Giuseppe Quatriglio, comunicatore di occasioni artistiche e letterarie in Sicilia

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Giuseppe Quatriglio (Catania 1922, Palermo 2017) ha iniziato da giornalista collaborando con quotidiani e rotocalchi, ma è stato anche fotografo negli anni di permanenza in America.

E di questo breve periodo ha reso testimonianza con una mostra a Palermo negli anni finali del secolo scorso. La nostra testimonianza non può tralasciare di aggiungere la straordinaria attività culturale dimostrata  dalla sua collaborazione da giornalista professionista alla Terza pagina del palermitanoGiornale di Sicilia sulla quale i suoi interventi –  che si auspica vengano quanto prima collazionati, curati e presentati in volume – erano puntualmente un resoconto nel quale c’era la partecipazione empatica  del giornalista-artista Quatriglio, sia per i momenti della cronaca sia per quelli dedicati a letture di libri o a interventi in occasione di mostre d’arte o a importanti interviste. Quella partecipazione che rendeva straordinaria efficacia a quanto veniva analizzato o testimoniato.
Per lungo tempo Quatriglio si è limitato al giornalismo culturale, e noi amici che abbiamo ripetutamente avuto prove della sua generosità e acutezza di critico letterario, non ci siamo stupiti quando è arrivato nelle librerie il suo primo libro. Una ricerca seguita subito da altre, tra letteratura e storia. La storia infatti è stata uno dei suoi impegni più costanti e con approfondimenti di singolare pregio di ricerca scientifica anche con monografie su personaggi del passato, come per Il romanzo di Cagliostro, opera nella quale abbiamo ritrovato e si ritrova la qualità e la serietà con cui sull’ordito, esito di indagini approfondite, l’informazione si svolge intramando sul doppio binario del rigore circa i riferimenti, e l’abbellimento di una costante prosa avvincente e coinvolgente. Altrettanto per il volumetto Viaggio in Sicilia, edito da Marsilio. Erano le doti innate di narratore che si coniugavano con l’esattezza delle rivisitazioni storiche per informare su particolari, su minuzie sfuggite agli storici. Ed erano l’amore di Quatriglio per la sua terra. Un amore-orgoglio che lo induceva a ricordare persino i particolari dei suoi natali a Catania in una abitazione fronteggiante la parte ovest del Giardino Bellini e a trenta metri dell’ingresso del lato sud-ovest di quest’ultimo.
In una fase della sua maturità Quatriglio ha ricevuto premi nazionali, riconoscimenti importanti anche per la sua ricerca di narratore impegnato a esitare  momenti di psicologia individuale come ne L’uomo che non voleva essere padre. E si dovrà dire a questo punto di come il percorso dell’impegno di questo scrittore affabile frequentatore di amicizie e cultore di grande umiltà, non abbia tralasciato aspetti della cultura umanistici da indagare senza mai colorare di moralismi o allusività politiche le sue interessanti scritture.
Ricordiamo un lungo e piacevolissimo pomeriggio nella nostra casa di Catania dopo un pranzo elaborato da Nives con sapori in parte cari alla cucina friulana dei suoi ricordi e in parte a quella siciliana che l’ha continuata ad affascinare fin dai primi giorni della sua residenza etnea datata 1974. Occasione nella quale era nostra ospite Maria Corti, altra indimenticabile e impareggiabile amica, con cui Quatriglio fece conoscenza, proprio in tale circostanza a casa nostra dimostrandosi raffinato intenditore di pietanze della cucina siciliana di cui ha dato a Nives particolari ricette di sue conoscenza sui vari modi, oltre alla livornese, di cucinare le triglie e una ancor più singolare informazione su come condire un arrosto di pescespada.
Ma quello che ci rimane ancora impresso nella memoria è stata la umiltà dello scrittore nei suoi discorsi al momento di schivare il valore di certe sue opere, di cui noi informavamo Maria Corti. Quel giorno infatti abbiamo voluto concludere il pomeriggio in salotto con la lettura di una pagina di narrativa di Quatriglio che affascinò la Corti, incuriosita al punto da chiedere di potere avere copia del libro.
