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Disagio mentale ed emigrazione

Negli studi sui fattori sociali di rischio della malattia e del disagio psichico il problema dell’emigrazione è stato ripetutamente preso in considerazione.  Questa attenzione deriva evidentemente all’osservazione empirica, ripetutamente riportata, che il tasso di malattie mentali in genere e di ‘psicosi funzionali’ in particolare tenderebbe ad essere più alto presso gli emigrati.

Una valutazione di questo tipo, comunque, comporta in prima istanza una concreta definizione del ‘fenomeno migratorio’, del suo andamento e delle sue motivazioni. Già nel 1971, lo psichiatra Luigi Frighi propose una classificazione sociologica che distingueva tra migrazioni economiche e politiche, temporanee e definitive, isolate e di gruppo. Le migrazioni economiche a loro volta possono essere esterne e interne (le prime comportamento lo spostamento in un paese straniero, le secondo uno spostamento all’interno della propria nazione, come per esempio dal meridione al settentrione d’Italia).

Nel fenomeno migratorio vanno inoltre considerate alcune situazioni di ordine socio-dinamico, che caratterizzano un fenomeno che di per se appare socialmente complesso: la mobilità orizzontale, in senso propriamente geografico, per esempio, che si associa ad una mobilità verticale, che implica la collocazione ad un certo punto della scala sociale, e gli spostamenti lungo di essa. Questi spostamenti sociali determinano ovviamente dei mutamenti sia all’interno del gruppo che emigra, sia all’interno del gruppo sociale nel cui ambito questo è accolto. Si assiste allora a tutto un corteo di fenomeni psicologici e sociali che caratterizzano in modo tanto specifico il fenomeno migratorio. Tra di essi basterebbe ricordare gli effetti dell’impatto tra due culture diverse, lo sfaldamento della cultura più debole rispetto alla cultura dominante, i problemi specifici di tipo ambientale ed  ‘ecologico’ che si accompagnano all’emigrazione, per esempio la relegazione in aree urbane o sub-urbane specifiche , prive di servizi sociali; i problemi legati all’acquisizione dei fondamenti culturali del nuovo luogo di residenza; e d’altro lato, il mutamento forzato che viene imposto alle aree urbane così occupate, che possono persino condurre a cambiamenti sostanziali nell’habitat di queste centri. Dal punto di vista psicologico è il caso di ricordare la tendenza degli emigranti a reagire a questa situazione di emarginazione con l’aggregazione in gruppi omogenei, che perpetuano al loro interno la cultura d’origine, con la creazione conseguente di vere ‘cisti sociali’ all’interno delle quali l’integrazione viene ostacolata, o negata, sino alla strutturazione di fenomeni reattivi concernenti una enfatizzazione della cultura originaria in relazione alla cultura ospite.  Questo consente all’emigrante, in genere, di combattere l’isolamento che sarebbe altrimenti inevitabile, a costruire una vita sociale a lui congeniale, ma al contempo gli impedisce sostanzialmente, una qualunque forma di integrazione.  Bisogna anche aggiungere che non sempre la scelta di certe zone, e di certe ‘nicchie ecologiche’ è libera. Chi emigra è in genere in condizioni economiche disagiate, e quindi costretto dalla stessa pressione economica a scegliere zone a basso costo, che sono poi le stesse nelle quali abitano o hanno abitato emigranti che lo hanno preceduto. Questi quartieri diventano delle vere ‘stazioni’ per l’emigrante, che vi trova già una ‘sub-cultura’ per così dire ‘pronta all’uso’, facilitante e opposta all’integrazione.  D’altra parte, questi quartieri diventano ben presto terra bruciata per gli autoctoni, che si spostano altrove, e contribuendo essi stessi a creare delle ‘isole’ topografiche culturali, all’interno delle quali si sviluppa la sottocultura dell’emigrato, protettiva, materna, accettante – con regole e norme precise, però, spesso del tutto estranee alla cultura ospite, come lingua, come costumi, come comportamenti sociali.

Si comprende bene come una situazione di questo tipo sia altamente specifica, e tutto sommato sovrapponibile. E’ vero che alcuni gruppi sembrano più coesivi per altri (sebbene questa constatazione resti a livello di impressione), ma è anche vero che la dinamica del fenomeno è pressoché generale. Basti pensare, per esempio, a quanto è storicamente avvenuto nelle grandi città degli USA, per esempio New York, dove convivono numerose ‘isole sub-culturali’, per ciascuna delle quali valgono, in termini di socio-dinamica, le stesse regole (per esempio Harlem per la popolazione di colore, Bronx per gli ispanici e i portoricani, Little Italy per gli italiani, e via dicendo). In maniera non dissimile lo stesso fenomeno è accaduto nelle grandi città italiane del Nord (Torino, Milano, per esempio) a seguito dell’ondata migratoria interna al nostro Paese e che ha riguardato i ‘meridionali’ emigrati nel settentrione d’Italia per problemi economici, nel secondo dopoguerra del Novecento.

E’ ovvio che questa situazione estremamente complessa è un ottimo terreno di cultura per la psicopatologia, in generale.

Personalità e ambiente

E’ infatti indiscutibile la rilevanza dei fattori socio-culturali sulla salute mentale. Lo psichiatra Sivadon, già nel 1954, aveva notato che l’origine di psicopatologia in una condizione di emigrazione deriva dall’interazione tra la personalità di base del soggetto emigrato e l’ambiente di arrivo. La personalità, a sua volta, è strettamente agganciata ai modelli interiorizzati della propria cultura, per cui tanto maggiore sarà il divario tra la cultura di provenienza e quella di arrivo, tanto maggiore sarà il rischio di psicopatologia. In realtà questo dato, per quanto accattivante, non è stato chiaramente dimostrato su una base empirica: si poggia nondimeno su una serie di osservazioni e deduzioni che meriterebbero molta attenzione dal punto di vista epidemiologico.

Alcune variabili andrebbero, in effetti, attentamente valutate: l’età del soggetto, per esempio, essendo noto che una età minore è un fattore di sicurezza, almeno quanto un’età maggiore è un fattore di rischio per la stabilità di certi valori e norme culturali, e la difficoltà crescente dell’integrazione. Poi lo stato civile. Infine il livello socio-economico di partenza nella cultura nella quale si emigra.

