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In 2.000 scrivono al Papa: Santità non sciolga la Comunità dei Servi dell’Amore Misericordioso

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“Santo Padre, chi Le scrive è una porzione di popolo di Dio, laici e laiche, uomini, donne, giovani, anziani, appartenenti a varie Diocesi della Sicilia e di altre regioni d’Italia e dell’Europa. Un popolo che conosce e frequenta sin dalla sua nascita avvenuta il 23 dicembre 1999, la Comunità dei Servi dell’Amore Misericordioso dell’Eparchia di Piana degli Albanesi. Le scriviamo per portarla a conoscenza del dolore che in questi giorni sta toccando le nostre vite: all’inizio di dicembre scorso abbiamo appreso da organi di stampa e successivamente da voci che inizialmente sembravano una falsità ma poi si sono scoperte incredibilmente vere, che Lei Santità ha nominato il vescovo emerito di Mazzara del Vallo come commissario Apostolico Plenipotenziario e che, a seguito di questa visita, la Comunità rischia di essere sciolta”.

Inizia così la lunga lettera inviata a Papa Francesco a cui hanno aderito più di duemila persone, precisamente 2.012 di varie Diocesi siciliane e non solo.

“In questi venticinque anni – continua la lettera – i Servi dell’Amore Misericordioso sono cresciuti di numero, accogliendo nuove vocazioni, e soprattutto diventando un riferimento per tantissimi fedeli che hanno sempre apprezzato il loro agire in obbedienza al disegno del Signore, della Santa Madre Chiesa e dei Vescovi che si sono succeduti nell’Eparchia di Piana. La comunità spesso è stata invitata a svolgere vari servizi pastorali in altre Diocesi: celebrazioni, predicazioni di novene, adorazioni eucaristiche, esercizi spirituali e lectio.

Vogliamo consegnare nelle sue mani le nostre vite cristiane e il percorso di crescita spirituale, intellettuale e umana che il buon Dio ha deciso di farci vivere proprio all’interno di questa comunità. La nostra storia e i nostri cammini di fede, in modi diversi, hanno goduto di tanti momenti di grazia e di esperienze positive con la Comunità dei Servi dell’Amore Misericordioso, che ci hanno aiutato a fortificarci nella nostra vita cristiana, e ad apprezzare il dono della riconciliazione, sperimentando la bellezza di essere Chiesa nella diversità di carismi: una chiesa, giovane, santa e bella. Ci siamo scoperti figli e fratelli in un processo di conversione continua mediante la partecipazione alle celebrazioni, alle adorazioni eucaristiche, ai momenti di preghiera, alle catechesi, ai pellegrinaggi e tanti altri momenti comunitari. Dai ritiri eucaristici sono scaturiti gruppi di preghiera e di adorazione incastonati nelle parrocchie di appartenenza.

Siamo stati sempre ascoltati e mai ci siamo sentiti condizionati o manipolati in alcun modo nelle direzioni spirituali e nei consigli ricevuti. Abbiamo negli anni imparato a camminare da soli, discernendo e valutando le nostre situazioni personali: altro che “Abuso di coscienza”. I Servi sono stati per noi sempre un riferimento e un esempio di come pregare, relazionarsi con il prossimo, essere presenti in maniera cristiana nella nostra realtà quotidiana, familiare, lavorativa e parrocchiale”.

La missiva racconta anche come la crescita comunitaria e personale ha portato molti laici ad affiancare i Servi in tante opere di misericordia: il supporto alla Caritas, servendo anche alla mensa dei poveri, il servizio alla Casa del Sorriso, comunità alloggio che accoglie i bambini allontanati dalle famiglie, la partecipazione alla raccolta alimentare e al banco farmaci.

“Beatissimo Padre – continua la lettera – noi siamo seriamente preoccupati delle notizie che circolano, delle voci riportate da tanti che ci dicono addirittura che già da tempo era noto e deciso lo scioglimento della Comunità dei servi. Siamo così angosciati ed increduli, storditi da affermazioni che contrastano nettamente con le nostre esperienze dirette, e soprattutto incapaci di accettare la possibilità che venga chiusa una esperienza così bella e feconda.

Quello che ci rammarica di più è che mai nessuno ci ha interpellati per ascoltare la voce di chi ha vissuto a stretto contatto con la comunità, giovando di infinite grazie”.

La missiva, seguita da cinquanta fogli con più di duemila nomi e cognomi, vuole anche dare voce a tantissimi che hanno frequentato la comunità ed hanno ricevuto un beneficio, sperimentando un reale ambiente familiare in grado di accogliere, sostenere, guidare anche fratelli con grandi disagi, sofferenze e in cerca di un incontro vero con Cristo.

“La nostra lettera – concludono – vuole essere una supplica perché possa Lei Santità darci chiarezza sulla situazione, intraprendere le necessarie azioni per tutelare la Comunità dei Servi e i frutti generati da essa, e ricevere rassicurazioni per procedere sereni nei nostri cammini di fede”.

Cosa accadrà adesso? Papa Francesco ci ha abituati in questi anni ad azioni dirette e decise, e non è da escludere che in questa particolare circostanza scelga (improbabile ma non impossibile) in qualche modo di intervenire, come molti sperano. Se dovesse astenersi, potrebbe anche significare che non ha mai avuto modo di leggere la lettera, malgrado sia stata inviata per conoscenza anche al Segretario di Stato Vaticano, al Segretario particolare, al Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, al Presidente della Conferenza Episcopale Siciliana, all’Arcivescovo di Palermo, all’Amministratore apostolico della Diocesi di Piana degli Albanesi. E chi ha tramato per porre fine alla bellissima avventura spirituale dei Servi dell’Amore Misericordioso riesca a raggiungere lo scopo, nonostante le accuse siano false come coloro che li sostengono.

