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Così sia la luce… artificiale: fotobiologia ed effetti sulla salute

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L’illuminazione è uno degli elementi più «scontati» del nostro ambiente, di cui si è soliti sottolineare l’aspetto estetico e quello propriamente funzionale. Un ambiente deve essere illuminato, cioè, in un modo o in un altro a seconda delle sue funzioni, del suo aspetto, della sua utilizzazione. Nel far questo non si riflette abitualmente sul fatto che l’illuminazione ha una sua importanza determinante anche per l’organismo e che quindi può diventare un fattore più o meno positivo per la salute. A queste conclusioni è giunta la «fotobiologia», la scienza che studia gli effetti della luce sulle funzioni vitali. La luce, infatti, condiziona da sempre i ritmi biologici fondamentali dell’uomo, per esempio con l’alternarsi del giorno e della notte che ha oltretutto rappresentato un riferimento costante per le attività umane; per secoli, infatti, i nostri antenati hanno lavorato alla luce del giorno e dormito quando il sole calava. Con l’evoluzione della civiltà, questi ritmi arcaici sono cambiati e ci si è trovati di fronte all’esigenza di creare un giorno «artificiale», delle luci, cioè, che sostituissero quella del sole. Naturalmente, provocando tutta una serie di effetti sull’organismo. Che delle influenze ci siano è sicuro. La luce che penetra nell’organismo attraverso l’occhio non solo consente la visione, ma influenza anche profondamente l’attività biochimica del corpo, modificandone funzioni fondamentali come quella ormonale, e questo si ripercuote sullo stato di salute sia fisica, sia psichica. È proprio in base a questa constatazione che, ormai da diversi anni, in diverse nazioni sono nati dei comitati per lo studio degli effetti della luce artificiale sull’organismo. È stata infatti avanzata l’ipotesi legittima che la luce «sbagliata» possa essere un fattore inquinante in grado di causare malattie, un po’ come si è visto per i grassi nell’alimentazione, il fumo o lo smog. Si sa, l’uomo è stato programmato per vivere sotto la luce del sole e per millenni tutti i fattori biologici sensibili alla luce si sono adattati a questa energia naturale che oggi, a ben guardare, costituisce solo una minima parte dell’illuminazione dei nostri ambienti.

Le regole naturali non possono essere rimescolate e ridefinite a casaccio: ecco perché anche l’illuminazione va «pensata» come ingrediente del nostro benessere.

Gli effetti biologici della luce non sono dovuti soltanto al suo spettro visibile, bensì anche alle radiazioni ultraviolette e a quelle infrarosse, oltre a una serie non ancora del tutto nota di frequenze che vanno dalle microonde (quelle utilizzate dai radar, per intenderci) alle radiazioni X e ad altre ancora, tutte ugualmente implicate nei meccanismi descritti dalla fisica. Si tratta, insomma, di tutto un insieme di potenti energie in grado di produrre notevoli effetti biologici. Basta pensare agli effetti sulle pelle della luce solare: l’esposizione dell’epidermide ai raggi ultravioletti può, se effettuata correttamente, dare un colore mielato, altrimenti può provocare fastidiosi eritemi, arrossamenti più o meno diffusi, sino alle vere e proprie ustioni. La luce solare è poi indispensabile per il metabolismo della vitamina D e del calcio; nello stesso tempo ha una funzione sterilizzatrice, poiché risulta letale per molti pericolosi microrganismi. Esistono poi degli effetti più specifici, come quelli sul sistema endocrino e sulla secrezione ormonale. I ritmi biologici, insomma, sono conformati a quelli solari: basta pensare a quante volte si urina la notte rispetto al giorno. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che, anche in persone che vivono nel sottosuolo, i cicli urinari possono venire abbreviati o allungati a seconda dell’intensità della luce. L’esposizione alla luce solare può anche influenzare l’ovulazione e la durata del ciclo mestruale, mentre, d’altro canto, certe fasi del comportamento animale coincidono con certe stagioni e sono strettamente dipendenti dall’illuminazione; infatti la luce è energia elettromagnetica, e oggi si presta molta attenzione alle influenze dei campi elettromagnetici sulle funzioni vitali. È chiaro che stiamo parlando della luce solare, alla quale siamo perfettamente adattati come tutti gli esseri viventi. La luce artificiale è invece sostanzialmente diversa, composta com’è da una miscela di lunghezze d’onda spesso assai diverse da quelle naturali. Questo è, d’altra parte, giustificabile: la luce artificiale è stata inventata dall’uomo con una sola finalità, quella di consentire di vedere bene quando manca la luce del sole. Bisogna però tenere conto anche degli altri effetti della luce sull’organismo; di questo si dovrebbe occupare la tecnologia, impiegando criteri autenticamente ecologici nella costruzione delle abitazioni. Una illuminazione ideale, infatti, deve essere il più possibile simile a quella naturale, imitando insomma lo spettro. Le nostre abituali fonti di energia artificiale, invece, mancano di parti sostanziali, o, se queste sono presenti, lo sono in quantità sbagliate. Raggiungere l’obiettivo di una illuminazione ecologica non è comunque difficile: basta impiegare le tecniche sperimentate da tempo e seguire i consigli della fotobiologia.