Uno studioso del problema, Morrison, considerò una serie di variabili che agiscono in momenti diversi del processo di emigrazione-acculturazione. Alcune preesisterebbero prima della emigrazione (personalità di base, cultura, motivazione); altre intervengono durante l’emigrazione (lo stress legato alla migrazione stessa); altre ancora intervengono dopo la migrazione (atteggiamento dell’ambiente verso l’emigrante, pressione all’acculturazione, disponibilità di lavoro, gratificazione o frustrazione delle proprie aspettative).

Emigrazione e schizofrenia

Una situazione di tale complessità è, come già detto, un ottimo terreno di cultura per la patologia mentale.  Questo dimostra l’interesse dato all’emigrazione nelle ricerche sui fattori psicosociali di rischio della schizofrenia.

Esisterebbe al riguardo una precisa interpretazione psicopatologica. L’emigrante, cioè, potrebbe tentare di adattarsi al nuovo ambiente sociale, adottandone tutti i modelli esteriori, senza una vera interiorizzazione degli stessi, ma con la necessità di rifiutare i propri valori di origine. Può derivare, da questa situazione, un vuoto esistenziale, di valori, ed un disorientamento successivo. Ne risulterebbe una risposta ‘iper-adattiva’, nella quale al disorientamento interiore si risponde con un aumento frenetico di attività nel luogo di emigrazione e una passiva accettazione dei nuovi modelli. Al contrario è possibile verificare delle reazioni di ‘non-adattamento’, consistente in una adesione stereotipata, eccessiva ai modelli originali vissuti come conflittuali rispetto a quelli attuali all’interno dei quali l’emigrante si trova a vivere; ne conseguirebbe una elaborazione del vissuto in forma nostalgica o interpretativa.

Il problema è però di tipo più francamente epidemiologico. Si tratterebbe, cioè, di considerare realisticamente i tassi di prevalenza e di incidenza di schizofrenia in popolazioni di emigrati, in base a metodiche inequivocabili e standardizzate. Studi di questo tipo sono stati ripetutamente compiuti, da tempo. Il primo fu quello dell’epidemiologo norvegese Odegard che, nel 1932, che utilizzò dati del registro psichiatrico norvegese e dati sui ricoveri psichiatrici nel Minnesota, negli USA. Egli trovò che la schizofrenia si manifestava più frequentemente tra i norvegesi che erano emigrati in America rispetto ai norvegesi rimasti in patria. Nel 1960, sempre in Norvegia fu verificato il fenomeno dell’aumento dei ricoveri psichiatrici per schizofrenia tra i norvegesi che ritornavano in patria dopo un periodo di emigrazione.  Un altro studio epidemiologico, stavolta tra gli ungheresi sfuggiti dal loro paese dopo la rivolta del 1956, mostrò dati simili, rivelando anche una maggiore frequenza di schizofrenia tra i soggetti che non adducevano motivi politici per l’emigrazione rispetto a quelli che gli adducevano. Negli anni ’70 del Novecento, furono studiati in Inghilterra e nel Galles i tassi per primo ricovero di schizofrenia, e si verificò che essi erano più alti per le donne irlandesi rispetto agli uomini, e per gli emigrati indiani (India occidentale) e pakistani.

Una ricerca del 1980, condotta dallo psichiatra Hafner, ha evidenziato risultati di particolare interesse, studiando la popolazione lavoratrice residente in Germania Federale. Praticamente, risultò tra i lavoratori stranieri, in particolare tra la minoranza turca, particolarmente rappresentata, una minore morbilità rispetto alla popolazione locale e a quella del paese d’origine. I dati furono spiegati in base all’ipotesi della selezione, nel senso che i lavoratori ammessi come emigranti in Germania, dovevano superare severissimi esami medici, che agivano da filtro sulla popolazione malata.  Nei paesi d’origine insomma, rimangono non solo i vecchi, ma anche i soggetti ammalati e quelli a rischio di schizofrenia.  L’ipotesi della selezione può così spiegare anche altre rilevazioni epidemiologiche relative ad una maggiore morbilità rilevata in Istria e in Irlanda, regioni dove è molto presente il fenomeno dell’emigrazione, per cui le ricerche epidemiologiche sono – per tale fenomeno sociale – condotte su una popolazione automaticamente selezionata dal fenomeno migratorio che lascia nei paesi d’origine le persone a rischio di schizofrenia.

Studi epidemiologici sono stati anche compiuti sul fenomeno della migrazione interna ad una nazione. Si sono osservati, per esempio, tassi minori di primi ricoveri nei casi in cui si verificava la migrazione da aree rurali ad aree cittadine, e un aumento degli stessi tassi, invece, nei casi in cui la migrazione si verificava in direzione contraria.

La scena attuale

Rispetto ai periodi in cui sono stati condotti questi studi – e molti altri che non abbiamo citato – il problema del rapporto causale fra emigrazione e malattie mentali è decisamente cambiato, per una serie di mutamenti sociali e geopolitici epocali. Sono cambiate le caratteristiche fondamentali dell’emigrazione e la tipologia, per così dire media, dell’emigrato. Di conseguenza è cambiata anche la psicopatologia che è possibile rilevare. Per quanto intensa fosse, l’emigrazione del Novecento non è in alcun modo paragonabile, né dal punto di vista numerico, né da quello della eterogeneità culturale, a quella odierna. Per quanto turbinosa possa essere stata nel Novecento, non regge minimamente il confronto con quanto accade ora: una vera, disperata diaspora che più che ricordare i ‘bastimenti’ carichi di italiani o di irlandesi o di ispanici che sbarcavano sula costa orientale degli Stati Uniti, o in Australia, o in Argentina, ricorda le grandi migrazioni della preistoria. Milioni di esseri umani che, per fame, disperazione, si catapultano in ogni modo e con ogni mezzo dal Sud al Nord del mondo. Una valutazione epidemiologica delle loro condizioni psicologiche o psicopatologiche è pertanto quanto mai difficile, per una serie di problemi metodologici che, ad oggi, appaiono insormontabili: basta pensare ai problemi linguistici o socio-giuridici (la frequente condizione di clandestinità). Ma esiste anche un problema psichiatrico. Considerate le condizioni drammatiche, talvolta disumane che caratterizzano questa gigantesca diaspora, come si può riuscire a distinguere la le condizioni psicologiche proprie al soggetto o quelle dovute alle mostruosità ed ai sacrifici che queste persone hanno quasi sempre affrontare per arrivare in Occidente? E qual è il costo, in termini di salute mentale, che queste persone pagano per le innegabili difficoltà di accettazione, prima ancora che di integrazione?