Una cosa, tuttavia, è ormai certa: chi pensava di spegnere nel silenzio e nell’oscurità la Comunità di Piana degli Albanesi ha miseramente fallito. Si è reso evidente a tutti la gravità e la malvagità di quanto stava accadendo: una vergogna che non si può facilmente celare.

Potrebbe anche accadere che coloro che hanno agito nelle tenebre, vedendo fallire il loro proposito decidano di uscire allo scoperto e accusarli pubblicamente. Un’ipotesi piuttosto remota, poiché quelli che nella Chiesa agiscono utilizzando questi metodi hanno sempre avuto una caratteristica comune, in ogni tempo e luogo: essere dei vigliacchi. È probabile che continueranno a operare nell’ombra, tentando ancora, poco cristianamente, di screditare e di infamare. Ma ora tutto è diventato molto, ma molto più difficile.

Forse, finalmente, i sepolcri imbiancati nella Chiesa hanno esaurito il loro tempo.

Alfonso Lo Cascio

Gravidanza e parto secondo natura

Qualunque latitudine, la gravidanza e il parto sono sempre stati considerati momenti determinanti dell’esistenza, carichi di forti, arcaici significati simbolici, investiti di aspettative e ansie, circondati da rituali, cerimonie, credenze e suggestioni, che spesso implicano l’attenzione della comunità e una sua partecipazione sociale emozionale.

Per secoli, prima dell’avvento della moderna medicina occidentale, questi fondamentali eventi sono stati organizzati dalle medicine tradizionali in base a concetti, tecniche e teorie ora del tutto estranee alla nostre filosofia della salute. Eppure, anche attualmente, due terzi delle nascite che avvengono nel mondo sono assistite da una tradizione medica molto diversa dalla nostra. Nella stessa maniera, sesso e contraccezione sono valutati, interpretati e regolati da sistemi di credenze che no appartengono alla cosiddetta cultura scientifica.

La conoscenza dei modi in cui vengono gestiti contraccezione, gravidanza e parto in numerosi contesti etnici e culturali fornisce una visione del tutto diversa di questi fenomeni, approfondendo il divario che si intuisce tra natura e cultura nella organizzazione di alcuni momenti dell’esistenza.

Dal punto di vista medico l’aspetto della sessualità che viene di norma maggiormente enfatizzato a tutte le latitudini è quello della contraccezione. Si può anzi dire che le pratiche contraccettive, o almeno i tentativi di limitazione delle nascite, hanno da sempre caratterizzato le culture, almeno sin da quando si è intuito il rapporto causale esistente tra sessualità e gravidanza.

Il metodo contraccettivo tuttora maggiormente usato nelle medicine tradizionali è l’astinenza. Essa è abitualmente messa in relazione con qualche tabù: per esempio la convinzione che durante l’allattamento il rapporto sessuale alteri la qualità del latte, facendo ammalare il bambino o forzandone un premature svezzamento. Naturalmente questo implica il distanziamento delle nascite, anche se no è ben chiaro se si tratti di un metodo consapevole. Oltretutto si ritiene che la stessa lattazione prolungata sopprima l’ovulazione anche se in proposito bisogna tener conto di  un certo numero di fattori quali la frequenza e l’intensità delle poppate.

Presso diversi popoli l’astinenza è invece praticata in particolari momenti rituali, come prima della caccia o in certi periodi del mese. Si ritiene in genere che il rapporto sessuale in tali casi abbia un significato inquinante e comunque esso è strettamente correlato a altri fattori, come i ruoli sociali sessuali, le influenze soprannaturali o le attività economiche della comunità  o del gruppo.

Altre volte l’astinenza è periodica e avviene con un metodo ritmico teso a evitare i rapporti sessuali nei giorni ritenuti fertili. Il problema è che le convinzioni sui periodi fertili variano notevolmente da una cultura a un’altra e comunque non sempre sono aderenti alla realtà biologica: basta pensare che presso taluni popoli viene ritenuto fertile il periodo delle mestruazioni o i cinque giorni che le precedono o che le seguono. Ne deriva che queste pratiche, sebbene abbiano l’intendimento di limitare le nascite, concentrano l’attività sessuale proprio nel periodo fertile, con un conseguente aumento delle gravidanze.

L’astinenza è poi, in taluni casi, sostenuta dalla credenza che nel seme sia concentrata tutta la forza e la vitalità dell’uomo: per esempio questa convinzione è ampiamente diffusa in India, dove si crede conseguentemente che il rapporto sessuale e l’eiaculazione indeboliscano l’uomo, mentre la conservazione del seme lo rafforza.

Esistono comunque altri metodi meno rigorosi rappresentati da variazioni dell’atto sessuale. Tra di essi vi sono la ritrazione prima dell’eiaculazione (coitus interruptus), il coito interfemorale(pseudocoitus) o l’ostruzione manuale dell’uretra (coitus obstructus). In diverse culture viene praticata la flessione dell’utero o la retroflessione prodotta mediante massaggio esterni, una tecnica che nelle Filippine viene detta “inclinazione della matrice”, o anche “piegatura delle tube”, e che tra l’altro è utilizzata anche in Nigeria presso la popolazione degli Yoruba.

