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Termini Imerese, Himeralegge: si presenta il libro di Cesare Capitti “La Città disumanizzata”

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Nell’ambito della rassegna “Himeralegge, Incontri letterari con gli Autori” promosso dal Parco Archeologico di Himera, Solunto e lato in collaborazione con diverse associazioni del territorio, si terrà mercoledì 31 luglio 2024 alle ore 18,30 presso il sito di Himera S.S. 113, Buonfornello Km 206 nel territorio di Termini Imerese la presentazione del libro di Cesare Capitti “La Città disumanizzata. Rigenerare l’umanità nel mondo angosciato dalla pandemia e dalle guerre” (Casa editrice Don Lorenzo Milani). Dopo i saluti del Direttore del Parco Domenico Targia e delle autorità del territorio è previsto l’intervento di Roberto Tedesco, di Alfonso Lo Cascio e di Marcello Panzarella. Letture a cura di Salvina Cimino. Nell’occasione saranno presentati, da Elena Mango dell’Università Svizzera di Berna, i nuovi risultati della 13^ campagna di scavo archeologico. Ingresso Gratuito Al termine è prevista la degustazioni di prodotti tipici locali e di vini.

Il libro. La città in quanto contenitore di ri­sorse umane, di storia, di me­moria, monumenti risente di una serie di cri­si strutturali per effetto di una serie di trasformazioni delle dinamiche so­ciali, e per l’avvicendarsi nei secoli di alcune crisi pandemiche, al punto che assistiamo alla rottura e dissolu­zione di ogni legame e alla de­composizione dei luoghi e del tempo della città. Gli attuali ed efferati con­flitti tra la Russi e l’U­craina, tra Israe­le e la Palestina  hanno svelato tutte le fragilità del mondo globalizzato, ha piegato le grandi potenze della terra, ha smascherato le false pro­messe della grande corsa dei cittadi­ni al capitalismo a danno delle eco­no­mie dei paesi emergenti e dell’an­tico continente. Le città nonostante la crisi pandemica e delle guerre in corso resta sem­pre ed in ogni caso una comunità di una umanità, che vi­ve in con­sonanza col tempo e nel tempo. Sarà proprio l’umanità reden­ta che mediante la sua ripresa e pre­senza consentirà la sopravvi­venza delle metropoli, delle città di piccole e medie dimensioni, che in assenza di umanità sono destinate a sparire definitivamen­te. La cultura, la bellez­za, il de­coro e l’armonia, sono ele­menti fondamentali che concorrono alla formazione dell’individuo sul pia­no intellettuale e morale e all’ac­quisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società e nella città. C’è bisogno di cultura, di arte, di bellezza, de­coro e armonia in quanto concor­rono al nutrimento ma­teriale e spirituale dell’umanità. Nell’attua­le mondo ferito dalle guerre Ste­fano Massini ha sostenuto che “il primo vaccino di cui l’umanità ha bi­sogno” è la bellezza ti apre la mente e ti dà il senso critico affinché ciò che l’uomo sta vivendo e sperimen­tando non sia vissuto esclusivamen­te in modo distrutti­vo ma in modo co­struttivo. Si tratta di riappropriarsi della con­sapevolezza di poter co­struire una speranza condivisa per la ri­nascita di un nuovo umanesimo, in grado di restituire alla colletti­vità un volto e un luogo migliore dentro il quale possano svilup­parsi in pienez­za, bellezza, veri­tà, bontà e relazioni umane.

Cesare Capitti architetto, è stato Dirigente Capo Servizio del Di­partimento di Urbanistica dell’Asses­sorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente della Regione Sicilia­na dal 1978 al 2010. Componente del Consiglio regionale dell’Urbani­stica (CRU) dal 1994 al 2007, in atto compo­nente dell’osservatorio dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana. Cultore del Settore ICAR 21 Ur­banistica, presso l’Università de­gli Studi di Palermo. Ha svolto attività di docente presso il Di­partimento di ar­chitettura e inge­gneria dell’UNIPA. Autore di di­verse pubblicazioni “Governo del territorio e dottrina so­ciale della Chiesa in architettura, ur­banisti­ca, ambiente e territorio (2012 Quanat editore) La città della spe­ranza” (2016 Qanat editore), “Città e periferia” (2020 Maurfix edizioni).

Che cos’è la salute mentale?

Esistono pochissime nozioni, nella storia della scienza e del pensiero umano, incerte, vaghe, approssimative e improbabili come quella di salute mentale. La scienza, in effetti, si occupa di argomenti vaghi o anche estremamente complessi: pensiamo al concetto di “infinito”. Insieme a descrizioni generiche riesce però a fornire anche precise definizioni matematiche. Posso non comprendere bene, sul piano concettuale, cosa significhi “infinito”, ma lo posso descrivere, utilizzando il giusto formalismo matematico. Lo stesso avviene per definizioni di altra natura: l’idea di filosofia può non dirmi nulla e se vado a farne uno studio etimologico scopro che si tratterebbe semplicemente di un generico “amore per la cultura”. Però ho la possibilità di stabilire un ambito di riferimento, descrivendo per esempio la filosofia come la ricerca o la speculazione su una serie di argomenti molto specifici, quali i principi della conoscenza, la natura delle riflessioni sulla realtà, o i metodi per la comprensione del mondo. Sia nel caso della definizione di “infinito”,  sia in quello della definizione di “filosofia”, ho comunque la possibilità di “descrivere”, e quindi di tracciare un’ideale mappa di riferimento concettuale che mi guidi alla comprensione. Ho stabilito, insomma, un contesto all’interno del quale esercitare la mia capacità di riflessione o di critica. Ho stabilito delle regole, che saranno pure convenzionali, formali o quel che volete, ma che hanno in certo modo un valore assoluto, almeno nel contesto storico e sociale all’interno del quale vengono espresse e utilizzate.

