Polizzi Generosa, i Barresi feudatari nelle Madonie del Cinquecento

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La cittadina madonita di Polizzi Generosa ebbe le prime indagini storiche, degne di questo nome, grazie ai fratelli Caruso Alimena

(cfr. P. Bova, A. Contino, Polizzi Generosa, un inedito bando civico per una discarica abusiva nel Cinquecento, “Esperonews”, Lunedì, 1 Novembre 2021, on-line in questa testata giornalistica). Lo storico Giambattista (Polizzi Generosa, 27 Dicembre 1673 – ivi, 8 Ottobre 1724) e l’erudito Francesco (Polizzi Generosa, c. 1679/80 – Palermo 17 Maggio 1750), infatti, sono gli autori di due tomi manoscritti, che si conservano nella Biblioteca comunale “Leonardo Sciascia” di Palermo (d’ora in poi BCP), ai segni Qq F 45-46, che recano il seguente titolo: Notizie varie appartenenti alla città di Polizzi, libri tre etc. Nel primo tomo si reperiscono importanti notizie sulla locale diramazione della casata nobiliare dei Barresi o Barrese, baroni di Militello (oggi Militello in Val di Catania, nella città metropolitana di Catania), i quali furono signori di diversi feudi madoniti (quindi a carattere prevalentemente montano), essenzialmente ricadenti nella grande contea di Collesano. Tali feudi erano i seguenti: 1. Li Margi, legato ad un antico idronimo di origine islamica (arabo letterario marğ ‘prato’, mentre nei dialetti dell’Africa nord-occidentale, ha il senso di ‘acquitrino’, ‘pantano’, ‘palude’), per la presenza di zone umide alimentate dalle sorgenti omonime. Oggi resta traccia nella contrada e vallone di Margi, nel territorio dei comuni di Castellana Sicula (frazione Nociazzi) e Petralia Sottana; 2. Li Mannarini, dove dovevano essere presenti dei recinti per il bestiame da mandria (siciliano mànnara o mànnira). Il toponimo persiste nell’attuale contrada, torrente e portella Mandarini, nei territori di Petralia Soprana, Petralia Sottana e Geraci Siculo; 3. La Colla, oggi portella, contrada e pizzo Colla (1676 m s.l.m.), nel territorio comunale di Polizzi Generosa a confinare con quello di Isnello. Il toponimo deriva dal latino collis, is ‘colle’, ‘montagna’ (per ulteriori approfondimenti, anche se ormai datato, cfr. A. Contino, Stratificazioni linguistiche nel territorio polizzano, in “Le Madonie”, 1º ottobre -1º novembre 1995); 4. Lo Minduletto o Mondalecto, dal latino medievale amygdolectum a sua volta da amygdaletum ‘mandorleto’, derivato da amygdalŭm ‘mandorlo’. Oggi contrada Mondoletto nel territorio di Collesano; 5. L’Ogliastro, per la presenza di olivo selvatico, oggi contrada Ogliastro nel territorio di Collesano; 6. Castillari o Castellar, oggi fonte e monte Castellaro (1656 m s.l.m.), nel territorio del comune di Collesano. Si tratta di un toponimo particolarmente interessante vista la desinenza romanza occidentale in -ar, aggiunta a castellum, attestata dalla Spagna alla Francia sino all’Italia, per indicare un sito fortificato in rovina (cfr., https://www.celtiberia.net/es/biblioteca/?id=2308).
