Da Villa Branciforti a Palazzo Butera

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La piana della Bagaria per quasi un secolo dominata ancora dalla Villa Branciforti, continua ad attrarre contadini, che lavorano nelle campagne attigue date a censo, come i dammusi dove vivono.

Giuseppe Branciforti  alla fine del Seicento, designa prima della sua dipartita, erede particolare il nipote Nicolò Placido II, figlio del fratello Francesco.
Nicolò Placido II Branciforti ereditò dalla nipote Giulia Caraffa, figlia di Agata Branciforti-Caraffa,  (il principato di) Butera nel 1703. (Nino Pisciotta, I Branciforti) Morto nel 1723, a lui succede la figlia Caterina che tra i vari titoli  e proprietà acquisisce anche quelli relativi alla nostra Piana.
Caterina erede del principato di Butera e Niscemi, sposa Ercole Michele I Branciforti, che Il 21.12.1713  ebbe consegnato, quale I° barone del regno e capo del braccio militare, lo stendardo reale dal nuovo re di Sicilia Vittorio Amedeo di Savoia, (I Branciforti op. cit.).  La politica europea, infatti, aveva subito dei cambiamenti e nonostante per tre secoli la Sicilia fosse stata sotto il dominio Spagnolo, la guerra di successione portò la
nostra isola ad essere assegnata ai Savoia.
Nel 1714, Vittorio Amedeo duca di Savoia viene incoronato re di Sicilia.
Salvatore Branciforti, figlio di Ercole Michele I e Caterina Branciforti, riesce a far soggiornare il nuovo re e il suo seguito, nella sua villa di Bagheria. Lo sfarzo e la magnificenza del luogo, fanno si che tutta la nobiltà, decide di avere una residenza estiva, in queste zone. Le casene, le torri, le masserie vengono ampliate ed abbellite per rafforzare il prestigio dei loro signorotti. Nascono: Villa Palagonia, Villa Trabia, Villa Valguarnera, Villa Arezzo, Villa Inguaggiato, Villa San Cataldo, Villa Larderia,  Villa VillaRosa, Villa Aragona, Villa Rammacca, Villa Serradifalco, Villa Roccaforte, Villa Cattolica.
Proprio il principe di Cattolica che costruisce a valle la sua Villa, oggi Museo Guttuso, riesce successivamente a far deviare un tratto della vecchia consolare, facendo si che passi in prossimità della sua proprietà.
La villa Branciforti che fino ad allora aveva dominato la Piana, contribuendo alla formazione del borgo intorno ad essa, si trova di colpo decentrata rispetto alla nuova Consolare e non è la sola. Le ville che si erano man mano costruite intorno, con orientamenti privilegianti le ragioni di godimento visivo, ma tenendo certamente in conto la realtà che era fino ad allora in atto, subiscono la stessa sorte della prima villa e del villaggio attorno.
Il pronipote del fondatore, Salvatore Branciforti p.pe di Butera, in accordo con gli altri nobili, decide di tracciare un asse rettilineo che da monte congiunga il borgo alla consolare a valle. Nasce così lo “Stratone” oggi denominato Corso Butera. È in questa fase che la Villa si trasforma in Palazzo di città. La nuova facciata scenografica rivoluziona plasticamente l’assetto originario.
Il rimodernamento della Villa è totale, gli ingressi dalle due torri, vengono soppiantati da due fornici in corrispondenza delle corti interne, sulla nuova facciata, che farà da fondale scenografico al lungo viale rettilineo.
La poetica barocca del rettifilo culminante in un point de vue  monumentale veniva riaffermata in questo modo, dando al piano di Bagheria, l’unico della Sicilia, una modernità e attualità ai tempi nei quali veniva tracciato, e confermava la cultura di derivazione francese della classe aristocratica che lo aveva promosso (Boscarino- Sicilia Barocca, Architettura e città 1610-1760).
L’ampliamento del corpo settentrionale, comportò la sopraelevazione delle terrazze esistenti  sulla testata e l’apertura del cortile antistante che divenne accesso principale al palazzo. Sul prospetto  al centro, verrà allocato lo stemma familiare con il leone rampante, che regge tra le zampe mozzate lo stendardo, mentre la marcatura orizzontale imposta dal lungo balcone riequilibrerà il mancato allineamento dell’edificio preesistente con il tracciato del rettifilo.
Palazzo Butera, già Villa Branciforti, riconquisterà il predominio urbanistico sulla città a venire e non lo lascerà mai più.
Iniziato da Giuseppe Branciforti-Butera, il rammodernare del Palazzo-Villa, verrà proseguito dal figlio Ercole Michele II.
A lui si deve con ogni probabilità il sontuoso decoro del salone delle feste, inteso volgarmente sala del Borremans, poiché la raffinata fattura aveva fatto presupporre che ne fosse l’autore, ma uno studio più attento, ha portato a pensare ad una scuola a lui affine.
La sala di forma quadrangolare, ha alle pareti scene paesaggistiche e raffigurazioni a trompe d’oile di figure raffiguranti la Giustizia, la Letteratura, la Matematica, la Pittura.
La volta è interamente affrescata da un vortice di figure mitologiche che si affacciano su una balaustra articolata. Al centro, … campeggia la figura di un uomo ricoperto da una armatura che accoglie un personaggio rivestito solo di una pelle di leone e mostra nella mano tre pomi d’oro, accompagnato dalla ninfa Urania (Rosanna Balistreri – Alchimia e architettura, un percorso tra le ville settecentesche di Bagheria)
Trattasi certamente del mito di Ercole, se ne ravvedono infatti, attorno, le fatiche da lui superate. Individuabili sono, oltre la pelle che indossa e i tre pomi che tiene in mano; la figura dell’Idra di Lerna; il serpente dalle nove teste di cui una immortale; il cane Cerbero a tre teste; la cintura di Ippolita. In questo scenario, oggetto di studi e di supposizioni ancora a venire è la giovane figura anomala vestita  con abiti alla turca.
Nasce ad opera di Ercole Michele, anche il giardino all’italiana, che verrà contrapposto alla nuova facciata, sulla quale nell’Ottocento, sotto lo stemma, verrà collocato un orologio, tuttora funzionante.
Tagliato in quattro parti da due grandi viali ortogonali, a loro volta intersecati da diagonali, il giardino si fregiava al centro di una bella fontana con la statua dell’abbondanza, opera del Marabitti. La flora era costituita da  olmi, cipressi, mirti, alternati agli elementi in pietra. In fondo alla flora, a confine della proprietà, venne costruito un Convertino della Trappa o comunemente chiamato Certosa, di cui parleremo nel successivo articolo.
Maria Giammarresi

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