Nel caso della salute mentale il discorso è diverso. Anzitutto, non si tratta di argomento che possa essere espresso in linguaggio matematico, bensì solo soggettivo ed esperienziale. Poi, ed è questo il problema fondamentale, la definizione ‘descrittiva’ della salute mentale è talmente vaga da non consentire l’identificazione di un ambito specifico. Tracciare una mappa è assolutamente impossibile; almeno quanto stabilire delle regole.

«La salute mentale», scrivono per esempio Hinsie e Campbell, «come d’altronde la salute fisica, è qualcosa di più di una semplice assenza di malattia. Si riferisce a uno stato di interezza e integrazione della personalità, soddisfacente adattamento emotivo, motivazionale e sociale all’ambiente e alle persone, libertà dal conflitto. La persona sana di mente ha un atteggiamento produttivo verso la vita e vive con interesse. La salute mentale è un problema che riguarda la sanità pubblica e le pratiche che la favoriscono sono un’attività lavorativa soddisfacente, una buona integrazione sociale e tutto ciò che favorisce nell’individuo la comprensione, l’espressione e la realizzazione del proprio sé. Salute e normalità non sono sinonimi, in quanto normale è chi rientra nella norma socialmente stabilita».

Sembrerebbe una definizione ineccepibile. Il fatto è che ci pone di fronte a problemi quasi insormontabili. Se fosse vero che la salute mentale, globalmente intesa, è la somma dei fattori che Hinsie e Campbell riportano, dovremmo trarre una serie di conclusioni:

1.l’assoluta maggioranza dei poeti, dei filosofi e dei più grandi uomini di scienza del mondo moderno dovrebbero essere folli scatenati, psicopatici, perversi socialmente pericolosi, da internare a vita in una clinica psichiatrica.

  1. l’assoluta maggioranza delle persone che incontriamo per strada, il giornalaio dell’angolo, il gestore del supermercato, il portinaio o quant’altro, sono persone che evidentemente non godono di salute mentale. Possono essere clinicamente malati (cioè esprimere sintomi) o meno, ma non sono splendidi esempi di equilibrio;

3.noi stessi siamo persone che non godono, tranne qualche eccezione, di ciò che viene definito ‘salute mentale.

Perché? Facciamo un esempio. Leggete questa lettera di un marito alla propria moglie, con la quale convive regolarmente e senza apparenti conflitti di sorta: «Ti atterrai alle seguenti regole: A: 1. i miei vestiti e biancheria dovranno essere tenuti in ordine; 2. dovranno essermi serviti regolarmente tre pasti al giorno, nella mia camera; 3. la mia camera e il mio studio devono sempre essere tenuti in ordine e la mia scrivania mai toccata da nessuno oltre me. B: rinuncerai a ogni relazione con me, oltre a quelle richieste per mantenere le apparenze in società. In particolare non chiederai: 1. che io passi il mio tempo con te a casa; 2. che io esca o viaggi con te. C: prometterai esplicitamente di osservare i seguenti punti: 1. non ti aspetterai affetto da me e non mi rimprovererai per questo; 2. devi rispondermi subito quando ti parlo; 3. devi lasciare immediatamente e senza protestare la mia stanza o il mio studio quando ti chiedo di andare; 4. prometterai di non denigrarmi agli occhi dei miei bambini, con parole o azioni».

Che se ne può pensare? Sembrerebbero le affermazioni di un individuo con gravi disturbi della personalità e sicuramente un altissimo grado di conflittualità relazionale e sessuale. Credo che di fronte a simili affermazioni sia abbastanza difficile pensare che la persona in oggetto sia “normale”. In effetti non lo è. Bene, il punto è che la persona che scrisse quella lettera si chiamava Albert Einstein. che di problemi relazionali doveva averne parecchi, visto che uno dei suoi figli lo odierà per sempre e l’altro finirà in manicomio. La lettera, del 1914, scritta alla moglie Mileva Marič ed esposta al Museo di Israele a Gerusalemme nel 1996, esprime semplicemente gli atteggiamenti di un uomo nei confronti della moglie e, in genere, del sesso femminile. Non a caso, forse, Einstein definiva il matrimonio «un’invenzione di un maiale senza fantasia». Certo non era un ottimo marito, né tantomeno un accanito femminista. Quando la moglie, fisico di talento anche lei (si erano conosciuti al Politecnico di Zurigo), decise di piantarlo andandosene da sola a Zurigo con i loro due figli, il commento di Albert fu assai esplicito: «Quando si tratta di voi donne il centro produttivo non è situato nel cervello». Uno psicopatico? I conti tornerebbero, in effetti, se l’anno successivo alla separazione lo “psicopatico” in questione non avesse pubblicato la Teoria della relatività generale.