Al f. 324v (vecchia numerazione a matita: f. 298, verso) del detto tomo manoscritto dei fratelli Caruso, troviamo conferma di ciò: «Della nobilis[si]ma famiglia Barresi de’ Baroni di Militello / era in q[est]o tempo in Polizzi Gio[vanni]: Aloisi, il quale pos=/sedia sei feghi [sic, feudi] nominati cioè li Margi, li Mannarini / la Colla, lo Minduletto, e l’ogliastro c[om]e p[er] atto di relui=/tione cel[ebra]to p[er] l’atti di N[ota].r Pietro Taglianti di Palermo / sotto il dì 23 7[m]bre pr[im].a Ind[ition]e 1497. e  il fego di / Castillari venduto à [sic] Nicolò Barresi c[om]e appare p[er] l’atti di N[ota].r Gio[vanni]: Perdicaro [di Polizzi] à [sic] 21 Aprile 14a. [Inditione] 1496. / s[opr]a questi feghi vi è  una sogg[iogatio]ne di onze 10 ann[uali]:  p[er] il ca[pita]le di onze 125. alla rag[io].ne di 8 p[er] 100. fatta a favore / delli S[igno]ri di Not[arbarto]lo c[om]e p[er] sugg[iogatio].ne nell’atti di N[ota].r Giacomo / Perdicaro  [di Polizzi] à [sic] 11 8bre 13a. Ind[itione]: 1524. Questa Famiglia stabilita nella n[ost]ra Città circa un / secolo e mezzo prima, era in q[uest]o tempo assai numerosa / il che si deduce dal se[guen].te Test[amen].to di d[ett]o Gio[vanni]: Aloisi». Nel foglio successivo, infatti, è riportata la trascrizione del detto atto testamentario, datato 25 Agosto VIa Indizione 1503, con le ultime volontà del Magnifico Giovanni Aloisio Barresio figlio del fu Nicolao senior. Il testatore nominò eredi universali i suoi figli maschi legittimi e naturali, i Magnifici Antoninello e Nicolao de Barresio, nati dalla Magnifica Donna Giovannella, sua legittima sposa, mentre erede particolare designò la Magnifica Donna Margaritella, sua unica figlia femmina, legittima e naturale (alla quale sarebbe spettata la somma di ben 400 onze, per suo maritaggio, da consegnarsi entro quattro anni da quando si sarebbe sposata e, in più, una serva di nome Eleonora). Il testatore istituì un apposito fidecommesso (istituto giuridico che consentiva di stabilire la trasmissione del proprio patrimonio fino alla sesta generazione), che in linea diretta favoriva in primis la discendenza maschile, in secundis quella virile derivata dalla linea femminile. In caso di premorte di uno dei figli maschi minorenni, oppure maggiorenni, ma senza eredi mascolini, doveva subentrare l’altro fratello, purché avente discendenza virile legittima e naturale. Nel caso della morte di entrambi i fratelli, in minore età o maggiorenni, ma senza eredi maschi, doveva succedere, nell’ordine, la sorella Donna Margaritella e la sua discendenza virile legittima e naturale. Se anche Margaritella fosse poi venuta a mancare senza rispettare tali condizioni, i beni sarebbero andati a Giovanni Antonio e Gismondo Barresi, figli del nobile Pietro, e loro discendenti, sempre in linea maschile.

