Polizzi Generosa, 1926-1937. Contro la captazione delle sorgenti a servizio dell’acquedotto delle Madonie

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Nella rivista specializzata “Rassegna dei lavori pubblici e delle strade ferrate”, del 14 Ottobre 1913 si legge che l’ing. Settimio Strazzeri delle Ferrovie di Stato, con una squadra tecnica di 11 individui, in quel torno di tempo si trovava in Sicilia per portare a compimento i lavori iniziati da circa due mesi, per la compilazione del progetto di massima, comprensivo di un accurato rilievo grafico, dell’acquedotto delle Madonie che doveva rifornire alcuni comuni della provincia di Palermo e di Caltanissetta, allo scopo di alleviarne i problemi di approvvigionamento idrico. Il suo lavoro, si legge, «è stato un vero tour de force: ha compiuto i lavori di misura delle varie sorgenti, e gli opportuni rilievi su un tracciato di circa 50 km», con gli «allacciamenti ai Comuni interessati […] Se i lavori continueranno con la stessa lena […] fra un triennio» potranno essere dissetati «dalle fresche acque delle Madonie» (cfr. Per l’acquedotto consorziale delle Madonie in “Rassegna dei lavori pubblici e delle strade ferrate”, anno VI, 14 Ottobre 1913, Roma 1913, p. 667).

Fin dal 1915, i lavori di costruzione del detto sistema acquedottistico consorziale delle Madonie, costituito da un sistema di opere per la captazione, trasporto e distribuzione di acqua potabile, furono affidati alla direzione delle Ferrovie di Stato, ma il primo conflitto mondiale determinò un brusco arresto dell’iter. Nel 1919, il Dott. Ing. L. Maddalena dell’Istituto Sperimentale delle Ferrovie dello Stato, realizzò degli studi idrogeologici in Sicilia, tra i quali uno relativo alle Madonie, in prospettiva della realizzazione dell’acquedotto omonimo (cfr. L. Maddalena, Studi Geoidrologici in Sicilia, “Rivista tecnica delle ferrovie italiane”, pubblicata a cura del Collegio Nazionale degli Ingegneri Ferroviari Italiani col concorso dell’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, Anno VIII, vol. XVI, Luglio-Agosto 1919 n. 1-2, Società Tipografica Arpinate, Arpino 1919, pp. 17-33, in particolare, pp. 27-33).

Nel Ventennio, il nuovo regime attribuiva un imprescindibile ruolo istituzionale alle opere pubbliche, anche nelle more di un rafforzamento del consenso propagandistico con l’ambizioso obbiettivo di un ritorno alle glorie italiche ispirate ai fasti della latinità. A tal fine, il regime puntò sulla realizzazione di imponenti strutture acquedottistiche, molte delle quali, in realtà, già progettate antecedentemente durante i governi liberali (cfr. ad es. A. Malfitano, Gli acquedotti del Regime. Infrastrutture e propaganda nella Romagna del Ventennio, in Acque in Romagna. Storia e cultura dei sistemi idrografici tra XV e XX secolo, Panozzo, Rimini (RN) 2018, pp. 165-180). Inoltre, tali opere ingegneristiche, oltre all’utile sociale in chiave populistica, dovevano esibire anche una valenza costruttiva ed estetica, assumendo nella loro essenzialità una precisa connotazione architettonica «emanazione dei tempi nuovi», che fungeva da emblema della funzione civile, rappresentando, quindi, un efficace mezzo retorico propagandistico volto alla valorizzazione spettacolare dei successi del regime. Quest’ultimo, fu ben determinato ad imprimere un marcato segno delle proprie attività, in relazione ai nuovi  propugnati assetti territoriali, paesaggistici, urbanistici ed edilizi (cfr. M. G. Marziliano, «L’Italia che si rinnova». Contributo al quadro interpretativo delle dinamiche di trasformazione nella cultura tecnologica del progetto. 1922-1945, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN) 2010, 268 pp.). Infine, l’«ecologia politica» del regime, rimase meramente funzionale alla propaganda, senza esprimere un vero e proprio concetto di tutela, rimanendo certamente lontana da idee di cura e conservazione dell’ambiente nel senso «moderno» (cfr. M. Armiero, R. Biasillo, W. Graf Von Hardenberg, La natura del Duce. Una storia ambientale del fascismo, Einaudi, Torino 2022, 196 pp.).

In tale contesto rientra anche l’acquedotto promiscuo delle Madonie, realizzato soprattutto al fine di sopperire alla cronica carenza idrica del Nisseno, un settore della Sicilia centrale, nel quale questa problematica era già allora particolarmente sentita dalla popolazione.

Il giorno 7 Ottobre 1925, le Ferrovie dello Stato (Ufficio Patrimoniale di Palermo), fecero istanza, corredata da apposito progetto della Sezione Lavori del Compartimento di Palermo, intesa ad ottenere la concessione di derivare la totalità delle acque dei gruppi sorgentizi denominati Pietà, Cilio e Sorgitore che sgorgano in territorio di Polizzi Generosa (Palermo), nel gruppo montuoso delle Madonie, per integrare la portata occorrente per l’acquedotto detto, per l’appunto “delle Madonie”, di uso promiscuo per le occorrenze idropotabili non solo ferroviarie, ma anche di alcuni comuni delle provincie di Palermo e Caltanissetta (cfr. Bollettino ufficiale del Ministero dei lavori pubblici, Anno XXVII, Stabilimento Tipo-Litografico del Genio Civile, Roma 1926, p. 1014). Il Ministero dei Lavori Pubblici, con decreto del 24 Febbraio 1926, a norma del R. D. L. 9 Ottobre 1919 n. 2161, rilasciava la detta autorizzazione, riservando le definitive determinazioni circa le quantità di acqua potabile da derivare.

Nel 1926, avverso alla detta domanda di concessione fecero opposizione gli utenti delle acque delle predette sorgenti, sino ad allora proficuamente utilizzate ad uso irriguo e di forza motrice. A tale scopo, furono presentate n. 143 opposizioni che furono  tutte confermate durante il sopralluogo. I reclamanti erano in gran parte i proprietari dei terreni adibiti alla coltivazione di pregio delle rinomate nocciole di Polizzi Generosa, utenti delle acque ad uso irriguo, nonché i titolari degli opifici a forza idraulica (mulini ad acqua e centrale idroelettrica Rampolla). In particolare, la locale ditta dell’ing. Luigi Rampolla del Tindaro, attivata nel 1901, forniva energia elettrica essendo dotata di impianto a forza idraulica che produceva corrente alternata (collocato in un mulino di contrada Canzirìa) e, dal 1925, di una centrale termoelettrica (cfr. F. Rampolla, Una piccola centrale idroelettrica del 1901 ed una centrale termoelettrica del 1925 in Sicilia a Polizzi Generosa, “L’Elettrotecnica. Giornale ed atti della Associazione elettrotecnica ed elettronica italiana”, vol. LXXIX, n. 12, Dicembre 1992, Milano 1992, p. 1229 e segg.).

Ci preme sottolineare che dopo l’irrigazione e l’utilizzo da parte degli opifici e della centrale a forza idraulica, queste acque sorgentizie costituivano un certo apporto al deflusso idrico superficiale del fiume Imera settentrionale, che dopo la messa a regime dell’acquedotto finirono per essere definitivamente sottratti a questo tributo ed agli ecosistemi fluviali.