Uno dei dogmi delle vecchie ricerche sul rapporto fra emigrazione e patologia mentale era quello della ‘selection drift’, o, letteralmente, della ‘deriva selettiva’, in realtà una forma di selezione in qualche modo simile a quella naturale ipotizzata da Darwin. Detto in soldoni: le persone con disturbi mentali, talvolta anche gravi sino alla schizofrenia, hanno una maggiore tendenza ad emigrare, o essi diventano affetti da psicopatologia in seguito all’emigrazione? Sebbene studi come quello di Hafner (che abbiamo già citato) tenderebbero a dimostrare che sotto certe condizioni la popolazione che emigra è più sana di altre fasce di popolazione riguardo alla salute mentale, resta sempre da verificare se questo dato può essere esteso ad altri aspetti del fenomeno migratorio, per esempio alle migrazioni interne alla nazione (per le quali non esiste alcuna selezione medica) o se esso era presente originariamente. Se non lo era, potrebbero essersi selezionati gruppi tendenzialmente a rischio di disturbi mentali, nei quali questa tendenza morbosa, in termini di strutture familiari e sociali, modelli educativi e/o genetici, potrebbe essersi perpetuato. Ne deriverebbe l’ipotesi di nicchie ecologiche ‘psicopatogene’, che potrebbero in qualche modo spiegare il fenomeno della maggiore prevalenza di disagio mentale nelle comunità di emigranti.

Questa teoria, già incerta quando fu formulata, è oggi del tutto inattendibile, perché impossibile verificarla. Sarebbe assai meglio concentrarci su quanto siano responsabili di disagio psichico i meccanismi inceppati di una integrazione che, per quanto possibile da attuare, ha sinora, per molti versi, il sapore amaro dell’utopia.

Giovanni Iannuzzo  

Monsignor Raffaele Arrigo: un profeta di speranza per Montemaggiore Belsito

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Era la notte di Natale del 1873 quando il piccolo Raffaele Arrigo vide la luce, in una casa modesta di Montemaggiore Belsito, paese che sarebbe diventato il centro di tutta la sua vita e il cuore pulsante del suo sogno. Figlio di una famiglia di artigiani, cresciuto tra le mura di una casa semplice, il destino sembrava riservargli una vita diversa da quella che aveva scelto: ma non per lui. Già da bambino, la sua anima era in ascolto della chiamata divina, una chiamata che si fece chiara quando, poco più che adolescente, scelse la strada del sacerdozio. Battezzato nella notte che celebrava la nascita del Salvatore, il giovane Raffaele portava in sé una luce che, da lì a poco, avrebbe illuminato l’intero paese.
Il 13 giugno 1897, il ragazzo divenne sacerdote, il suo cuore ardente di fede, il suo spirito già pronto a servire. Non si lasciò sedurre dalla fama o dal prestigio che avrebbero potuto attenderlo nella Roma del 1901, dopo la laurea in Teologia, ma preferì tornare nella sua terra natale, dove sapeva che la sua missione lo attendeva. Quella scelta, apparentemente semplice, racchiudeva il segreto di un grande uomo: la sua vocazione era quella di servire e di portare la luce in un angolo di mondo che sembrava tanto dimenticato.
Giovane ma già dotato di una saggezza profonda, Monsignor Arrigo divenne ben presto il braccio destro dell’anziano parroco e si dedicò anima e corpo alla sua comunità. I suoi occhi, penetranti e visionari, vedevano oltre il presente. Ecco perché, anziché rimanere nell’ombra del suo superiore, fondò con coraggio l’Associazione Mariana, la congregazione dei Luigini, e quella delle Madri Cristiane, tutte iniziative che avevano un obiettivo preciso: ridare speranza ai giovani, risvegliare in loro il senso della fede, dell’educazione e della comunità. La sua visione si spingeva ben oltre il presente: sognava una casa grande e gioiosa dove i ragazzi potessero crescere lontano dai pericoli della strada, dove avrebbero imparato a diventare uomini e donne di fede, in armonia con il prossimo.
Montemaggiore Belsito, negli anni, divenne il palcoscenico della sua instancabile attività. Non solo nel campo spirituale, ma anche nel miglioramento delle condizioni di vita materiale. Monsignor Arrigo, uomo di fede ma anche di azione concreta, si fece portatore di cambiamenti: restaurò le chiese e la Basilica intitolata a S. Agata, portò l’illuminazione elettrica, lottò per l’acqua potabile, portò a Montemaggiore le prime vetture. Un uomo che non si limitava a parlare di Dio, ma che cercava di realizzare, attraverso ogni gesto, il Regno di Dio sulla Terra.
Ma il cammino di Monsignor Arrigo non fu privo di ostacoli. Le sue idee moderne, il suo desiderio di trasformare la vita di tanti, incontrarono l’opposizione di chi temeva il cambiamento. Le calunnie, che avrebbero perseguitato tutta la sua vita, cominciarono a farsi più dure. Il sogno della grande casa per i ragazzi, che si sarebbe dovuta erigere nel palazzo del Principe, sembrò svanire sotto il peso della maldicenza e della diffamazione. Ma Monsignor Arrigo non si arrese. Perdonò tutti, e in silenzio, con grande sofferenza, abbandonò il suo sogno per proteggere l’unità della sua comunità.
Con il cuore ferito, ma ancora ardente di speranza, il parroco non smise di sognare. Nel 1926, intraprese un lungo viaggio negli Stati Uniti, dove si recò per raccogliere fondi dai suoi compaesani emigrati. Tornato a casa con i soldi necessari, il suo sogno sembrava finalmente realizzabile, ma il destino si accanì contro di lui. La Seconda Guerra Mondiale fece esplodere la tempesta, e ancora una volta, Monsignor Arrigo si trovò a combattere contro l’oscurità che cercava di soffocare la sua visione.
Nonostante tutto, la sua fede rimase incrollabile. Un uomo di immensa saggezza e compassione, si rivolse alle Suore di Santa Lucia Filippini, le Maestre Pie, affinché completassero l’opera che aveva tanto a cuore. Poco prima della sua morte, il 18 novembre 1945, l’Istituto che tanto desiderava vedere fiorire aprì finalmente le porte ai bambini e ai giovani di Montemaggiore Belsito, che avrebbero trovato un rifugio, una casa di fede e di formazione.
Monsignor Arrigo morì circondato dall’affetto della sua comunità, quella stessa comunità che tanto aveva amato, che tanto aveva servito. Le sue ultime parole furono dedicate proprio a quei bambini che avevano dato senso alla sua vita e al suo sogno. Il 5 settembre del 1971, il suo corpo riposò nella cappella dell’Istituto, tra i ragazzi che ancora oggi, dopo tanti anni, lo ricordano come un padre, un profeta, un uomo che ha saputo guardare oltre l’orizzonte.
E così, la sua opera non morì con lui. Il suo sogno, seppur tormentato da mille difficoltà, continuò a vivere. Perché, come un seme che germoglia nel cuore di chi sa guardare oltre, l’eredità di Monsignor Raffaele Arrigo è quella di una fede viva, di un amore che non ha confini, e di una speranza che, come lui, non ha mai smesso di lottare.
A lui è intitolato l’Istituto comprensivo Mons. Raffaele Arrigo che ospita le classi elementari e medie comunali Montemaggiore Belsito. La toponomastica montemaggiorese annovera via Mons. Raffaele Arrigo, una via laterale di Corso Re Galantuomo, collocata tra Largo Giovanni XXIII e Via Giovanni Meli.
Santi Licata

