Sono scettico… però faccio corna: qualche digressione sulla jettatura

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La jettatura (dal latino jactare = gettare) è uno di quei fatti che destano curiosità, scetticismo e momentaneo interesse un po’ in tutti. È, oltretutto, un luogo comune, un soggetto letterario, un argomento da utilizzare nelle maniere più varie. Coniato da un giurista napoletano, Antonio Valletta, il termine «jettatura» sta a indicare la capacità del tutto inconscia posseduta da alcuni individui di causare disgrazie agli altri, senza tuttavia averne alcuna intenzione. Lo jettatore non nutre alcun sentimento di malevolenza nei confronti di chi gli sta accanto; è il caso che fa sì che gli eventi, diciamo così, negativi colpiscano le persone che gli stanno vicine. Lui è solo un involontario portatore di sventura.

Letterati e scrittori si sono occupati spesso e volentieri di jettatura. Tanto per fare qualche esempio, Pirandello dedicò una sua opera teatrale ad una figura di jettatore e al suo dramma umano. Gautier scrisse a sua volta un romanzo nel quale veniva narrata la storia di uno jettatore che, senza volerlo, causa la morte della persona amata, e poi scopre di possedere questo sinistro potere. E via discorrendo.

Ma la jettatura, al di là della letteratura, esiste davvero? Non si tratta solo di superstizione, di una credenza popolare? È un fatto reale?

La tradizione popolare attribuisce allo jettatore tutta una serie di caratteristiche fisiche che dovrebbero farlo contraddistinguere a prima vista. Non tutti sono d’accordo, naturalmente, su quello che dovrebbe essere l’aspetto fisico dello jettatore; chi lo vuole pallido o addirittura di carnagione giallognola, chi preferisce ritenerlo alto, allampanato, con un’espressione assente e depressa, chi invece nota nello jettatore tutta una serie di caratteristiche sgradevoli o malevole. Un particolare fondamentalmente uniforme riguarda lo sguardo dello jettatore, poiché sembra – dice la tradizione – che lo jettatore abbia il suo strano potere nello sguardo. Un leggero strabismo, o un difetto di vista possono essere segni prioritari di questa capacità tutt’altro che piacevole. Gli occhiali scuri completano questa figura folkloristica.

Una prima precisazione da fare, trattando dell’argomento, riguarda la distinzione tra jettatura e malocchio, spesso confuse tra loro. Il malocchio è – secondo la tradizione popolare – la capacità di un individuo di danneggiare gli altri deliberatamente, attraverso un determinato atto volitivo. Chi «getta il malocchio» lo fa di proposito per danneggiare gli altri. Lo jettatore, invece, non sa nulla della sua capacità: sono gli eventi che gli occorrono a fargli rendere conto d’avere questo strano potere e poco invidiabile potere; la differenza quindi, – in termini di intenzionalità, presente nel malocchio, ma non nella jettatura – è sostanziale.

Se la letteratura è ricca di narrazioni relative a questo problema, non esiste molto materiale scientifico su questo «potere», vero o falso che sia. Il testo fondamentale è senza dubbio la Cicalata sul malocchio e sulla jettatura, del già citato Valletta che, sul finire del settecento scrisse questo opuscolo. Valletta, da buon napoletano, non sembra avere dubbi sulla esistenza della jettatura, anche se nel suo libretto ne parla con quel tono distaccato e umoristico che (sempre secondo la tradizione popolare) sembra essere necessario per evitare di esserne vittima. Ci crede perché gli accaddero dei fatti familiari che lo convinsero della realtà della jettatura. I fatti occorsigli sono due: la morte di una figlia, guardata da uno jettatore, e una disavventura riguardante la sua carriera. Valletta aveva preparato un memoriale da presentare al re delle Due Sicilie per ottenere alcuni vantaggi nella sua carriera accademica. Preparato questo memoriale, poco prima di partire ne parlò con un amico che era purtroppo uno straordinario jettatore. Ebbene, il suo viaggio fu costellato da imprevisti, intoppi, incidenti. Infine, giunto alla reggia di Caserta, Valletta si accorse di aver perso il suo prezioso memoriale! Ma la jettatura che sembra non risparmi nemmeno i monarchi superstiziosi: ebbe un effetto ancora più tragico proprio su Ferdinando II di Borbone, re di Napoli e fervido credente della jettatura. Ferdinando riteneva che tutti i preti, per il semplice fatto d’essere tali, fossero degli jettatori straordinari. Se vedeva un cappuccino per strada non poteva fare a meno di fare gli scongiuri. Il caso volle che mentre stava per lasciare la reggia di Caserta per il matrimonio di Maria Sofia Amalia di Baviera col Duca delle Calabrie, incontrasse due cappuccini, che lo salutarono rispettosamente. Il re si convinse che quel viaggio sarebbe stato perseguitato dalla jella. Per una pura coincidenza (forse…) quel viaggio fu forse il peggiore che re Ferdinando avesse mai compiuto; per giorni imperversò il maltempo, il re, sofferente di cuore, fu costretto a camminare in mezzo al gelo perché le strade erano ghiacciate; la sua sofferenza si aggravò a tal punto che, giunto a Bari, dovette essere ritrasportato via mare sino a Napoli, dove si spense. Coincidenze, dite voi? Forse. Però il fenomeno ha ricevuto anche l’attenzione di qualche studioso di parapsicologia. Sentiamo, per esempio, cosa scrive in proposito Renee Hynees che al problema ha dedicato un breve capitolo in un suo libro:

«…la jettatura… sarebbe un potere involontario di cui il disgraziato possessore non ha controllo e che avrebbe l’effetto di portare sfortuna a chi viene in contatto con lo jettatore. Una volta era considerato superstizioso parlare di alcuni individui “scalognati”, che si attirano la disgrazia, ma adesso lo stesso concetto ha assunto rispettabilità, purché si segua il lessico di moda e si usi il termine: portato agli incidenti. Questa caratteristica è ufficialmente ammessa come un rischio che può essere presente tra gli operai delle fabbriche, e gli psicologi industriali hanno studiato a fondo il problema. La tendenza ad avere incidenti deriva da varie fonti inconsce, compreso il bisogno di punirsi per espiare qualche colpa. Non molto dissimile dal concetto di individuo portato agli incidenti è quello di Giona, l’uomo che minacciava la nave, l’uomo che con la sua sfortuna personale coinvolgeva i compagni. Si vede facilmente come un operaio portato agli incidenti in un impianto atomico potrebbe diventare un Giona in formato gigante, capace di provocare disastri tali non solo da colpire i compagni di lavoro ma da devastare una regione.

Ora, lo jettatore non è necessariamente portato agli incidenti, per quanto riguarda se stesso. Proietta questa sua tendenza sull’ambiente circostante. È uno sfortunato per procura, un Giona le cui disgrazie capitano solo a chi gli sta vicino, capro espiatorio, lo voglia o no, in cui si risolvono i suoi conflitti: se è in viaggio sono i bagagli del suo amico, non i suoi, a cadere inspiegabilmente in mare; se entra in una stanza, è sulla testa di un ignaro passante che cade il vaso di azalee messo in bella vista sul davanzale; e così via».

Per la Hynees la spiegazione del fenomeno starebbe in una capacità di natura psicocinetica.

In effetti la capacità di provocare eventi negativi involontariamente può interessare lo studioso di parapsicologia, se è vero, come le ricerche in questo campo sembrerebbero evidenziare, che i poteri della mente vanno ben al di là delle cognizioni comunemente date per acquisite. Come se non bastasse, teorie come quella della sincronicità di C.C. Jung – che afferma che eventi apparentemente casuali sono correlati tra loro da nessi di natura acausale – fanno riflettere sulla possibilità che strani accadimenti che possono essere ritenuti casuali, abbiano invece una loro logica intrinseca. E inoltre: nel fenomeno della jettatura, posto che esso esista davvero, non potrebbero essere implicati dei meccanismi ‘paranormali’ non intenzionali?

La stessa non intenzionalità si riscontra nella jettatura. Tanagras, uno studioso greco che analizzò il fenomeno indirettamente, analizzando una serie di casi di cui aveva sentito parlare, espresse una teoria che è rimasta come teoria della psicobolia, o – dal greco – del «lancio psichico».