Illuminare al naturale

Il modo migliore di illuminare un ambiente è quello di permettere che la luce solare entri il più possibile all’interno della casa. Anche se oggi la nostra vita è ritmata su «frequenze» tali da imporre un allungamento delle ore del giorno, si può ugualmente fruire per il massimo tempo possibile di fonti ecologiche di illuminazione. Stranamente, uno degli ostacoli alla corretta penetrazione della luce in un ambiente chiuso è rappresentato dal vetro: esso trasmette infatti la porzione visibile dello spettro solare, ma, mentre lascia passare abbastanza bene l’infrarosso, non fa altrettanto con l’ultravioletto. Qualcuno in passato ha anche realizzato del vetro particolare, in grado di lasciare filtrare in giusta quantità la luce ultravioletta, ma l’iniziativa non ha funzionato economicamente.

Una soluzione fruibile potrebbe essere quella dei fogli di resina acrilica, che consentono il passaggio dell’ultravioletto. Questo materiale presenta vantaggi e inconvenienti rispetto al vetro: si graffia e si deteriora più facilmente, ma, in compenso, è sostanzialmente infrangibile. In alternativa si può utilizzare del vetro sottile. Vetri ad alto spessore sono assolutamente inadatti allo scopo. Per ottenere una illuminazione il più possibile ecologica in un ambiente sono sempre necessarie ampie finestre (con vetri molto sottili) o vetrate, orientate in maniera tale da ricevere il massimo di luce. L’uso opportuno di grandi specchi potrebbe amplificare la luminosità e consente un’utilizzazione prolungata della luce solare. È in questi ambienti che andrebbe svolta l’attività lavorativa diurna.

Le comuni lampadine, abitualmente usate nell’illuminazione, sono «a incandescenza». È risaputo che consistono in un sottile filamento di tungsteno posto all’interno di un bulbo di vetro sigillato: la corrente elettrica che passa attraverso il filo lo rende incandescente e questo emette una luce bianco-giallastra dopo aver raggiunto temperature di circa 2.500 gradi. Proprio per questo motivo, una luce così prodotta si discosta da quella naturale.

Gli esperti di “fotobiologia” – studiosi, cioè degli effetti biologici della luce – spiegano questo effetto utilizzando il concetto di «temperatura di colore»: la luce diurna ha, cioè, un «colore» diverso, esattamente quello che sarebbe emesso da una lampadina se il filo di tungsteno fosse portato a una temperatura di circa 6000 gradi, il che è impossibile. Poiché le misurazioni in questo campo vengono effettuate in gradi Kelvin (°K) – una scala di misurazione che comincia a -273 gradi centigradi anziché a zero – la luce ideale dovrebbe avere una temperatura di colore di circa 5000 °K. una luce di questo tipo sarebbe molto simile a quella naturale, avrebbe uno spettro completo e sarebbe soddisfacente dal punto di vista fisiologico. Nell’illuminare un ambiente con normali lampadine a incandescenza non è possibile raggiungere questo obiettivo. Si può invece dipingere il bulbo di vetro con un blu chiaro: ciò innalza la temperatura di colore, attenua la luce giallastra e la adegua in qualche modo alla luce diurna. In commercio esistono anche le cosiddette lampadine a luce diurna che, pur dando un effetto diverso dalla luce solare, sono sicuramente più vicine allo spettro solare.