Eppure Einstein stesso dava di se un giudizio abbastanza interessante: «Il mio ideale politico è l’ideale democratico, Ciascuno deve essere rispettato nella sua personalità e nessuno deve essere idolatrato. Per me l’elemento prezioso nell’ingranaggio dell’umanità non è lo Stato, ma è l’individuo creatore e sensibile, è insomma la personalità; è questa sola che crea il nobile e il sublime, mentre la massa è stolida nel pensiero e limitata nei suoi sentimenti».

Non si capisce bene come facesse Einstein a far concordare simili ideali democratici con la specie di assoluta schiavitù, emotiva e relazionale, nella quale pretendeva di fare vivere la moglie. Certo, anche il lettore meno ingenuo potrebbe far concordare l’immagine dell’individuo creatore e sensibile con l’idea che di se stesso aveva lo scopritore della relatività, anche se questo imporrebbe l’inserimento obbligato della moglie nella ‘massa’, quella insomma “stolida nel pensiero e limitata nei sentimenti”.

Paradossale genialità? Si sarebbe portati a crederlo. Eppure c’è qualcosa di più inquietante…

Questo significa tanto per cominciare che la salute mentale non è connessa all’intelligenza, all’intuizione, alla sensibilità artistica, alla capacità di percepire e descrivere vivamente e attendibilmente, cioè in maniera chiara e condivisibile, il mondo esterno o quello interiore. “Adattamento motivazionale e sociale all’ambiente a alle persone” è un’espressione “forte”, eccessivamente didascalica, forse un po’ bacchettona. È una combinazione di condizioni difficilissima da trovare, anche perché è un’espressione rilevabile solo qualitativamente, quindi in modo soggettivo. Quando una siffatta condizione è ‘sufficiente? E sufficiente per chi? per chi la prova o per chi la osserva dall’esterno? per l’individuo o per la comunità? Per Einstein il suo adattamento era perfetto; per la moglie molto meno. Ancora: “La persona sana di mente ha un atteggiamento produttivo verso la vita e vive con interesse”. Ma che cos’è un atteggiamento produttivo? È qualcosa di relativo ovviamente al creare idee, cose, reti di relazioni e interessi, a gestirle. Tutto ciò andrebbe fatto in maniera interessata e partecipe. Questo sarebbe salute mentale; dal che risulterebbe che tra le persone più sane di mente della storia vanno inseriti Al Capone, Adolf Hitler, Josif Stalin, Landru e una serie lunghissima di altri personaggi. Leggiamo questi delicati, ispirati versi alla Luna: “Strapperò la mia veste/e scoprirò il mio petto alla luna /e con le mani tese/ adorerò colei che fa piovere la sua luce sul mondo”. Le delicate liriche di questo romantico poeta furono ritenute tanto belle che, nel 1907, furono inserite in una raccolta della migliore letteratura georgiana. Stiamo parlando proprio di lui, Josif Vissarionovic Dzugasvili, detto Stalin, quello stesso che avrebbe qualche anno dopo massacrato milioni di contadini russi, troppo legati alla proprietà privata (i kulaki), e ne avrebbe deportato un numero imprecisabile nei gulag siberiani. Uomo difficile, al quale vengono riconosciuti non pochi meriti, capace di vergare con la stessa calligrafia versi romantici e liste di proscrizione. D’altra parte è in ottima compagnia: Adolf Hitler, visto nel proprio ambito domestico, era uomo tenerissimo con i bambini e delizioso con la sua Eva Braun. Al Capone aveva un forte senso della famiglia (beninteso, in tutti i sensi…). Il Dottor Mengele, il crudele medico nazista responsabile delle ‘selezioni’ al campo di sterminio di Auschwitz e di famigerati esperimenti ‘medici’ sugli internati, amava distribuire caramelle ai bambini, specialmente zingari, gli stessi che dopo poche ore avrebbe ‘gasato’. E gli esempi potrebbero continuare.

D’altra parte bisogna stare attenti all’ultima parte della definizione di salute mentale che abbiamo utilizzato. “Salute e normalità non sono sinonimi in quanto normale è chi rientra nella norma socialmente stabilita”. Per quanto si tratti di un assioma molto forte nella scienza della salute mentale contemporanea, quest’asserzione è contraddittoria, confonde anziché chiarire, complica anziché semplificare. Ci troviamo di fronte ad una incredibile confusione. Se una società, in un determinato periodo storico e ad una certa latitudine, stabilisce che alcune norme di comportamento sono “normali”, le si può ritenere valide indipendentemente da tutti gli altri parametri di valutazione? Una società può comprendere individui ‘normali’ con comportamenti altamente patologici e contemporaneamente un concetto di salute mentale che prescinda dai comportamenti dati per normali? Possiamo cioè vivere da persone normali in società assolutamente folli? E possiamo essere folli in società cosiddette normali anche se le norme in queste società possono essere considerate folli dal punto di vista di altre società? Insomma, chi è mentalmente normale, e come, e dove, e quando? E’ una domanda ancora in attesa di risposta…

Giovanni Iannuzzo

Ad un anno dalla scomparsa dell’artista cefaludese Giuseppe Collara: un ricordo

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Ha impresso su tele, muri e carta il legame viscerale con la terra d’origine declinandolo in una varietà di stili. Nella maturità artistica Giuseppe Collara ha prediletto il linguaggio astratto ed i colori che gli ricordavano il mare di fronte al quale era nato: il blu intenso del Tirreno osservato dalla scogliera della Giudecca, mischiato al giallo abbagliante della luce in piena estate, al rosso del tramonto che colora le facciate ma anche le colline retrostanti il paese, al marrone della terra.

