L’artista termitana Loredana Lo Nero realizza nella piazza principale di Floresta un murales di 80 mq

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E’ stato inaugurato oggi il murales più alto di Sicilia. Si trova a Floresta, un paese della provincia messinese. A realizzarlo l’artista termitana Loredana Lo Nero, in collaborazione con Mario Giuca, anche lui di Termini Imerese.

Loredana è laureata all’accademia di belle Arti di Palermo ed inizia ad insegnare storia dell’arte in diverse scuole, apre uno studio artistico e le sue produzioni vengono subito apprezzate dagli addetti ai lavori; espone in diverse mostre nazionali ed internazionali, ottenendo premi e riconoscimenti. Nel 2016 espone ai grandi magazzini Harrods di Londra una linea ispirata alle decorazioni del carretto siciliano. Riceve ordinazioni delle sue opere in negozi e gallerie d’arte e da collezionisti da tutta Italia, Europa e in America.
Da vent’anni è Direttore Artistico e presidente della cooperativa Sociale “Cantiere delle idee”. Presente nell’attuale direttivo Rotary l’artista ha realizzato progetti di sevizi per la sensibilizzazione e la prevenzione dei tumori al seno, per la promozione del territorio, contro la violenza alle donne e per la promozione della cultura.
L’ultima opera di 80 mq ha il titolo “Sulla strada per Floresta” ed è stata voluta dall’Amministrazione comunale. L’idea che ha ispirato la creazione del murale era quella di poter raccontare ed esaltare i beni culturali ed ambientali del territorio, le risorse, la storia e le tradizioni, cioè le cose su cui si basa l’identificazione di una comunità ed il senso di appartenenza: la strada è la metafora della vita e delle scelte dell’intera comunità.
La realizzazione del murale di 80 mq allestito nella piazza Principale del paese è stata pensata per offrire al cittadino ed al turista una particolare accoglienza e evocare lo spirito di appartenenza alle radici del proprio territorio, infatti il dipinto rappresenta il fitto districarsi delle case del centro tra stradine e tetti scoscesi, ma si apre all’orizzonte delle vaste vallate che contraddistinguono il territorio circostante, volendo identificare ancora di più all’orizzonte la visuale, molto cara agli abitanti di Floresta, dell’Etna.
Oltre ad essere il comune più alto della Sicilia, Floresta offre inoltre incantevoli percorsi naturalistici ai turisti, mete oggigiorno sempre di più ambite da ciclisti, motociclisti runners e pellegrini; e il murale, in primo piano, mette in evidenza una strada, una via, la strada che ogni pellegrino segue, il percorso che ogni runner rincorre, il sentiero che ogni uomo percorre. Ecco che il murale assume un significato universale: non è soltanto la strada e i vicoli dove ogni abitante di Floresta si identifica, ma è la via di ogni uomo, a volte tortuosa e impervia, a volte pianeggiante e accogliente, infinita di cui è impossibile scorgere la fine. Porta a case piene di gente e di storie, ma porta anche in fitti boschi, e in vallate ricche di frutti; la strada è lì, al centro del murale. È il “leitmotiv” di tutto: porta al centro di Floresta, pieno di case costruite con la pietra e con splendidi canali in cotto, che brillano alla luce del sole: luce radiosa di uno splendido paese come Floresta; tra i tetti si scorge anche il campanile della chiesa, altro tema caro a Floresta, ma anche all’uomo: la Fede, e Floresta  ha una fede ferma e convinta nella sua Madre Sant’Anna, Patrona del Paese, la madre delle Madri.