Luci ecologiche … artificiali

Molto comuni sono poi le lampade costituite da un tubo di vetro che contiene del gas e da due elettrodi posti alle sue estremità. La corrente alimenta gli elettrodi che ionizzano gli atomi del gas, liberando elettroni: dalla collisione tra ioni, elettroni e atomi di gas deriva energia sotto forma di radiazione che sarà luce visibile e ultravioletta. Le energie ultraviolette molto forti vengono assorbite da una miscela di fosfori in polvere che ricopre l’interno del tubo di vetro che diventa, quindi, fluorescente. Alcune di queste lampade a fluorescenza, comunissime, contengono anche una componente a fosforo nero che serve a generare una particolare radiazione ultravioletta che è presente nella luce diurna. Il risultato è un effetto simile all’illuminazione naturale. Queste lampade presentano però due inconvenienti fondamentali: hanno una temperatura di colore ancora bassa rispetto a quella solare (4000 contro 5500 °K) ed emettono ancora meno infrarosso delle comuni lampade a incandescenza.

I tipi di lampada ideali, comunque, sono quelli che contengono gas xenon: si tratta della luce artificiale più vicina a quella naturale, con una temperatura di colore che arriva sino a 5600°K, praticamente ideale. È il tipo di lampada, per intenderci, che viene usata come proiettore negli stadi. Nell’ex URSS venivano utilizzate per ottenere una illuminazione ecologica nelle fabbriche e nei laboratori, con incrementi consistenti della produttività. Non da moltissimo tempo una ottimale fonte di illuminazione è, comunque quella fornita dai LED, ottimali, con l’unico inconveniente del prezzo, ancora notevole. Buoni risultati si possono ottenere anche con le lampade che contengono all’interno gas a pressione elevata. Abitualmente, per l’illuminazione degli ambienti si utilizza corrente alternata: ciò significa che la scarica elettrica si arresta e riparte un centinaio di volte al secondo, cosicché la luce «sfarfalla» con enorme rapidità. Se il tubo fluorescente è nuovo questo fenomeno non si nota, ma molte persone, proprio a causa di tale effetto, trovano fastidiosa la luce fluorescente che, è bene sottolinearlo, può anche causare emicranie e altri disturbi psicofisici. Anche se si tratta di ipotesi, conviene porsi al riparo utilizzando la corrente continua che, eliminando qualunque interruzione o inversione di corrente, annulla il fenomeno dello sfarfallamento. Altro probabile problema potrebbe essere costituito dalla presumibile emissione di raggi X dalle lampade fluorescenti. Non si sa ancora tutto su questo fenomeno descritto da alcuni studiosi; in ogni caso, sembra che, per ovviare a qualsiasi eventuale inconveniente, sia sufficiente avvolgere in carta stagnola le estremità del tubo fluorescente, specialmente di quelli molto lunghi.

Gli studi sugli effetti biologici e psicologici dell’illuminazione artificiale vanno sicuramente proseguiti. Ciascuno di noi ha già verificato per esperienza il senso di benessere o di fastidio che si prova in certi ambienti a seconda della loro illuminazione. L’irritabilità, il nervosismo, il mal di testa e tanti altri piccoli disturbi possono forse dipendere dal tipo di luce utilizzata. E proprio perché la luce è parte integrante del nostro habitat, creare un’illuminazione il più possibile naturale può essere importante per favorire «ecologicamente» il nostro benessere psicofisico.

Giovanni Iannuzzo

Conversazione e cena per la Notte di San Valentino

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Si terrà venerdì 14 febbraio 2025 con inizio alle ore 19,00 presso il bistrot St’Oliva in via Principe di Villafranca, 6 a Palermo, l’iniziativa “La Notte di San Valentino”. Il programma prevede una Conversazione tenuta dalla giornalista e scrittrice Sara Favarò dal titolo “San Valentino, tra Tradizione, Riti e Santità” mentre, a seguire, alle ore 20,00 Cena di San Valentino a base di Cacao. Il menù, preparato dallo Chef Marilena Rodriguez, prevede come antipasto caponata di mele e cacao, fagottino di farina di mais farcito con ragù di salsiccia e cacao, panelle con spolverata  di cacao. Il Main course (portata principale) è composto da rolle di pollo con salsa mole, farro condito frutta seca e semi vari e verdura di stagione. Come dessert invece il brownie (morbidissimo dolce dal sapore intenso di cioccolato) e frutta cotta al vino con glassa di cioccolato bianco. Come bevande acqua, un calice di vino e infine il caffè. L’iniziativa è promossa da BCsicilia, St’Oliva e  Università Popolare. Obbligatoria la prenotazione. Per informazioni ed iscrizioni: Tel. 346.8241076 – Email: [email protected].