Altri metodi privilegiano tecniche più rudimentali: la donna per esempio sdraia a pancia in giù o salta in piedi subito dopo il coito per fare uscire lo sperma.

A questi metodi “fisiologici” si aggiunge poi tutta una serie di dispositivi meccanici. Si tratta spesso di astucci o veri e propri preservativi fatti di pelle di animale o di pesce, di vescica o di budello, o di tappi e diaframmi di varia natura posti sulla cervice. Per questi rudimentali modelli di diaframma o di IUD vengono utilizzate le sostanze più eterogenee: erbe, gomma arabica, sterco, miele, sale di rocca, inserite nella vagina. Alcune di esse hanno una effettiva, probabile azione chimica poiché alterano la natura le acidità dell’ambiente vaginale e agiscono come spermicidi.

I contatti con la cultura occidentale hanno messo talvolta a disposizione di popolazioni “non acculturate” altre sostanze, come il chinino o l’aspirina che triturate, vengono utilizzate nello stesso modo e con le stesse finalità.

Un altro metodo consiste nell’irrigazione vaginale prima o dopo il coito: viene eseguita con acqua salata, aceto, succo di limone o acido borico, che alterano il PH vaginale e agiscono quindi sulla vitalità e sulla mobilità degli spermatozoi.

Talvolta anche le erbe sono utilizzate come anticoncezionali, ingerite sotto forma di tisana, introdotte nella vagina o usate per fare irrigazioni. Il loro uso appare abbastanza razionale, visto che in certi casi contengono principi attivi che agiscono sulle gonadotropine ipofisarie, inattivandole o provocando contrazioni uterine.

Naturalmente in alcuni gruppi e società vengono utilizzati metodi magici, come l’uso di amuleti che dovrebbero bloccare il passaggio del seme o impedire l’azione degli spiriti che presiedono al concepimento. Naturalmente l’efficacia reale di questi metodi è ampiamente discutibile, spesso basata sulla semplice casualità. Il controllo delle nascite in molte culture non ha infatti una grossa rilevanza sociale, pari a quella attribuita alla gravidanza e al parto, eventi che invece sono caratterizzati da sistemi spesso complessi di idee e comportamenti ben strutturati.

Gravidanza e parto

Un esempio di questo fatto è che non esiste una figura professionale, in nessuna cultura tradizionale, che si occupa specificamente e soltanto di contraccezione, o di sessualità (qualcosa che in qualche modo equivalga al moderno ginecologo o al sessuologo occidentale), mentre esistono le specialiste ostetriche che hanno la responsabilità del buon esito di una gravidanza e di un parto. Queste persone, nella stragrande maggioranza dei casi donne, sono chiamate in molti modi diversi: abitualmente “lavoratrici tradizionali”, o “assistenti alla nascita tradizionali” (TBA, Traditional Birth Attendant: è la definizione raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità).

Esiste una grande varietà di definizioni, proprie della lingua di ciascun paese: Dai (India), Dukun Bayi (Indonesia), Hilot (Filippine), Bundo (Sierra Leone), Matrone (Senegal), Partera (Messico), Comedrona (Guatemala). C’è una differenza fondamentale comunque non solo nelle definizioni, ma anche nei modi di considerare la gravidanza e il parto in Occidente o nelle culture tradizionali. Mentre nella nostra società si assiste ormai da anni a una progressiva “medicalizzazione” del parto e della gravidanza, nelle culture tradizionali tali eventi sono considerati del tutto naturali, assumendo spesso un ampio significato rituale, sociale e morale.

Questo avviene anche, stranamente, in culture nelle quali per indicare la gravidanza si usano vocaboli che la definiscono in termini di malattia. In America Latina per dire che una donna è gravida si dice che està enferma, è malata, ma tale evento non è comunque considerato di importanza medica. Comunque anche in queste culture che vivono la gravidanza come un fenomeno del tutto naturale, il parto è caratterizzato da una notevole ansia, perché è in ogni caso un momento pericoloso.

Per proteggere la madre e il bambino vengono quindi utilizzati dei rituali che, talvolta, rappresentano anche cerimonie di transizione per la donna che diventa madre, cambiando stato; essi comunque le forniscono una qualche forma di sostegno morale alleviandole l’ansia.

In ogni cultura gravidanza e parto sono considerati momenti caratterizzati d uno stato instabile o da uno squilibrio; è per questo che, al fine di restaurare l’equilibrio turbato, vengono dappertutto prescritte delle diete e degli esercizi fisici appropriati.

Naturalmente questo equilibrio è inteso in maniera diversa nelle varie culture. In genere, comunque, almeno in Asia, Africa e America Latina tale concetto è basato su alcune “qualità” che sono proprie dell’antica medicina umorale: il caldo, il freddo, l’umido e il secco. Più o meno compiutamente, questi concetti sono sempre alla base delle norme preventive dell’ostetricia tradizionale. Per esempio, la donna che ha appena partorito si trova in uno stato “freddo”, perché il parto comporta una perdita di sangue, che è caldo. Deve quindi evitare le influenza fredde e , nel contempo, ingerire qualcosa di caldo: starà quindi al caldo, non farà bagni, terrà il capo coperto o ingerirà sostanze che abbiano la caratteristica di essere “calde” non tanto dal punto di vista della temperatura, quanto da quello della loro intrinseca qualità. L’identificazione della qualità “freddo” con la malattia e in particolare nell’ostetricia è diffusa in tutta la medicina tradizionale.

