Chi è stata Luigia Bolone, nota ai più a Termini Imerese come Gigia? Una presenza benefica che ha fatto della propria esistenza un’arte condivisa, in modo puro e semplice, pregna di amorevole solidarietà umanitaria, laddove ce ne fosse stata necessità, senza ipocrisie, e che ha lasciato il segno in chi ha avuto l’occasione di condividere con lei il suo complesso lavoro in quei settori sociali, in primo luogo la scuola e nel contesto più prossimo alle istanze di comunità solidali o che si occupassero di sostegno per portatori di disabilità. Gigia ci ha lasciati un anno fa, più precisamente il 19 agosto 2024, dopo lunga malattia.
Gigia è stata una persona nata per creare. Diceva di sé: “Non so vivere senza creare”. Questo suo sentire interiore, la necessità di dover creare qualcosa trova una similitudine con quel fiume a delta che nello sversare la propria acqua alla foce la incanala nei molti bracci del proprio corso vitale, donando energia e ricchezza a tutto ciò nei dintorni che riesce ad irrorare. Lei è stata un’insegnante di tecniche di animazione; è stata un riferimento concreto nel campo dell’animazione socio-culturale; nell’ambito delle problematiche dei portatori di handicap; nella gestione post-scolastica degli scolari cosiddetti difficili; nell’aver dato il suo forte contributo, con le tecniche di animazione all’idea poi da me realizzata, suo marito, come formatore, del progetto per una installazione teatrale che ricostruiva un villaggio di indiani Sioux Lakota completo di totem e tepee – alla cui installazione hanno contribuito fisicamente gli abitanti del quartiere Beato Agostino Novello (nell’allora spazio libero al centro di quel quartiere) – dove si rappresentasse la vita quotidiana nonché la cultura dei Sioux Lakota, i cui protagonisti sono stati circa sessanta bambini dai 6 ai 12 anni, abitanti in quel quartiere, che hanno recitato meravigliosamente: bambini considerati difficili dalla loro scuola. L’installazione teatrale è durata una settimana; un tipo di esperienza innovativa e coinvolgente che non si è mai più ripetuta a Termini Imerese. La fattibilità di quella esperienza socio-culturale è stata resa possibile grazie anche alla lungimiranza dell’Assessorato alle Politiche Sociali del tempo Enzo Peroverde.
E Gigia (nella foto del 20 maggio 2023 mentre riceve il premio della Fidapa) è stata presente nelle gestioni terapiche-culturali per i tossicodipendenti; nel gestire all’interno del carcere di Termini Imerese corsi di manipolazione dell’argilla, nel creare manufatti in ceramica con i detenuti; ma, soprattutto, nel considerare ogni insegnamento una sfida per il cambiamento in positivo, tenendo conto di come interpretando la propria esistenza arrivava a dire: “La mia vita è stata improntata alla ricerca delle situazioni più difficili per potere portare un minimo di cambiamento e di vitalità attraverso le attività che con i miei allievi ho proposto nelle scuole di ogni ordine e grado”. Ma quel minimo di cui lei si fregiava, in realtà poi si rivelava il miglior antidoto alle difficoltà primariamente umane.
Cosa rendeva Gigia così duttile alle istanze sociali che la inducevano ad affrontare le difficoltà, ad adattarsi agli eventi negativi e uscirne rafforzati, trasformando problematiche in opportunità di crescita? Gigia è stata un forziere di tesori umanizzanti incredibile. Questa era la sua forza. E di fronte a questa forte consapevolezza del proprio stato chi le stava di fronte con fare autoritario, era poi costretto a fare la solita squallida figura.
Negli ultimi giorni del suo tempo terreno Gigia aveva cominciato a scrivere ciò che stava vivendo in sofferenza, una sorta di diario della sua via crucis. Annotiamo soltanto le prime due righe. Scriveva: “Voglio vivere per me e le persone che amo. Vivrò oltre ogni previsione”. Vi è riuscita, in parte. Ci ha lasciato le sue creazioni. Soprattutto per merito della sua molteplice e universale creatività. Ed è quello per cui adesso ne stiamo onorando la memoria. L’umanità di Gigia comprendeva l’etica e l’estetica della propria esistenza in comunione, in relazione e verso quella umanità a cui Lei si donava senza mai chiedere nulla in cambio. A partire dalle esperienze di solidarietà verso i portatori di handicap. Era proprio la sua indole innata. Il volontariato l’assorbiva in modo completo. Questo aspetto che non ha mai abbandonato, se non negli ultimi anni della sua vita, procedeva comunque insieme alla parte creativa che completava la sua essenza, quella parte creativa che è stata la sua più intima felicità esistenziale.
In questo Memorial allestito presso l’Officina d’Arte, sita in via Mazzini 27, a Termini Imerese, che si apre il 29 ottobre fino al 2 novembre, oggi ammiriamo alcune delle sue opere: bambole, medaglioni, collanine in fimo, e poi i suoi gatti e gattini dipinti su sassi di fiumare e di mare; addobbi floreali per alberi di natale; meravigliosi presepi con personaggi in terracotta; composizioni di presepi con i sassi di mare; presepi in vetro; tavole e sponde di carretti con i paladini; lavori di vintage per il recupero di vecchi mobili; argilla cruda modellata con teste di moro; terrecotte dipinte a freddo per le teste di moro; numerose e meravigliose coffe arricchite con addobbi diversi, di queste ne sono rimaste solo due; disegni e tavole con le famose, bellissime primitive, le sue creazioni più affascinanti, creazioni di cui ne ha descritto la loro natura in una sorta di paginetta-manifesto; le primitive in terracotta o colorate col bianco; le primitive maiolicate, le primitive come segnalibri; e ancora le copertine di libri di due autori palermitani illustrate con i suoi disegni; i murales, con scorci della città di Termini Imerese, all’interno del carcere circondariale della città, che ha realizzato insieme a detenuti e dipinti lungo le pareti dei corridoi. E anche una lunga serie di murales, descritti nella brochure dedicata a lei. Nella sala dell’Officina d’Arte che ospita le creazioni di Gigia Bolone è presente anche un foto-libro che documenta alcune tra le sue opere più significative.
Giorgio Iacono