Termini Imerese, avviata a Fiumetorto la posa del cavo Tyrrhenian Link

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È stata avviata a Fiumetorto, nel Comune di Termini Imerese, la prima fase della posa del cavo sottomarino del ramo est del Tyrrhenian Link, una delle infrastrutture elettriche più rilevanti del Paese, che collegherà Sicilia e Campania.

Il progetto, che include anche il ramo ovest tra Sicilia e Sardegna, prevede un investimento complessivo di circa 3,7 miliardi di euro da parte di Terna, l’azienda guidata da Giuseppina Di Foggia.

L’opera riveste un ruolo cruciale nel percorso di decarbonizzazione previsto dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), incrementando la capacità di trasporto e favorendo la transizione energetica. Inoltre, contribuirà a migliorare la sicurezza, l’adeguatezza e la flessibilità della rete elettrica di trasmissione nazionale.

Il Tyrrhenian Link prevede la realizzazione di due linee elettriche sottomarine in corrente continua a 500 kV, per un totale di 970 km di cavo e una capacità di trasporto di 1.000 MW per ciascuna tratta.

A testimonianza della partnership tra due aziende italiane di eccellenza, la produzione e la posa del cavo sottomarino lungo la tratta Termini Imerese Battipaglia (in Campania), effettuata con la nave Leonardo da Vinci, sono affidate a Prysmian, leader globale nel settore dei sistemi in cavo per l’energia e le telecomunicazioni, che nel 2021 si è aggiudicata il contratto quadro per la progettazione, la fornitura, l’installazione e il collaudo di oltre 1.500 km di cavi, prodotti presso lo stabilimento Prysmian di Arco Felice (NA). Per Prysmian, ma anche per l’intero settore, si tratta di un’installazione da record: per la prima volta un cavo HVDC verrà posato a 2.150 metri di profondità, fissando nuovi standard di mercato.

ll ramo est del progetto, che beneficia di un finanziamento di 500 milioni di euro nell’ambito del capitolo REPowerEU approvato dal Consiglio Europeo a dicembre 2023, è stato autorizzato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica a fine 2022.

In Campania, è prevista la realizzazione di una stazione di conversione a Eboli, collegata all’approdo di Torre Tuscia Magazzeno attraverso un elettrodotto interrato di circa 15 km, progettato per minimizzare l’impatto ambientale e paesaggistico. Analogamente, in Sicilia la stazione di conversione sorgerà a Termini Imerese, in località Caracoli, e sarà collegata all’approdo di Fiumetorto con un percorso in cavo interrato di circa 10 km. A Caracoli sarà inoltre realizzata una nuova sezione a 380 kV all’interno della stazione esistente.

L’intero progetto sarà operativo nel 2028, con l’entrata in servizio del primo polo del ramo est prevista per il 2026.

“Il Tyrrhenian Link – scrive Terna in un comunicato – è un’opera all’avanguardia anche in termini di sostenibilità. Ad agosto 2024, Terna ha avviato presso l’approdo di Fiumetorto un progetto sperimentale di trapianto di Cymodocea nodosa, una pianta acquatica protetta fondamentale per l’ecosistema marino. Questo intervento mira a ripristinare circa 20.000 talee su circa 1.200 m² di fondale, oltre a proteggere la linea di costa dall’erosione.

Infine, a febbraio 2024 Terna ha siglato con la Banca europea per gli investimenti (BEI) il contratto per l’ultima tranche del finanziamento, pari a 1,9 miliardi di euro, destinato a supportare la costruzione e la messa in esercizio del collegamento.

Grazie alla sua capacità di trasmissione, il Tyrrhenian Link rappresenta un passo decisivo per il futuro della rete elettrica italiana ed europea”.

Petralia Soprana sarà presente alla BIT di Milano 2025

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Il Comune di Petralia Soprana parteciperà alla BIT – Borsa Internazionale del Turismo di Milano, in programma dal 9 all’11 febbraio 2025, all’interno del padiglione della Sicilia, presso il desk dei Borghi più belli d’Italia.