In data 8 Aprile 1926, il Commissario Prefettizio del comune di Polizzi Generosa, con allegata la nota del direttore della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Palermo, a tutela degli interessi agricoli del territorio relativo, presentò un’ulteriore opposizione, confermata anch’essa durante il sopralluogo.

I reclamanti, innanzitutto, contestavano il carattere di acque pubbliche attribuito alle sorgenti del gruppo Cilio e Sorgitore, sostenendo che tali scaturigini erano state da tempo asservite per usi irrigui e di forza motrice e paventavano il pericolo che la distrazione di esse per altri usi, avrebbe potuto dare origine a gravi ed irrimediabili danni nei confronti dei proprietari dei terreni, coltivati a noccioleti, irrigati con tali acque. Inoltre, temevano che l’esecuzione delle opere di captazione delle sorgenti avrebbe potuto determinarne il decremento o la variazione altimetrica dei punti di emergenza o, addirittura, provocarne la scomparsa. Ritenevano, altresì, del tutto esorbitante la portata pro capite di 80 l/die, assegnata alle popolazioni servite dall’acquedotto delle Madonie. Infine, rimarcavano un’opzione alternativa, secondo la quale l’Amministrazione Ferroviaria avrebbe potuto servirsi di altre sorgenti esistenti nel versante di Petralia, in sostituzione di quelle di Polizzi Generosa.

Nel mentre, proseguivano le opere dell’Acquedotto consorziale promiscuo delle Madonie, costruito dalle Ferrovie dello Stato a servizio delle stazioni ferroviarie di Caltanissetta, Caltanissetta Xirbi ed Imera, nonché di quindici comuni: Petralia Soprana, Bompietro, Alimena, Valledolmo, Resuttana, S. Caterina Villarmosa, Caltanissetta, S. Cataldo, Serradifalco, Montedoro, Bompensiere, Villalba, Vallelunga, Mussomeli e Sutera. Nell’esercizio finanziario del 1925-26, infatti, furono realizzati «km 200 di condotta ed un complesso di lavori per un importo di lire 35 milioni di cui circa 10 milioni spesi nell’esercizio». Furono «completate definitivamente le condotte principali dal serbatoio n. 1 presso Castellana [oggi nell’omonimo comune della città metropolitana di Palermo, costituito nel 1947], al serbatoio n. 3 sul Monte S. Giuliano [727 m s.l.m.] presso Caltanissetta con uno sviluppo complessivo di km 45 circa, del diametro di mm 400; nonchè quelle di diramazione in servizio del Comune di Caltanissetta e delle stazioni di Caltanissetta, S. Caterina, Xirbi ed Imera e del Comune di S. Cataldo». Furono «iniziate e pressoché ultimate le condotte S. Cataldo-Serradifalco-Montedoro-Bompensiere nonché quelle di Resuttano-Vallelunga-Mussomeli-Sutera».  Proseguirono, inoltre, «i lavori di costruzione del serbatoio n. 3 presso Caltanissetta, nonché quelli relativi al serbatoio n. 4 presso Villalba», prevedendo che «il primo sarà ultimato entro il 1926 e il secondo entro il 1927». Relativamente alle Madonie, fu proseguita «la galleria attraverso il Monte S. Salvatore» raggiungendo «la progressiva km 1,400 dall’imbocco sud e km 0,200 dall’imbocco nord» rimanendo da perforare «men che metri 1.550». Fu altresì ultimato «l’allacciamento delle due sorgenti Faguara e Fra Paolo [Petralia Sottana]». «Furono pure iniziate le opere d’allacciamento delle correnti di Polizzi Generosa (sorgenti Pietà e Cilio) compatibilmente con le difficoltà incontrate nella concessione delle suddette sorgenti» (cfr. Ministero delle Comunicazioni – Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, Relazione per l’anno finanziario 1925-26, Provveditorato Generale dello Stato, Roma 1926, p. 54).

Il 27 Maggio 1927, i rappresentanti delle Ferrovie dello Stato e del Ministero dei Lavori Pubblici, intervenuti in loco per un apposito sopralluogo, sottoscrissero un acconcio verbale, prendendo atto che le Ferrovie avevano già posto in atto le opere di presa delle sorgenti Urra, Acqua Nuova e Pietà Grande, dichiarando che sarebbero state immesse nell’acquedotto 57 l/s (rispettivamente 7 l/s da Urra,  10 l/s da Acqua Nuova e 40 l/s da Pietà Grande).

Il Ministero dei Lavori Pubblici, ai termini dell’articolo 5 del precitato R. D. L., con decreto del 22 Gennaio 1929, concedette alla ditta dottor Luigi Rampolla del Tindaro, di derivare le acque delle sorgenti dei gruppi di S. Croce, della Pietà, Mantonica e Sorgitore, sempre nel territorio di Polizzi Generosa, utilizzando il canale dei Mulini, con presa allo scarico del molino di Fiumazzo, per una portata di 150 l/s, «misura che, con la limitazione di orario (otto ore giornaliere) nei tre mesi della stagione irrigua, si riduce alla misura media annua di litri 137,50 al secondo, per produrre, col salto di m 63,10 la potenza nominale di 115,55 cavalli-vapore (Horse-Power, d’ora in poi HP), ivi compresa quella di HP 15,49, afferente all’antico diritto che – con lo stesso decreto – venne riconosciuto in virtù di titolo legittimo», sino al 31 Gennaio 1947, salvo rinnovo a norma di legge.

Nel 1930, relativamente alla questione, a Polizzi Generosa furono prodotti ben tre memoriali avversi a tali opere di captazione. Il primo, dal Sindacato Fascista Agricoltori di Polizzi Generosa (9 Agosto), il secondo dal Commissario Prefettizio del Consorzio fra gli utenti delle acque di Polizzi Generosa (11 Settembre) e del dott. Luigi Rampolla del Tindaro (6 Novembre) nei quali si chiedeva che le Ferrovie dello Stato, con la concessione dell’acqua per i bisogni dell’acquedotto delle Madonie, fossero «obbligate a contribuire con lauto concorso, ovvero ad imporre le opere necessarie alla conservazione delle utenze» irrigue e di forza motrice. Tali richieste, furono totalmente disattese, rimanendo come unico onere all’ente concessionario di indennizzare le eventuali menomazioni o soppressione dei legittimi diritti, e per l’attuazione delle opere necessarie a conseguire un razionale uso delle acque disponibili; il costituito Consorzio degli utenti delle acque di Polizzi ebbe solo la facoltà di valersi «delle provvidenze di legge».