Torna l’Earh Day Cefalù, la kermesse per l’ambiente: ecco il programma completo 

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Dal 22 al 27 aprile torna l’Earth Day Cefalù, la manifestazione che guarda all’ambiente e alle buone pratiche di salvaguardia del Pianeta, giunto alla undicesima edizione promossa dal Comune in collaborazione con diverse associazioni del territorio

Ecco il programma della kermesse.

Programma Earth Day Cefalù XI

Martedì 22 Aprile – 55° Giornata Mondiale della Terra

Ore 11:00 – Via San Pasquale: Inaugurazione scultura “Terra” a cura del MASCI di Cefalù;

Ore 17:00 – Sala delle Capriate – Palazzo di Città, Piazza Duomo: Convegno “Il CAI oltre l’escursionismo” con Rocco Favara e Marco Vattano, a cura del CAI Sezione di Cefalù;

Ore 18:30 – Spazio Cultura, Corso Ruggero: Inaugurazione mostra “Il CAI di Cefalù: 1979 – 2025”;

Ore 19:30 – Teatro comunale S. Cicero, Via Spinuzza: Concerto “Gafludi – un viaggio tra Sicilia e Vicini Oriente” con Libero Reina e la ballerina egiziana Soad Ibrahim.

Mercoledì 23 Aprile – Giornata Mondiale del Libro

Ore 16:00 – Partenza dal Castello Bordonaro, contrada Settefrati: Passeggiata alla scoperta della natura della spiaggia di Settefrati a cura dell’Associazione Gea Nature Experience (per info e prenotazioni Laura Pollicino 3383592468);

Ore 16:30: Cinema Astro, Via Martoglio: proiezione film “I am Greta – Una forza della natura” (2020);

Ore 18:00 – Teatro comunale S. Cicero, Via Spinuzza: Incontro sulla Dieta Mediterranea con lo scrittore Gaetano Basile, a cura del Consiglio di Biblioteca di Cefalù.

Giovedì 24 Aprile

Ore 09:30 – Piazza Colombo | Lungomare Giardina: “#StopMarineLitter – Le Scuole di Cefalù insieme per l’Ambiente”. Pulizia straordinaria di un tratto di spiaggia del Lungomare, a cura degli studenti dell’I.I.S.S. Jacopo del Duca-Diego Bianca Amato e dell’I.I.S. Mandralisca di Cefalù, con la partecipazione della ASD Piranha Sup Surf School Cefalù, del WWF Sicilia Nord Occidentale;

Ore 16:00/18:30 – raduno slargo circonvallazione (belvedere Via del III Millennio): Escursione in Natura con la guida ambientale AIGAE Fabio Coco, da Cozzo Rotondo a Cozzo Cicerata, alla scoperta dei boschi meno conosciuti di Cefalù (si consigliano scarpe da trekking; per info e prenotazioni 3403503628);

Ore 16:30: Cinema Astro, Via Martoglio: proiezione film “Mia e il Leone Bianco” (2018);

Ore 18:00 – Centro storico-Lungomare Giardina, partenza piazza Diaz: Sfilata itinerante “Il Tamburo risveglia la Terra” con Batèria Siciliana, a cura di Giovanni Parrinello;

Ore 20:00 – Teatro comunale S. Cicero, Via Spinuzza: Concerto “Mater Natura” con il soprano Debora Marguglio, accompagnata al piano da Liana D’Angelo e dalla ballerina Simona Testa.

Venerdì 25 Aprile

Ore 09:30 – Biglietteria del Parco della Rocca di Cefalù: Escursione guidata nella Grotta Grande, a cura di BCsicilia sezione di Cefalù (per info e prenotazioni 320 6468568);

Ore 10:00/13:00 – Bosco di Guarneri, località Sant’Ambrogio: Passeggiata in Natura al C.E.A. Serra Guarneri (nella Riserva integrale del Parco delle Madonie), visita naturalistica guidata con degustazione di prodotti tipici a km 0, a cura della Cooperativa PALMA NANA (con contributo; per info 091/303417 – per prenotazioni [email protected]);

Ore 18:00 – Centro storico-Lungomare Giardina, partenza piazza Diaz: Spettacolo itinerante con trampolieri e giocolieri Cappellaio Matto & friends, a cura della Compagnia Teatrale Accademia Creativa.

Sabato 26 Aprile

Ore 9:30/12:30 – 15:30/18:30 – Lungomare Giardina, Adotta un cucciolo, a cura delle associazioni ZampAmica e Code in attesa di Cefalù;

Ore 09:30 – Raduno Piazza Garibaldi, Escursione guidata sulla Rocca di Cefalù, con guide d’eccezione il Prof. Antonio Franco e il Dott. Emanuele Rinaldi, a cura del CAI Sezione di Cefalù, e Liberazione di volatili a cura della LIPU C.R.R.F.S. (Centro Regionale Recupero Fauna Selvatica) di Ficuzza, con il dott. Giovanni Giardina e la partecipazione del WWF Sicilia nord Occidentale; per prenotazioni chiamare 3687860815 (free ticket);

Ore 16:00-17:30: Spazio Eventi – Bastione&Costanza, Piazza Crispi, “Crea con l’argilla”, laboratorio creativo per bambini a cura di Alberto Criscione;

Ore 17:30-19:00: Spazio Eventi – Bastione&Costanza, Piazza Crispi, “Fiabe di stoffa”, laboratorio creativo per bambini a cura di Angela Di Blasi;

Ore 18:00 – Teatro comunale S. Cicero: Incontro con il prof. Mario Tozzi, Primo Ricercatore CNR e Divulgatore scientifico, e la partecipazione del Presidente di Earth Day Italia Pierluigi Sassi; presenta Nadia La Malfa. Intermezzo musicale con Katia Accetta e Leonard Bartolone;

Ore 20:00 – Palazzo di Città, piazza Duomo: Degustazione prodotti a base di pesce, in collaborazione con il FLAG (ora GAL Pesca) Golfo di Termini Imerese.