L’evento rappresenta un’importante occasione per promuovere le bellezze storiche, artistiche e paesaggistiche di Petralia Soprana, uno dei borghi più affascinanti delle Madonie. Il paese avrà l’opportunità di presentare il proprio patrimonio culturale e le esperienze di turismo sostenibile, valorizzando le tradizioni e le eccellenze del territorio.

Alla BIT sarà presente il Sindaco di Petralia Soprana Pietro Macaluso, che porterà la testimonianza diretta dell’impegno dell’amministrazione nella valorizzazione turistica e culturale del borgo, in sinergia con la rete dei Borghi più belli d’Italia e con la Regione Siciliana.

Teatro a Cefalù: al via la rassegna gratuita “Cosa porta il vento”

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Dopo il successo dello scorso anno, grazie al patrocinio del Comune di Cefalù, torna al Teatro Comunale “Salvatore Cicero” la rassegna di teatro contemporaneo “Cosa porta il vento”, curata dall’associazione Circo dell’avvenire, con la direzione artistica di Tiziana Giordano.

La rassegna, di respiro nazionale, andrà in scena da febbraio ad aprile 2025 e porta il sottotitolo “Ritratti di umanità”, un filo rosso che unisce i cinque spettacoli proposti.

“Gli autori, i registi, i personaggi e le storie che incontreremo ci mostreranno diverse sfaccettature di umanità, tra le più delicate e fragili, poetiche e visionarie, dolorose e incredibili. Totò, Vicè, Pascalina, Stracci, Lena, Vita, l’uomo col cappotto, l’uomo col cappello, l’uomo col pigiama, Danilo: una galleria di ritratti che ci guardano dentro, ci invitano a non abbassare lo sguardo e l’ascolto per mantenere alto o ritrovare il nostro senso di umanità, sempre più narcotizzato da un presente che normalizza la violenza, l’indifferenza, la guerra”, con queste parole Tiziana Giordano introduce la rassegna. E aggiunge: “Cosa porta il vento” porta un teatro che punta a nutrire la riflessione e la crescita socio-culturale collettiva, e prova a essere un presidio di umanità, in tempi sempre più oscuri”.

Si partirà domenica 23 febbraio con “Totò e Vicè. Operina musicata per ombre e voci” dal testo di Franco Scaldati, adattamento e regia di Giuseppe Cutino, con Rosario Palazzolo, Anton Giulio Pandolfo, Egle Mazzamuto, Sabrina Petyx, musiche di Maurizio Curcio eseguite dal vivo con Daniele Tesauro, produzione Energie Alter-native. Lo spettacolo ha ricevuto nel 2024 il premio ANCT (Associazione Nazionale Critici di Teatro) per la migliore regia, tra le parole del riconoscimento si legge: “Con la sua regia, Cutino ci traghetta in uno spazio figurale libero dai vincoli della coerenza e della logica, trasformando il testo di Scaldati in una partitura visiva e sonora che evoca un altrove metafisico, in cui vita e morte, visibile e invisibile, si fondono e superano i confini del reale, un’opera di raro equilibrio e intensa profondità.”

Seguirà domenica 9 marzo lo spettacolo “Dissonorata. Un delitto d’onore in Calabria” testo, regia e interpretazione di Saverio La Ruina, musiche originali eseguite dal vivo da Gianfranco De Franco, produzione Scena Verticale. Uno spettacolo che ha segnato la storia del teatro contemporaneo, che nel 2007 ha ricevuto i premi Ubu rispettivamente come migliore testo e attore italiano e nel 2010 il Premio Hystrio alla drammaturgia che su Saverio La Ruina scriveva: “insegna a non impigrirsi di fronte alla superficialità delle grammatiche contemporanee, sotto e sopra il palcoscenico. A scavare nella ricchezza nascosta della strada, dei dialetti come delle letterature. Con un’eleganza formale capace di piegarsi all’invettiva come alla chiacchiera da bar, al gioco dell’ironia come alla delicatezza di certe passioni colme d’umiltà. E improvvisamente, anche le vicende più dure parlano la lingua della poesia”.

Domenica 23 marzo si proseguirà con “La Passione di Stracci”, testo, regia e interpretazione di Gigi Borruso, con Valeria D’aquila, Alessandra Guagliardito, produzione Museo Sociale Danisinni. Uno spettacolo che ricorda la poetica dello scrittore, regista e poeta Pier Paolo Pasolini, nella ricorrenza dei cinquanta anni dalla sua morte. Borruso si ispira liberamente al film “La ricotta”, che ne diviene l’antefatto, portando in scena la tensione drammatica della vita di quegli ultimi su cui tanto ha indagato Pasolini.