La moglie Giovannella doveva restare vedova e non convolare a nuove nozze. Rispettando tale disposizione, Giovannella non poteva assolutamente essere molestata o espulsa dalla casa grande di detto testatore ed oltre a ciò poteva liberamente disporre dei beni mobili, della servitù presente, della propria dote, della somma di onze cento in denaro contante, degli indumenti, gioielli, tra i quali «lu Cullaro [collare], di l’oro, et li manigli [braccialetti] Curalli [coralli], Catini [collane a catena] et altru oru», ricevendo altresì, annualmente, una scorta di beni alimentari (10 salme di frumento e quattro cantàri di formaggi e, in particolare, di caciocavalli, nonché del vino).  E’ plausibile pensare che i detti formaggi fossero derivati dalle attività agro-pastorali gestite in alcuni dei feudi posseduti dalla casata.

Il detto Giovan Luigi Barresi, durante il viceregno di Juan de Lanuza (o La Nuça) y Pimentel (1498-1506), il 21-22 Marzo Ia Indizione 1498 era stato investito dei feudi «Castellar alias Balatella, Ogliastro, Mondelletto, li Margi, li Mannarini e la Colla» della contea di Collesano (cfr. G. L. Barberi, I capibrevi, II, I feudi di Val Demone, a cura di G. Silvestri, Amenta, Palermo 1886, pp. 273-274; Soprintendenza Archivistica della Sicilia – Archivio di Stato di Palermo, Protonotaro del Regno di Sicilia Repertorio dei processi di investiture feudali dal 1452 al 1812,  n. 122, Provvisorio, a cura di S. Fazio, 2020, n. 415).

Essendo venuto a mancare il padre Giovan Luigi, il giorno 8 Maggio VIIa Indizione 1504 nel possesso di tali feudi succedettero i figli Antonio e Nicolò (cfr. Soprintendenza Archivistica della Sicilia – Archivio di Stato di Palermo, Protonotaro del Regno di Sicilia…cit., n. 525, anni 1502-1504). Da notare che il procuratore fiscale e ufficiale della cancelleria, Giovanni Luca Barberi (Lentini, XV secolo – Messina, 10 Maggio 1523) nei suoi Capibrevi cita erroneamente Antonello (Antonellus) e Nicoletta (Nicholecta) de Barresi, fratello e sorella (cfr. G. L. Barberi, I capibrevi, cit., pp. 274-275), ma è smentito dal testamento di Giovan Luigi Barresi, dove sono menzionati i due fratelli Antoninello e Nicolao de Barresi e la sorella Margarita.

Nel 1538, al detto Nicolò Barresi, sui feudi «Margi e Castellari», succedette il figlio Vincenzo (cfr. Soprintendenza Archivistica della Sicilia – Archivio di Stato di Palermo, Protonotaro del Regno di Sicilia…cit., n. 1548, anno 1538).

Nel 1567, Antonio d’Aragona Cardona (Angri, 23 novembre 1543 – Napoli, 8 febbraio 1584), figlio di Giulia Antonia Cardona Ventimiglia e Gonzaga, contessa di Collesano, in qualità di «ricuperatario»  da potere di Vincenzo Barresi, quale successore di Antonio e Nicolò Barresi, si investì dei feudi «Colla, Mannarini sottani, Margi, Mendoletto, Agliastro e Castellari alias Balatella» riassumendone il dominio (cfr. Soprintendenza Archivistica della Sicilia – Archivio di Stato di Palermo, Protonotaro del Regno di Sicilia…cit., n. 2469, anno 1567).

Nel manoscritto del sac. Giuseppe Di Fiore alias Malatacca, Diario sacro di Polizzi. Nobiliario polizzano. Iscrizioni di Polizzi. Introiti e proventi della segreteria di Polizzi. Armi ed elogi di alcune famiglie di Polizzi, che si conserva in BCP, ai segni Qq C 84, è inserito (ff. 44v-78v) l’anonimo tardo-cinquecentesco Nobiliario Polizzano che riporta gli stemmi e le notizie storiche delle famiglie patrizie della cittadina madonita che potevano concorrere nella gestione dell’amministrazione demaniale (per ulteriori ragguagli cfr. P. Bova, A. Contino, Ercole e l’idra: i Miroldo tra le Madonie e Termini Imerese dal Trecento al Seicento, “Esperonews”, Domenica, 7 Novembre 2021, su questa testata giornalistica on-line). L’amministrazione demaniale, formata da magistrati cittadini, grazie ad uno status privilegiato, disponeva di peculiari forme di autonomia organizzativa, di un proprio riconosciuto corpus di privilegi e consuetudini, essendo in gran parte gestita da un’aristocrazia cittadina al servizio della Corona (per ulteriori approfondimenti, cfr. L. Genuardi, Il comune nel medio evo in Sicilia. Contributo alla storia del diritto amministrativo, Fiorenza, Palermo 1921, pp. 76 ss.; J.-M. Martin, Le città demaniali, in P. Toubert, A. Paravicini Bagliani, a cura di, Federico II e le città italiane, Sellerio, Palermo 1994, pp. 179-194; M. Caravale, La legislazione statutaria dell’Italia meridionale e della Sicilia, in Idem, La monarchia meridionale. Istituzioni e dottrina giuridica dai Normanni ai Borboni, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 184). Alcune di queste casate del patriziato urbano delle città demaniali, ambivano comunque al possesso di feudi, condizione che dava loro la possibilità di accedere al parlamento del Regno di Sicilia.

