Nell’aula consiliare presentato il libro lirico di Carlo Rao “Alma Cerda”

0
1103

Carlo Rao è nato a Cerda, artista siciliano, pittore, poeta, autore teatrale ed eclettico intellettuale che oggi vive e opera a Treviso. Lo stesso Carlo inizia il libro “Alma Cerda” con dei versi, che definiremo un’auto presentazione, infatti l’incipit recita: “Sono nato in un paese dove la memoria rivestiva di sale le rare rose. Li tra richiami di ginepro ed oleandri fanciulle dagli occhi pervinca bruciavano in fazzoletti di madreperla innocenti leggende e domeniche d’ardesia”.

E ancora, scrive della sua biografia, che fa trasparire la padronanza drammaturgica, la padronanza della scrittura e di come intende la vita e l’esistenza sua e degli uomini tutti. Parole che vanno oltre la descrizione personalistica della propria nascita ma specchio universale della condizione umana. Parole non per niente rassegnate, e il curriculum di Carlo Rao ci dice che nella sua vita a niente si è rassegnato ma semmai ha fatto fruttare i suoi numerosi talenti. Leggiamoci l’universalità della condizione umana: “Mica si sceglie dove e quando nascere!… / Zac!, un bel giorno arrivi. / Con indosso una data, una geografia, un nome. / E mica puoi farci nulla, quello che ti tocca, ti tocca!

Manco te ne accorgi, anzi. / Ci sei già. / Ti Può capitare, che so, Zanzibar, uno sperduto paese dell’Australia, una vallata della Cina o del Giappone. / E che dici: scusate, voglio cambiare zona, preferirei un porto di mare?”

E come non può non fare un attore di esperienza, esordire con una immediata ‘captatio benevolentia’, per bucare istantaneamente, nella performance, la “quarta parete”.

Carlo Rao, ha lavorato e collaborato, tra l’altro, per diversi anni con Ugo Pagliai e Paola Gassman. Enza Pedone ricorda le parole del maestro Ugo Pagliai che dice di Rao: “Desidero innanzitutto sottolineare la cultura di Carlo,  la capacità di analisi, il rigore, la coerenza delle scelte, la sua energia, la sua passione dell’impegno civile, lo studio continuo, l’abitudine a progettare e a verificare. Questo l’ho sperimentato di persona. bastava un viaggio la sera, a raccontargli di dare uno spettacolo o di un autore e immediatamente veniva fuori la sua grande cultura, pronto a tirar fuori le idee, personaggi, citazioni, testi, pagine per dare corpo a quell’idea.”

Mentre Benedetta Parisi afferma: “Della genesi di quest’opera [quello che mi ha colpito è…] stato quel senso di amore e di riconoscenza verso questa terra e questo amore che l’ha sempre condotto a fare il ritorno a Cerda, perché è una tappa fondamentale durante l’arco dei trecentosessantacinque giorni all’anno. La tappa fondamentale in cui si fa un viaggio emozionale, un viaggio emozionale attraverso i ricordi attraverso i luoghi, attraverso i suoni e attraverso quelle sfumature di colori, attraverso la lingua e quella lingua che è rimasta sempre intatta, perché nonostante gli anni e i decenni trascorsi al Nord, è rimasta sempre intatta la cadenza quando si parla in siciliano nel senso forte del termine. […] Non è semplicemente un tuffarsi nei ricordi, trasportare per mano chi è che legge, attraverso un viaggio fatto di personaggi tipici che tutti conosciamo che hanno fatto la storia attraverso i racconti dei nostri avi, è il racconto della targa Florio visto dagli occhi di un ragazzo, un ragazzo speciale perché un ragazzo sognatore che riesce a vedere al di là del proprio naso, che riesce a vedere la vita sotto un altro profilo […] gli occhi di un educatore perché quello che emerge dall’opera non è semplicemente il viaggio dei ricordi ma è un viaggio attraverso i valori da tramandare a chi è che legge, perché il filo conduttore è sì l’amore ma c’è anche un altro grande amore: l’amore per la legalità”.

Salvina Cimino dice: “Alma Cerda è un’opera articolata in due sezioni ben distinte: nella prima sezione si dà inizio ad un viaggio che entra direttamente nel cuore di Cerda; per poi iniziare a spaziare verso i temi più ampi [che comunque] restano fortemente legati al doppio nodo, a quel filo conduttore che riconduce alle radici […] a questo viaggio emozionale [del] maestro Carlo Rao.”

Il professor Cruciano Runfola, presidente di Fables, dice in maniera un po’ poetica, riguardo il libro che Carlo Rao scrive e dedica alla sua Cerda: “La memoria in Alma Cerda è salata come le lacrime, e i ricordi si confondono tra richiami di profumi ed immagini vivide.  […] La terra è parte del poeta, come le sue memorie più vive  sono impresse in ogni pietra, albero, strada e angolo di Cerda. Un amore profondo e viscerale,  che fa male, che ha fatto male, nel sentirsi tanto lontano. Un patrimonio da preservare e onorare,  anche e soprattutto attraverso le sue storie e le sue leggende. E allora Carlo scrive di usanze e tradizioni, di pilastri e di campioni. Scrive di leggende di un tempo ormai perduto, nella speranza che, grazie a quelle righe, il suo ricordo possa ancora risuonare forte. La vita viene immaginata come un sogno, forse un cristallo, una melodia, piaga e miele. Un viaggio senza biglietto di ritorno, come una rosa che punge e infiora nel suo fiorire irriverente”.

Carlo Rao pittore l’ha conosciuto e apprezzato pienamente, anche, la sua città natale, quando nel 2014 regala trentasette sue opere: “una pittura quella di Carlo Rao in cui  c’è, scrive Brandolino Brandolini D’Adda, una «costante ossessione amorosa del colore […] ed il colore è il mondo entro cui Rao ordina e regola con infinita  preziosità e coerenza i segni della sua poetica»”.

Paola Gassman, commenta: “Vorrei notare, da donna, che ciò che mi stupisce è la femminilità di questi quadri, il femminile sensuale ma gentile in cui la donna diventa, quasi, una donna di lontane geografie, presenza assorta e nostalgica, luogo di contemplazione e turbamento; penso tuttavia che la pittura di Carlo […] proprio per quel raffinato gusto dell’impasto della materia, deciso ma delicato, si muove costantemente sul filo di una sensibilità emozionale al femminile per la grazia degli accostamenti cromatici e delle altissime sfumature del colore”.

Questo è un invito a leggere “Alma Cerda”, un testo pirotecnico, umoristico, struggente, istruttivo che ricorda Dario Fo, Ciccio Busacca e, anche, un po’ Mattia Torre.

Santi Licata