Domenica 6 e lunedì 7 aprile si continuerà con “Ciò che accadde all’improvviso” testo, regia e interpretazione di Rosario Palazzolo, in scena con Francesco Gulizzi e Anton Giulio Pandolfo, aiuto regia Angelo Grasso, produzione Circo dell’avvenire. La prima opera di prosa del drammaturgo, scrittore e regista palermitano che utilizza un surrealismo giocato con i tempi della commedia comica che spesso storce nel giallo, si adagia sul grottesco, per arrivare a un finale drammatico.

A chiudere la rassegna domenica 27 e lunedì 28 aprile sarà lo spettacolo “La ricetta di Danilo” testo e interpretazione di Totò Galati, regia di Claudio Zappalà, musiche originali eseguite dal vivo da Nathan Tagliavini, produzione Barbe à Papa Teatro e Associazione Città Teatro. Lo spettacolo narra dell’esperienza di lavoro sociale, educativo e di comunità di Danilo Dolci che attraverso lotte nonviolente, digiuni e marce per la pace segnò alcuni tra i cambiamenti più significativi della Sicilia occidentale dagli anni Cinquanta in poi. Lo spettacolo rientra tra le iniziative promosse all’interno del Centenario della nascita di Danilo Dolci, curato dal Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci.

Una programmazione di cinque appuntamenti in scena la domenica pomeriggio alle 18.00 per la comunità cittadina e due repliche il lunedì mattina alle 11.00 dedicate alle scuole secondarie, con la possibilità di accogliere gratuitamente il pubblico fino a esaurimento dei posti.

“L’Amministrazione – afferma il sindaco Daniele Tumminello – continua ad investire sul fronte culturale, consapevole che le arti, come il teatro, servano non solo ad aiutare a comprendere e riflettere sul presente, ma offrono una ulteriore attrattiva di qualità per chi sceglie Cefalù come meta turistica per la sua bellezza e per l’arricchimento che se ne può trarre grazie alle iniziative che programmiamo durante tutto l’anno”.

Gli approfondimenti sugli spettacoli saranno disponibili sulle pagine Facebook del Comune di Cefalù e di Circo dell’avvenire. Per informazioni scrivere a [email protected],

Termini Imerese, la Regione assegna 5 mila euro a ciascun lavoratore dell’area industriale

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Circa cinquemila euro per ciascun lavoratore delle aree di crisi industriale di Termini Imerese, Gela e Caltanissetta già percettori della mobilità in deroga. L’assessorato regionale del Lavoro ha pubblicato un avviso per l’assegnazione dell’indennità integrativa del reddito, istituita con la legge regionale 28 del 2024. Le risorse disponibili ammontano a 1,2 milioni di euro.

«Attraverso questa misura – dice l’assessore Nuccia Albano – garantiremo a circa 200 persone che si trovano in situazioni di crisi occupazionale un sostegno economico per i periodi di difficoltà economica. L’integrazione del reddito per i lavoratori in mobilità in deroga è un intervento importante che consente ai lavoratori e alle comunità in cui vivono di affrontare le difficoltà, sia economiche che sociali, legate alle crisi aziendali».

Per ottenere l’indennità, chi è in possesso dei requisiti dovrà presentare la documentazione, a mezzo posta elettronica, al dipartimento regionale del Lavoro entro il prossimo 15 febbraio. L’istanza dovrà essere trasmessa agli indirizzi [email protected]  e [email protected].

L’avviso è stato pubblicato sul sito istituzionale della Regione ed è consultabile a questo link.