Per esempio, i cibi “freddi” possono raffreddare il latte materno e quindi provocare una malattia nel neonato. Oppure la sterilità è spesso attribuita a un utero freddo e può essere curata soltanto con metodi che tentano di riscaldarlo (erbe “calde”, bagni caldi, bagni di sudore). Così tra l’altro anche in Guatemala, ma simili concezioni sono presenti un po’ ovunque.

Oltre all’equilibrio fisico e dietetico le medicine tradizionali prestano molta attenzione anche all’equilibrio psichico della gravidanza. Si sa che sono sempre da evitare durante la gravidanza le forti emozioni e specialmente l’ira e la paura, perché possono influire negativamente sulla salute del feto, o addirittura causare complicazioni nel parto. Lo stesso può dirsi del puerperio durante il quale simili emozioni possono alterare la qualità del latte causando addirittura un blocco della lattazione. Ma le tensioni emotive possono soprattutto rendere difficile un parto, mentre la loro assenza lo facilità. Inutile aggiungere che a simili conclusioni è pervenuta, anche attraverso strade diverse, la ginecologia e l’ostetricia moderna.

In alcune società, la gravidanza e il parto, e anche il puerperio, sono comunque considerati momenti inquinanti, pericolosi per la donna e in qualche modo per il suo contesto comunitario: una donna quindi, durante le mestruazioni, il parto e nel periodo del puerperio, deve evitare contatti con altri membri del proprio gruppo e perfino con animali e piante. Il sangue è infatti “sporco” e può essere contaminante. Una forma di questa superstizione sopravvive anche da noi: basti pensare a quante persone sono tuttora convinte che se una donna manipola o tocca del cibo durante il periodo mestruale tali sostanze andranno a male, si altereranno. Oppure che se una donna si prende cura, durante le mestruazioni, di una pianta, questa morirà.

Le medicine tradizionali in genere hanno concezioni diverse dell’anatomia e della fisiologia del parto. I Maya dello Yucatan (ultimi discendenti dell’omonima civiltà precolombiana) prendono per esempio in considerazione un organo centrale del corpo, che presiede alla maggior parte delle funzioni dell’organismo. Il travaglio può provocare una dislocazione di questo organo dando luogo a svariate malattie e sindromi per evitare i quali la levatrice tradizionale lo “rimette a posto” praticando uno speciale massaggio post-partum. D’altra parte bisogna ricordare che in molte culture latino-americane il corpo è visto come un tubo, entro il quale ogni organo o apparato può “spostarsi” con una certa libertà: il massaggio assume quindi anche una funzione preventiva, per evitare “dislocazioni” patologiche degli organi.

Un’altra idea abbastanza diffusa nelle medesime culture, è che la placenta possa salire dentro il corpo della madre e soffocarla se il cordone ombelicale viene tagliato prima che la placenta stessa sia stata espulsa. Proprio per tutte queste “controindicazioni” della gravidanza e del parto, la figura della levatrice assume una rilevanza fondamentale. A parte qualche cultura (in Messico, Ghana e Filippine, per esempio) la levatrice è sempre donna e è in grado di assumere pienamente il suo compito e di assolvere la sua importante funzione soltanto “dopo” la menopausa. Probabile, anche se non è stato chiaramente stabilito, che questo possa essere dovuto a una semplice norma di igiene psicologica, per evitare nella giovane levatrice problemi di coinvolgimento emotivo e di vissuto che potrebbero in qualche modo costituire un limite alla sua destrezza professionale. Abitualmente il suo ruolo sociale è molto rispettato. Vi sono naturalmente delle eccezioni, come quella indiana: la dai infatti essendo partecipe di un evento sporco e inquinante come il parto, appartiene per forza di cose a una casta inferiore.

Una delle funzioni principali della levatrice tradizionale è quella di prescrivere la dieta, nell’ambito di una prescrizione più generale che riguarda un regime di vita sano e igienico. La classica restrizione dietetica, nei sistemi medici tradizionali, è quella di evitare durante la gravidanza, cibi eccessivamente “freddi”, così come i cibi eccessivamente “caldi”. Questa qualità è naturalmente indipendente dalla temperatura fisica effettiva dell’alimento: un decotto ingerito a una temperatura di novanta gradi centigradi può aver effetto raffreddante, e viceversa. I cibi infatti hanno caratteristiche codificate dalla tradizione. Il peperoncino rosso è per esempio un classico alimento “caldo”, probabilmente anche per la sua effettiva capacità ci generare calore.

Il problema è che tra i cibi proibiti possono anche esservi alimenti raccomandati dall’ostetricia e dalla ginecologia occidentale. Per esempio le uova sono considerate con un certo favore in occidente, mentre alcune medicine tradizionali (per esempio in Nigeria, e in Guatemala) ritengono che possano prolungare la durata del travaglio.

All’opposto, cibi obiettivamente nutrienti e leggeri possono essere consigliati: il pollo è considerato, dalla medicina tradizionale guatemalteca, un alimento ideale per le donne incinte. Al contrario è considerato tabù nella cultura dei Mbum Kpau del Ciad.

Esistono anche divieti e prescrizioni dettata da considerazioni magiche. La carne di coniglio in alcune culture non va mangiata dalla donna incinta perché può predisporre a parti multipli. Si tratta di un evidente principio di magia analogica, che collega la tradizionale fecondità e multiparità dei conigli alla medesima caratteristica che potrebbe esser indotta nella donna. Nello stesso modo nei Caraibi e presso i Garifuna mangiare molluschi (che si ritraggono abitualmente dentro il guscio) potrebbe indurre il bambino a “ritirarsi” dentro l’utero.

