I mille percorsi delle psicoterapie

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Il termine ‘psicoterapia’ significa genericamente ‘terapia psicologica’. Alle sue basi esiste la convinzione che sia possibile l’analisi, l’interpretazione e la modificazione del comportamento per mezzo di strumenti puramente psichici. Come metodo intuitivo di terapia del disagio mentale, è antichissima (è probabile che sia nata nel momento stesso in cui una persona con disturbi psicologici chiese ad un’altra persona, autorevole e ‘sana’ un aiuto per superare a superare le difficoltà di quel momento). Per secoli non è stata altro che questo: comprensione, solidarietà, rassicurazione. La sua trasformazione di uno strumento standardizzato e scientifico di terapia avvenne con la nascita della psicologia moderna, dei vari modelli di funzionamento della mente, e dei vari modi di interpretare il comportamento. In realtà quindi la psicoterapia come ‘scienza’ è abbastanza recente.

In quanto derivazione diretta di modelli di funzionamento mentale, le psicoterapie sono numerosissime, ed una loro catalogazione è quantomeno difficile. La loro origine, comunque, sembra essere comune e può essere fatta risalire a Mesmer e al magnetismo animale. Indipendentemente dalla teoria (falsa) che ne animava le pratiche, Franz Anton Mesmer fu l’inventore di una strategia terapeutica che si fondava su un rapporto diretto tra il paziente e il terapeuta, sostanzialmente fondata sulla suggestione. Anzi, fu proprio questa specificità del metodo mesmeriano a renderlo inviso alla maggioranza dei medici.

“Avea Mesmer adottato il sistema dei poli a tenore di quelli della calamita: ei collocava gli ammalati nella direzione dei poli nord e sud, prima di toccarli; in seguito si valse di una verga d’acciaio, di ferro o di vetro per aumentar la sua azione magnetica. Più tardi stabilì un serbatoio o tinozza magnetica, entro a cui metteva acqua, ferro, vetro e piante amare: tutte cose che Mesmer magnetizzava le une dopo le altre. In seguito ei stabiliva la tinozza in mezzo ad un’ampia sala; era essa chiusa da un coperchio munito d’un certo numero di fori, dai quali uscivano altrettante barre di ferro mobili e fornite di gomiti o piegature. Gli ammalati venivano disposti intorno alla tinozza, ed aveva ciascuno la sua barra, la quale, per mezzo del gomito che presentava, poteva venir direttamente applicata sulla parte inferma. Una fune avvoltolata intorno al loro corpo, li univa gli uni cogli altri; talvolta formavasi una seconda catena facendo comunicar fra essi gli ammalati per mezzo delle mani…L’azione del fluido magnetico, in siffatto modo diretta, produsse, siccome vuolsi, effetti sorprendenti: alcuni ammalati risentirono crisi di nervi; altri grande sollievo nei loro mali”.[1]

Insomma una situazione altamente suggestiva, mediata da veri e propri ‘gruppi terapeutici”. Ma nel mesmerismo esistevano anche più inquietanti aspetti individuali, che furono oggetto di critiche, e stimolarono ampiamente la pruderie degli uomini di scienza. Ecco per esempio cosa scrive in proposito uno di essi: “L’uomo che magnetizza tiene di solito le ginocchia della donna strette fra le proprie, in modo che tutte le parti inferiori del corpo si tocchino. La mano viene premuta sulle cosce e talvolta sulle ovaie…spesso, tenendo la mano sinistra applicata in questo modo egli passa la destra dietro il corpo della donna: il contatto è favorito dalla doppia inclinazione dei due corpi, che si avvicinano sempre di più. I visi si sfiorano, si può quasi respirare l’alito dell’altro e inevitabilmente l’attrazione sessuale agisce in tutta la sua potenza. Non è un fatto straordinario: l’immaginazione lavorando contemporaneamente, provoca una certa eccitazione in tutto l’organismo…”.[2]