Secondo Tanagras – che fu una figura di primissimo piano nel panorama della ricerca psichica ai suoi primordi, fondatore della Società Ellenica per la Ricerca Psichica e membro della Society for Psychical Research di Londra – lo jettatore provoca fenomeni di jettatura semplicemente realizzando i suoi desideri inconsci. Questi desideri si concretizzerebbero per mezzo di eventi paranormali, creando quindi attorno all’individuo in questione tutta una serie di fatti spiacevoli provocati dai suoi inconsci desideri. La teoria di Tanagras è suggestiva. Poniamo che uno jettatore abbia represso degli istinti aggressivi; questo suo desiderio inconscio attiverebbe questa forma di psicobolia. Per mezzo di psicocinesi, telepatia o altre manifestazioni paranormali potrebbe provocare un putiferio intorno a se. Una persona che si trova a transitare sotto la finestra potrebbe ricevere un vaso di fiori in testa (psicocinesi?) oppure finire sotto una macchina (suggestione telepatica?), andare incontro a tutta una serie di spiacevoli incidenti provocati inconsciamente dallo jettatore.

A questo punto ci sarebbero alcune considerazioni da fare. Consideriamo il caso di un individuo che sia un super-jettatore, una specie di Superman della disgrazia. Questo individuo entra in un locale e subito dopo il locale crolla. Si imbarca su una nave e la nave naufraga. Va ad assistere a una corsa di cavalli e il suo favorito si azzoppa, e via dicendo. È protagonista, cioè, di tutta una serie di sciagure la cui portata è tale da essere difficilmente spiegabile in maniera sopra esposta. Vi immaginate una nave che affonda per psicocinesi? O una suggestione telepatica tanto forte da farla involontariamente danneggiare dall’equipaggio? Simili capacità potrebbero certamente essere utilizzate per fini bellici! I fatti che la parapsicologia ha accertato sperimentalmente ci dimostrano che ciò, allo stadio attuale delle conoscenze, è tutt’altro che possibile.

E allora qual è la soluzione?

Il soggetto in questione, lo jettatore, potrebbe avere la imbarazzate capacità di dirigersi, senza rendersene conto, verso eventi spiacevoli. La nave, cioè, sarebbe tranquillamente affondata anche senza la sua presenza, ma proprio questa sua capacità gli ha fatto prendere la decisione di imbarcarsi giusto su quella nave. E così pure la sala da ballo nella quale egli si trovava sarebbe andata a fuoco lo stesso, ma questa sua strana percezione extrasensoriale l’ha indirizzato verso quel locale e non un altro. Una inconscia Cassandra, insomma, più che un apportatore di sventura.

Una attendibile spiegazione della jettatura può essere probabilmente trovata fondendo le due ipotesi: inconsci desideri espressi per mezzo capacità paranormali particolarmente attive nel selezionare eventi spiacevoli. Ma a questo punto torna la stessa domanda che ci eravamo posti all’inizio dell’articolo: la jettatura esiste davvero?

Questa possibilità è scientificamente inconcepibile. È invece molto più probabile che il caso in questi presunti fenomeni giochi un ruolo molto importante.

Forse è la stessa cosa che Ernesto De Martino, il notissimo etnologo italiano, diede per scontata quando, insieme ad alcuni collaboratori, si recò in un paesino lucano per studiare un tipico personaggio locale, uno zampognaro. Il paesino era notoriamente una «capitale» della jettatura, tanto che si riteneva che non solo i migliori jettatori appartenessero a quella comunità, ma che il paesino stesso (le sue case, le sue strade, le sue piazze) fosse foriero di disgrazia.

Quale che fosse la verità, non appena il gruppo di De Martino giunse in loco, fu avvolto da una vera nube di eventi spiacevoli: lo zampognaro era morto poco tempo prima (era stato travolto da un camion), uno dei membri della spedizione si ammalò stranamente, un altro sentì i fiammiferi accenderglisi in tasca, un altro ancora cadde a capofitto dalle scale dell’albergo…insomma De Martino e i suoi collaboratori dovettero fare fagotto in fretta e furia e andarsene. Senza dubbio l’ipotesi delle coincidenze è rassicurante ed anche la più scientifica. Comunque la prudenza in questi casi non guasta mai. E forse un bel corno rosso neppure…

Giovanni Iannuzzo