In ogni caso la levatrice può esplicare tutte le sue potenzialità e le sue funzioni solo al momento del parto. Esso avviene di norma, o comunque assai spesso, in casa della partoriente, anche se in diverse culture la gestante va in casa della levatrice per partorire, oppure si reca in appositi centri di maternità gestiti dalle levatrici tradizionali stesse.

Se il parto avviene in casa, esso talvolta può espletarsi in zone appartate dell’abitazione o in una speciale capanna. Le differenze culturali sono, in questo contesto, particolarmente evidenti. In India il parto è circondato da un’aura di particolare segretezza, la casa viene chiusa e la donna non deve gridare se non vuole essere oggetto di disapprovazione. In altre culture, invece, il parto è un momento di vita comunitario al quale partecipano in diversa misura tutti i membri del gruppo.

Conoscere i modi molteplici in cui gravidanza e parto vengono gestiti a differenti latitudini può implicare più efficaci strategie del sistema ostetrico occidentale, per una migliore integrazione con quelli tradizionali, meno “medicalizzati”.

La couvade

Secondo uno studio condotto da Ford, della Yale University, in ben 31 culture su sessantaquattro (48,43%) è fatto divieto assoluto all’uomo di assistere al parto. In Messico e in Guatemala, invece, assistere a questo evento è considerato un preciso dovere dell’uomo. Questo atteggiamento diviene esasperato nei Caraibi dove è in uso la consuetudine della couvade: il comportamento, cioè, dell’uomo segue di pari passo quello della moglie; egli si metterà quindi a letto e si asterrà da certe attività nello stesso periodo e per lo stesso tempo della moglie. In ogni caso, gravidanza e parto sono momenti privilegiati in tutte le culture, e tutto sommato certe caratteristiche sono interculturali (non è infatti difficile trovare, anche nelle nostre campagne, credenze e modelli simili a quelli diffusi in Africa, o nel continente americano). Ma anche se le tradizioni specifiche differiscono, questi momenti dell’esistenza coinvolgono emotivamente tutto il gruppo, in una maniera o nell’altra, o richiedono una qualche forma di sostegno sociale alle richieste tipiche della gravidanza e del parto, con azioni volte ad alleviare l’ansia che li caratterizza.

Giovanni Iannuzzo

Petralia Sottana, inaugurato l’Anno giubilare all’ospedale “Madonna dell’Alto”

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Non poteva essere che un ospedale il luogo simbolo, quello che meglio rappresenta il tema del Giubileo indetto per l’anno appena iniziato: la speranza.

Il nosocomio Madonna dell’Alto di Petralia Sottana sarà quindi il “tempio giubilare”, collegato alla speranza dall’essere luogo di cura e sollievo delle sofferenze del corpo, ma anche espressione della speranza di futuro e del diritto a non essere abbandonate delle comunità di un territorio per il quale il rischio di isolamento e spopolamento è sempre alto e drammaticamente reale.

Le aree interne della nostra isola si desertificano o franano a causa dello squilibrio climatico, e la popolazione, già esigua, è resa ancora più debole se sprovvista dei servizi sanitari e di assistenza alla persona.

Con la scelta dell’ospedale di Petralia il vescovo Giuseppe Marciante, dà quindi seguito ed attuazione alla volontà di Papa Francesco che ha intitolato il Giubileo 2025 “Pellegrini di Speranza”. Chiunque visiterà la cappella dell’ospedale alle condizioni previste dalla Chiesa potrà lucrare l’indulgenza plenaria.

Per la diocesi cefaludese l’anno di grazia, dopo l’apertura delle porte sante lo scorso 29 dicembre, è stato inaugurato ufficialmente ieri pomeriggio nella cappella dell’ospedale dove il Vicario di Cefalù don Giuseppe Licciardi ha celebrato la messa. A seguire il maestro Tony Caronna ha diretto il concerto del coro Pontis Mariae. La corale, proveniente da Partinico, era accompagnata dalla pianista Roberta Oliveri.

A promuovere l’iniziativa la Diocesi di Cefalù, la Chiesa Madre di Petralia Sottana, Parrocchia Maria Ss. Assunta, la Cappellania dell’Ospedale “Madonna dell’Alto” e il Comune di Petralia Sottana.

Evento centrale del Giubileo diocesano sarà comunque il pellegrinaggio verso Petralia del prossimo 31 maggio, quando tutte le comunità si riuniranno per seguire il vescovo in una giornata di preghiera e testimonianza.

Avrà cadenza settimanale il segno dell’adorazione eucaristica nella cappella dell’ospedale, mentre ogni mese questo verrà animato da un “laboratorio di speranza”.

Sono previsti fra le varie iniziative anche un convegno su “cure palliative e dignità del fine vita”, tema delicato che interroga la coscienza del cristiano nell’approccio alla fase terminale della vita terrena e alla sofferenza che può derivarne, nonché alcune giornate dedicate alle manovre salvavita per provare ad essere d’aiuto al prossimo e ridurre il rischio di morte mettendo in atto i comportamenti più corretti in attesa dell’intervento dei sanitari.