Giuseppe Collara era nato a Cefalù nel 1948. È scomparso il 28 luglio di un anno fa, all’età di 75 anni, in Francia, eletta sua seconda patria. La sua formazione era iniziata presso l’Istituto Statale d’Arte di Cefalù ed era proseguita, poi, all’Accademia di Belle Arti di Palermo e quindi a Roma.

A Cefalù gli viene commissionata, subito dopo il diploma, la sua prima opera pubblica : l’affresco ‘Psiche and Love’, realizzato nel 1967 per i locali del nuovo Cinema Astro e ben noto alle generazioni di cefaludesi che hanno frequentato la sala.

“È un opera giovanile, legata al linguaggio formale, ispirata ai grandi modelli come Michelangelo, come era giusto che fosse per un artista agli esordi”  così l’artista soleva commentare l’inizio di un percorso ben presto approdato ad altri modi espressivi.

Negli anni 70, in seguito ad un primo trasferimento dalla Sicilia a Padova per insegnare materie artistiche, Collara entra in contatto con ambienti delle cerchie postcubista ed espressionista.

Dopo molti anni in Veneto, e molte mostre sia personali sia collettive, nel 1990 Collara lascia l’Italia per la Francia e si trasferisce a Mougins, dove apre un atelier non lontano dal mare e a pochi passi da quello di Pablo Picasso. La sua produzione  degli ultimi 20 anni è la conferma della scelta di una via assolutamente personale che si colloca fra l’uso del linguaggio tradizionale, certamente più evocativo delle suggestioni natie, e le potenzialità dell’arte informale che affida tutto alla comunicazione per linee e campi di colore che sembrano concentrare una grande quantità di contenuti.

Anche quando tornerà ad una rappresentazione più vicina al formale il maestro cefaludese non abbandonerà mai del tutto la modalità astratta che risponde meglio alle istanze della sua sensibilità. Nell’astratto è possibile compendiare il bisogno di una espressione libera da limiti in qualche modo codificati con l’aspirazione a restituire all’osservazione e alla memoria collettiva quanto di ineffabile si ritrova negli elementi che caratterizzano il mondo delle origini, soprattutto richiamandolo a distanza mediante il ricordo: le sue tele acquistano dimensioni consistenti e mostrano combinazioni di colore che non possono non suggerire l’isola delle prime visioni che si sono impresse con così grande forza nella mente dell’artista.

“Come in una sorta di big bang ancestrale, in ogni opera si ricrea e si rinnova un mondo che contiene il reale ed il sognato, che esprime l’esperienza reale e finita e le aspirazioni ad una dimensione più cosmica in cui le problematiche dell’ umano vivere sono superate da una definitiva comunione con la natura” (cit. Francesca Mezzatesta, critico d’arte che ha curato le più recenti mostre dell’artista nella città natale).

La natura diventa infatti l’elemento fondamentale del pensiero e del linguaggio artistico di Giuseppe Collara che produce ed espone lavori in Costa Azzurra ma anche in Borgogna, a Parigi e nel nord Italia.

Fra le mostre più significative ‘matièremotions’ (maison de la culture, Nevers,1994); Giuseppe Collara (Premery 1995); Festival Arts et Paroles (Saint-Saulge-Nievre, 1999); Picta (Chambéry, 2000); Collara (Galerie du Larith, Chambéry-Aix les Bains). Significativa anche l’esperienza di illustratore che intreccia la visione pittorica con quella espressa tramite la parola.

La sua presenza in Sicilia, soprattutto a Cefalù, è costante nel tempo e l’artista vi ritorna per ricevere nuova ispirazione e per partecipare ad occasioni di confronto con altri maestri della pittura ma anche del più vasto panorama artistico in generale.

Il suo percorso, non diversamente da quelli di quasi tutti gli spiriti realmente dediti all’arte, ha attraversato varie fasi di pari passo con l’evoluzione della tecnica ma soprattutto sembra una personale Odissea alla costante ricerca dell’intentato e del mezzo migliore per esprimere il proprio sentire, sempre tendendo verso una terra del ritorno. Quello che ha veramente contato, però, è stato il viaggio, con la meta nel cuore e nella fantasia, perché un vero approdo non c’è mai stato.

Barbara De Gaetani.

Notti di BCsicilia. Gangi, si presenta il libro “Le monache di casa” di Mario Liberto

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Nell’ambito della manifestazione “Le Notti di BCsicilia” si presenta sabato 27 luglio 2024 alle ore 18,00 presso l’Aula Consiliare di Palazzo Bongiorno a Gangi il libro di Mario Liberto “Le monache di casa. Storia, aneddoti e curiosità dei dolci conventuali”. Dopo i saluti di Giuseppe Ferrarello, Sindaco di Gangi ne parlerà con l’Autore Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale BCsicilia. L’iniziativa è promossa dal Comune di Gangi e da BCsicilia.