Il Tribunale Superiore delle Acque, con sentenza del 1° Aprile-4 Maggio 1933, passata in giudicato, perché dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (con sentenza 8 Febbraio-20 Aprile 1934) fu rigettato il ricorso proposto dal Ministero delle Comunicazioni-Ferrovie dello Stato, dichiarò illegittima la derivazione delle acque delle sorgenti Cilio e Pietra, del gruppo Sorgitore, operata dall’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, in danno all’utenza spettante alla ditta Rampolla. La sentenza, inoltre, condannava le Ferrovie alla restituzione delle «acque illegittimamente derivate» o a sostituire nella centrale idroelettrica «una quantità di energia corrispondente a quella che, dall’acqua sottratta avrebbe potuto essere prodotta», fissando perentoriamente il termine di un semestre dalla notifica del giudizio predetto.  Trascorso detta scadenza, il Rampolla era «autorizzato a provvedere, a spese delle Ferrovie, alla detta sostituzione». Inoltre, l’Amministrazione Ferroviaria, fu «condannata a pagare al Rampolla, per il periodo di tempo corrente dalla derivazione, al giorno in cui sarà eseguita la sostituzione, il valore (con gl’interessi commerciali) dell’energia elettrica che dall’acqua sottratta sarebbe prodotta». Con ricorso notificato il 23 Maggio 1931, reiterato il 21 Giugno seguente, il Rampolla convenne l’Amministrazione delle Ferrovie dinanzi al Tribunale delle Acque Pubbliche di Palermo, chiedendo che – essendo trascorso il termine di sei mesi – la detta amministrazione fosse dichiarata decaduta dalla facoltà di provvedere alla detta sostituzione, avendo egli acquisito il diritto di esigere la somma occorrente per tale sostituzione, oltre agli interessi commerciali ed al risarcimento di tutti gli altri danni patrimoniali. Subordinatamente, il Rampolla chiese la condanna delle Ferrovie dello Stato al pagamento di una provvisionale di «un milione di lire, o di quella maggiore o minore somma che venisse ritenuta equa».

Il Tribunale delle Acque Pubbliche di Palermo, con sentenza del 14 Dicembre 1934, giudicò che, pur essendo trascorso il detto termine, l’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato non fossero decadute dalla facoltà di effettuare le riparazioni, bensì che il Rampolla fosse autorizzato ad eseguirle direttamente a spese dell’ente, disponendo nei suoi confronti il pagamento del valore dell’energia prodotta per la durata di un anno. Il Rampolla, doveva però presentare dei testimoni, atti a permettere di stabilire il giorno in cui ebbe inizio l’illegittima derivazione da parte delle Ferrovie. Il Tribunale, «riservata ogni altra statuizione, condannò le Ferrovie al pagamento d’una provvisionale di lire 60.000». Quest’ultima somma provvisionale, con sentenza del Tribunale Superiore del 17 Maggio-12 Giugno 1935, fu poi elevata a lire 150.000.

Il decreto ministeriale del 5 Agosto 1935, n. 5303, riconobbe esclusivamente il diritto d’utenza al Rampolla, mentre le ulteriori richieste a tutela della erogazione idrica ad uso elettrico, non trovarono accoglimento, rimanendo al concessionario solo l’obbligo di indennizzare, nei modi di legge, le eventuali «menomazioni o soppressioni delle legittime utenze» spettanti. In forza di ciò, in data 19 Settembre 1935, il dottor Rampolla riprodusse il giudizio dinanzi il Tribunale delle Acque Pubbliche di Palermo.

Ecco che però si ebbe un vero e proprio colpo di scena: un intervento “dall’alto” per ribaltare la situazione a favore delle Ferrovie dello Stato.

Il Ministro dei Lavori Pubblici, S. E. dott. ing. Giuseppe Cobolli-Gigli (Trieste, 28 Maggio 1892 – Malnate, 22 Luglio 1987), in carica nel governo Mussolini, dal 5 Settembre 1935 al 30 Ottobre 1939, con decreto dato a Roma il 13 Gennaio 1936 (cfr. appendice documentaria), respinse in toto tutte le opposizioni e, fatti salvi i diritti dei terzi, concedette alle Ferrovie dello Stato di derivare dalle sorgenti dei gruppi Pietà e Sorgitore, site nelle località omonime del territorio di Polizzi Generosa, la portata di 90 l/s d’acqua. Nello specifico, furono concesse 10 l/s dalla sorgiva Nuova (1084 m s.l.m., cfr. Ministero dei Lavori Pubblici – Servizio Idrografico, Le sorgenti italiane. Sicilia, vol. II, Servizio Idrografico di Palermo. Ist. Poligrafico dello Stato, Roma 1934, n. 435, pp. 308-309), 50  l/s dalla sorgiva Pietà Grande (1040 m s.l.m., cfr. Le sorgenti italiane. Sicilia, cit., n. 436), 8  l/s dalla sorgiva Urra (1003 m s.l.m., cfr. Le sorgenti italiane. Sicilia, cit., n. 437 e fig. a p. 115), 12 l/s dalla sorgiva Cilio (953 m s.l.m., cfr. Le sorgenti italiane. Sicilia, cit., n. 430) e 10 l/s dalla sorgiva Pietra (927 m s.l.m., cfr. Le sorgenti italiane. Sicilia, cit., n. 427). Tutto ciò allo scopo di integrare la portata occorrente per l’acquedotto potabile delle Madonie di uso promiscuo delle Ferrovie e per l’approvvigionamento di alcuni comuni delle provincie di Palermo e di Caltanissetta (cfr. Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, Parte Seconda, 14 Marzo 1936, Foglio delle inserzioni n. 62, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1936, pp. 1367-1369). La concessione sarebbe scaduta il 23 Febbraio 1956.

In detto decreto, il ministro Cobolli-Gigli, liquidò le n. 143 opposizioni presentate dai privati polizzani, ribadendo che: 1. Le sorgenti del gruppo Cilio-Sorgitore, per l’uso cui erano o potevano essere destinati e  per la loro portata, in relazione al settore montuoso in cui ricadono, avevano «indubbi caratteri pubblici», tanto che esse erano state comprese (ovviamente) nel «2o elenco suppletivo delle acque pubbliche della provincia di Palermo, approvato con R. decreto del 4 Luglio 1929»; 2. Era indubbio, secondo il ministro, che l’utilizzo a scopo idropotabile per i bisogni dell’acquedotto della Madonie, opera di elevatissima importanza sociale, costituiva un «uso di eminente ed imprescindibile interesse pubblico»; 3. La portata delle sorgenti di Polizzi Generosa era tale da consentire la concessione dell’utilizzo di 90 l/s, occorrente per integrare il fabbisogno del predetto acquedotto, e di evitare o limitare eventualmente, con un «migliore e razionale uso della restante portata», la menomazione delle utenze irrigue ed a forza idraulica; 4. Le disposizioni di legge in vigore provvedevano alla «reintegrazione dei legittimi diritti dei terzi che eventualmente risultassero menomati o soppressi»; 5. Non era da temere alcuna «dispersione o scomparsa delle sorgenti», a suo dire, perché attestato, «in modo inoppugnabile», dai lavori di captazione già «eseguiti in quel settore delle Madonie»; 6. La dotazione unitaria pro capite dell’acquedotto delle Madonie, «compresa fra i 50 ed i 100» l/die, «già valutata oltre 20 anni prima», durante la compilazione del progetto, era ormai appena sufficiente per le normali necessità igieniche, e sarebbe divenuta inadeguata nel prossimo futuro per l’incremento della popolazione servita dall’acquedotto; 7. Il quantitativo di 90 l/s (ivi inclusi 4 l/s già fruiti dal comune di Polizzi Generosa) occorrente per l’acquedotto, al fine di provvedere ai bisogni della popolazione servita (che nel futuro si sarebbero certamente incrementati), non era affatto eccessiva; 8. L’eventuale captazione delle «sorgenti Cataratte», nel versante di Petralia, secondo il ministro, non era ammissibile a causa della loro quota di emergenza, a suo dire «troppo bassa» rispetto all’acquedotto (mentre in realtà sgorgava a ben 1150 m s.l.m., cfr. Le sorgenti italiane. Sicilia, cit., n. 1399, pp. 384-385), nonché della loro «limitata portata» (sic, ben 52 l/s, cfr. ibidem) che non avrebbe consentito con l’eventuale allaccio, di rinunciare alla captazione delle sorgenti di Polizzi; infine, soggiunse che il loro sfruttamento «non avrebbe mancato di dare luogo alle stesse rimostranze già sorte nel versante di Polizzi» (!).