Giornale di Cefalù, ricordo di Nello Gugliuzza tra i primi collaboratori negli anni settanta di Radio Cammarata

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Adriano Cammarata ed Angelo Rosso ricordano Nello Gugliuzza, uno tra i primi collaboratori negli anni settanta ed ottanta di Radio Cammarata. KeArtBook, l’assistente sociale dal cuore samaritano, interventi di Laura Modaro, Maria Guercio, don Salvatore Spagnuolo. Fidapa, i Florio e le leonesse di Sicilia ne parla Dolores Randone. L’Auser di Cefalù ed il suo fondatore, il maestro Vincenzo Fertitta: interventi della presidente Giuseppina Anzaldi, e di Antonella Domina, Peppino Antista, Licia Fertitta, Giuseppe Guarcello.
Questi i servizi principali del Giornale di Cefalù – anno 42 n.1826 – videonotiziario – web diretto e condotto da Carlo Antonio Biondo; dal 6 febbraio 2025 su facebook profilo Adriano Cammarata e sul canale you tube Carlo Antonio Biondo (https://youtu.be/FKaW6zeVN8I). Archivio Giornale su cammarataweb; link su tutti i social.

La luce nelle architetture medievali al Seminario sull’Esoterismo nell’Arte promosso da BCsicilia a Palermo

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Si terrà giovedì 6 febbraio 2025 alle ore 16,30 presso la Sala Novecento dell’Hotel Joli in via Michele Amari, 11 (Angolo Piazza Ignazio Florio) a Palermo, il quinto incontro del Seminario sull’Esoterismo nell’arte promosso da BCsicilia e dall’Università Popolare. Dopo la presentazione di Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale di BCsicilia, è prevista la conferenza dal titolo “La luce nelle architetture medievali” che sarà tenuta da Alessandro Di Bennardo, Architetto, Docente di Storia dell’Arte.

L’articolato seminario prevede  otto lezioni  che si terranno tutti i giovedì all’Hotel Joli e tre visite guidate: a Noto, a Termini Imerese e a Capo d’Orlando. E’ possibile seguire le lezione in presenza oppure in Live streaming.

I successivi incontri riguarderanno “L’esoterismo di Dante secondo René Guénon”, “Simboli e alchimia nel  Settecento”, “Sul non detto della parola e sulla parola del non detto. Esoterismo e letteratura”. Alla fine del Seminario verrà rilasciato un Attestato di partecipazione. E’ obbligatoria la prenotazione. Per iscrizioni: WhatsApp: 346.8241076 – Email: [email protected]. Facebook: BCsicilia.

Pur non mancando gli studi che analizzano il ruolo della luce nell’architettura cristiana del medioevo, il presente contributo offre gli esiti sintetici di una più ampia indagine sulle origini antiche dei modelli esoterici usati dai costruttori medievali siciliani. In particolare, viene definita l’origine dell’archetipo geometrico alla base dei sistemi di orientamento delle chiese alle albe solari, partendo dai modelli primigeni chiesastici realizzati dalla comunità siro-antiochea a partire dal V sec. Preminente, in tal senso, diviene la centralità del bema, la sua radice semitica, i suoi legami “evolutivi” con il Trono di Mosè, la semiologia dell’Arca dell’Alleanza. Un filo rosso secolare tra il Duomo di Monreale e il davidico Tempio di Gerusalemme, un continuum evolutivo tra culti e architetture cananee, fenicie, israelitiche e cristiane, mantenendo fissa l’importanza della litolatria, spaziando dai semitici betili primigeni alle neotestamentarie pietre angolari: pietra = casa di Dio.

Sulla scorta di questi antichi archetipi, il simbolismo rilevato nelle architetture siculo-normanne acquisisce un’ulteriore potenza comunicativa, la forza evocativa dell’eterno presente, seppur coniugato ai temi delle 3 figure costituenti la Deesis, i mediatori terra/cielo, il Cristo, la Vergine e il Battista. Ad essi, tramite la luce, l’uomo medievale consacra le fondative pietre delle costruzioni.

Alessandro Di Bennardo Architetto, Insegnante e PhD in Storia e Conservazione dei Beni Architettonici presso Unipa. I suoi ambiti di ricerca sono orientati ai linguaggi della simbologia nell’architettura religiosa tra le età tardo-antica e medievale, nei contesti di Sicilia e Medioriente; tra le sue recenti pubblicazioni: Il Tawhid e le geometrie dell’architettura islamica, i riflessi nelle qubbat siculo-arabe (2021). Rivendicando l’inscindibilità tra storia e progetto, ha assunto la direzione di importanti cantieri pubblici di restauro, tra cui il Museo archeologico regionale A. Salinas e il Palazzo Castrone Santa Ninfa a Palermo, il Complesso della Cantina Borbonica e della Torre del Crocifisso a Partinico; tra i suoi allestimenti: le gronde del Tempio di Himera nel territorio di Termini Imerese, al Museo Salinas (2016) e l’Auriga di Mozia al Museo Whitaker (2013). Attualmente, per conto di ARS Progetti spa, dopo aver redatto il progetto di restauro (SD) del Museo di Al-Ain Palace in UAE (2024), coordina il gruppo di progettazione della nuova Ambasciata d’Italia a Tirana.