Barbara De Gaetani

Termini Imerese, “Dona un Albero per il San Calogero”: manifestazione per il rimboschimento del monte Eurako

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Promosso dal Comitato San Calogero si terrà domenica 5 gennaio 2025, a Termini Imerese, la manifestazione “Dona un Albero per il San Calogero”. Il programma prevede alle ore 9,15 presso il sacrato della Chiesa madre, la benedizione degli alberelli a cura dell’arciprete padre Antonio Todaro. Alle ore 10,00 presso un fondo privato adiacente l’ingresso della Riserva orientata del monte San Calogero verranno messi a dimora delle piante. Gli alberi saranno dedicati alla memoria di persone meritevoli appartenenti alla comunità di Termini Imerese che si sono contraddistinte per specifiche attività professionali, sociali ed economiche. Un ricordo andrà all’ingegnere Giuseppe Catanzaro, un altro a Rosario Quattrocchi, direttore artistico degli Amici della musica, inoltre agli imprenditori  Paolo e Antonino  Agnello, e a tutte le fidapine, donne che nel tempo hanno fornito il loro contributo in campo culturale, artistico e professionale. “L’iniziativa – scrivono i promotori -rappresenta un forte segnale di resilienza della comunità termitana. Ribadiamo  che l’iniziativa anche se simbolica evidenzia la necessità di un  rimboschimento della parte alta del San Calogero per creare un polmone verde come abbiamo già  richiesto negli incontri con i vertici di Terna e le istituzioni locali a compensazione delle due centrali di conversione elettrica che sorgeranno in contrada Caracoli”. Le piante sono state donate dal Lions club, dall’Associazione Zit “Comitato di imprenditori zona industriale” e dalla locale sezione della Fidapa.

Giacomo Glaviano eletto presidente della Federazione internazionale dei giornalisti e animatori del turismo

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Dopo anni di lavoro e importanti incarichi ricoperti il giornalista siciliano Giacomo Glaviano è stato chiamato al vertice di una struttura che unisce associazioni professionali di giornalisti, scrittori e creatori di contenuti multimediali in tutto il mondo, leader nei media turistici.

A lui si deve la consegna nel 2019 del Golden Apple Award “Oscar del Turismo” al Parco Archeologico e Paesaggistico di Agrigento oggi “Capitale della Cultura 2025”.

“Favoriamo la collaborazione, manteniamo standard professionali e promuoviamo con Iftaj Flai l’eccellenza nella creazione di contenuti turistici attraverso culture e piattaforme – ha dichiarato il neopresidente. La nostra federazione – afferma il giornalista Glaviano – rappresenta migliaia di professionisti attraverso associazioni nazionali, che lavorano insieme per promuovere e dare forma al futuro della comunicazione turistica e della creazione di contenuti”.

Quella del giornalista Glaviano di Sciacca, località turistica al centro tra Selinunte ed Agrigento è stata una escalation iniziata da giovane nell’Azione Cattolica, Acli, Cisl, da dipendente della presidenza Regione Sicilia, nonché da direttore responsabile di alcuni giornali: Novalia, Autonomie Locali e In Sicilia, Periodico di letteratura, storia, arte, scienza e attualità culturale dell’Accademia guidata dal  cattedratico prof. Tommaso Romano di cui fa parte.

E’ stato corrispondente e collaboratore di quotidiani, agenzie di stampa e periodici anche a livello internazionale con esperienze che lo hanno proiettato nel mondo giornalistico ricoprendo carche prestigiose.

Numerosi i premi e riconoscimenti ricevuti dal presidente Glaviano, a partire dal Premio Internazionale “Fontane di Roma” della Fondazione Accademia La Sponda, in qualità di “Stimato giornalista che si è distinto per la sua professionalità e costante attività nel campo del turismo internazionale”.

Sono seguiti  altri riconoscimenti a  Oradea, Romania con il Diploma Award consegnato al giornalista da Mihai Jiurca, direttore esecutivo “per la partecipazione ad un evento memorabile”; a Solin, Croazia Premio Turistico Internazionale “Povelia Fest Antonio Conte” patrocinato dal Presidente della Repubblica Kolinda Grabar Kitorovic, nonché alla Borsa Internazionale del Turismo di Madrid – Spagna (TITUR), Premiato dalla Organizzazione Mondiale del Turismo tra i migliori 10 giornalisti che maggiormente si sono distinti per carriera, impegno e dedizione. Motivazione: “Per il grande lavoro e le attività  turistiche e culturali svolte con professionalità  e i rapporti diplomatici intrattenuti con le autorità, in particolare per la attenzione rivolta allo sviluppo del dialogo tra i popoli, presupposto naturale e indispensabile per il rafforzamento della pace nel mondo”.

La menzione è ancora più apprezzabile in questo contesto legato ai paesi sudamericani, dove ovviamente la realtà europea è poco conosciuta. Ángel Fernández (Repubblica Dominicana), Yazmin Jímenez (Panama), Sonia Renison (Argentina), Guido Calderón (Ecuador), Aime Tatis (Colombia), Giacomo Glaviano (Italia), Arina Kleist (Groenlandia), , Victor Valles Mata (Messico), Enrico Sancho (Spagna), Adrian Morales (Cuba).

Madonie, intervento notturno del Soccorso Alpino, per tre escursionisti dispersi

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Primo intervento dell’anno per il Soccorso Alpino e Speleologico Siciliano nella Sicilia occidentale. I tecnici sono stati impegnati in notturna sulle Madonie per recuperare tre escursionisti dispersi nella zona sotto pizzo Carbonara, uno dei quali con evidenti sintomi di assideramento. Il gruppetto, tre ventenni di Partinico, aveva raggiunto la cima della montagna (1979 metri di altudine) ma, durante la discesa, aveva smarrito il sentiero e non era stato più in grado di proseguire anche a causa del buio che intanto era calato nella zona. Preoccupati anche per le temperature sempre più rigide, non essendo adeguatamente attrezzati, i tre erano riusciti a lanciare l’allarme chiamando il Numero Unico di Emergenza 112 che, a sua volta, aveva allertato la Prefettura di Palermo che, trattandosi di un recupero in ambiente impervio innevato, aveva chiesto l’intervento del Soccorso Alpino.

