Ierofanie solari alla thòlos della Gurfa di Alia

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A scopo di documentazione riporto l’essenziale delle linee-guida dell’intervento al Convegno “Tra cielo, terra e mare. miti, divinita’, santi in sicilia. Fonti, documentazione materiale, architettonica ed iconografica” che si tiene tra Catania e Marianopoli dal 12 al 14 giugno 2025.

Il Convegno di Studi è promosso da G.A. Amenanos, dalla Fondazione Ignazio Buttitta, dal Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci, dal Comune di Marianopoli, da CENACUM – Centro attività culturali del Mediterraneo, da DISFOR – Università degli Studi di Catania, Sicilia e Natura, e da BCsicilia, con il patrocinio della Società Italiana di Storia delle Religioni e del Corso di studi magistrale in Religioni e Culture dell’Università degli Studi di Palermo.

Nel mio intervento del 14 giugno a Marianopoli verranno approfondite osservazioni sulla forma apicale nella tomba a thòlos, che riproduce, “secondo la tradizione locale l’omologo della tomba a tholos egeo-micenea.… Elemento fossile ricorrente è il cosiddetto scodellino che vuole riprodurre l’opaion delle tholoi micenee.” (G. Castellana). Siamo dunque in presenza del “ricordo funerario” di architetture con “foro apicale” per la celebrazione di liturgie e “ierofanie di Luce”, fatta apparire a date calendarizzate, equinozi e solstizi, per “costruire  Luce nel vuoto e dall’oscurità”, in una misterica “religiosità degli ipogei”. La linea d’indagine si muove sul  pensiero di A. Warburg: “Dev’essere interpretato simbolicamente ciò che appare soltanto come elemento decorativo”. Al rapporto iconologico fra Archetipo e Sacro mi dedico da tempo con studi di confine sul significato degli ipogei tholoidi con “oculus”/”opaion” che, come per l’architettura sacra “ipetrale”, nelle thòloi siciliane è “il cosiddetto scodellino che vuole riprodurre l’opaion delle tholoi micenee.” E’ la probabile ritualità di Catabasi/Anastasi che si celebrava negli ingrottati tholoidi, con “oculus”/”opaion”, dato per scontato un loro uso successivo per altri scopi agricoli sopravvenuti. In breve: hanno a che fare con il Telesterion/”Palazzo delle iniziazioni” per la figura del Sovrano-Re del Mondo-Minos.Wanax-Basileus;  architettura perduta di “Tradizione Dedalica” Egeo-Sicana. Per i riferimenti di dettaglio rimando agli studi di E. Zolla o W. Burkert sui “Misteri della trasfigurazione” che vi si svolgevano, esposti in forma compiuta e documentata nel mio La Via della Thòlos, editore Pendragon, con prefazione di Guglielmo Bilancioni, di imminente uscita.

Si tratta dunque di architettura del Sacro, realizzata in siti dove avvengono Ierofanie di presenza o rivelazione di elementi ritenuti sacri o divini che, come forza perenne dell’invisibile, scandiscono le liturgie del “Tempo che dura” nel destino umano e dell’universo.

A livello fenomenologico sono strutture archetipiche del pensiero religioso che integrano le usuali letture storico-antropologiche. Sacro e profano come categorie mentali che si manifestano nella realtà attraverso Ierofanie di Luce.

In particolare nel pensiero di Mircea Eliade, che vi dedica il Cap.1 del suo Trattato di Storia delle Religioni, si distaccano da certo riduzionismo positivista, per una visione della “religione degli Ipogei” come esperienza misterica vasta e diffusa anche nel mondo siciliano “prima dei Greci”, che fonda la piena  comprensione di cosmo e vita. Per tale ordine di motivazione si tratta di una vera e propria  “conoscenza segreta esposta in evidenza”, per dirla con E. Zolla, i cui simboli, riti e miti non sono da reputare semplici forme di ornamento culturale, ma strumenti di una vera e propria  antichissima Via Mistica e cosmologica. “Il sacro non è una mera costruzione culturale, ma una dimensione ontologica, una presenza che accompagna l’uomo fin dalle sue origini… Una modalità di accesso al reale, un linguaggio simbolico che permette all’uomo di dialogare con l’infinito.” (Trattato di Storia delle Religioni, pp. 12 e 27). Visione trascendente per l’Oltre nell’orizzonte del visibile della quale la modernità ha perduto il senso, come magistralmente analizzato da H. Sedlmayr in La perdita del Centro.

Carmelo Montagna

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