Nel precitato nobiliario manoscritto, al f. 76v [ex 60], è presente un ampolloso elogio di questa diramazione polizzana dei Barresi: «chi [sic] la casa Barrese sia in questo / Regno Ill[ustrissi].ma e nobiliss[i].ma e [sic] noto a tutti / né è mio intento descriver q[ue]sta Illustre / famiglia in q[ue]sto Luogo chi [sic] è stata / ornata di Prencipi [sic] e Marchesi Capitani / generali et altri honorati cavalieri de’ / quali fà [sic] honorata menzione il fazello [sic] /  è stata  q[ue]sta famiglia in q[ue]sta Citta [sic] di tre / sorti e nobile una delle quali ha ori/gine dai Signori di militello [sic] / ha havuto dodici giurati tomaso [sic], Paolo, / nicolò. Pietro, vin[cen]zo, Gian luigi, Giovanni /  Vin[cen]zo, Paolo, Andrea, Vin[cen]zo, Giuliano et han / posseduto quei chi [sic] son stati cittadini in q[ue]sta Citta [sic] / li feudi delli Margi della Zisa / del mondoletto [sic] et altri fa p[er] arme q[ue]sta / famiglia in ca[m]po azurro [sic] due liste co[n] certi / come merli [sic] bianchi [sic, argentati] sopra cui una corona d’oro».

In base alla descrizione predetta ed al disegno a china presente nel manoscritto si ricava che le insegne dei Barrese o Barresi di Polizzi Generosa, andrebbero blasonate: «D’azzurro, a due pali di vaio antico, coronato d’oro». Ricordiamo che il vaio, considerato simbolo di dignità ragguardevole e grande nobiltà, era una pelliccia o foderatura costituita da pezze araldiche a forma di campana rovesciata (clochettes, che nel vaio antico hanno gli angoli arrotondati), allineate (normalmente in quattro file) con una alternanza smalti d’azzurro e d’argento (cfr. G. di Crollalanza, Enciclopedia Araldico-Cavalleresca. Prontuario Nobiliare, Giornale Araldico, Pisa 1878, pp. 599-600). Nel vaio in palo, le clochettes dello stesso smalto sono disposte le une sulle altre, con l’apice verso l’alto e sono tangenti. Le clochettes del vaio erano spesso confuse con una merlatura, donde l’uso del termine “merli” o “mergoli” o “mergoletti” o “merletti” o “merlotti” nella descrizione delle insegne araldiche della casata siciliana dei Barresi (cfr. F. Mugnos, Teatro genologico delle famiglie nobili titolate feudatarie ed antiche nobili del fidelissimo Regno di Sicilia viventi ed estinte, parte I, lib. II, Coppola, Palermo M. DC. XLVII., pp. 117-119, che sostiene, senza peraltro fornire prove a sostegno, una derivazione francese dei Barresi; “Delle Famiglie Novello, Flodiola, Barrese, ed altre famiglie”, parte II, lib. VI, D’Anselmo, Palermo M. DC. LV., pp. 257-258; V. Palizzolo Gravina, Il blasone in Sicilia, ossia raccolta araldica, Visconti & Huber, Palermo 1875, p. 90; A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, I, Reber, Palermo 1912, p. 15).