Care e grandi ombre di Amici e amicizie di una stagione che ha colorato di significati autentici la nostra vita e di cui restano testimonianze capaci di continuare a trasmetterci, proprio ricordando Peppino Quatriglio, curiosità da questi raccolte e pubblicate, come quella de L’Uomo orologio di cui al cenno appena ricordato. Un racconto (dal vero) di cui riportiamo il breve stralcio da  una nostra nota pubblicata ne La danza delle gru (Catania,1999), con un brano sullo scritto di Quatriglio: “(…) Noi bussiamo sull’argomento perché esso viene a provocare da un curioso racconto di Giuseppe Quatriglio, L’uomo orologio. Come dire la scienza che incontra la scrittura letteraria e festeggia. Anzi, del caso – ci sembra unico – della deliziosa chicca di Giuseppe Quatriglio, è la scrittura letteraria che attraverso i suoi contenuti stuzzica la scienza. Quadriglio, che si rivela maestro dell’arte narrativa, non ha infatti inventato la storia dell’uomo orologio. Anzi, non solo ce ne racconta vita e miracoli (e qui ci vuole l’usurata locuzione) ma non trascura di infiorare sagacemente il delizioso racconto con aneddoti tratti da documenti inoppugnabili, come quello legato all’errore d’un annuncio nazionale Rai di segnale orario”.
Scrive Quatriglio: “(…) Decisi di andarlo a trovare e quando arrivai a Valcorrente mi accorsi che il paese, costruito sul finire del Seicento su un impianto a scacchiera, non aveva strade con nomi ma traverse con numeri progressivi. E mi sembrò che un certo genio matematico senza tempo compatibile con l’esistenza in quel luogo dell’uomo orologio, avesse determinato tale caratteristica rigidamente geometrica dell’abitato. Fu facile trovare Jachino. In una piccola comunità tutti si conoscono e quel pomeriggio, nell’unico bar, numerosi avventori, appreso il motivo della  mia presenza, si dichiararono disposti ad accompagnarmi fino all’abitazione del loro concittadino più noto oltre la cerchia del paese per un episodio singolare del quale ancora si parlava. Mi raccontarono, dunque, quello che avvenne un giorno, prima dell’ora di cena, in una osteria affollata di gente intenta a scambiare quattro chiacchiere e bere un bicchiere di vino prima di rincasare. Allorché alla radio venne dato il segnale orario, prima della lettura del consueto notiziario serale. Jachino che era seduto su una panca assieme ad alcuni amici, scattò all’impiedi e con voce alta sopra il brusio della sala disse che la radio aveva sbagliato. Nell’osteria tutti trattennero il respiro. Poco dopo, una voce anonima leggermente imbarazzata, corresse quello che era stato un ritardo di tre minuti causato – fu detto – dall’annunziatore che si era fidato dell’orologio della sala di trasmissione. Ci fu un lungo applauso; era la conferma che andava al di là del paese e della regione. Mi riferirono ancora che durante l’ultima guerra ufficiali dell’alto comando tedesco si occuparono di Jachino, vollero conoscerlo e forse pensarono di utilizzarne in qualche modo in Germania le non comuni capacità. Ma dopo un lungo interrogatorio con l’aiuto dell’interprete, lo rimandarono a casa quando si accorsero che Jachino era un istintivo privo di qualsiasi preparazione tecnica (..). Fu al momento del commiato che ricevetti l’emozione più grande, Jachino, a coronamento della lunga conversazione unì i polpastrelli delle mani componendo così una splendida raggiera. Una insolita raggiera umana, bisogna dire, dato che Jachino di dita ne aveva sei per mano, tutte normalmente sviluppate, lunghe e affusolate, con le tre falangi e le unghie aguzze. Mi guardò e sorrise con timidezza, mi parve, come se avesse voluto scusarsi della improvvisa esibizione. Ma mi sbagliavo perché dopo si accese un lampo di fierezza e di sfida nei suoi occhi. Mi trovai nel cerchio di un evento magico (…)”.(Cfr. L’uomo orologio).
Tra i suoi lavori: L’uomo-orologio e altre storie (1995); Sabìr (1999); Viaggio in Sicilia, Da Ibn Giubair a Fernandez (2002) Edizioni Marsilio; Antichi mestieri di Sicilia (2004); Bavaria Klinik (2005); Immagini del Novecento (2010); Breve storia di Palermo (2011); L’uomo che non voleva essere padre (2012 ); Il romanzo di Cagliostro (2012); Il geranio rosso (2014).
Un elenco che non rende piena giustizia agli impegni culturali del Quatriglio operatore e comunicatore di occasioni artistiche e letterarie in Sicilia, le cui importanti testimonianze giornalistiche ci si augura non restino affidate all’oblio dell’archivio dei quotidiani e dei rotocalchi su cui è stata edita la gran parte della produzione storico-saggistica del giornalista-scrittore.
Mario Grasso