Il volume racconta le vicende della storia della pasticceria siciliana, attraverso l’epopea delle monache di casa. Da secoli all’interno della Chiesa erano presenti delle pie donne che decidevano di sottomettersi ad una regola di pietà chiamate in diverse parti d’Italia col nome di begardi, beghine, bizzoche, tutte facenti parte di quell’esercito di pseudo consacrate che più genericamente veniva soprannominato monache di casa, in virtù non dello status di consacrazione verginale ma di voto privato in confessione.

Dopo l’Unità d’Italia (1860) le figure religiose soppresse dai monasteri andarono a rivitalizzare e a ingrossare le file delle esistenti monache di casa. Un esercito di suore, mortificate, strappate con forza dai conventi, un’intera vita con le loro cose, le ritualità, le preghiere, di colpo si ritrovarono sole, prive di sostentamento, senza un tetto dove dormire, una casa dove abitare.

Le più facoltose tornarono presso le loro famiglie aristocratiche; altre andarono a servizio presso la nascente borghesia; un numero elevato di consacrate tornarono alla vita laicale, pur mantenendo gli abiti talari del proprio ordine di appartenenza religioso, vivendo di elemosine o con attività di ducciere, cioè preparando i dolci per sposalizi e feste. Donne i cui abiti talari erano sempre impregnati di cannella, vaniglia, chiodi di garofano, suore, ancor prima della loro presenza, erano precedute dall’odore dei dolci che quotidianamente preparavano.

Ogni monastero aveva una sua specializzazione ed esercitava una sorta di monopolio, in questa maniera venivano meno anche i principi di concorrenza. Una cultura che è stata da sempre custodita al di là delle grate dei conventi. Abili mani di suore dalla fantasia e capacità celestiali hanno saputo creare, perfezionare, ingigantire le varie prelibatezze che sono a noi giunte dalla cultura dolciaria romana e arcaica, ma anche da quella araba, spagnola e borbonica. Analoga consuetudine era presente anche nei monasteri europei e americani, insomma, la dulceamina sacra imperava ovunque.

Lo sdoganamento dei dolci conventuali ad opera delle monache di casa contribuirà, oltre a far conoscere le leccornie alla classe subalterna, che ne diventerà la maggiore fruitrice, daranno vita ad una pasticceria reinventata e popolare.

Il libro è arricchito della storia e delle ricette di ben 32 dolci conventuali siciliani in parte scomparsi. “Le monache di casa. Storia, aneddoti e curiosità dei dolci conventuali” è un invito a scoprire un patrimonio di sapori e tradizioni che rischia di scomparire. Un libro da leggere e da gustare, per assaporare la vera essenza della Sicilia, un viaggio affascinante alla scoperta di un mondo perduto, ma che ancora oggi vive nelle nostre tradizioni culinarie, ottimo per gli appassionati di storia, di cultura e di cucina.

Giornale di Cefalù. Mettiamo il turismo sotto-sopra: campagna nazionale di Cgil-Filcams

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Arriva la campagna nazionale di Cgil-Filcams “mettiamo il turismo sotto-sopra” per sensibilizzare cittadini, turisti e lavoratori sullo sfruttamento e la precarietà del lavoro nel settore turistico. Intervista al segretario generale Giuseppe Aiello (nella foto).
Novità in Consiglio Comunale. Una nuova piattaforma digitale per consentire un miglior lavoro dei consiglieri ed una più agevole visione delle riunioni ai cittadini a casa. L’intervento del presidente Francesco Calabrese.
“Non bisogna avere paura di nulla  e portare avanti le proprie idee”, è la filosofia del personaggio “zolletta” presentato al Bastione. Il contributo di Florinda Cerrito.
Questi i servizi principali del Giornale di Cefalù – anno 41 n. 1802 – videonotiziario – web diretto e condotto da Carlo Antonio Biondo; da giovedì 25 luglio 2024 su facebook profilo Adriano Cammarata e sul canale you tube (https://youtu.be/0pi3PhWGIh8) Carlo Antonio Biondo. Archivio Giornale su cammarataweb; link su tutti i social.

Termini Imerese, Conversazioni in giardino: I° Incontro “Terra di mezzo: scienza e fenomeni paranormali”

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Promosso dalla Sede locale di BCsicilia e dall’Università Popolare Termini Imerese nell’ambito della manifestazione “Le Notti di BCsicilia” si terrà venerdì 26 luglio 2024 alle ore 21,00 il primo appuntamento dell’iniziativa “Conversazioni in giardino” con il titolo “Terra di mezzo: scienza e fenomeni paranormali”, incontro centrato sul rapporto fra ricerca scientifica e fenomeni paranormali alla luce delle più recenti acquisizioni scientifiche La presentazione sarà a cura del dott. Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale BCsicilia, mentre le conversazioni saranno tenute dal dott. Giovanni Iannuzzo, psichiatra e psicoterapeuta, considerato, a livello internazionale, uno dei massimi esperti di parapsicologia.