La versione polizzana dello stemma dei Barresi appare particolarmente interessante perché esibisce dei colori primari “proto-araldici” come l’azzurro e l’argento.

Nel santuario di Santa Maria della Stella a Militello in Val di Catania, nella navata sinistra e, nello specifico, nella terza campata, è collocato il monumento funerario quattrocentesco, con  la figura giacente di Blasco II Barresi, in abito guerresco. Il sarcofago, ornato da delicati motivi vegetali e floreali scolpiti, nella lastra frontale esibisce uno scudo a tacca (che nei tornei si utilizzava per sostenere la lancia), incastonato tra i due riquadri dell’Annunciazione. La partitura destra (sinistra per chi guarda) dello stemma, sormontato da una corona, mostra le insegne araldiche dei Barresi che sul campo esibiscono proprio i due pali di vaio antico, similmente allo stemma polizzano.

Gli altri rami dei Barresi, invece, hanno la seguente blasonatura: «di vaio minuto (cioè di sei file) d’argento e di rosso, e tre pali d’oro attraversanti». Molto probabilmente, si tratta di brisure (in araldica, alterazioni di un’arma gentilizia per distinguere i vari rami cadetti ed illegittimi di una famiglia secondo un sistema di segni distintivi), apportate con appropriate ed efficaci modificazioni.

Ricordiamo, infine, che il cognome del casato dei Barresi, originariamente, appare nei documenti con le grafie Garissio/Garresio, Garresi/Carresi, Garreys/Garres/Garrex.

Il 30 Marzo IIIa Indizione 1125 il Dominus Gualtiero de Garissio è testimone alla donazione di S. Nicola di Commecini (cioè Convicino, oggi Barrafranca, nel libero consorzio comunale di Enna) da parte di Riccardo Bubli o de Bublo, alla diocesi di Lipari (cfr. L. T. White jr., Il monachesimo latino nella Sicilia Normanna, Dafni, Catania 1984, doc. XI, pp. 395-396). Nel febbraio XIIa Indizione 1134, Gualtiero di Garres o de Garrexio fu accusato dal vescovo di Lipari, Giovanni e da sei monaci, presso Ruggero II, di avere infranto i diritti della detta abbazia  (cfr. L. T. White jr., Il monachesimo latino…cit., pp. 143-144). Nel Novembre VIa Indizione 1172, Sibilla vedova di Bartolomeo Garresio, con i figli Alessandro e Riccardo, donò a Pietro, vescovo di Lipari-Patti, un mulino per la sua obbedienza di S. Nicolò di Commicini (cfr. L. T. White jr., Il monachesimo latino…cit., doc. XXIX, pp. 422-423, dove però erroneamente il toponimo viene identificato con l’attuale comune di Comitini nel libero consorzio di Agrigento). Nel XII secolo prese il sopravvento la variante Barresi o Barrese del cognome, anche se, ancora agli inizi del Cinquecento, come riferisce lo studioso Angelo Li Gotti (Barrafranca, 18 Novembre 1910 – ivi, 17 Dicembre 1984), appare documentata la grafia Garresio in alcuni esponenti della famiglia domiciliati a Piazza (odierno comune di Piazza Armerina) che erano rimasti legati ai feudi aviti di Convicino.