Certo, i metodi di Mesmer erano poco ortodossi, mischiavano tra loro aspetti corporei, modelli psicologici e strategie suggestive, ma non v’è dubbio che fossero comunque metodi psicoterapici ante litteram. Dalle sue intuizione nacque l’ipnosi, e in un noto continuum storico  la stessa psicoanalisi di Sigmund Freud, dopo il quale psichiatri e psicologi hanno scatenato tutta la loro creatività, alla ricerca di nuove formulazioni e metodi e modelli di psicoterapia, che seguono orientamenti teorici, filosofici, scientifici tra i più diversi. Il risultato è una vera giungla di ‘scuole’, strategie di trattamento, ed, ovviamente, non sempre sufficienti garanzie di attendibilità scientifica. Delineare una ‘mappa’ di tutti i trattamenti psicoterapici esistenti è estremamente difficile. Può essere al riguardo utile seguire la semplice distinzione elaborata da John Kenneth Wing, che distingue semplicemente tra psicoterapie che seguono teorie dinamiche e non dinamiche.

“Il primo tipo di trattamento è basato sulla modificazione del comportamento e degli atteggiamenti per mezzo di procedure empiriche come ricompensa e punizione, graduale decondizionamento, suggestione, drammatizzazione di un nuovo ruolo, esposizione massiccia a stimoli temuti, o acquisizione dell’abilità di rilassarsi volontariamente quando la reazione stressante sta per manifestarsi. Queste tecniche sono tutte familiari e di buon senso. Esse sono usate da genitori e insegnanti sin da quando esiste l’umanità, ma sono state ampliate, sviluppate e sistematizzate in vari e ingegnosi modi da psicologi e psichiatri (p. 44-45). …

L’altro tipo di approccio psicologico è totalmente differente da questo e per brevità, lo chiamerò “psicoanalitico” sebbene una estrema varietà di teorie ed applicazioni siano riassunte sotto questa etichetta, alcune delle quali derivano ampiamente dalla religione o dalla filosofia politica. Il terapista si pone in posizione di genitore nei confronti del cliente offrendogli una storia per mezzo del risveglio e dell’interpretazione degli echi di reazioni ed emozioni lungamente dimenticate. Il terapista ed il cliente si sforzano di comprendere ciò che è avvenuto e come si è giunti alla situazione attuale. Quando il cliente e il terapista sono soddisfatti, il trattamento è finito. Il cliente ha la sua storia. Nel peggiore dei casi la teoria psicoanalitica è un’ennesima variante dello storicismo. Nel migliore il processo è essenzialmente creativo, ed è per questo che ha molti ammiratori tra artisti e letterati”. (p. 46).

Sebbene la definizione di Wing sia al contempo sintetica ed esaustiva, un altro modo di orientarsi nel labirinto delle psicoterapie è quello di seguire i percorsi storici che hanno caratterizzato le differenti scuole. In genere i vari indirizzi psicoterapici, infatti, partono da una scuola originaria dalla quale poi si differenziano ulteriori indirizzi, dai quali si specificano altre scuole, e via dicendo in una specie di infinito gioco delle scatole cinesi. Vediamo, allora, seguendo comunque la traccia di Wing di definire molto schematicamente almeno le dottrine e le scuole più importanti. Il posto centrale nello schieramento spetta certamente alle psicoterapie ad orientamento psicoanalitico:

PSICOANALISI. E’ la ‘madre di tutte le psicoterapie’, inventata da Freud alla fine dell’Ottocento. Freud ne fu ovviamente il teorico, raccogliendo intorno a se una serie di allievi, quasi ognuno dei quali adotto varianti specifiche, creando nuove ‘forme’ di psicoterapia psicoanalitica. Inoltre, alcuni suoi allievi si distaccarono anche sul piano teorico, creando delle ‘nuove’ forme di psicoanalisi, caratterizzate da una teoria e da una prassi differente, sebbene sempre nell’alveo del pensiero psicoanalitici. Si distinguono così le innovazioni o i cambiamenti, anche ‘forti’, portati alla psicoanalisi originaria da Anna Freud, Melania Klein, Bion, Winnicott, Spitz, Bowlby, Horney, Hartmann e tanti altri ancora).

PSICOLOGIA ANALITICA. E’ la corrente di pensiero fondata da Carl Gustav Jung, allievo e ‘delfino’ di Freud, ma poi dissidente e teorico di una nuova dottrina psicologica.

