Frederich Jürgenson era un regista, scrittore, poeta svedese che, tra l’altro, aveva (e probabilmente ha tuttora) l’hobby della campagna. Di tanto in tanto, nei momenti di tempo libero, amava recarsi in mezzo alla natura, in una sua villa. Un’altra delle sue passioni era quella di registrare il canto degli uccelli. Anche in un fatidico pomeriggio degli anni Cinquanta si accinse a ciò, senza sapere che stava per essere protagonista di una strabiliante avventura. Jürgenson pose il registratore sul davanzale della finestra, lo avviò e stette ad aspettare. Dopo avere eseguito la registrazione, nel riascoltare il nastro si rese conto che c’era qualcosa che non andava per il verso giusto. Insieme al canto di un usignolo erano stati registrati misteriosamente frammenti di una conversazione sugli uccelli. Jürgenson, stupito, avviò una indagine sommaria e pensò di avere captato un frammento di trasmissione radio. L’ipotesi divenne presto priva di fondamento. Aveva captato ben altro: quelle voci avevano origine sconosciuta. Fu quello l’esordio della cosiddetta “psicofonia”.
Mentre Jürgenson era protagonista della sua strana avventura (l’episodio avvenne nel 1959), pressappoco negli stessi anni, altri avevano avuto notizia e sperimentato fenomeni simili. In effetti il tentativo di tentare di registrare le voci dei defunti era stato intenzionalmente tentato da un fotografo americano, grande appassionato di spiritismo, Attila Von Szalay che, nel 1941, aveva utilizzato un disco a 78 giri. Ma non ottenne alcun risultato. Passò quindi, nel 1956, a un registratore a bobine, convincendosi di avere conseguito qualche apparente risultato. Iniziò così a collaborare con Raymond Bayless, noto studiosi del paranormale, utilizzando un apparecchio costituito da un microfono collocato in un armadio isolato e collegato a un registratore esterno e ad un altoparlante. L’esperimento consisteva nel registrare eventuali suoni dall’interno dell’armadio nel tentare di registrare voci, o suoni, o qualsiasi altro rumore, in assenza di persone e quindi senza una attendibile origine fisica nota. Ottenne risultati suggestivi: riuscì a registrare messaggi che lui ritenne fossero voci di spiriti disincarnati. Sembrava cioè, che mediante il registratore, lasciando scorrere liberamente il nastro magnetico, fosse possibile registrare voci, conversazioni o frammenti di esse. La scoperta, per quanto interessante, lasciò lì per lì il tempo che aveva trovato.
Nel frattempo Konstantin Raudive, uno studioso lèttone (chi dice ingegnere, chi fisico, chi filosofo), si occupava a fondo del problema, trovando metodi di registrazione più efficaci. Invero, i primi sperimentatori del fenomeno erano convinti che mediante il registratore fosse possibile captare, per vie sconosciute, voci e conversazioni di defunti, attribuendo ad entità disincarnate gli strani messaggi che captavano. Fu l’inizio di una sorta di follia collettiva, probabilmente molto più diffusa del « morbo psichico » che sul finire del diciannovesimo secolo aveva contagiato coloro che si dedicavano con passione alle sedute medianiche.
Vennero fondati non solo gruppi di studio e di ricerca, ma anche coniate le più eterogenee definizioni: voci dall’aldilà o metafonìa, se si riteneva che queste voci provenissero davvero dall’aldilà; psicofonìa, se si riteneva che esse avessero origine umana. La definizione più ‘tecnica’ è quella di FVE, acronimo di “fenomeno delle voci elettroniche” (in inglese Electronic Voices Phenomena, EVP).
Se lo si considerasse un ‘fenomeno paranormale’ si dovrebbe ritenere che la mente umana possa imprimere voci sul nastro magnetico con la forza del pensiero anziché con la voce. Ma l’ipotesi che attraverso il registratore o le radio si possa entrare in contatto con i defunti, ascoltarne i messaggi e interloquire con loro è sempre stata più popolare ovviamente presso i cultori dello spiritismo.
Per comunicare con l’aldilà i cultori dello spiritismo tradizionale e originario si ponevano una volta attorno ad un tavolino a tre gambe: ora si mettevano accanto ad un registratore stereofonico o una radio sintonizzata sul ‘rumore bianco’, cioè su nessun canale specifico. Tra i ronzi, i fruscii e i rumori non intellegibili alcuni percepivano, più o meno distintamente delle voci talvolta confuse, ma altre volte riconosciute come appartenenti a persone defunte che sembravano volessero entrar in contatto col mondo dei viventi. Nacquero veri laboratori, dotati delle apparecchiature allora più sofisticate, e vennero pubblicati anche libri e riviste dedicate specificatamente a questo fenomeno. Il fenomeno, ovviamente, giunse presto agli onori delle cronache mediatiche; giornali, riviste popolari e rotocalchi, persino della stessa TV, contribuirono a creare intorno al presunto fenomeno un clima di messianica attenzione.