Storia, devozione e tradizione: Sant’Agata Patrona di Montemaggiore Belsito

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Il 13 settembre 1642, Papa Urbano VIII, con una bolla papale, proclamò ufficialmente Sant’Agata patrona principale e protettrice di Montemaggiore Belsito. La decisione scaturì da una richiesta congiunta del clero e della popolazione locale, con il consenso del Principe di Baucina, Giovanni I, allora signore feudale del territorio. La proclamazione, sebbene priva di documentazione dettagliata, attestava una devozione già profondamente radicata e la speranza che il patrocinio della santa portasse benedizioni alla comunità.

In quegli anni, la guida spirituale della parrocchia di Montemaggiore era affidata al sacerdote Girolamo Ortolano, che svolse un ruolo di rilievo nella diffusione e nel consolidamento del culto agatino. A partire dal 1642, il 5 febbraio divenne giorno di precetto, con solenni celebrazioni in onore della santa. Questa disposizione fu poi formalmente ratificata il 28 gennaio 1644, su richiesta del sacerdote don Giuseppe Cangialosi e con l’autorizzazione del Vescovo di Cefalù, monsignor Pietro Corsetto.

Il Principe di Baucina, Giovanni I, esponente della famiglia Montalto, ebbe un ruolo determinante nel consolidamento dell’assetto religioso e amministrativo del paese. La sua influenza non si limitò alla conferma del culto di Sant’Agata, ma si estese alla gestione della vita locale fino alla sua morte, con il titolo che rimase nella famiglia anche dopo la sua estinzione.

Nel corso dei secoli, il culto di Sant’Agata ha continuato a rappresentare un riferimento fondamentale per la comunità. La chiesa principale del paese venne dedicata alla santa, come testimoniato da diversi documenti storici, tra cui quelli dell’Abate Don Rocco Pirri e del frate Benedetto De Passafiume, che confermarono l’intitolazione ufficiale.

Secondo una tradizione locale, seppur priva di riscontri documentari, la scelta di Sant’Agata come patrona sarebbe legata a un episodio leggendario: si narra che, durante il trasferimento da Palermo a Catania, la santa si fermò nei pressi di Montemaggiore, e il masso su cui si sarebbe seduta divenne oggetto di venerazione. Ancora oggi, un tratto della trazzera regia che attraversa l’ex feudo “Battaglia”, in territorio di Montemaggiore Belsito e che dal lato sud porta a Catania, è tutt’oggi denominato “Serra di Sant’Agata”.

Nel 1837, il Consiglio comunale confermò il patrocinio della santa e, in occasione della riorganizzazione della toponomastica, le dedicò una delle vie principali del paese, ribattezzandola “Corso Sant’Agata”. Tuttavia, con il tempo, la solennità della celebrazione diminuì, soprattutto dopo l’elezione del SS. Crocifisso a compatrono, che divenne la principale figura religiosa del paese. Pur senza processioni, la venerazione per Sant’Agata è rimasta viva, soprattutto tra le madri che la invocavano per la protezione del seno e la salute dei figli.

Dopo una fase di declino, il culto conobbe una ripresa grazie all’impegno di monsignor Cruciano Sclafani, che negli anni recenti ha promosso la “Festa di Sant’Agata”, con eventi religiosi e culturali, tra cui il “Premio Sant’Agata”, un concorso scolastico volto a diffondere la conoscenza della santa tra i più giovani. Nel 1989, il parroco e il Consiglio Pastorale fecero realizzare una nuova statua della santa, opera dello scultore Leonardo Cannella, e la festività venne celebrata con una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo di Cefalù, mons. Rosario Mazzola.

Ancora oggi, il culto di Sant’Agata continua a essere molto sentito, sia tra i residenti che tra i montemaggioresi emigrati all’estero, che mantengono viva la tradizione con la Festa dell’Emigrante, un momento di preghiera e incontro in suo onore, riprendendo antiche usanze come il pellegrinaggio e le celebrazioni religiose.

Santi Licata