In occasione del talk pomeridiano al Teatro Cicero, lo scultore Luigi Aricò omaggerà con una sua opera gli ospiti d’onore di Earth Day Cefalù XI, il prof Mario Tozzi e il Presidente di Earth Day Italia Pierluigi Sassi.

Domenica 27 Aprile

Ore 09:30 – Piazza Colombo | Lungomare Giardina: “Clean-up Day4Earth”, pulizia straordinaria di un tratto di spiaggia del Lungomare, a cura di Plastic Free Cefalù;

Ore 9:30/12:30 – 15:30/18:30 – Lungomare Giardina, Adotta un cucciolo, a cura delle associazioni ZampAmica e Code in attesa di Cefalù;

Ore 12:00 – Piazza Colombo | Lungomare Giardina, Liberazione tartarughe ‘Caretta Caretta’ a cura dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale A. Mirri della Sicilia, con la partecipazione della ASD Nuoto Zenit Cefalù, ASD Piranha Sup Surf School e del WWF Sicilia Nord Occidentale;

Dalle ore 15:30 alle ore 18:30 – Tenuta del Castello Bordonaro, “La Tenuta Bordonaro apre le porte”, prove a cavallo per grandi e piccini all’interno del parco della tenuta comunale (“Battesimo della Sella e Caval Giocare”, a cura dell’Associazione Cavalieri della Valdemone – Pollina), con degustazione e merenda bimbi;

Ore 18:00 – Teatro comunale S. Cicero, Via Spinuzza: Spettacolo teatrale “La ricetta di Danilo”, con Totò Galati e la regia di Claudio Zappalà, Rassegna teatrale “Cosa porta il vento – Ritratti di umanità”, a cura dell’ass. Circo dell’Avvenire.

ATTIVITA’ A MEDIO-LUNGO TERMINE

Da martedì 22 Aprile a domenica 27 Aprile – Giardino temporaneo in Piazza Duomo, a cura di Idea Verde di Carmelo Liberto;

Da martedì 22 Aprile a giovedì 01 Maggio – Palazzo di Città, piazza Duomo, Le Meraviglie della Natura, proiezioni sul prospetto del Municipio;

12 aprile – 1 maggio | mostra d’arte collettiva “Naturae Divinus Spiritus” a cura della critica d’arte Francesca Mezzatesta | Ottagono S. Caterina;

22 aprile – 1 maggio | mostra “Il CAI di Cefalù: 1979 – 2025”, Spazio Cultura | Corso Ruggero;

05 aprile – 27 aprile | mostra “Maree” di Loredana La Placa, a cura del critico d’arte Massimiliano Reggiani, Spazio Eventi – Bastione&Costanza | Piazza Crispi.

Sito Earth Day Cefalù: http://www.earthdaycefalu.com/

Pagina Facebook Earth Day Cefalù: https://www.facebook.com/earthdaycefalu/

Instagram: earthdaycefalu

Consegnati i lavori della Sp 32 che attraversa i territori di Petralia Soprana e Bompietro

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Consegnati i lavori della Sp 32 di Bompietro detta anche “Trinità-Chiarisi-Bompietro”. Otto chilometri di strada interna che attraversa il territorio di Petralia Soprana e Bompietro e collega la SS 290 in due punti diversi. L’intervento rientra nell’accordo quadro triennale di sistemazione e manutenzione straordinaria delle strade di competenza della Città Metropolitana di Palermo per un totale di 24 milioni diviso in 4 lotti.

I lavori previsti, per un importo di circa un milione di euro, riguardano la sistemazione di vari segmenti ammalorati, le opere di presidio e la sistemazione del piano viabile in vari tratti.

Alla consegna dei lavori alla ditta “Mammana Michelangelo s.r.l.” erano presenti i sindaci di Petralia Soprana Pietro Macaluso e Pier Calogero D’Anna di Bompietro che per il lavoro svolto hanno tenuto a ringraziare il direttore generale della Città metropolitano di Palermo Nicolò Vernuccio, il direttore della direzione viabilità l’ingegnere Dorotea Martino, l’Ingegnere Elio Venturella responsabile Strade Area Est della Città Metropolitana di Palermo e il Rup l’arch. Fabio Pecoraro per l’attenzione che hanno avuto nei confronti di questo territorio che da anni attendeva questo intervento.

“Essere ebrei in sicilia”: nell’ambito dell’iniziativa “30 libri in 30 giorni” promossa da BCsicilia si presenta a Bolognetta ultimo lavoro di Alessandro Hoffmann

Nell’ambito dell’iniziativa “30 libri in 30 giorni” si terrà domenica 23 marzo 2025 alle ore 16.30 presso il Palazzo Monachelli a Bolognetta la presentazione del volume di Alessandro Hoffmann “L’albero di carrubo. Essere ebrei in Sicilia (1848-2020)”. Sono previsti gli interventi di Mary Smith, Sindaco di Bolognetta e di Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale BCsicilia. Sarà presente l’Autore. Coordina Mario Motta, Presidente Sede locale BCsicilia di Bolognetta. L’iniziativa è promossa dal Forum delle Associazioni bolognettesi, BCsicilia sezione di Bolognetta e del Museo del gusto di Palazzo Monachelli.

Il lavoro è l’ultimo della serie di libri scritti dal prof. Alessandro Hoffmann sulla presenza ebraica in Sicilia. Esplora la storia delle famiglie di origine ebraica in Sicilia dal 1848 al 2020, mettendo in luce le tradizioni culturali e religiose dell’ebraismo e del cristianesimo. Molti libri storici ignorano la presenza ed il contributo altissimo degli ebrei in tutti i campi ed in tutte le epoche. Possiamo dire che i libri di Hoffmann rappresentano un opportuno mezzo di riparazione storica, narrando un mondo scomparso e dell’incontro tra ebrei italiani con la sicilia. Attraverso una ricerca meticolosa e una narrazione coinvolgente, Hoffmann riesce a illuminare aspetti poco conosciuti della storia siciliana e a rendere omaggio alla comunità ebraica dell’isola. evidenziando come questa comunità abbia influenzato la storia, l’economia, la cultura e la società dell’isola. Quindi penso sia una pagina di storia che non poteva essere nascosta e non scritta.