Il Tribunale Regionale, con sentenza 8-22 Aprile 1936, accogliendo le domande proposte dal Rampolla, condannò le Ferrovie al pagamento della somma di L 310.104,36, a titolo di danni, suddivisa in 8 annualità di L 36.340,37. Contro tale sentenza, fu presentato appello dal Rampolla, al quale pregiudizialmente si opposero le Ferrovie.

Anche il Consorzio irriguo acque di Polizzi Generosa ed altri, agirono per le vie legali e ricorsero al Tribunale Superiore delle Acque, regolamentato dal R. D. 11 Dicembre 1933, n. 1775 (altrimenti detto testo unico delle acque).

Il Tribunale Superiore delle Acque (giurisdizione amministrativa), con sentenza del giorno 8 Maggio 1937 (pres. Palombo, est. De Simone), intervenne nella causa tra il Consorzio irriguo acque di Polizzi Generosa ed altri litisconsorti, da una parte, che chiedevano di impugnare il predetto provvedimento di concessione alle Ferrovie, ed il Ministero dei Lavori Pubblici, dall’altra (cfr. Il diritto dei beni pubblici. Rivista dei demani, usi civici, acque, miniere, Giuffrè, Milano 1937, pp. 438-441). L’avvocatura generale dello Stato aveva presentato opposizione al ricorso, sostenendo che fosse inammissibile, a causa di una presunta mancanza di legittimazione del precitato Consorzio, ma il Tribunale Superiore delle Acque, invece, lo ritenne ben legittimo, ma infondato nel merito, giungendo infine al suo rigetto. Il detto Tribunale tirava in ballo, il particolare «istituto dell’assorbimento» che determinava «la sostituzione di un’utenza ad un’altra preesistente, sulla base della prevalente importanza della derivazione». Pertanto, «una volta riconosciuta con decreto, e in modo inequivocabile, la compatibilità della nuova concessione fatta [alle Ferrovie], con quella preesistente del Rampolla e con le altre legittimamente assentite o da assentire, non può parlarsi di violazione o falsa applicazione dell’art. 45 predetto [del precitato testo unico n. 1775 del 1933], perché si è fuori del campo speciale. Manca invero il presupposto essenziale, che è l’incompatibilità tecnica, cioè l’impossibilità della coesistenza dell’antica e nuova utenza, sicché quella precedente debba essere assorbita».

Questo articolo, nello specifico, recitava che «quando una domanda di concessione per un’importante utilizzazione di acqua, risulti tecnicamente incompatibile con meno importanti utilizzazioni, legittimamente costituite o concesse, si può ugualmente, sentito il Consiglio superiore, sentiti gli interessati, far luogo alla concessione. In tal caso il concessionario è tenuto a indennizzare gli utenti preesistenti, fornendo loro, a propria cura e spese, una corrispondente quantità di acqua, e nel caso di impianti per forza motrice, una quantità di energia corrispondente a quella effettivamente utilizzata, provvedendo alle trasformazioni tecniche necessarie, in guisa da non aggravare o pregiudicare gli interessi degli utenti preesistenti. Questi, sono tenuti a corrispondere annualmente al nuovo concessionario il canone che dovevano allo Stato, ai comuni ed alle province, e, qualora, per effetto delle presenti disposizioni, siano esonerati da spese di esercizio, una quota delle spese di esercizio sopportate dal nuovo concessionario, in nessun caso maggiore di quella di cui risultano esonerati».

Il detto Tribunale, inoltre, sottolineava che l’acquedotto ormai era «in atto», e funzionava senza che si fosse verificata «la distrazione delle sorgenti poste a più alta quota», e in quanto non esisteva «la privazione di acqua per la zona dei noccioleti irrigata dalle sorgenti d’acqua captate». Del resto, secondo il detto Tribunale, il «parere dell’8 gennaio 1931» espresso dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici affermava «in modo inequivocabile che la quantità di acqua disponibile» era «nella misura minima di litri secondo 225, anche in periodo di massima magra», potendo «provvedersi a soddisfare i preminenti bisogni, così per l’acquedotto, come per l’irrigazione». Inoltre, secondo tale Tribunale, «le contrarie affermazioni e rilievi tecnici opposti dai ricorrenti» esulavano «da questa sede di legittimità», in quanto coinvolgevano «apprezzamenti di merito e giudizio di fatto non ammissibili». Curiosamente, nessuna menzione appare del fatto che, poco tempo dopo del detto «parere dell’8 gennaio 1931», tra il 21 ed il 25 Febbraio 1931 si era verificato un evento meteo-climatico estremo che aveva colpito l’intera Sicilia, arrecando incalcolabili danni, innescando imponenti eventi di frana, esondazioni ed allagamenti. Questo evento estremo, ebbe un impatto elevato proprio nel territorio di Polizzi Generosa, determinando sensibili variazioni nella portate di alcune sorgenti (come risultò dai rilievi del Gennaio 1932) danneggiando anche la centrale elettrica Rampolla (cfr. Ministero dei Lavori Pubblici – Servizio Idrografico, L’alluvione siciliana del 21-23 Febbraio 1931, “Annali Idrologici”, 1931, parte II (estratto), Provveditorato generale dello Stato, Roma 1933, 60 pp.). La stessa monografia ufficiale sulle sorgenti siciliane, edita nel 1934, ammetteva che «le variazioni del regime delle sorgenti», furono «dovute in parte ai movimenti franosi ed in parte ai lavori delle FF. SS. per il costruendo acquedotto promiscuo», tanto da rendere non «facilmente paragonabili i risultati delle misure» effettuate nel 1929 e ripetute nel 1932 (cfr. Le sorgenti italiane. Sicilia, cit., pp. 113-114).

Il Tribunale Superiore delle Acque (giurisdizione ordinaria), il 13 Luglio 1937, emisero sentenza relativamente alla causa intentata dal Rampolla (difeso dall’avv. Mascherone), da una parte, ed il Ministero delle Comunicazioni-Ferrovie dello Stato (difeso dall’avvocatura generale dello Stato), dall’altra (cfr. Nuova rivista legale-tecnica-amministrativa. I. Opere pubbliche, appalti, espropriazioni; II. Servitù prediali; III. Acque, bonifiche, Roma 1938, parte III, pp. 77-85). Il detto Tribunale, tenendo conto del decreto dato a Roma il 13 Gennaio 1936, che autorizzava la derivazione delle sorgenti predette, ritenne giusto ed equo, come risarcimento nei confronti della ditta Rampolla, di determinare il valore netto di mercato in Kwh a L 0,37, stabilendo il valore annuo a L 39.648,46, indi elevato a L 40.000, da corrispondere per otto anni (dal Giugno 1927 al 12 Gennaio 1936). Le Ferrovie, inoltre, dovevano accordare al Rampolla, secondo la sentenza del 1933, anche «gli interessi legali commerciali sopra ogni singola annualità dalle relative scadenza», da fissarsi per la prima annualità al 22 Giugno 1928, e per la frazione di annualità al 13 Giugno 1936. Infine, ebbe diniego la domanda del Rampolla dell’ulteriore risarcimento dei danni.