Appuntamento in Via Gregorio Ugdulena, 78 a Termini Imerese. E’ obbligatoria la prenotazione. Tel. 333.6754806 – Email: [email protected].

Termini Imerese, Comitato CittàPorto raccoglie firme per proposta popolare ma il Consiglio non la vota. Presentato esposto

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Nei mesi di marzo e aprile di quest’anno il “Comitato CittàPorto per un futuro sostenibile” è stato promotore di una iniziativa di democrazia diretta con l’invio al Comune di Termini Imerese di una deliberazione di iniziativa popolare tramite la raccolta di firme.

L’oggetto della deliberazione era: “Atto di indirizzo del Consiglio Comunale nei confronti della Giunta Municipale per gli adempimenti di competenza relativi al Piano Regolatore del Porto e per la tutela dell’ambiente“.

La raccolta firme ha conseguito e superato, come previsto dallo Statuto, il 2% del numero dei cittadini iscritti nelle liste elettorali. Quindi è costato al Comitato un notevole impegno di energie e di risorse.

“Aldilà dei contenuti della deliberazione – scrivono i promotori in una nota – che abbiamo ampiamente descritto e pubblicizzato, dobbiamo denunciare  il notevole ritardo con cui il Comune sta procedendo. La proposta di deliberazione, congiuntamente alle firme raccolte, è stata presentata in data 11.4.2024 e doveva essere esaminata e inviata al Consiglio Comunale entro 30 giorni (così prescrive lo Statuto).

Ad oggi, quindi ad oltre 100 giorni dalla presentazione, non risulta che la deliberazione sia stata trasmessa al Presidente del Consiglio Comunale, né, tantomeno, sono state rese note le ragioni di tanto ritardo.

A chi giova questo ritardo? Per fare chiarezza sulla vicenda questo Comitato ha presentato un esposto all’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica e alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Termini Imerese. Nel frattempo l’Autorità portuale ha operato e continua ad operare, in assenza di uno nuovo strumento di pianificazione, con progetti e iniziative non in linea con il vigente Piano Regolatore del Porto. Riteniamo che questo modo di operare violi il diritto dei cittadini ad esprimersi legittimamente con gli strumenti di democrazia diretta. Riteniamo che questo grave ritardo incida negativamente sull’ambiente e sulla salute dei cittadini delle zone residenziali e turistiche del centro storico per la emissione di inquinanti delle navi e delle “merci rinfuse” depositate sulle banchine.

Si auspica che gli organi preposti facciano su questa vicenda gli opportuni accertamenti”.

Sul come incontrai la Gurfa di Alia, con la “benevola avversità” di Giovanni Mannino

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Il mio interesse per la “materia” di quelle “strane grotte” è molto antico; posso dire che appartiene al “sempre” e risale almeno al 1977, con la collaborazione volontaria da studente di Architettura alla promozione degli scavi ed  all’allestimento del Museo Archeologico di Marianopoli, con la “scoperta” degli studi ancora da svolgere per la protostoria dei luoghi, di quella che nel 1958 L. Bernabò-Brea chiamò La Sicilia prima dei Greci. In questo contesto di ricerca incontrai gli Ipogei della Gurfa e da allora me ne sto occupando, per evitare di contribuire a sbagliare storia, come imparai da Giovanni Cantoni; perché quando si sbaglia storia, poi si sbaglia tutto il resto. Fra i pochi altri coraggiosi indagatori trovati per strada mi sono limitato a citare in queste “ricognizioni” solo quelli non più tra di noi: da Silvana Braida e Padre Benedetto Rocco, che non ho potuto conoscere, ai compianti amici/studiosi Pasquale Culotta, Primo Veneroso, Bent Parodi, Aurelio Pes, ed Alessandro Musco, che fu il più determinato e deciso nel sostenermi anche editorialmente. Persino la “benevola avversità” di Giovanni Mannino (1924-2021) mi è stata utile, per i suoi accalorati interventi contro tutti quelli, come Silvana Braida Padre Benedetto Rocco o per ultimo come me, che non sostenevano la posizione di “archeologia ufficiale” dell’ambiente in cui lavorava e si era formato come collaboratore e studioso autodidatta, a comprensibile copertura di “disattenzioni”, studi adeguati ed interventi alla Gurfa.

Giovanni Mannino (1924-2021)