Al via “30 libri in 30 giorni”, iniziativa di BCsicilia per riscoprire la bellezza della lettura

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Prende il via l’ottava edizione di “30 libri in 30 giorni” la manifestazione promossa da BCsicilia, Associazione per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali. L’iniziativa ha l’obiettivo di riscoprire la bellezza della lettura e prevede la presentazione, per trenta giorni, di altrettanti volumi. La rassegna si svolge dal 23 di marzo al 22 di aprile 2025 e propone una selezione di opere che abbracciano diverse esperienze editoriali, con un focus particolare sul nostro patrimonio storico artistico. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con la Casa Editrice Don Lorenzo Milani.

La manifestazione si tiene nei 30 giorni antecedenti il 23 aprile, data che l’Unesco ha dedicato alla Giornata mondiale del Libro e del diritto d’Autore, scelta perché è il giorno in cui sono morti nell’anno 1616 tre grandi scrittori di fama mondiale: Miguel de Cervantes, William Shakespeare e Garciloso de la Vega.

“Anche quest’anno riproponiamo questa straordinaria esperienza– afferma Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale BCsicilia – perché riteniamo che il libro continua ancora oggi ad essere una straordinaria finestra aperta sul mondo, indispensabile per la crescita personale ed intellettuale, permette  di viaggiare con la fantasia e l’immaginazione, di vivere le vite di uomini e donne del passato e contemporaneamente favorire il progresso sociale e culturale di ogni comunità. Vogliamo ancora una volta sottolineare che il libro scandisce i tempi della cultura e come le opere letterarie restano un formidabile strumento di informazione, apprendimento, conoscenza, svago”. Per informazioni: Email: [email protected] – Tel. 346.8241076 – Fb: BCsicilia.

Di seguito il programma con i luoghi, le date, i titoli e gli autori dei 30 libri che verranno presentati.

30 Libri in 30 Giorni

Per riscoprire la bellezza della lettura

23 marzo – 22 aprile 2025

I luoghi, le date, i titoli e gli autori dei volumi che verranno presentati

Bolognetta – Domenica 23 Marzo

L’albero di Carrubo. Essere ebrei in Sicilia (1848-2020)

di Alessandro Hoffmann

Cefalà Diana – Lunedì 24 Marzo

Kafal e il Castello

di Domenico Carbone

Santa Flavia – Martedì 25 Marzo

Fiordiluna

di Marco Palumbo

Riesi – Mercoledì 26 Marzo

Memorie, storie e usanze di una Sicilia che non c’è più

di Gaetano Basile

Palermo – Giovedì 27 Marzo

Oltre il Chador

di Marcella Croce

Messina – Venerdì 28 Marzo

L’ombra del Re Sole in Sicilia. La guerra civile di Messina 1674-1678

di Pippo Lo Cascio

Riesi – Venerdì 28 Marzo

Lo scherzo infinito

di Rocco Chimera

Palermo – Venerdì 28 Marzo

Storia dell’enogastronomia siciliana

di Mario Liberto

Agira – Sabato 29 Marzo

L’impegno dei cattolici in Politica

di Decio Terrana

Napoli – Lunedì 31 Marzo

L’altra meta

di Agostino Russo

Agrigento – Venerdì 4 Aprile

Mariuccia

A cura di Salvatore Indelicato

Altavilla Milicia – Sabato 5 Aprile

Alla scoperta delle verdure spontanee di Sicilia

Autori Vari

Ficarra – Sabato 5 Aprile

Momenti dell’Anima

di Attilio Andriolo

Catania – Martedì 8 Aprile

A ritroso

di Miette Mineo

Rosolini – Martedì 8 Aprile

La lama sottile dell’amore

di Corrado Calvo

Termini Imerese – Mercoledì 9 Aprile

Spirito e Molecole

di Giovanni Iannuzzo

Agrigento – Giovedì 10 Aprile

La Terra dei Giganti. Studi di Archeologia e Storia in memoria di Giovanni Mannino

