Giuseppe Giovanni Battaglia, il poeta di Aliminusa

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Giuseppe Giovanni Battaglia nacque ad Aliminusa, piccolo comune in provincia di Palermo, nel 1951  dove morì prematuramente nel 1995.

Poeta e autore di teatro visse d’arte e raccolse consensi importanti fin da quando diciottenne, nel 1969 ha esordito con una plaquette di poesie in dialetto siciliano, presentato da Ignazio Buttitta: La terra vascia. Al primo successo e all’autorevole primo avallo del Buttitta sono seguite crescenti affermazioni e nuovi, sempre più autorevoli consensi per questo poeta che propone il dialetto della propria contrada all’uditorio nazionale dei maggiori critici, dal conterraneo Leonardo Sciascia che firma la prefazione a La piccola valle di Alì (Flaccovio, Palermo, 1972) a Campa padrone che l’erba cresce (Bulzoni, Roma, 1977) con presentazione di Tullio De Mauro. Seguiranno altre sillogi coerentemente nel dialetto di Aliminusa e altrettanto puntualmente presentate da eminenti critici di chiara fama, dal siciliano Salvatore Silvano Nigro, italianista docente universitario tra i più eccellenti e quotati studiosi europei, all’altrettanto noto torinese Giorgio Bàrberi Squarotti, che ha scritto l’introduzione a Inventario degli strumenti del padre e dalla madre, pubblicato a Palermo nel 1987. Abbastanza consensi di prim’ordine per laureare il poeta del minuscolo centro comunale siciliano della provincia palermitana. Ed è da tale piccola comunità agricola che nel 2001 contava appena 1335 abitanti che converrà probabilmente partire per ricostruire l’iter e i relativi successi del giovane Giuseppe Giovanni Battaglia.
L’indagine critica che decide a favore del poeta inizia con il “battesimo” di Buttitta, come si è detto, il Buttitta istintivo che pratica il fonografismo che tesse e ritesse una sua tela del dialetto siciliano, dialetto che non ha mai avuto né preteso una koinè, quasi a consolidare altri aspetti propri della sicilianità, dove “Ogni testa è un tribunale” e dove da un chilometro all’altro mutano orografie, vegetazioni, colori delle pietre. Terra di un’Isola che ha ospitato, nel bene e nel male, tutte le più importanti civiltà del mondo; e non occorre aggiungere altro per ribadire l’ovvio di quanto si cerca maldestramente noi di ricordare. Orbene non si eleggerà la poesia di Ignazio Buttitta a cuscino e modello di ortografia del dialetto siciliano, ma si dovrà obiettivamente riconoscere nel poeta di Bagheria un artista delle immagini e della poesia come impegno civile, politico e persino pedagogico quanto ai contenuti. Erano gli anni delle frequentazioni di Battaglia con il bagherese vicino (di territorio ) autore di Lu trenu di lu suli, che sulle pubbliche piazze e nelle ricorrenze delle feste comuniste de L’Unità improvvisava veri e propri spettacoli con la sua solo presenza di mimo e di cantastorie (ci si consenta il definire cantastorie il più popolare dei poeti dialettali d’Italia di quegli anni, ma non solo di quegli anni, indipendentemente dal colore politico che il poeta rappresentava): “Turi scordu surfararu / abitanti a Mazzarino / ccu lu trenu di lu suli / s’avvintura a lu distinu. / Cchi faceva a Mazzarinu si travagghiu non ci n’era? / fisci sciopiru ‘na vota e lu misiru n galera!/ è na tana la so’ casa / quattru ossa so’ mugghieri / e la fami lu circava ccu li carti di l’usceri …” basterebbe questa sola immagine della fame che viene personificata nella figura del messo giudiziario per le riscossioni delle imposte. E va bene. Ma è del giovanissimo  Battaglia che qui si vuole provare a intercettare tra emozione ed ammirazione per il conterraneo poeta, l’attenzione e l’ansia di emulazione. Due sensibilità umane, quella del settantenne Buttitta e quella del diciottenne Battaglia, si incontrano per empatizzare senza averlo programmato ma per qualcosa che ne accomuna la sensibilità per l’indigenza cronica di una classe contadina isolana alle prese con il lavoro massacrante cui sono come predestinati dalla cattiva protervia di qualche divinità.
Ed ecco l’esordio del giovanissimo Giuseppe Giovanni Battaglia, ecco La terra vascia. “La terra ia vascia, / vascia, Signuri, / e si zappa calatu; / suduri e suduri / ca ia megghiu la morti. / ’Un ia jocu zappari / si la terra ia vascia / e lu zappuni ’un sciddica, si la notti lu viddanu / si sonna a zappari / sempri la terra vascia”. Si apre una porta già aperta quando si dice che il dialetto di Giuseppe G. Battaglia è diverso da quello del maestro Buttitta, si inventa l’acqua calda quando si cercano differenze o ragione di esse. Un dialetto-lingua che non ha koiné per quale ragione avrebbe dovuto averla giusto per il caso di Buttitta con Battaglia? Diciamo allora che i due poeti, ciascuno autonomamente, hanno percorso una propria via del poetare e che il dialetto adatto e accettato dalle piazze del grande Buttitta non somiglia al dialetto della “contrada” di Aliminusa che rispecchia le vibrazioni interiori della sensibilità del poeta Battaglia, come quello di Bagheria le sensibilità del poeta Buttitta, ma ciascuno con un suo codice appassionato e dolente. Ciascuno con la genialità propria da chi è nato in una terra di grandi primarie  sensibilità artistiche.
Giuseppe Giovanni Battaglia va ricordato perché il suo nome è scritto nell’albo d’oro della genialità siciliana di tutti i tempi e duole immaginare cosa avrebbe potuto dare ancora se non fosse stato ghermito dal male che lo ha condannato a morire a 44 anni. Per una disponibilità di testimonianze sulle opere di questo poeta che è stato anche autore di importanti opere teatrali, rinviamo a:  M. Bettarini in Salvo Imprevisti (Maggio-Agosto 1976); P.P. Pasolini in  Letteratura e classi sociali a cura di E. Gulino, Ed. Laterza, 1976; T. Di Mauro, Le parole e i fatti, editori Riuniti, 1977; N. Tedesco in La nuova rivista europea, n. 3, 1978; S. Orilia Poeti in Sicilia in AA.VV. Ed. Bastogi 1979, Mario Lunetta Da Lamberg a Cracovia – Di certi poeti, di certe poetiche, Quaderni di Messapo, I984; Salvatore Silvano Nigro in Problemi, n. 71 settembre-dicembre 1984; Natale Tedesco in Letteratura dialettale in Italia dall’Unità a oggi, in Annali della Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo, 1985; Salvatore Silvano Nigro in Quel ragazzo di vent’anni in L’Ordine di viaggio, antologia di poesie di G.G. Battaglia, ed. Prova d’Autore, novembre 1988- Catania; Rosario A. Rizzo in Volti e pagine di Sicilia, a cura di N. Mineo, Ed. Prova d’Autore, Catania, 2001.
Mario Grasso

1 COMMENT

  1. Per la prima volta (mea culpa) ho sentito parlare di Giuseppe Giovanni Battaglia, proprio dall’autore di questo articolo. Incuriosita, sono andata alla ricerca dello stesso, leggiucchiando qua e la qualcosa, che me lo ha fatto apprezzare da subito. La scheda di Mario Grasso, oggi, da luce all’artisticità e ai vari riconoscimenti che il poeta di Alia, nella sua se pur breve vita, ha saputo lasciarci. Preziose queste schede d’identità pubblicate da Espero a firma di M. Grasso.

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