Alle prime uscite dei miei interventi pubblici del 2004 su quel tema di controversa “protostoria e thòlos” mi individuò come, mi ripeteva, “valido elemento da convertire sulla retta via della fossa granaria medievale e da sottrarre alla compagnia di sprovveduti architetti e sognatori”; prima con l’ironia colta del vecchio conoscitore di uomini e cose che pone domande all’ultimo arrivato, per vedere “quanto e se ne sa dell’argomento”, come fece con l’intensa e corposa cordiale corrispondenza privata che posseggo, poi con contestazioni sempre più serrate nel dibattito sui social media e nelle sue ultime pubblicazioni sulla Gurfa. Raggiunse toni aspri contro qualsiasi altra ipotesi “revisionista” sulla  Gurfa, ripetute in varie occasioni per pubblicazioni divulgative quasi “volantinate per il popolo”, che non fosse sostanzialmente questa: ” Il grande volume dell’ambiente a campana è stato ottenuto con l’abbassamento del fondo dell’antica fossa mediante uno sbancamento, meno impegnativo di quanto non si creda, perché la roccia è molto duttile, dopo che la fossa, da qualche tempo, era stata resa inutilizzabile dalle profonde lesioni verificatesi nelle pareti. Lo scopo fu quello di ricavarne una paglialora, in uso fino agli anni 50, e per ulteriore sfruttamento dello spazio furono costruiti tre soppalchi con travi e tavoloni di cui rimangono serie di buchi di appoggio delle travi. Non lontano della Gurfa, in contrada Montoni in territorio di Cammarata, in due affioramenti rocciosi si trovano altrettante fosse granarie, la maggiore è quasi identica, nella forma, a quella della Gurfa; anche questa ha lo scopo funerario, secondo Montagna. E’ evidente che i diversi ambienti che danno luogo al complesso monumento ipogeico della Gurfa datano ad epoche diverse. In fede delle fonti storiche, in qualche modo verificate da osservazioni dirette, riteniamo la fossa granaria, profonda una decina di metri, il primo manufatto, probabilmente realizzato in età islamica. Posteriore alla fossa di alcuni secoli la trasformazione della fossa in pagliarola con l’abbassamento del suolo e la contemporanea o successiva realizzazione delle tre camere ricordate da Tirrito. Seguono al primo piano la quarta camera ed il corridoio; poi, al piano terra, lo scavo della camera dal tetto a tenda e successivamente il corridoio per raggiungere la pagliarola. Riteniamo che il monumentale complesso ipogeico della Gurfa sia stato completato prima della costituzione del comune di Alia del 1615.”

(Da: G. Mannino-M. Runfola, Le fosse granarie di Alia, inserto in La Voce della Mamma, periodico locale di Alia, n° 2 – Luglio/Dicembre 2015, pp. I-VIII)

Ricostruzione secondo G. Mannino di quello che visitò e descrisse L. Tirrito nel 1873 alla Gurfa

(Da: G. Mannino-M. Runfola-E. Di Carlo, ALIA Evidenze archeologiche del territorio, 2020)

Altrove, nel 2016, ed in accesa polemica sul web (per sua iniziativa), fece un intervento molto critico sui miei studi. Arrivò ad affermare, scambiando quello che fu possibile visitare al Tirrito della Gurfa in quella sua rapida e fugace visita, con la realtà dell’impianto, che il “vano a tenda” o stalla fosse stato addirittura realizzato successivamente a quel resoconto del 1873 che Luigi Tirrito descrisse nel suo Sulla Città e Comarca di Castronuovo di Sicilia, di cui avevo ripubblicato nel 2007 stralci e figure dei “geroglifici” esterni nel mio Thòlos e Tridente, a cui largamente attinse.

(Disegni da: G.Mannino-M.Runfola-E-DiCarlo, ALIA Evidenze archeologiche del territorio, 2020)

In figura c’è la sintesi grafica della quale si fece portatore G. Mannino, forse ad opera di suoi collaboratori, contro la posizione di Mons. B. Rocco che aveva sostenuto la sostanziale sovrapponibilità, in pianta e sezione, fra il Tesoro di Atreo a Micene e la Gurfa di Alia. Per amore di verità scientifica va ammesso il risultato tecnicamente non smentibile: che quella sezione segnata in rosso è falsata nelle dimensioni, come successivamente è stato giustamente ripreso anche da Gianni Ferrara nelle sue indagini sulla Gurfa. Trattandosi  di confronto con uso di diversa scala metrica, Mons. Rocco aveva centrato nel vero, con a seguire quelli che lo avevamo accreditato, sia pure con la “lieve licenza” di inversione  della “cripta funeraria” quadrangolare del Tesoro di Atreo che si trova a destra rispetto all’ingresso dell’ambiente ogivale e non ha Oculus di sommità.

Per la non condivisione di quelle sue ultime posizioni, anche per difesa della serietà di ricerca di chi mi aveva preceduto ed in particolare S. Braida e B. Rocco, ci fu un serrato scambio pubblico di opinioni, sempre rispettose dello studioso stimato per  tanti suoi altri meriti, che chiudevo così: “Con rinnovata e personale stima per Giovanni Mannino, polemica ‘gurfologica’ a parte, nell’attesa che si ricreda e prenda atto della reale natura dei problemi posti dalla complicata ‘questione della Gurfa’, disposto fin d’ora ad ammettere che alla Gurfa c’è un ‘Granaio dello Spirito’. Carmelo Montagna (13.2.2016)”.

Fu quello del 2016 l’ultimo sincero scambio di opinioni sul tema controverso di quelle attribuzioni ed il nostro rapporto rimase di stima reciproca, come era sempre stato. Al fondo del nostro “dibattito” restava un sentimento di affetto ed ammirazione reciproca, mai venuto meno e conservo fra le cose più care la dedica che mi volle scrivere in dono per il suo importante testo Guida alla preistoria del palermitano (2007), in un lungo pomeriggio di discussione a casa sua a Palermo nel 2009.