In definitiva, l’Acquedotto consorziale promiscuo delle Madonie, con una dotazione di 70 l/die pro capite, fu realizzato con una spesa complessiva di L. 50.000.000, captando, peraltro, anche le predette sorgenti ricadenti nel territorio di Polizzi Generosa, aventi una portata complessiva di 135,5 l/min (cfr. Opere pubbliche del Regime. Le opere pubbliche in Sicilia dal 1922-I al 1937-XV, in “Annali dei lavori pubblici”, anno LXXV, fasc. n. 7, 1937, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1937, pp. 764-778, in particolare, p. 774).

Le sorgenti in questione, sgorgano dal corpo idrico sotterraneo dolomitico di Monte Quacella (ITR19MDCS02) e, in subordine, dai corpi arenacei intercalati nelle relative coperture argilloso-arenacee (Flysch numidico, Oligocene superiore-Miocene inferiore). L’acquifero dolomitico (spessore c. 200 m), a falda confinata o semi-confinata o parzialmente libera, è costituito da dolomie e calcari dolomitici che esibiscono una permeabilità secondaria, legata alla maglia di fratture, da alta a molto alta. L’acquifero è limitato alla base dalle marne ed argilliti triassiche che fungono da impermeabile relativo. La direzione principale del flusso delle acque sotterranee, come attesta la presenza di numerose emergenze sorgentizie è orientata verso S e SE (pendici meridionali del Monte San Salvatore, 1912 m s.l.m.). Per ulteriori approfondimenti, rimandiamo ad A. Aureli, A. Contino, G. Cusimano, Aspetti idrogeologici e vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi delle Madonie (Sicilia centro settentrionale). Note illustrative alla “Carta della vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi delle Madonie (Sicilia centro settentrionale)” – Scala 1:50000, Regione Siciliana – Azienda Regionale Foreste Demaniali – Collana Sicilia Foreste n. 39, Università degli Studi di Palermo – Dipartimento di Geologia e Geodesia dell’Università degli Studi di Palermo, C. N. R. – G. N. D. C. I., Sarcuto, Agrigento 2008.

Concludendo, la captazione delle sorgenti di Polizzi Generosa, per alimentare l’acquedotto promiscuo delle Madonie, appare un esempio emblematico dell’«idro-politica» del  Ventennio. Qualsivoglia tentativo di porre l’accento sulle criticità dell’opera nei confronti del suo impatto (diremmo oggi ambientale e sociale) su un territorio strategico, doveva essere sistematicamente minimizzato e boicottato, anche a costo di travisare la realtà delle cose, in nome di una roboante retorica delle «grandi opere», urgenti ed indifferibili, in virtù della suprema salvaguardia dell’interesse della “collettività”. Nello specifico, tali affluenze avrebbero dovuto estinguere la cronica emergenza idrica che attanagliava il Nisseno (purtroppo sinora irrisolta a causa di una miope, inadeguata ed irrazionale gestione delle risorse idriche dell’Isola).

Questo caso-studio, che sinora sembrava ormai destinato ad essere rimosso dalla memoria collettiva, è stato da noi analizzato e riportato alla luce, proprio perché ciò non avvenga e sia da monito anche per i posteri.

Patrizia Bova e Antonio Contino

Appendice documentaria

Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici nel quale, respinte le opposizioni e salvi i diritti dei terzi, è concesso alle Ferrovie dello Stato di derivare dalle sorgenti dei gruppi Pietà e Sorgitore, site nelle località omonime del territorio di Polizzi Generosa (Palermo), la portata complessiva di 90 l/s d’acqua e precisamente 10 l/s dalla sorgiva Nuova, 50  l/s dalla sorgiva Pietà Grande, 8  l/s dalla sorgiva Urra, 12 l/s dalla sorgiva Cilio e 10  l/s dalla sorgiva Pietra, allo scopo di integrare la portata occorrente per l’acquedotto potabile delle Madonie di uso promiscuo delle Ferrovie e di alcuni comuni delle provincie di Palermo e di Caltanissetta. Roma, 13 Gennaio 1936 (cfr. Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, Parte Seconda, 14 Marzo 1936, Foglio delle inserzioni n. 62, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1936, pp. 1367-1369).

DIREZIONE GENERALE

DELLE ACQUE E DEGLI IMPIANTI ELETTRICI.

Il Ministro Segretario di Stato pei Lavori Pubblici.

Vista la istanza 7 ottobre 1925 delle Ferrovie dello Stato (Ufficio Patrimoniale di Palermo) corredata da progetto della Sezione Lavori del Compartimento di Palermo, intesa ad ottenere la concessione di derivare la totalità delle acque dei gruppi di sorgenti Pietà, Cilio e Sorgitore che sgorgano in territorio di Polizzi Generosa (Palermo) per integrare la portata occorrente per l’acquedotto delle Madonie di uso promiscuo delle Ferrovie per le occorrenze potabili e ferroviarie e di alcuni Comuni delle provincie di Palermo e Caltanissetta per uso potabile;

Visti gli atti della esperita istruttoria ai sensi del R. decreto legge 9 ottobre 1919, n. 2161 e del regolamento approvato con R. decreto 14 agosto 1920, n. 1285 sulle derivazioni ed utilizzazioni di acque pubbliche;

Ritenuto che avverso alla detta domanda di concessione si opposero gli utenti delle acque delle cennate sorgenti ad uso irriguo e di forza motrice, presentando all’uopo le seguenti opposizioni confermate durante il sopraluogo [sic]:

in data 31 marzo 1926:

1) i signori Ferruzza prof. Gaetano e avv. Salvatore;

2) i detti signori Ferruzza Gaetano e Salvatore;

3) i signori Martini Isidoro e Loncavo [sic, Loncao] Rosa;

in data 1° aprile 1926:

4) i signori Gandolfo Maria Borgese e Gandolfo Antonio Borgese;

5) i signori Gagliardi Giovanni, Antonio e Umberto fu Vincenzo;

in data 6 aprile 1926:

6) il sig. Polizzotto sac. Gandolfo fu Gandolfo;

7) il sig. Calascibetta Giuseppe fu Vincenzo;

in data 7 aprile 1926:

8) i signori Salato Giovanni fu Andrea e Salato Giuseppina di Giovanni e Geraci avv. Andrea fu Camillo;

9) il sig. Di Fiore Giovanni fu Gandolfo;

10) i signori Calascibetta rag. Michele, Giuseppe e sorelle fu Vincenzo;

11) la signora Agliano Ludovica in Siragusa;

12) i signori Baiardi Antonio e Gandolfo fu Antonino;

13) la signora Rampolla Vincenza di Vincenzo, maritata Badoglione [?];

14) i signori Glorioso Antonio e Ignazio fu Antonino e Baiardi Gandolfa vedova Glorioso;