A cura di Alfonso Lo Cascio e Antonino Filippi

Trapani – Venerdì 11 Aprile

Arte rupestre nelle grotte trapanesi. La grotta del genovese a Levanzo

di Francesco Torre

Mussomeli – Venerdì 11 Aprile

Le parole rosa, le parole celeste

di Antonella La Monica

Alia – Sabato 12 Aprile

La mano di diamante. Poesia di Kalida

di Calogera Randazzo

Gangi – Sabato 12 Aprile

Storia delle Madonie

di Salvatore Farinella

Termini Imerese – Sabato 12 Aprile

Granelli di polline

di Lia Savarino

Bagheria – Domenica 13 Aprile

Gli Shekelesh e la rivoluzione dei popoli del mare

di Claudio D’Angelo

Campofelice di Roccella – Domenica 13 Aprile

Falaride e la terra del mito

di Roberto Tedesco

Trabia – Lunedì 14 Aprile

Confraternita di Maria SS. Immacolata di Trabia

di Antonina Catalano e Ignazio Turturici

Palazzolo Acreide – Martedì 15 Aprile

Taula matri. L’olio degli Iblei. Luoghi e frontiere dell’extra vergine

di Luigi Lombardo e Pippo Formica

Riesi – Mercoledì 16 Aprile

Correva l’anno 1924. Cronaca di un’indagine silenziosa in Sicilia

di Piero Manuguerra

Palermo – Giovedì 17 Aprile

Adelasia

di Sara Favarò

Trapani – Martedì 22 Aprile

Agli orli della notte

di Stefania La Via

Gangi – Martedì 22 Aprile

Haidy delle Madonie

di Vincenza Montana

Carota Novella di Ispica IGP conquista l’Italia e punta al mercato nazionale

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Si è concluso l’Educational Tour organizzato dal Consorzio della Carota Novella di Ispica IGP (Indicazione Geografica Protetta), finalizzato alla scoperta di questo prodotto tipicamente invernale-primaverile, ricco di vitamine, minerali e beta-carotene. Un ortaggio d’eccellenza dell’ortofrutta italiana dalla forma cilindro-conica e diametro variabile da 15 a 40 mm, presente sul mercato da febbraio a giugno ma molto apprezzato anche per le sue caratteristiche uniche, come la precocità di maturazione, il colore arancio molto intenso, il profumo particolare e deciso, l’aroma erbaceo e la croccantezza. La coltivazione e promozione di questo ortaggio, sempre più diffuso e apprezzato nell’arte culinaria siciliana e non solo, è portata avanti dal Consorzio di Tutela IGP Carota Novella di Ispica, nato nel 2010, costituito da piccole e medie imprese, che riunisce 18 produttori delle zone comprese nell’areale del Sud-Est siciliano tra le province di Ragusa e Siracusa, che vantano favorevoli condizioni pedoclimatiche caratterizzate dalle temperature medie invernali elevate e da una buona quantità di luce. A differenza degli altri areali di produzione che coltivano questo ortaggio con ciclo primaverile-estivo-autunnale, la Carota Novella di Ispica IGP viene coltivata con ciclo colturale autunno-vernino-primaverile. Dal 2011 ad oggi, la carota novella di Ispica IGP ha avuto continui incrementi di mercato e nel 2024 ha registrato una crescita pari al 14% con 40mila quintali di prodotto certificato IGP. Attualmente la superficie coltivata è di circa 1.500 ettari, per una produzione complessiva che supera le 75mila tonnellate di cui il 10% certificata IGP. “Quest’anno il nostro obiettivo è raggiungere quota 60.000 quintali di prodotto certificato e il 30 per cento di quello commercializzato con il marchio IGP – afferma Massimo Pavan (nella foto), presidente del Consorzio di Tutela IGP che raggruppa tutti i produttori e confezionatori della Carota Novella di Ispica “Obiettivo del Consorzio – aggiunge l’imprenditore veneto che venticinque anni fa si è trasferito in Sicilia – è quello di far conoscere il prodotto e le sue caratteristiche uniche, attraverso progetti mirati e attività di promozione nei vari canali di distribuzione per poi arrivare all’utente finale, un consumatore consapevole, particolarmente attento ai prodotti di qualità. L’esigenza principale – continua Pavan – è informare il consumatore sui caratteri distintivi rispetto ad altre carote valorizzando il prodotto IGP con le sue peculiarità organolettiche. Nel nostro Paese – conclude Pavan – il cliente si è fidelizzato a un prodotto di qualità e vede l’IGP proprio come sinonimo di pregio e valore”. Questo ortaggio dalle caratteristiche peculiari, viene promosso attraverso il progetto “La carota novella d’Ispica IGP in Ho.Re.Ca.” finanziato dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF). Nell’ambito delle attività di promozione, il presidente Pavan ha presentato il progetto e le attività del Consorzio a Palazzo Bruno di Belmonte, sede dell’amministrazione comunale di Ispica, alla presenza, tra gli altri, del sindaco Innocenzo Leontini.

Al fine di raggiungere al meglio e con delle sessioni dedicate più tecniche, gli operatori del settore del canale Ho.Re.Ca. nel territorio di produzione della carota, così che gli stessi possano essere i primi ambasciatori del prodotto nei confronti dei consumatori, sono stati programmati 4 seminari che si svolgeranno a Catania (15 aprile), Ragusa (13 maggio), Palermo (16 maggio) ed Enna (20 maggio).

Treni, aumentano nei giorni festivi i collegamenti tra Palermo e Cefalù

«Il potenziamento dei collegamenti ferroviari tra Palermo e Cefalù nei giorni festivi è l’ennesima conferma dell’impegno del governo Schifani per rendere il servizio sempre più funzionale alle esigenze dei viaggiatori e dei turisti diretti verso una delle località più belle della nostra isola, che con l’arrivo della bella stagione aumenteranno di numero in maniera esponenziale».
Lo ha detto l’assessore regionale alle Infrastrutture e alla mobilità, Alessandro Aricò, commentando l’annuncio da parte di Trenitalia dell’aumento delle corse tra Palermo e Cefalù nei giorni festivi, a partire da domenica prossima, 23 marzo.  «La sinergia tra Regione e Trenitalia funziona – ha aggiunto – e i frutti sono evidenti, con una crescita nella quantità delle corse e della qualità dei convogli. Proseguiamo il lavoro per rendere il trasporto ferroviario in Sicilia adeguato agli standard più moderni».

Montemaggiore Belsito. Il banchetto di San Giuseppe: un racconto di fede, tradizione e comunità

