San Giuseppe: numerologia e misteri ritualistici

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San Giuseppe è un santo molto amato. È il protettore di diverse categorie di artigiani: falegnami, ebanisti, carpentieri, operai, ma anche di professionisti come i procuratori legali.

È anche protettore degli umili, dei senzatetto, dei diseredati, dei moribondi e, in quanto padre putativo di Gesù, è il santo patrono di tutti i papà, per la sua ricorrenza è stata istituita la “festa del papà”. Viene anche festeggiato il primo maggio, festa dei lavoratori.
Sono molti i paesi siciliani che lo hanno eletto come loro Santo Patrono o Protettore e sono ancora di più quelli in cui viene festeggiato, con riti popolari dal forte significato simbolico.
Nei vangeli canonici si parla poco di lui, non così in quelli apocrifi dove il racconto della sua vita, del suo matrimonio con Maria e del rapporto con il figlio, trova ampia descrizione. Vita del Santo che è narrata negli apocrifi  “Protovangelo di Giacomo”, nel “Vangelo di pseudo – Matteo” e in “Storia di Giuseppe il Falegname”.
È in tale apocrifo che possiamo scoprire il perché di tante usanze popolari. Pratiche devozionali  in onore del Santo che traggono origine dal racconto che Gesù fa ai suoi apostoli, sul monte degli Ulivi, dell’agonia di Giuseppe e delle promesse che rivolge al padre morente. È proprio attraverso questa narrazione che possiamo comprendere il valore intrinseco della diffusione del nome Giuseppe, del perché di determinati riti popolari che spaziano dalle cosiddette Tavolate, Mense, Cene, agli Altari, al Pane votivo e alla Minestra calda.
Gesù promette in quella circostanza a san Giuseppe che
– ogni uomo che nella ricorrenza della sua morte farà offerte sarà benedetto e ricompensato pubblicamente,
– chiunque darà da mangiare ai poveri, ai mendicanti alle vedove e agli orfani, faticando con le sue mani, finché avrà vita “non sarà privo di beni”
– chi nel nome del padre morente, darà da bere un bicchiere d’acqua o di vino a una vedova oppure a un orfano “io lo affiderò a te affinché tu faccia ingresso con lui nel banchetto dei mille anni”
– Chiunque in nome del padre farà donazioni “gli renderò il trenta, il sessanta e il cento per uno”.

La grande diffusione del nome Giuseppe, pare sia direttamente dipendente dalla promessa di Gesù rivolta al povero che non può dare da mangiare o da bere ai bisognosi, agli orfani o alle vedove, dispone infatti che: “é necessario che qualora gli nasca un figlio gli dia il nome Giuseppe. Così in quella famiglia non vi sarà mai in eterno miseria né morte improvvisa”.
Racconto, quello contenuto nell’apocrifo “Giuseppe il Falegname”, tramite di una profonda umanità che rende simili gli umani e i divini affetti. Gesù concluderà il suo racconto confidando ai suoi discepoli: “piansi per lungo tempo la sua morte” e ancora “O morte che rendi caduca ogni scienza e susciti così tante lacrime e grida!” Descrizione degli ultimi momenti di vita che vedono il padre e il figlio uniti nell’abbraccio che è contemporaneamente unione, testimonianza di amore, estrema manifestazione di terreno dolore del distacco. Narrazione che testimonia il rispetto, l’amore e la devozione di Gesù nei confronti del padre putativo e fa comprendere il perché la figura del Santo abbia, da sempre, riscontrato l’ammirazione e l’amore dei fedeli.
La devozione popolare al Santo trova testimonianza a Nazareth nel 670, ad opera del Vescovo della Gallia, Arculfo, durante il suo pellegrinaggio nella Terra Santa. Dedizione che è molto viva in Oriente nel IX secolo, ma bisognerà aspettare il secolo dopo per la sua affermazione anche in Occidente. Un Santo molto caro ai monaci Benedettini, Servi di Maria e Francescani. I primi a festeggiare il 19 marzo, agli inizi del secolo XI, furono i Benedettini seguiti, tre secoli dopo, dagli altri due ordini.
Al Concilio di Costanza, dal nome della città tedesca in cui si svolse dal 1414 al 1418, in un momento di grande confusione per la Chiesa che aveva tre Papi: Gregorio XII a Roma, Benedetto XIII ad Avignone e Giovanni XXIII a Pisa, tra i grandi temi trattati, inerenti lo scisma in atto, venne discusso e approvato il culto di san Giuseppe. Quattrocento anni dopo, nel 1870, san Giuseppe verrà dichiarato da Papa Pio IX: “Santo Patrono della Chiesa Universale”. Pio XII, il 1° maggio 1955 istituiva la festa di San Giuseppe Artigiano, con il dichiarato intento che “da tutti si riconosca la dignità del lavoro, e che questa ispiri la vita sociale e le leggi, fondate sull’equa ripartizione dei diritti e dei doveri”.

San Giuseppe era un vecchio con la lunga barba bianca e per di più bisognoso di reggersi in piedi appoggiandosi su un bastone? Oppure era giovane e aitante?
I vangeli apocrifi lo descrivono come un vecchio, ma tale tesi è stata confutata da Papa Giovanni Paolo II che, durante un’udienza svoltasi nella Sala Paolo VI in Vaticano nel mese di agosto del 1996, ha dichiarato: «San Giuseppe? Non era mica una persona anziana quando sposò la Madonna. Sin dai primi secoli del cristianesimo è stato sempre immaginato come un vecchio. Invece è assai probabile che non sia stato così»; alla stesso Papa, proclamato Santo si deve anche l’Enciclica Redemptoris Custos, del 1989, sulla figura e la missione di San Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa.
Ed ora l’attuale Papa della Chiesa Cristiana Cattolica, rende omaggio al Santo. Papa Francesco ha, infatti, indetto il 2021 “Anno di San Giuseppe”, per celebrare il 150° anniversario della proclamazione di San Giuseppe a Patrono della Chiesa universale.
In conclusione: l’autore dell’apocrifo “Storia di Giuseppe il falegname” fa, inoltre, una ricognizione matematica dei numeri che attengono i fatti importanti della vita di Giuseppe, Maria e Gesù, dove i numeri sono tramite di conoscenza al di là dei fatti narrati e dove tutto riconduce al numero 3, numero che, per eccellenza, è la rappresentazione della Trinità Divina. Solo per fare qualche esempio: Giuseppe è morto a 111 anni. La somma dei numeri semplici che compongono tale numero è il 3. In quel momento Gesù ne aveva 18, e sommando 1 e 8 otteniamo 9. ossia l’elevazione a potenza del 3. Maria entrò a vivere nel Tempio a 3 anni, ne uscì a 12 ed è sommando i due numeri semplici che torniamo a ottenere 3. Gli anni in cui rimase al tempio furono 9. Quando Maria partorì il figlio Gesù aveva 15 anni, e la loro somma è il doppio di 3. sono solo alcuni esempi di risoluzione dei messaggi numerologici contenuti nell’apocrifo, che ci conducono costantemente al numero 3.
Sara Favarò