15) i signori Trapani Angela fu Antonio ed Alberti notar Alfredo fu Ignazio, coniugi;

16) il sig. Lunetta Sac. Antonino fu Filippo;

17) il sig. Baiardi Giuseppe fu Antonino;

18) i signori Russo Alesi Domenico e Giuseppe fu Ignazio;

19) la signora Riggio Vincenza, maritata Sirena;

20) la signora Rampolla Clotilde fu B.ne Saverio maritata Dagnino;

21) il sig. Scalia Vincenzo nell’interesse della madre Calascibetta Maria Carmela;

in data 8 aprile 1926:

22) il sig. Iraggi Pietro fu Salvatore;

23) la signora Carini Maria Stella vedova Glorioso;

24) il sig. Rampolla prof. Ignazio;

25) il sig. Rampolla dott. Luigi di Gandolfo;

26) i signori Fiore Bettina Giovanni e Mariano;

27) i signori Baiardo Eucaristica e Teresa fu Antonino;

28) la signora Baiardi Caterina fu Antonino;

29) il sig. Carini Mario fu Nicolò;

30) il sig. Polizzotto Vincenzo fu Pietro;

31) la signora Siragusa Rosaria maritata Duca;

32) la signora Burzilleri Teresa maritata Riccobene;

33) la signora Brancato Teresa maritata Di Bella Angelo;

34) i signori Riccobene Gandolfo e Giuseppe fu Pietro;

35) il sig. Lipani Giuseppe fu Vincenzo;

36) il sig. Cascio Salvatore fu Rosario;

37) i signori Miranti Gandolfo fu Calogero e Miranti Vincenza, Francesco, Paola, Angela fu Francescopaolo;

38) il sig. Giovanni Ilardi fu Gandolfo ed altri proprietari dei molini;

39) la signora Gagliardotto Rosaria fu Francesco moglie di Fiore Bettina Giovanni;

40) il sig. Allegra Francescopaolo fu Santo;

41) il sig. Di Gangi Giuseppe fu Francesco;

42) i signori Albanese Francesco Paolo fu Pietro e moglie Fiore Bettina;

43) la signora Dolce Gandolfa fu Gandolfo maritata Spagnolo;

44) la signora Barberi Giovannina fu Giuseppe;

45) il sig. Ilarda Antonino fu Paolo;

46) sig. David Francesco Paolo fu Rosario;

47) il sig. Rampolla Emanuele fu dott. Francesco Paolo;

48) il sig. Rampolla Lorenzo fu dott. Francesco Paolo;

49) la signora Polizzotto Giovanna fu Pietro;

50) il sig. Schimmenti Gioacchino di Gandolfo;

51) 1 signori Tumminello Giuseppe fu Gandolfo e Gandolfo di Giuseppe;

52) il sig. Gagliardotto Gandolfo fu Mariano nel nome;

53) il sig. Gagliardotto Salvatore fu Stefano;

54) il sig. Di Martino Gandolfo fu Giuseppe;

55) il sig. Cascio Giovanni fu Santi;

56) il sig. Rubè Luigi fu Luigi;

57) il sig. Mudaro Gandolfo fu Mariano;

58) la signora Fiore Bettina Gioacchino [sic, Gioacchina] fu Giuseppe;

59) la signora Di Martino Gandolfa fu Giuseppe nel nome;

60) la signora Barberi Francesca Paola maritata Perricone;

61) il sig. Albanese Vincenzo fu Domenico nel nome;

62) il sig. Albanese Vincenzo fu Domenico proc. di Filippone Serafino;

63) la signora Cascio Rosa fu Bartolo;

64) il sig. Bonomo Giovanni e Consorti fu Antonino;

65) il sig. Invidiata Sac. Casimiro fu Salvatore;

66) la signora Porcari Teresina maritata Geraci;

67) la signora Porcari Francesca Paola vedova Carini;

68) il sig. Siragusa Mariano fu Gandolfo;

69) il sig. Rampolla Vincenzo fu Salvatore;

70) il sig. Di Martino Vincenzo fu Gandolfo;

71) la signora Bettina Grazia vedova Zafarana;

72) i signori Gagliardo Giovanni e Giuseppe fu Gaetano;

73) il sig. Allegra Vincenzo fu Saverio;

74) la signora Schimmenti Gandolfa vedova Borgese;

75) il sig. Borgese Giovanni fu Giuseppe;

76) la signora Gagliardotto Maria fu Michele maritata Lipani;

77) il sig. Dolce Michele per la moglie Invidiata Eucaristica;

78) la signora Brucato Grazia di Giuseppe;

79) la signora Cascio Ignazia fu Gioacchino ed Armanno;

80) il sig. Sardo Brigerio [sic, Ruggero] fu Angelo;

81) il sig. Mugavero Giuseppe fu Domenico;

82) il sig. Candiino [sic, Gaudiino] Francesco Paolo fu Biagio;

83) il sig. Di Martino Calogero fu Giuseppe;

84) il sig. Sausa Rosolino per Fiore Bettina Rosaria;

85) il sig. Giresi Gandolfo per la moglie Caruso;

86) il sig. Brancato Gioachino fu Gioachino;

87) il sig. Brancato Gioachino fu Erasmo;

88) la signora Trapani Santa fu Antonio;

89) la signora David Teresa e Placa Gandolfo;

90) il sig. Lima Vincenzo Francesco Paolo fu Gandolfo;

91) il sig. Gagliardotto Salvatore fu Francesco;

92) il sig. Battiato Pietro fu Giuseppe;

93) la signora Porcari Michela fu Mariano;

94) il sig. Iraggi Sac. Gandolfo fu Francesco Paolo;

95) il sig. Marotta Carlo Alfonso e figli;

96) il sig. Zafarana Michelangelo Gandolfo fu Vincenzo;

97) il sig. Taravella Giuseppe fu Gandolfo;

98) il sig. Finocchio Giuseppe fu Natale;

99) il sig. Di Fiore Francesco Paolo fu Francesco;

100) la signora Gagliardotto Vincenza fu Stefano;

101) il sig. Mazzola Giuseppe fu Francesco;

102) le signore Bongiorno Maria e Stramera Rosa;

103) la signora Di Fina Sebastiana fu Gandolfo;

104) i signori Rampolla Giuseppe Gaetano fu Stanislao e Alessandro Gaetano Rampolla;

105) la signora Genovese Marietta vedova Trapani;

106) la signora Rampolla Teresa fu Salvatore in Ernesto;

107) la signora Targia Angela vedova Polizzotto;

108) il sig. Giglia Mariano fu Gesualdo;

109) il sig. Salomone Gandolfo fu Michele;

110) il sig. Pantina Gandolfo;

111) Consorzio Acqua Farace;

112) il sig. Borgese Rigoberto fu Santi;

113) il sig. Alberti not. Alfredo fu Ignazio ed altri;

114) il sig. Cascio Francesco fu Bartolo;

115) il sig. Bodagliacca  [sic, Badagliacca] Francesco fu Gandolfo;

116) la signora Faralla [sic, Farella] Giuseppina fu Domenico;

117) il sig. Sardo Mariano fu Michele;

118) il sig. Palizzotto [sic, Polizzotto] Gandolfo proc. di Sellaro Gandolfo fu Lodovico;