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A Montemaggiore Belsito, il 19 marzo non è un giorno qualsiasi. È un giorno che profuma di miele e sesamo, che riecheggia di preghiere e di voci allegre, un giorno in cui il passato e il presente si incontrano lungo le tavolate imbandite, in un rito che si ripete da secoli. La festa di San Giuseppe è il cuore pulsante di questa piccola comunità siciliana, un evento che mescola religiosità, cultura e convivialità in un equilibrio perfetto, fatto di gesti antichi e di sapori tramandati con amore.
La tradizione di celebrare San Giuseppe sposo di Maria, il 19 marzo, e San Giuseppe lavoratore, il 1° maggio, risale a tempi lontani, quando il bisogno di protezione e di grazia spingeva le famiglie di Montemaggiore a fare voto al patriarca. Come segno di devozione e ringraziamento, venivano preparati pranzi con le prelibatezze della cucina locale, offerti prima ai bambini e ai ragazzi – i virgineddi – che impersonano la Sacra Famiglia, e poi agli adulti. La tradizione si è consolidata nel tempo, sopravvivendo ai cambiamenti storici e sociali, e ancora oggi continua con la stessa intensità e lo stesso spirito di condivisione.
I preparativi: mani esperte e ricette antiche
Già molti mesi prima della festa, le cucine di Montemaggiore iniziano a risvegliarsi. Le donne del paese, vere custodi della tradizione culinaria, si riuniscono nelle case per preparare le pietanze che renderanno il banchetto degno di San Giuseppe. Tra le ricette più antiche ci sono i cucciddati, grandi ciambelle di pasta dal peso di sette o otto chili ciascuna, destinate ai tre poveri che rappresentano simbolicamente Gesù, Giuseppe e Maria. Impastare un cucciddatu richiede forza e dedizione: le mani affondano nella pasta morbida, le dita modellano con cura la forma circolare, mentre il profumo della farina mescolata con l’acqua e il lievito riempie la stanza. È un lavoro che parla di sacrificio, di promessa e di fede.
Accanto ai cucciddati, non possono mancare le sfince di San Giuseppe, dolci fritti dal cuore morbido, ricoperti di miele e sesamo, che evocano l’abbondanza e la benedizione. La ricetta è un tesoro di famiglia, tramandata di madre in figlia con una precisione quasi religiosa. Il segreto è nella consistenza della pastella e nella temperatura dell’olio: troppo caldo e le sfince si bruciano, troppo freddo e non si gonfiano come dovrebbero. Le mani delle donne di Montemaggiore conoscono istintivamente il momento giusto per immergere la pastella nell’olio bollente, e il suono del fritto che sfrigola è un preludio di festa.
A completare il banchetto ci sono i cassatini, piccoli scrigni di ricotta dolce e pasta frolla, e le zeppole, soffici ciambelle ricoperte di zucchero. Ma c’è anche la ghiotta, una pietanza che somiglia alla caponata siciliana, ma è molto più ricca e complessa. Melanzane, pomodori, sedano, capperi e olive si fondono in un intingolo denso e saporito, cucinato lentamente fino a raggiungere la consistenza perfetta. La preparazione della ghiotta richiede maestria e pazienza, perché ogni ingrediente deve esaltare gli altri senza sovrastarne il sapore.
Il giorno della festa: tra fede e condivisione
Il 19 marzo, Montemaggiore si sveglia con l’aria pervasa di attesa e di profumi invitanti. La Pro Loco e il Comitato di San Giuseppe lavorano instancabilmente per allestire le lunghe tavolate in Piazza Roma e in Via Felice Giovannangelo, nei pressi della sede della Pro Loco. Le tavole, coperte da tovaglie bianche, sono decorate con spighe di grano, mirto, alloro e agrumi. I piccoli pani dalle forme più svariate – croci, pesci, colombe – adornano gli altari, insieme a candele accese e immagini sacre. È un quadro di armonia e di bellezza che mescola il sacro con il quotidiano.
La tradizione vuole che i primi a sedersi a tavola siano i virgineddi, bambini e ragazzi del paese che rappresentano la Sacra Famiglia. È un gesto di carità e di purezza: offrire il pasto ai più giovani è simbolo di speranza e di rinnovamento. Le donne servono le pietanze con mani esperte e sorrisi benevoli, mentre i bambini gustano le sfince e il pane benedetto con occhi sgranati e pieni di meraviglia.
Dopo i virgineddi, è il turno degli adulti. La piazza si riempie di voci e di risate, di piatti che passano di mano in mano, di bicchieri che si alzano per brindare. È un momento di condivisione che va oltre il cibo: è la celebrazione di un senso di appartenenza, di un’identità comune che resiste ai cambiamenti e al tempo. La gente di Montemaggiore sa che la festa di San Giuseppe è un rito che va oltre la fede: è un atto di comunità, di solidarietà e di amore per la propria terra.
Un rito antico che si rinnova
Le mense di San Giuseppe sono state spesso assimilate all’agape cristiana, il pasto comunitario che i primi cristiani celebravano per ricordare l’Ultima Cena. Ma a Montemaggiore, il significato è più arcaico e profondo. Invitare i virgineddi a mangiare è un gesto che richiama le radici agricole della Sicilia, una forma di ringraziamento per la fertilità della terra e per la protezione ricevuta. In questo senso, la festa di San Giuseppe è un sacrificio al dio, non del dio: non c’è l’idea del martirio, ma quella dell’offerta e della gratitudine.
Anche quest’anno, Montemaggiore si prepara a rinnovare questa tradizione antica. Le mani delle donne impasteranno ancora una volta le sfince e la ghiotta, il profumo del pane benedetto riempirà le strade, e le tavole di Piazza Roma accoglieranno la comunità con lo stesso calore di sempre. Tra i sorrisi dei bambini e le preghiere sussurrate, San Giuseppe continuerà a vegliare sul suo popolo, soddisfatto di vedere che il cuore di Montemaggiore batte ancora forte, unito nella fede e nell’amore per le proprie radici.
Perché alla fine, la festa di San Giuseppe non è solo una celebrazione religiosa: è un atto d’amore per la comunità, un rituale di condivisione che racconta una storia antica, una storia fatta di mani che impastano, di sorrisi che accolgono e di tavole che uniscono. Ed è in questo gesto semplice e universale – offrire il pane – che Montemaggiore trova la sua vera essenza.
Santi Licata

Sciara: Il Brigadiere Antonino Passamonte va in pensione dopo 39 anni di servizio nell’Arma dei Carabinieri

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Dopo 39 anni di onorato servizio nell’Arma dei Carabinieri, il Brigadiere Antonino Passamonte di Cerda, ha concluso la sua carriera lasciando un segno profondo nella comunità di Sciara, dove ha operato per ben 21 anni. Un punto di riferimento per il paese e per i giovani carabinieri che prendevano servizio nella Stazione di Sciara, Passamonte si è infatti distinto per il suo impegno, la sua professionalità e il suo incrollabile senso del dovere.

Questa mattina, presso l’Aula Consiliare del Palazzo Comunale, il Sindaco, Dott.ssa Concetta Di Liberto, insieme all’Amministrazione Comunale, ha voluto rendere omaggio al Brigadiere, consegnandogli una targa in segno di profonda gratitudine.

“Un esempio di dedizione, professionalità e senso del dovere, che ha lasciato un segno indelebile nella nostra cittadina. A lui vanno i nostri più sinceri ringraziamenti e i migliori auguri per il futuro” – si legge sulla pagina Facebook ufficiale del Comune di Sciara.

All’evento erano presenti anche il comandante del Reparto Territoriale Carabinieri Termini Imerese, il Tenente Colonnello Mandia, l’ex comandante della Stazione di Sciara, il Luogotenente Maniscalco, e il nuovo comandante, il Maresciallo Manfrè, che hanno voluto esprimere la loro stima e il loro affetto nei confronti del Brigadiere Passamonte.

L’evento ha visto la partecipazione di numerosi cittadini, colleghi e amici, che hanno voluto salutare il Brigadiere con affetto e riconoscenza. La comunità di Sciara, che ha avuto modo di apprezzarne le doti umane e professionali, conserverà sempre un ricordo speciale di Antonino Passamonte, simbolo di integrità e servizio alla cittadinanza.