Castelbuono, la poesia come una vela nell’ultima raccolta di Santo Atanasio

0
611

È la poesia una vela che solca tutto il mare, / nella foschia dilegua, all’orizzonte, / e poi rientra in porto, lacerata, / ma di semi di vita e di bellezza /  ̶  ombra e sole  ̶  strapiena e sorridente.

Bella, profonda e potente questa definizione della poesia: parole che hanno la forza dell’arte visiva, che ci mostrano la vela come in una pittura impressionistica in cui tutto è evanescente, sfumato, indefinito, dileguante nella foschia, perché più che la realtà viene rappresentata l’emozione, l’impressione: allora la vela che solca il mare traghetta verso i luoghi più nascosti dell’animo umano. Per citare Giuseppe Ungaretti, è come se si trattasse di un viaggio in quel porto sepolto che è in ciascuno di noi, da cui il poeta riemerge e disperde i suoi canti. In questo caso, la vela torna in porto, lacerata dalle tempeste che ha dovuto affrontare, ma arricchita “di vita e di bellezza”. La poesia, dunque, è come una vela perché la lirica di Santo Atanasio è la vita, con tutte le sue contraddizioni, con gli aspetti laceranti e quelli rasserenanti.

La raccolta Cento poesie nuove e varie (Gilgamesh Edizioni, 2022) del poeta di Castelbuono attraversa come una vela tutte le fasi e le esperienze esistenziali, gli umori di una vita, dalla giovinezza alla maturità, alla vecchiaia, con tutte le necessarie metamorfosi, non tanto esteriori, quanto interiori, perché pur nella continuità e nelle costanti di ogni esistenza, ci si trova sempre a dover fare i conti con il tempo e con la distanza del proprio vissuto e ci si sorprende a “frugare nei ricordi…” e a ridere di se stessi dal momento che non è possibile “rinverdire gli anni ebbri di voli”. Il verbo frugare dà il senso di una ricerca affannata, come quando in un cassetto si cerca qualcosa, spostando compulsivamente gli oggetti qua e là: si tratta dei cassetti dell’anima, dove si esplora alla ricerca di ciò che ormai è perduto per sempre e non resta che prendere coscienza con un sorriso amaro che non è possibile riavvolgere il nastro della vita e che gli anni pieni “dei più bei sogni” appartengono ad una fase ormai lontana.

Però, “oltre questa vecchiaia” che conduce ad una “pace austera”, c’è sempre la possibilità di un “sogno mattutino / di vivere altra ardita primavera”, e i pensieri possono diventare “farfalle” e il cuore può spalancarsi “al sogno di un domani / arcobaleno e sole, / oltre gli abissi cupi del dolore” e “la notte a volte è amica” perché “raggiungo me / segretamente – dove e come ero”.

I diversi e, spesso, contrastanti sentimenti del poeta sono sempre affiancati, in maniera complice, dalla natura e dal suo perenne ciclo autunno–primavera, inverno– estate, con contrasti ora lievi e sfumati ora forti ed evidenti. Così, negli “alberi nudi e bruni […] assorti nel torpore / dell’inverno imminente” il poeta riconosce la sua stessa ferita, senza abbandonare la speranza che sarà linfa “forse, domani” e nuovo vigore per una rinascita, come accade a gennaio ad “un passero che sogna, / becchettando giulivo qualche gemma, / l’imminente sorriso / bianco-roseo dei fiori” o ai “pampini novelli” che “sorridono in sogno / ai grappoli d’uva – futuri”.

Passato e futuro, dunque, si rincorrono, con il carico di ricordi e di attese, di rimpianti e di speranze, in un presente in cui talvolta affiora il senso della solitudine, con la presenza dei luoghi in cui il poeta non è stato: “So che li porto in me, sacre reliquie”, luoghi tanto amati tra realtà e immaginazione che “assetano di luce, / di tempo- canto, leggerezza, amore”.

E poi il vento… il vento improvviso che fa sussultare, che scompagina tutto, nel cuore della notte e che in un lampo svela che “tutto ciò che un tempo / era gioioso e si mostrava eterno” in realtà “si sarebbe rivelato / vano miraggio”: versi intensi che attraversano tutta la produzione poetica italiana, da Petrarca a Leopardi a Pascoli, in una sintesi perfetta ed efficace, perché la vita ci offre “poche delizie, e brevi, / frammiste a mille morti, / così ostinate / da non morire mai / del tutto”.

Qual è il senso della poesia, di quella vela che attraversa tempeste che la lacerano e che rientra in porto “ricca di vita e di bellezza”?

Emozioni lasciate nel profondo

senza parole, né colori o aromi…

Restano informi lì, finché il poeta

gli dà, paziente e gaio, vera vita

di grazia e meraviglia illuminandole –

per arricchirci dentro.

Ecco il senso della poesia anche nella nostra società complessa e, spesso, brutalmente prosaica: illuminare di grazia e meraviglia le emozioni che giacciono nel profondo e che attendono di essere portate in superficie, in un viaggio interiore che è il più complesso e irto di pericoli, ma che Santo Atanasio sa compiere con la purezza dei suoi versi, la cura del suo stile, l’eleganza ricercata ma mai artificiosa. La poesia è rigore, attenzione, misura, metrica per conseguire quella bellezza che abbia l’apparenza della spontaneità e dell’illuminata intuizione.

La raccolta Cento poesie nuove e varie rivela già nel titolo l’intento di abbracciare tutte le note che compongono le melodie della vita, e ciò risulta ancora più evidente nei titoli delle nove sezioni che la compongono: In memoria, trittico per mia madre (in memoria), al mio borgo e ai suoi dintorni, guerra, lutti, restrizioni, ecologiche, un acrostico, un telestico, con fede, arte poetica, poesie varie.

Ai lettori è offerta la possibilità di scegliere un proprio percorso tra le poesie di Santo Atanasio e di veleggiare tra i suoi versi per tornare in porto, nonostante le inevitabili lacerazioni, con la vita tramutata “in luce, / in bei sorrisi, in canti, / in rondine leggera  ̶  / per farsi eternità”.

Rosalba Gallà