119) la signora Glorioso Teresa fu Pellegrino vedova Borgese e Borgese Santi fu Vincenzo;

120) il sig. Gagliardotto Giuseppe fu Stefano;

121) il sig. Porcari Gandolfo fu Mariano;

122) il sig. Brucato Mariano di Rosario;

123) la signora Di Maria Grazia;

124) il sig. Ferrara Michele fu Domenico;

125) la signora Barberi Gandolfa;

126) il sig. Giampapa Santo;

127) il sig. Allegra Salvatore;

128) il sig. Giampapa Gandolfo fu Santo;

129) il sig. Trabunella Vincenzo fu Michele;

130) il sig. Curcio Salvatore fu Mariano;

131) la signora Di Bella Maria Stella fu Salvatore;

132) il sig. Di Martino Gaetano per Badagliacca Lucio;

133) la signora Marzullo Gandolfa maritata Transirico;

134) il sig. Marzullo Giovanni fu Francesco procuratore di Cascio Antonino fu Stefano;

135) i signori Russo Antonina e Siragusa Giuseppe e consorti;

136) la signora Brancato Teresa fu Erasmo;

137) il sig. Invidiata Rosario per Invidiata Emanuele e consorti;

138) il sig. Aiosa Gandolfo fu Pasquale;

139) Consorzio d’irrigazione «Acqua Pietra»;

140) il sig. Carini Salvatore;

141) il sig. Carini dott. Eugenio;

142) la signora Battiati Teresa vedova Carini;

143) il sig. Dominici Nicolò fu Pasquale;

Ritenuto che altra opposizione in data 8 aprile 1926, confermata anch’essa al sopraluogo, venne presentata dal Commissario Prefettizio del comune di Polizzi Generosa, con allegata nota del direttore della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Palermo, a tutela degli interessi agricoli della regione;

Considerato che le opposizioni possono raggrupparsi in due distinte categorie e cioè:

  1. a) opposizioni dei proprietari dei noccioleti utenti delle acque per l’irrigazione, le quali sono le più numerose e pressoché analoghe per la motivazione e sono riassunte nel reclamo del Commissario Prefettizio di Polizzi;
  2. b) reclami dei proprietari degli opifici (molini e centrale Rampolla) azionati con le acque in parola;

Considerato che con le dette opposizioni i reclamanti contrastano anzitutto il carattere di acque pubbliche attribuito alle sorgenti del gruppo Cilio e Sorgitore, affermano che tali acque sono state da tempo asservite per usi irrigui e di forza motrice, che la distrazione di esse per altri usi, porterebbe gravi ed irreparabili danni ai proprietari dei noccioleti che con tali acque sono irrigati; che l’esecuzione di opere di captazione delle sorgenti potrebbe farle scomparire od abbassarle di quota; che sembra esagerato il quantitativo di litri 80 per abitante assegnato alle popolazioni servite dall’acquedotto delle Madonie; ed infine che l’Amministrazione Ferroviaria potrebbe servirsi di altre sorgenti esistenti nel versante di Petralia in sostituzione di quelle di Polizzi;

Considerato nei riguardi delle opposizioni medesime:

1o che le sorgenti del gruppo Cilio-Sorgitore, per l’uso cui sono e potranno essere destinate e per la loro portata in relazione alla regione dove sgorgano, hanno non dubbi caratteri di pubblicità, per cui esse sono state comprese nel 2o elenco suppletivo delle acque pubbliche della provincia di Palermo, approvato con R. decreto 4 Luglio 1929;

2o che indubbiamente l’impiego dell’acqua ad uso potabile per i bisogni dell’acquedotto della Madonie, per un’opera cioè di elevatissima importanza sociale, costituisce un uso di eminente interesse pubblico che non può non essere soddisfatto;

3o che la portata delle sorgenti di Polizzi Generosa consente di addivenire alla concessione del quantitativo d’acqua di litri 90 a secondo occorrente per integrare il fabbisogno del predetto acquedotto, e di evitare o limitare eventualmente, con un migliore e razionale uso della restante acqua, la menomazione delle utenze;

4° che alla reintegrazione dei legittimi diritti dei terzi che eventualmente risultassero menomati o soppressi provvedono le disposizioni di legge in vigore;

5o che non è da temere, e del resto lo dimostrano in modo inoppugnabile i lavori di captazione già compiuti, alcuna dispersione o scomparsa delle sorgenti;

6o che la dotazione unitaria dell’acquedotto delle Madonie, contenuta fra i 50 ed i 100 litri giorno abitante già nel tempo della compilazione del progetto oltre 20 anni fa, deve oggi ritenersi appena sufficiente a corrispondere alle necessità normali della vita igienica, e quindi scarsa in un prossimo futuro per l’aumentare della popolazione servita dall’acquedotto;

7° che pertanto il quantitativo di 90 litri secondo (ivi inclusi litri 4 a secondo di cui già fruisce il comune di Polizzi Generosa) occorrenti per l’acquedotto in relazione ai bisogni cui esso deve provvedere ed alla loro indubbia futura estensione, non è per nulla eccessivo;

8° che la captazione delle sorgenti Cataratte, del versante di Petralia, non è ammissibile, perché queste sorgenti trovansi a quota troppo bassa rispetto all’acquedotto, perché la loro limitata portata non consentirebbe allacciandole, di rinunciare alle sorgenti di Polizzi, e perché peraltro la captazione di esse non mancherebbe di dar luogo alle stesse rimostranze che si hanno nel versante di Polizzi;

Visti i successivi [sic] memoriali del Sindacato Fascista Agricoltori di Polizzi Generosa in data 9 agosto 1930, del Commissario Prefettizio del Consorzio fra gli utenti delle acque di Polizzi Generosa in data 11 settembre 1930, con i quali in sostanza si chiede che con la concessione dell’acqua per i bisogni dell’acquedotto delle Madonie si faccia obbligo alle Ferrovie dello Stato di contribuire con lauto concorso alle opere necessarie alla conservazione delle utenze irrigue e di forza motrice, e il memoriale 26 novembre 1930 del dott. Luigi Rampolla con cui si chiede che l’obbligo di dette opere sia imposto alle Ferrovie dello Stato;

Considerato circa tale richiesta che all’Ente concessionario non può essere imposto altro obbligo che quello di indennizzare le eventuali menomazioni o soppressione dei legittimi diritti, che siano stati e saranno per essere riconosciuti ai sensi del T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove per l’attuazione delle opere necessarie a conseguire un razionale uso delle acque disponibili, il costituito Consorzio degli utenti delle acque di Polizzi potrà valersi delle provvidenze di legge;

Ritenuto che con atto notificato il 23 settembre 1935 il dott. Luigi Rampolla (a cui il diritto d’utenza è stato riconosciuto con decreto Ministeriale 5 agosto 1935, n. 5303), ha chiesto che sia respinta la domanda dell’Amministrazione Ferroviaria per mancata presentazione da parte di queste del piano di razionale sistemazione dell’uso delle acque residue e, subordinatamente, che si sospenda il provvedimento di concessione fino a quando esso Rampolla non sia reintegrato dell’energia di cui verrebbe privato;

