Montemaggiore Belsito, le tavolate di San Giuseppe del primo maggio

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La tradizione di celebrare San Giuseppe sposo di Maria, il 19 marzo, e San Giuseppe lavoratore, il 1° maggio, risale a tempi lontani, quando il bisogno di protezione e di grazia spingeva le famiglie di Montemaggiore Belsito a fare voto al patriarca. Come segno di devozione e ringraziamento, venivano preparati pranzi con le prelibatezze della cucina locale, offerti prima ai bambini e ai ragazzi – i virgineddi – che impersonano la Sacra Famiglia, e poi agli adulti. La tradizione si è consolidata nel tempo, sopravvivendo ai cambiamenti storici e sociali, e ancora oggi continua con la stessa intensità e lo stesso spirito di condivisione.
Il 1° maggio, Montemaggiore Belsito si sveglia con l’aria pervasa di attesa e di profumi invitanti. La Pro Loco e il Comitato di San Giuseppe lavorano instancabilmente per allestire le lunghe tavolate in Piazza Roma e in Via Felice Giovannangelo, nei pressi della sede della Pro Loco. Le tavole, coperte da tovaglie bianche, sono decorate con spighe di grano, mirto, alloro e agrumi. I piccoli pani dalle forme più svariate – croci, pesci, colombe – adornano gli altari, insieme a candele accese e immagini sacre. È un quadro di armonia e di bellezza che mescola il sacro con il quotidiano.
La tradizione vuole che i primi a sedersi a tavola siano i virgineddi, bambini e ragazzi del paese che rappresentano la Sacra Famiglia. È un gesto di carità e di purezza: offrire il pasto ai più giovani è simbolo di speranza e di rinnovamento. Le donne servono le pietanze con mani esperte e sorrisi benevoli, mentre i bambini gustano le sfince e il pane benedetto con occhi sgranati e pieni di meraviglia.
Dopo i virgineddi, è il turno degli adulti. La piazza si riempie di voci e di risate, di piatti che passano di mano in mano, di bicchieri che si alzano per brindare. È un momento di condivisione che va oltre il cibo: è la celebrazione di un senso di appartenenza, di un’identità comune che resiste ai cambiamenti e al tempo. La gente di Montemaggiore sa che la festa di San Giuseppe è un rito che va oltre la fede: è un atto di comunità, di solidarietà e di amore per la propria terra.
Già molti mesi prima della festa, le cucine di Montemaggiore iniziano a risvegliarsi. Le donne del paese, vere custodi della tradizione culinaria, si riuniscono nelle case per preparare le pietanze che renderanno il banchetto degno di San Giuseppe.
Parliamo ora delle pietanze che si preparano per i Virgineddi a Montemaggiore Belsito, in provincia di Palermo.
Il Presidente della Pro Loco di Montemaggiore Belsito, Carlo Scaccia, ci racconta con dovizia di particolari che sulla tavolata i commensali trovano un piatto con la ghiotta, una fetta d’arancia, una fetta di pane, due olive nere che simboleggiano Giuseppe e Maria e un’oliva nera che rappresenta il bambino Gesù. Seguono il riso con i finocchi selvatici, le fettuccine con le lenticchie e la pasta con salsa, sarde e finocchietto selvatico.
Ai bambini viene consegnata una vaschetta contenente un bicchierino di ghiotta, cardi, carciofo e broccolo in pastella, oltre a sfincia, baccalà, cannolo, pignolata e li scuocchi (letteralmente “nastrini” o “fiocchetti” in siciliano, per via della forma). Questi ultimi sono dolci fritti, noti anche come “chiacchiere” a Napoli, “frappe” nel Lazio, “bugie” in Piemonte e Liguria e “cenci” in Toscana.
Il Pane di San Giuseppe ha forme diverse. Quelle poste sull’altarino di San Giuseppe rappresentano un dono votivo: si preparano tre grandi ciambelle di pasta, di circa sette-otto chili ciascuna, destinate ai tre poveri che simboleggiano Gesù, Giuseppe e Maria. Vi sono poi pani di forma più tradizionale, del peso di circa 150 grammi ciascuno. La tradizione prevede forme particolari: il panierino di pane per le bimbe e la pupa di pane per i bimbi.
La ghiotta, per intenderci, è una pietanza che somiglia alla caponata siciliana, ma è preparata con una procedura più elaborata e con molti più ingredienti: zucchine, melanzane, cipolla, cardi, carciofi, broccoli, baccalà, olive bianche e nere, sedano, mandorle, vino cotto, zucchero e aceto. La preparazione richiede grande maestria e tempi lunghi, pianificati con anticipo, per ottenere un risultato equilibrato e squisito.
Le sfince, dolci fritti tipici siciliani a base di uova e farina (oppure farina e patate nelle versioni meno raffinate), sono preparate seguendo ricette antiche, tramandate di generazione in generazione.
Le mense di San Giuseppe sono spesso assimilate all’agape cristiana, il pasto comunitario con cui i primi cristiani ricordavano l’Ultima Cena. Ma a Montemaggiore Belsito il significato è ancora più arcaico e profondo. Invitare i virgineddi a mangiare richiama le radici agricole della Sicilia: è una forma di ringraziamento per la fertilità della terra e per la protezione ricevuta. In questo senso, la festa di San Giuseppe è un sacrificio al dio, non del dio: non vi è martirio, ma offerta e gratitudine.
Anche quest’anno, Montemaggiore Belsito si prepara a rinnovare questa tradizione antica.
Il programma è essenziale e prevede: Ore 11.00 Benedizione delle Tavolate di San Giuseppe; Ore 12.00 Degustazione di pietanze della tradizione popolare; Ore 21.00 Riti di esaltazione popolare in onore di San Giuseppe. Montemaggiore vi aspetta in Piazza Roma, la piazza più ampia e centrale del paese.
Santi Licata

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