Nel 1956, Angelo Li Gotti fu il primo a collegare il detto cognome con il toponimo Garessio (o Garesso, già Garetium o Garexium),  oggi comune piemontese nell’ambito di Cuneo (cfr. A. Li Gotti, Notizie su Convicino (l’Hybla Galatina sicula, la Calloniana romana), detta poi Barrafranca, attraverso nuovi documenti (1091-1529), “Archivio storico siciliano” vol. 7, 1956, pp. 47-150, in particolare, p. 89, nota n. 7). In tale  ottica, la presenza dei de Garessio si legherebbe alla casata lombarda degli Aleramici. Questi ultimi si erano inizialmente imparentati con i re normanni grazie alle nozze di Adelaide del Vasto, figlia del marchese Manfredi, con il Gran Conte Ruggero d’Altavilla (già vedovo di due precedenti matrimoni) donde poi nacque il re Ruggero II (cfr. C. A. Garufi, Gli Aleramici e i Normanni in Sicilia e nelle Puglie. Documenti e ricerche, in: Centenario della nascita di Michele Amari. Scritti di filologia e storia araba, di geografia, storia, diritto della Sicilia medievale. Studi bizantini e giudaici relativi all’Italia meridionale nel medio evo. Documenti sulle relazioni fra gli stati italiani ed il levante, 2 voll., I, Virzì, Palermo 1910, pp. 47-83; per una panoramica storica più aggiornata, cfr. P. Bova, A. Contino, L’emigrazione dalla «Lombardia» a Termini Imerese dal XIV al XVII secolo, “Esperonews”, Mercoledì, 6 Marzo 2019, su questa testata giornalistica on-line). La presenza dei Barresi a Polizzi, quindi, non sarebbe da considerare casuale, ma si riconnetterebbe in un certo qual modo alla comunità di origine «lombarda» presente in tale cittadina demaniale e della quale rimangono tracce odonomastiche (emblematica in tal senso appare la presenza di via S. Ambrogio, cfr. F. D. Farella, Stradario storico di Polizzi Generosa, Fiamma Serafica, Palermo 1977, ad vocem) e genealogico-documentarie (cfr., ad es., I. Peri, Rinaldo di Giovanni Lombardo habitator terrae Policii, in “Studi Medievali in onore di Antonino De Stefano”, Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo 1956, pp. 429- 506, in particolare p. 479).

Concludendo, ricordiamo che il ramo di casa Barresi dei baroni di Militello derivava da Abbone Barresi Camerana (figlio di Giovanni Barresi e di Giovanna Camerana), il quale ricevette dallo zio materno Giovanni Camerana (m. 1303) i propri beni feudali ed allodiali presenti in detta baronia. Il Barresi, ebbe l’investitura reale con privilegio dato nel 1318 dal re aragonese Federico III di Sicilia, mentre in data successiva al 1311 e anteriore al 1320 sposò Ricca [La] Matina, figlia di Ruggero (che deteneva la castellania e i proventi della terra e del castello di Caltavuturo), dama di corte della regina Eleonora d’Aragona [cfr. A. Marrone, Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390), in “Mediterranea Ricerche storiche”, quaderni, vol. 1, Associazione Mediterranea Ricerche storiche, 2006, p. 77 e p. 112]. Nel 1392, Abbone Barresi Alagona, figlio di Giovanni e nipote del predetto Abbone senior, colpevole di fellonia per la condanna infertagli da re Martino I di Sicilia, subì la confisca di Militello, ma ottenuto l’anno seguente il perdono reale, la signoria fu assegnata ad Antonello Barresi, figlio di Blasco, nipote ex fratre, che ne ricevette l’investitura il 2 Gennaio 1394 (cfr. A. Marrone, Repertorio…cit., pp. 77-79). La prestigiosa signoria dei Barresi di Militello, elevata a marchesato con privilegio dato il 24 Ottobre 1564 dal re Filippo II di Spagna, che aveva reso florida la piccola corte, ebbe fine con Donna Caterina, che nel 1571 portò in dote allo sposo, Fabrizio Branciforte Barresi, conte di Mazzarino, i feudi aviti (cfr. S. La Monica, I Barresi: storia di una famiglia della feudalità siciliana tra XI e XVII secolo, Tipografia Italia, Palermo 2010,  256 pp.).

Patrizia Bova e Antonio Contino

Ringraziamenti: vogliamo manifestare la nostra più sincera riconoscenza, per la consueta disponibilità, al direttore ed al personale della Biblioteca comunale “Leonardo Sciascia” di Palermo.