PSICOLOGIA INDIVIDUALE. Fondata da Aldler, altro ‘dissidente’ del movimento freudiano, si colloca pienamente nel contesto storico e dottrinario dei trattamenti di tipo ‘psicoanalitico’.

Da questo filone si differenziano altre correnti, pur nate sempre dalla stessa ‘grande madre’: per esempio la psicoterapia di Reich, uno degli allievi meno ortodossi di Freud, o la bioenergetica di Lowen, sua diretta derivazione storica. Esistono anche delle psicoterapie brevi ad indirizzo analitico, che si caratterizzano per gli obiettivi più limitati e più clinici, e tutta una serie di varianti, che riguardano sia il setting individuale, sia quello di gruppo.

Le psicoterapie di tipo psicoanalitico sono nate in un contesto fondamentalmente medico, e medici furono i loro fondatori o i loro principali teorici e praticanti.

Più strettamente legate al contesto psicologico sperimentale sono invece le psicoterapie di tipo ‘comportamentale’, nate dalle teorie e dalla prassi introdotta da Watson, e poi continuata da Skinner e da altri ancora. Sono terapie centrate sul sintomo (le fobie o le ossessioni rispondono perfettamente a questo trattamento), che senza utilizzare interpretazioni o teorie sofisticate hanno lo scopo di modificare i comportamenti del paziente, fondandosi in maniera semplice e diretta. Una evoluzione di questi metodi è la è rappresentata dalla la psicoterapia cognitivo-comportamentale, che ristruttura non solo il comportamento in senso stretto, ma anche il vissuto che ne ha il paziente, e quindi la sua capacità di reazione.

Esistono poi molte scuole che si definiscono di psicoterapia umanistica, che prendono le mosse dall’opera soprattutto di alcuni psicologi americani (Rogers, Maslow) e che si fondano su principi differenti, più semplici, diretti e meno speculativi del ‘filone’ analitico. Danno molta importanza al contatto colò paziente, alla disponibilità del terapeuta, non forniscono interpretazioni, ma al contrario spingono il paziente costantemente all’autovalutazione.

Una rilevanza particolare hanno le psicoterapie ad approccio sistemico-relazionale, fondate sull’ipotesi che alla base di sintomi psichiatrici esistano spesso problemi di comunicazione fra individui o all’interno di gruppi specifici, fondamentalmente la famiglia, verso la quale questo tipo di approccio è sostanzialmente orientato.

Con queste poche note abbiamo soltanto dato delle indicazioni generiche sulla galassia delle psicoterapie (si pensi che ogni indirizzo, ogni approccio presenta una serie spesso incredibile di varianti di scuola, di rielaborazioni di gruppi di pensatori specifici, e quant’altro). Si può dire che esistono approccio davvero di ogni ordine e tipo, generali o particolari (si pensi alle terapie sessuali, o a quelle psicosomatiche), il che ha spesso posto un problema molto specifico: ogni psicoterapia vanta successi, ed ogni psicoterapia si fonda su dottrine molto specifiche. Cosa funziona, allora? E come? E perchè? Questo tipo di riflessione fu centrale fra l’altro nella dottrina di Carl Rogers, egli stesso come abbiamo visto fondatore di una sua dottrina. Egli identificò dei fattori specifici nella personalità dello psicoterapeuta e nel suo modo di porsi col paziente, e non tanto nella dottrina sottesa al metodo psicoterapico. Ed è probabilmente la risposta giusta. Un concetto che, ancora una volta è stato brillantemente espresso da Wing: “Ciò che è efficace in psicoterapia non è l’ideologia dello psicoterapeuta ma qualcosa di non specifico: la percezione del cliente che il terapista sia incondizionatamente comprensivo, sincero, concreto e non aggressivo.  Qualsiasi sia la teoria soltanto il terapeuta con le sue qualità sembra essere determinante per il successo”.

Giovanni Iannuzzo

[1] Voce ‘magnetismo animale’, Enciclopedia Italiana, vol. VIII, parte seconda, pp. 78-86, Venezia 1948, Stabilimento enciclopedico di Girolamo Tasso tipografo editore.

[2] Riportato in: Jean Vartier: Allan Kardec: la nascita dello spiritismo. Ed. Mediterranee, Roma, 1972, p. 47