Posizione sulla Gurfa a parte, marginale rispetto al resto di opere nei suoi 70 anni di operatività, consapevole che le grandi personalità restano tali anche quando “sbagliano” (ovviamente a mio parere), condivido il giudizio complessivo sull’opera di Giovanni Mannino per come lo espresse l’amico comune Alfonso Lo Cascio nell’articolo di addio che gli dedicò proprio su Esperonews.it  il 28.10.2021, a cui rimando e mi associo.

https://www.esperonews.it/2021102897191/categoria-g-z/provincia/e-morto-giovanni-mannino-il-grande-studioso-di-archeologia-preistoria-ha-raccontato-leta-della-pietra-in-questo-territorio/

Carmelo Montagna

Al via “Le Notti di BCsicilia”: 50 iniziative per conoscere e valorizzare il territorio

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Al via l’edizione 2024 delle “Notti di BCsicilia”, la manifestazione estiva che come ogni anno propone 50 iniziative per conoscere e valorizzare il territorio attraverso visite guidate, passeggiate, musica, conversazioni, proiezioni, letture, mostre, presentazioni di libri, degustazioni, solidarietà. Un lungo itinerario che inizia giovedì 25 luglio e si concluderà il 3 settembre con la serata dedicata al Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Una lunga serie di eventi che si terranno tutti al calar della sera. Si va alla scoperta dei centri storici di alcuni paesi della Sicilia con visite guidate a Gela, Caltanissetta e Palazzolo Acreide, con la consulenza culturale dei maggiori studiosi locali, o di particolari architetture come la Chiesa di Maria SS. degli Agonizzanti a Monreale, la Villa Resuttano Terrasi a Palermo e le edicole votive di Bagheria. Previste anche delle suggestive passeggiate: lungo le mura megalitiche a Cefalù e un percorso da Casaboli a Monte Gibilmesi a Monreale. A Collesano si va alla ricerca della via della ceramica, mentre a Pollina si snoderà un itinerario storico-artistico all’interno del paese, mentre un percorso è previsto ad Altavilla Milicia tra storia, devozione e cultura. Ancora visite guidate a Isola delle Femmine alla Casa Museo “Joe Di Maggio”, a Ciminna al Museo del Gattopardo e a Palermo alla Collezione Sgadari dell’Agenzia SicilBanca. Infine visita ai musei regionali con l’ausilio di archeologi: a Ragusa al Museo di Kamarina e a Termini Imerese all’Antiquarium di Himera. Per la musica in programma “Il pianoforte intimo”, con l’esibizione del Maestro Diego Cannizzaro a Castelbuono, il suggestivo concerto tra le gole al santuario della Madonna del Furi a Cinisi, e l’esibizione all’alba alla Roccia Amorosa di Villalba, la performance di Clarinetti a Riesi e la musica sotto le Stelle ad Agira. Altri eventi sono previsti a Montelepre con l’iniziativa “Luna piena su Hyccara, la città sepolta”, a Carini con una serata al vicolo dei fiori e a Messina con “Un mare di Mostri: un itinerario tra Mito, Poesia e Biologia Marina”. Infine originali iniziative a Campofelice di Roccella con la Filosofia sotto le stelle e a Villalba con “Poetiche stelle”, lettura del cielo con Desiderio Lanzalaco. Infine “Aperitivi” con l’Arte per ammirare per la prima volta una interessante collezione etnoantropologica a Catania, o poter osservare da vicino il restauro di tele e sculture a Gangi. E poi la consegna di  premi in collaborazione con i Comuni: “Barone Musso” a Villafranca Sicula e “Mons. Giuseppe Petralia” a Bisacquino. Per il Cinema proiezione in un suggestivo Chiostro a Mussomeli. Previste inoltre conversazioni sul paranormale, sulla Preistoria e sulle Cappelle ed edicole votive: a Termini Imerese, Palermo e Bagheria. Programmate inoltre presentazioni di libri ad Alia, Bolognetta, Burgio, Campofelice di Roccella, Castel Di Lucio, Ficarra, Gangi, Riesi, Roccapalumba e Valledolmo. Spazio anche alla solidarietà con una cena a Sciara per la Missione di Fratel Biagio “Missione e carità”. ed infine la conclusione, il 3 settembre, a Corleone con una manifestazione per ricordare Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso proprio quel giorno di quarantadue anni fa.

“Un suggestivo viaggio di quaranta giorni per riscoprire le tracce di un passato che parla della storia e dell’identità di un popolo. Cinquanta iniziative – Afferma Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale di BCsicilia – per raccontare un’isola nella sua straordinaria unità, e far conoscere il nostro patrimonio culturale e artistico. Con queste premesse proponiamo per il settimo anno consecutivo l’iniziativa “Le Notti di BCsicilia”, un articolato percorso che vede coinvolti quasi quaranta comuni, realizzato gratuitamente da una associazione culturale grazie all’impegno e alla passione civile di tanti soci che si spendono costantemente per valorizzazione e promuovere la parte più incantevole della nostra isola: un perfetto connubio tra memoria e bellezza che resta uno dei settori più importanti su cui scommettere per un adeguato e realistico sviluppo economico della Sicilia”.

Per informazioni Tel. 346.8241076. Email: [email protected]. Fb: BCsicilia.