Da Palermo sono partite due squadre, supportate dai tecnici della locale squadra “Madonie” arrivati per primi sul posto. In attesa dei rinforzi, l’escursionista in ipotermia è stato coperto e caricato sulla barella dotata di adeguate protezioni. All’arrivo delle altre squadre, i tre escursionisti sono stati accompagnati al parcheggio della Battaglietta dove, ad attenderli, c’era un’ambulanza del 118. Sul posto anche i vigili del fuoco.

Nascondono in casa per due anni il padre morto: indagati dalla Procura di Termini Imerese due fratelli di Ventimiglia di Sicilia

I Carabinieri della Compagnia di Bagheria hanno denunciato in stato di libertà alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese, due fratelli ultrasessantenni ritenuti responsabili – allo stato – di occultamento di cadavere e di truffa ai danni dell’I.N.P.S.

I Militari dell’Arma, ai quali si era rivolto un cittadino che da molto tempo non aveva più notizie di un suo anziano congiunto, hanno rinvenuto – all’interno di un’abitazione – una bara artigianale, contenente i resti mortali di un 90enne originario di Ventimiglia di Sicilia.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica, si sono subito concentrate sui due figli dell’uomo, che nella stessa serata sono stati anche sottoposti ad interrogatorio.

L’ipotesi al momento al vaglio degli investigatori è che i due indagati abbiano scelto di non comunicare il decesso del padre e di occultarne il cadavere per poter continuare a riscuoterne la pensione.

La Procura della Repubblica di Termini Imerese ha disposto l’autopsia sul corpo dell’anziano, la cui morte, come emergerebbe dagli esiti dei primissimi accertamenti, potrebbe risalire addirittura a due anni fa.

Palermo, al via Seminario sull’Esoterismo nell’arte: si potrà seguire anche on line

Promosso da BCsicilia e dall’Università Popolare prende il via, a Palermo, il Seminario sull’Esoterismo nell’arte. Sono previsti otto incontri, da gennaio a marzo 2025, che si si terranno tutti i giovedì, con inizio alle ore 16,30, in presenza presso il Centro culturale Biotos, in via XII gennaio, 2, oppure in Live streaming, e tre visite guidate: a Noto, a Termini Imerese e a Capo d’Orlando. Il primo incontro è previsto giovedì 9 gennaio e avrà per titolo “Arte e infinito, tra simboli dell’universo ed espressioni contemporanee”, ad affrontare il tema Alberto Samonà, Giornalista e Consigliere di amministrazione del Parco Archeologico del Colosseo. La seconda conferenza, giovedì 16 gennaio, sarà tenuta invece dalla Storica dell’arte Daniela Brignone, e avrà come titolo “Velate verità: l’arte esoterica in Sicilia tra storia e simbolismo”. Giovedì 23 gennaio sarà il turno di Carmelo Montagna, Architetto e Storico dell’Arte, che parlerà su “Architettura dell’invisibile. Geometrie segrete e Ierofanie”. A seguire, giovedì 30 gennaio, l’architetto Giovanna Mirabella affronterà il tema “Il linguaggio ermetico nelle costruzioni medievali”. Nel successivo incontro, previsto giovedì 6 febbraio, l’Architetto e docente di storia dell’Arte Alessandro Di Bennardo relazionerà sul tema “La luce nelle architetture medievali”. Giovedì 13 febbraio sarà il turno di Tommaso Romano, Scrittore e docente di filosofia che parlerà su “L’esoterismo di Dante secondo René Guénon”. Il tema “Simboli e alchimia nel  Settecento” sarà invece affrontato, giovedì 20 febbraio, dalla studiosa d’arte Rosanna Balistreri, infine Giovanni Iannuzzo, Psichiatra e psicoterapeuta, giovedì 27 febbraio, concluderà il seminario con una conferenza “Sul non detto della parola e sulla parola del non detto. Esoterismo e letteratura”.

Le tre visite in programma si terranno, domenica 26 gennaio alle ore 10,00, a Noto, guidati da Maria Teresa Di Blasi, Storica dell’Arte e Presidente BCsicilia di Catania, che spiegherà “Il fregio misterioso di Palazzo Nicolaci”, la seconda è invece prevista a Termini Imerese, domenica 16 febbraio con inizio alle ore 10,00. La visita, guidata da Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale di BCsicilia, avrà per titolo “Dalle tenebre alla luce: un percorso esoterico nella Cammara picta”, infine la terza visita, che si terrà domenica 2 marzo alle ore 10,00 a Capo d’Olando, sarà guidata da Andrea Pruiti Ciarello, Presidente della Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella che spiegherà “La dimora del mago”.

Alla fine del Seminario verrà rilasciato un Attestato di partecipazione E’ obbligatoria la prenotazione. Per iscrizioni: WhatsApp: 346.8241076 – Email: [email protected].

“Ricca, sebbene poco nota – affermano i promotori – è la cultura esoterica in Sicilia. Basti visitare le biblioteche di alcuni nobili che abitano ai margini delle città, in dimore colte e talvolta cadenti, per scoprire manoscritti alchemici mai divulgati, oltre a ricette e rituali del vivere segreto.