Ogni uomo cerca nella sua strada una fede, qualcosa in cui credere, in cui sperare, in cui aggrapparsi e se l’uomo libero non vuole proprio credere in Dio, allora si aggrapperà comunque nella fede verso una Madre verso una donna!!! E allora basta alzare lo sguardo per scorgere una donna, la donna di Floresta, ma che rappresenta la piena femminilità nel mondo: una donna assorta nei suoi pensieri, nel suo sapere, nella sua fertilità, nella sua abbondanza, la donna feconda, non solo come madre, ma anche feconda nelle sue idee, nella sua forza, nel suo essere focolare della famiglia, colonna portante, colei che si prende carico della sofferenza di tutta la famiglia, di tutta una comunità e cerca incessantemente di accudire, appoggiare e sostenere, pregando, lavorando e anche sperando. Sembra quasi che si china verso quella strada per consapevolezza per seguirla, per lasciarla, per ripararla, per zapparla, per riempirla di grazia e di colori, magari di fiori, così come ha riempito il suo balcone di fiori, magari riempirà anche la strada non solo di colori, ma anche di profumo di fresche viole o gelsomini o rose, non possiamo conoscere l’enormità di pensiero di quella donna che guarda quella strada, ma sicuramente tra lei , la strada e le sue speranze non può mancare un giovane uomo davanti a tutto, in primo piano c’è un uomo con spalle larghe, quanto peso hanno sostenuto, o quanto ancora ne dovrà sostenere. Ma non importa lui a testa alta sa che dovrà percorrere quella strada, è pronto a farlo. Il dilemma della nostra vita, quando si presenta un sentiero davanti a noi: prenderlo o decidere di fermarsi? Aspettare? Magari restare e coltivare quello che si ha già; così come il contadino di Floresta o il pastore di Floresta che abilmente lavora i campi, che abilmente alleva le sue greggi e le sue mandrie!!! Il giovane guarda orgoglioso il suo lavoro, i frutti del suo lavoro, i campi  ben coltivati, le sue mandrie di mucche, di pecore e porta con sé cesti pieni di formaggi che abilmente sa fare. Ma tornando all’universalità dell’opera: ogni uomo per quanto orgoglioso di ciò che possiede: la sua donna, la sua casa, le sue terre, il suo lavoro, per quanto tutto ciò gli doni (oltre a tutte le difficoltà da superare) gli doni conforto e orgoglio, in fondo ciascun uomo seppur di rado, fermandosi, guarda in alto pensando alla sua gabbia, una gabbia dorata, ma pur sempre gabbia, ecco cosa rappresenta quella splendida veranda in alto del murale una terrazza dove a salde  mura e a un tetto sicuro si alternano degli archi aperti da dove si intravede cielo aperto, con rondini che spiccano il volo verso nuovi luoghi. Ma forse la scelta migliore rimane quella del gatto sornione, che gli basta avere un buon pasto e un posto sicuro dove dormire.
Allo splendido porticato ideale  si contrappone la casa della donna di Floresta, una casa con i colori della terra ma con tante speranze, e con tanti fiori, che magari andranno a decorare la piccola edicola votiva della statua (della patrona di Floresta) , che rappresenta la madre sant’Anna con la Madonna e il Bambin Gesù, che vegliano sul Paese.
Concludendo: la vera casa dell’uomo non è una casa ma è una strada.. la vita stessa è un viaggio da compiere, anche attraverso il tempo.
E a Floresta il tempo e le ere fatte di secoli e secoli fa si toccano con mano, si percorrono lungo l’itinerario delle tholos: si tratta di edifici di piccolissime dimensioni aventi pianta circolare e struttura semisferica, interamente realizzati in pietra a secco,così come dipinte nell’opera.
L’edificio consiste di un’unica piccola stanza avente forma cilindrica con un diametro di base di circa 3,00 metri, un’altezza al centro di poco più di due metri,  copertura a cupola semisferica e pavimento in terra battuta. L’edificio a tholos è dotato di un’unica apertura di forma rettangolare e di piccole dimensioni sia un larghezza che in altezza. Tale apertura garantisce la via di accesso alla camera interna e allo stesso tempo l’uscita da essa. In epoche molto più recenti tali costruzioni abbiano subito una modifica consistente nella loro destinazione d’uso. Trovandosi sparsi sulle alture dominanti e in mezzo a estesi pascoli, questi piccolissimi edifici sono stati convertiti dai pastori in ripari, rifugi e punti di appoggio per l’esercizio delle loro attività lavorative. Ciò spiega il loro ottimo stato di conservazione, che in alcuni casi ce li propone in condizioni ottimali. La sismicità dei luoghi e le avversità degli agenti atmosferici avrebbero definitivamente compromesso tali opere se l’uomo, ritenendole utili per le sue attività, non fosse continuamente intervenuto su di esse garantendone una efficiente manutenzione.
Ogni elemento contribuisce a ricreare una struttura circolare compatta, che la vegetazione spontanea mimetizza, anche a breve distanza, facendole risultare come un elemento integrante del paesaggio rurale di quest’area dei Nebrodi.