, siccome di persone nuove quella sera eravamo quattro, scelse per essere cortese, di consegnarlo ad una ragazza del gruppo. Il fenomeno durò, in totale, pochi minuti, ma la luminosità, che si irradiava dalle mani del medium e saliva fumosa sino al soffitto, continuò. Io presi una mano del medium, dalla quale continuava a sprigionarsi luce e fumo. Improvvisamente Roberto/Michel diede l’ordine di accendere la luce; qualcuno, vicino all’interruttore, lo premette e la luce illuminò per pochi secondi la stanza: luminosità e fumo erano scomparsi. Spenta la luce tornarono, con la stessa intensità di prima. L’esperimento fu, poi, ripetuto ancora: fu riaccesa la luce, con conseguente scomparsa di luce e fumo. Spente le lampadine, tutto tornò come prima. La Guida fisica faceva, naturalmente, i suoi commenti, dicendo ironicamente qualcosa sulla possibilità che fosse un trucco.

Io avevo tenuto la mano di Roberto per tutta la durata dell’esperimento, ed ero stupito soprattutto dal fumo. Quando la luce veniva accesa si vedeva distintamente Roberto con la testa piegata sul tronco e il volto nascosto, e le braccia e le mani tese in avanti. Nessuna traccia di luce o fumo. Quando la luce veniva spenta, immediatamente ricompariva la luminosità “fosforica” e le gigantesche volute di fumo che sembravano avvolgere tutti i presenti in una nebbia verdastra. Dopo l’esperimento della luce, si presentò un’altra entità, stavolta femminile. Era, mi dicono, l’entità purissima di Madre Teresa d’Avila. La voce, profondamente diversa, almeno apparentemente, da quella di Roberto e di François, pronunciò parole affettuose. Infine impartì a tutti la sua benedizione e, in quel momento, delle folate di un intenso profumo scaturirono dalle mani del medium. Fu un’esperienza direi straordinaria: questo profumo sembrava sprigionarsi a folate e, stranamente fu quello il momento nel quale mi trovai più «coinvolto» dalla seduta, ad un livello interiore profondo. Non c’era alcunché da osservare, c’era solo da percepire questo torrente di sensazioni olfattive. Poi fu riaccesa la luce. La seduta era durata circa un’ora. La prima sensazione fu di disagio. Dopo essere stati immersi in quel buio, ritrovarsi in un ambiente illuminato faceva un effetto strano. Il profumo era ancora disperso nella stanza, assai meno intenso di pochi istanti prima, ma c’era. Roberto si svegliava lentamente. Discutemmo brevemente, noi partecipanti, della seduta e dei fenomeni che nel corso di essa si erano prodotti. Roberto sembrava estraneo alla discussione. Quando lo ringraziai mi rispose sorridendo che non dovevo ringraziarlo di nulla, perché, aggiunse, lui aveva solo «dormito un po’».

Manifestazioni come quelle del Cerchio inducono certamente a porsi molte più domande di quante risposte possano indicare. Suggeriscono, però, che nella realtà, nel mondo, nella natura nella sua accezione più ampia, esistono livelli di esistenza diversi. Se tali livelli esistano o meno è argomento che non possiamo discutere in questo scritto e che, forse, la scienza non potrà mai discutere in maniera accettabilmente esauriente. È un mistero, solo uno sguardo verso il lontano orizzonte della conoscenza.

Giovanni Iannuzzo

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