La verità è che gli studiosi più autorevoli e accreditati di fenomeni paranormali, l’élite della cosiddetta “parapsicologica accademica” ha dedicato a questo problema ben poca attenzione, come è dimostrato dal pochissimo spazio che è stato negli anni riservato al fenomeno sulle maggiori riviste specializzate.
Leggiamo, per esempio, quanto affermava J. Fraser Nicol, una delle più accorte e precise studiose di fenomeni paranormali: “Negli ultimi due decenni è stato riferito un fenomeno…: le “voci registrate” ossia voci che, a quanto si sostiene, sono udite fiocamente quando vengono fatti scorrere nastri magnetici non usati e ascoltati per mezzo di cuffie. Sembra che esse siano state udite per la prima volta da Raymond Bayless e da un collega a Los Angeles nel 1956. Ulteriori relazioni sono state pubblicate dallo svedese F. Jurgenson e dal defunto dott. K. Raudive, un lettone che viveva in Germania. Le affermazioni di Raudive sono state oggetto di molte critiche che talora sono giunte a una totale negazione, Una opinione frequentemente espressa è che le voci siano illusorie, false interpretazioni di disturbi atmosferici e di altri suoni senza senso”.
Lo stesso Piero Angela, ampiamente citato come l’autore della più devastante critica alla parapsicologia apparsa nel 1978 nostro paese, non menziona nemmeno il fenomeno.
I resoconti di queste esperienze comunque abbondano e sicuramente è impossibile pensare che chi riporta queste esperienze abbia problemi psichiatrici o sia un semplice millantatore. Esiste, allora una spiegazione scientifica?
Cominciamo con fare alcune considerazioni generali, derivanti dalle sperimentazioni fatte con spirito critico. Possiamo riassumerle in tre proposizioni:
- Nella stragrande maggioranza dei casi le voci ottenute con le radio o i registratori possono essere ricondotte ad errori metodologici. È risaputo anche dal profano quanto sia facile ricevere informazioni per via radio e per via elettromagnetica, senza che questo sembri avere una causa normale. In ogni caso è pur vero che alcune ricerche sono state compiute in condizioni tali da escludere la possibilità di un errore tanto banale.
- Quasi mai le registrazioni hanno la chiarezza necessaria per un giudizio inoppugnabile. Una prassi ottimale sarebbe il cosiddetto ‘giudizio alla cieca, che consisterebbe nel fare ascoltare le voci registrate ad un pubblico del tutto inconsapevole del contenuto della registrazione. Se tutti concordano su quanto è registrato, ciò significa che molto probabilmente la registrazione esiste effettivamente ed ha un significato chiaro. Ma questo tipo di giudizio alla cieca non è stato in genere utilizzato. Lo sperimentatore, prima di fare ascoltare il nastro, dice: tra poco ascolterete la tal parola; il pubblico, per un fattore psicologico ampiamente noto, è convinto di avere percepito la parola suggerita. Una procedura alla cieca non esiste in psicofonia e molto spesso una parola può essere interpretata da una giuria di cento persone in cento modi diversi. Ciò significa che un rumore indistinto e senza senso può assumere agli occhi (o agli orecchi) di chi è convinto dell’esistenza del fenomeno un significato specifico. Sono fenomeni molto noti in psicologia: vengono definiti “apofenia” (che consiste nel dare un preciso significato a ciò che è di per sé oggettivamente insignificante) e “pareidolia” (che consiste nell’interpretare dei suoni casuali come emessi da una voce che parla la propria lingua). Di fatto, non ho mai ascoltato di persona alcunché di chiaro e definito, alcun messaggio, alcuna parola precisa ed inequivocabile, prima di sapere quale fosse la parola, la frase, il messaggio. Bisogna quindi sottrarre un’altra mole enorme di casi nei quali, pur con corrette interpretazioni, il risultato è assai banale. Volendo fare una proposizione attendibile, c’è da dire che su diecimila metri di nastro registrato, novemila possono essere assai facilmente dovuti ad errori metodologici, settecentocinquanta sono inintelligibili sino a quando lo « psicofonista » non ne dà la corretta interpretazione e gli ultimi duecentocinquanta metri…beh, qui interviene la terza proposizione.
- Non esiste alcuna prova che si tratti di fenomeni paranormali, ne è stato sinora possibile accertarlo. Fra i tanti test dati alle stampe, quelli, risalenti già agli anni ’80 del secolo scorso, quello di un ricercatore inglese, Ellis, che ha fatto assai criticamente il punto su tali ricerche arrivando a conclusioni, sono decisamente contrarie a qualsiasi ipotesi “paranormale”. E così il gioco si ripete ancora una volta, come per tutti i fenomeni paranormali: esistono esperienze, racconti, testimonianze. Ma, di fronte ai metodi e ai criteri della scienza, tutto questo materiale viene ad essere drasticamente ridimensionato e sembra restare soltanto un “wishful thinking’, un pensiero desiderante che riguarda non solo la credenza in una dimensione trascendente della nostra esistenza, ma anche la spasmodica ricerca di una prova scientifica della sua realtà.
Giovanni Iannuzzo