Ritenuto che con atto successivo notificato il 3 ottobre 1935 il dott. Rampolla ha chiesto che, nel caso di concessione, venga computata la portata di concessione e stabilito il controllo di questa secondo i criteri da esso indicati, venga fatto obbligo di provvedere alle opere necessarie per ottenere la più razionale utilizzazione dell’acqua affinché questa si renda sufficiente per l’irrigazione e per l’uso industriale, che sia fatto obbligo al concessionario della sostituzione, in favore dell’istante, di tutta l’energia che l’acqua da concedere è capace di dare, che sulle modalità della concessione sia sentito l’istante prima dell’emissione del provvedimento;

Considerato in merito a tali richieste che la pretesa inadempienza dell’amministrazione Ferroviaria non sussiste, non essendosi ritenuto ad essa pertinente lo studio e l’attuazione del piano di utilizzazione suaccennato, che nella presente sede è soltanto da stabilire, come è stato stabilito, l’obbligo del concessionario di indennizzare, nei modi di legge le eventuali menomazioni o soppressioni delle legittime utenze in dipendenza della concessione che il dott. Rampolla durante l’istruttoria pubblica e anche successivamente ha già esposto le sue opposizioni e richieste in ordine alla chiesta concessione, che infine lo statuire circa i limiti e le modalità della concessione spetta all’Amministrazione concedente;

Che pertanto le suaccennate eccezioni e richieste sono inattendibili;

Considerato che con decreto Ministeriale 24 febbraio 1926, n. 1179, l’ente concessionario essendo stato autorizzato, in via provvisoria, ad eseguire i lavori di captazione delle sorgenti Pietà e Cilio, da tale data va fatta decorrere la durata della presente concessione;

Considerato che la concessione è esente da canone per il quantitativo di litri secondo 82,80 destinato ad uso potabile dei Comuni a condizione che questi distribuiscano gratuitamente l’acqua agli abitanti, mentre per la restante parte di litri secondo 7,20 occorrente per i bisogni ferroviari, va soggetta al pagamento del canone;

Vista la domanda 15 febbraio 1929 del comune di Polizzi Generosa intesa ad ottenere la concessione di derivare ad uso potabile dalla sorgente Pietà in località Sorgitore del territorio del detto Comune, litri 6 a secondo d’acqua;

Ritenuto che con provvedimento ministeriale 21 marzo 1929, n. 3421, il detto Comune fu autorizzato in via provvisoria a derivare litri 4 a secondo di acqua dalla cennata sorgente, valendosi, giusta accordo di massima intervenuto tra il Comune stesso e l’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, di un tratto dell’acquedotto delle Madonie;

Che tale quantitativo di litri 4 a secondo, unito ai due litri a secondo derivati dal Comune dalle sorgenti Sanguisughe, è sufficiente alle necessità potabili del Comune medesimo;

Considerato che addivenendosi alla concessione a favore delle Ferrovie dello Stato dei 90 litri secondo di acqua, comprensivi dei litri secondo occorrenti per l’approvvigionamento idrico di Polizzi Generosa, non ha più ragione d’essere la concessione chiesta direttamente dal Comune e quindi non è il caso di dare ulteriore corso alla suddetta domanda 15 febbraio 1929 del Comune di Polizzi Generosa;

Visto il disciplinare sottoscritto dall’ing. Lorenzo Caracciolo ispettore capo sezione lavori Ferrovie dello Stato del Compartimento di Palermo nella rappresentanza dell’Amministrazione Ferroviaria in data 8 novembre 1932-XI presso l’Ufficio del Genio Civile di Palermo, repertorio n. 121, contenente gli obblighi e le condizioni cui deve essere vincolata la concessione;

Visto il disciplinare suppletivo sottoscritto dall’ing. Antonino Manno ispettore capo superiore capo sezione delle Ferrovie dello Stato del Compartimento di Palermo, nella rappresentanza dell’Amministrazione Ferroviaria in data 6 novembre 1935-XIV, presso l’Ufficio del Genio Civile di Palermo, repertorio n. 265, contenente integrazioni degli obblighi e condizioni risultati dal precedente disciplinare; Visto il parere n. 2141 emesso dalla 3a Sezione del Consiglio Superiore dei LL. PP. nell’adunanza del 28 gennaio 1931 della assemblea generale del detto Consiglio Superiore;

Vista la nota 27 dicembre 1933, n. 3/174457/9-0 di S. E. il Ministro delle comunicazioni;

Visto il Testo Unico di leggi sulle acque e sugli impianti elettrici approvato con R. decreto 11 dicembre 1933, n. 1775; Di concerto col Ministro delle finanze;

Decreta:

Art. 1. – Respinte le opposizioni e salvi i diritti dei terzi, è concesso alle Ferrovie dello Stato di derivare dalle sorgenti dei gruppi Pietà e Sorgitore site nelle località omonime del territorio di Polizzi Generosa (Palermo), mod. 0,90 (litri secondo novanta) d’acqua e precisamente litri 10 a secondo dalla sorgiva Nuova, litri 50 a secondo dalla sorgiva Pietà Grande, litri secondo 8 dalla sorgiva Urra, litri secondo 12 dalla sorgiva Cilio e litri secondo 10 dalla sorgiva Pietrà [sic, Pietra], allo scopo di integrare la portata occorrente per l’acquedotto potabile delle Madonie di uso promiscuo delle Ferrovie e di alcuni Comuni delle provincie di Palermo e di Caltanissetta.

Art. 2. – Nella suddetta complessiva portata di 90 litri secondo sono compresi litri 4 a secondo per l’approvvigionamento potabile di Polizzi Generosa. La concessione è accordata per anni trenta successivi e continui decorrenti dal 24 febbraio 1926, subordinatamente all’osservanza delle condizioni contenute nei citati disciplinari 8 novembre 1932 e 6 novembre 1935 e verso il pagamento del canone annuo di lire 14,40 (lire quattordici e cent. quaranta) afferente al quantitativo d’acqua utilizzata dall’Amministrazione Ferroviaria per i suoi servizi. Art. 3. L’introito della suindicata prestazione annua sarà imputato al cap. 11, art. 1, dello stato di previsione dell’entrata pel corrente esercizio finanziario e ai capitoli corrispondenti per gli esercizi futuri.

L’ingegnere capo del Genio Civile di Palermo è incaricato della esecuzione del presente decreto.

Roma, 13 gennaio 1936 – anno XIV.

Il Ministro: Cobolli-Gigli

ESTRATTO DEL DISCIPLINARE

(omissis)

Saranno a carico dell’Ente concessionario eseguite e mantenute tutte le opere necessarie, sia per attraversamenti di strade, canali, scoli e simili, sia per le difese delle proprietà e del buon regime dei corsi di acqua in dipendenza della concessa derivazione, tanto se il bisogno delle dette opere si riconosca prima di iniziare i lavori, quanto se venga accertato in seguito.

Avrà altresì l’Ente concessionario l’obbligo di indennizzare le eventuali menomazioni o soppressioni di legittimi diritti che saranno per essere riconosciuti agli attuali utenti delle predette acque.

(Omissis). L’ingegnere capo del Genio Civile di Palermo;

F[austino]. Martelli

 

Nella foto: la sorgente Urra (da Ministero dei Lavori Pubblici – Servizio Idrografico, Le sorgenti italiane. Sicilia, vol. II, Servizio Idrografico di Palermo. Ist. Poligrafico dello Stato, Roma 1934, p. 115).