A Villa Palagonia, questo mondo diviene esplicito nella struttura medesima della dimora, ellittica come in una fantasia di Jurgis Baltrusaitis, con una vasta rappresentazione di umanità quasi rispecchiantisi in uno specchio anamorfico, di musicanti, gnomi e coboldi, che sembrano scaturiti dalle viscere incandescenti della terra ed ancora in formazione.

All’ars aedificatoria dobbiamo il nascere e il concretarsi di società iniziatiche che in origine altro non era se non la conoscenza dei materiali costruttivi, fatti di sapienti dosaggi di luci ed ombre, di archi e contrafforti, tesi ad avvicinare, con i loro slanci vertiginosi, l’uomo al Dio in cui essi credono. Queste leggi dinamiche delle costruzioni erano, dalle maestranze, mantenute segrete, in modo da evitare concorrenze ed approssimazioni.

Il codice di riferimento di tutto questo articolato sapere costituiva pertanto un materiale esoterico ancora oggi vivo e vitale. Di tutta questa complessità ermeneutica il ciclo di conferenze sull’Esoterismo nell’Arte costituisce esplicito riferimento di conoscenze e di divulgazione”.

Guardia di Finanza di Termini Imerese sequestra quasi 370.000 articoli: sanzioni fino 45 mila euro

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I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Palermo, nell’ambito dell’esecuzione di un’attività di servizio volta a verificare il rispetto della normativa nel settore del commercio a tutela della sicurezza del consumatore, hanno sottoposto a sequestro n. 369.137 accessori di vario genere. Le fiamme gialle del Gruppo di Termini Imerese, infatti, hanno rinvenuto, presso un esercizio commerciale, merce non riportante, in modo conforme alla legge, le indicazioni minime in lingua italiana previste dal Codice del Consumo, poiché deficitarie delle informazioni circa il luogo d’origine, il produttore/importatore, le istruzioni, le precauzioni e la destinazione d’uso. In alcuni casi i prodotti erano sprovvisti del marchio CE, necessario per attestare la conformità agli standard di sicurezza imposti dall’Unione Europea. Nel dettaglio, al fine di consentire ai consumatori un Natale sicuro, i finanzieri hanno sottoposto a sequestro numerosi addobbi per le feste (alberi di natale, palline di natale, sfere di vetro, coccarde, luci led per albero) e, in prossimità dell’Epifania, giocattoli (mattoncini per costruzioni, carte da gioco), nonché prodotti per la persona (elastici per capelli, bracciali, orecchini, collane), materiale da ferramenta, accessori turistici (portachiavi) e cancelleria per scuola e ufficio (post-it, graffette). I finanzieri hanno, inoltre, rinvenuto e sequestrato anche cosmetici (lucida labbra) potenzialmente nocivi per la salute, in quanto mancanti delle indicazioni minime previste dalla normativa vigente. Nel corso dell’attività sono stati altresì rinvenuti e sequestrati giochi pirici esposti per la vendita non riportanti il marchio “CE” e le indicazioni circa la massa attiva (NEC), la categoria di appartenenza e la società produttrice, in violazione degli artt. 53 del T.U.L.P.S. e 678 c.p.. Oltre al sequestro della merce, l’esercente è stato quindi denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese e segnalato alla Camera di Commercio per l’irrogazione di sanzioni amministrative fino a un massimo di circa 45 mila euro. Il procedimento penale verte nella fase delle indagini preliminari e la responsabilità delle persone sottoposte ad indagini sarà definitivamente accertata solo ove intervenga la sentenza irrevocabile di condanna.

Presepe Vivente a San Mauro Castelverde: tre giorni tra fede, cultura e tradizione

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Da oggi e per due giorni San Mauro Castelverde si trasforma in un luogo incantato per celebrare la tradizione del presepe vivente, un evento che unisce spiritualità, cultura e comunità. Nelle giornate del 2 e 3 gennaio dalle ore 19,00 alle ore 21,30 e il 4 gennaio dalle ore 17,30 alle ore 20,30, il suggestivo borgo ospiterà una rappresentazione unica che riporta in vita l’atmosfera della Natività tra le vie del centro storico. Un appuntamento imperdibile per la comunità e i visitatori che offrirà un’esperienza immersiva tra fede, cultura e tradizione.

Il percorso del Presepe Vivente si snoda tra le suggestive vie storiche di San Mauro (Via Umberto I, Via Archi, Via Procida, Piazza Municipio), dove saranno allestite scene che rievocano la nascita di Gesù e la vita quotidiana dell’epoca. Figuranti in costumi tradizionali daranno vita a botteghe artigiane, pastori al lavoro e momenti di raccoglimento nella capanna della Natività.

L’evento sarà arricchito da un’offerta gastronomica che celebra i sapori locali. Sarà possibile degustare: “Cutruruni”, dolce e salato, “Pane Cunzatu” all’Olio “Crastu”, Zuppa ai 5 Legumi all’Olio “Crastu”, Biscotti di lievito accompagnati dal vino.

Il Presepe Vivente di San Mauro Castelverde rappresenta un momento di condivisione che unisce grandi e piccini, offrendo uno sguardo autentico alla magia del Natale e alle tradizioni della nostra terra.

L’evento è organizzato dall’Azione Cattolica di San Mauro, che da anni si impegna per valorizzare la cultura e il senso di comunità attraverso iniziative di alto valore spirituale e sociale, in collaborazione con il Comune, l’Assessorato al turismo della Regione Siciliana e il Mav di Bompietro. Per informazioni 333 166 2450.