Intreccio mafia e politica per la discarica di Melilli

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Non è una novità, ma adesso ne abbiamo la certezza, nero su bianco.

La mafia sta mettendo le mani sul business dei rifiuti in Sicilia ed in Italia. Corrompendo e minacciando politici e funzionari pubblici Cosa nostra cerca di ottenere le autorizzazioni necessarie a gestire discariche o impianti di compostaggio e controllare così il traffico dei rifiuti. E tutto questo è scritto nelle carte dell’inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Catania sulla discarica di rifiuti speciali di Melilli, gestita dalla Cisma, azienda riconducibile a Nino e Carmelo Paratore, legati alla mafia catanese e finiti in manette. Secondo i pm i Paratore avevano individuato due funzionari regionali, Gianfranco Cannova e Mario Corradino, ai quali hanno pagato diverse tangenti per ottenere le necessarie autorizzazioni ambientali per l’ampliamento della discarica e, soprattutto, evitare i successivi controlli. Ma il piano va a carte quarantotto per l’opposizione di altri due funzionari regionali, Marco Lupo e Antonio Patella, che si rifiutano di rilasciare i nulla osta, perché si accorgono che manca un certificato ambientale. I Paratore allora che fanno? Da una parte minacciano Lupo, sperando in un suo ammorbidimento, dall’altra fanno ricorso al Tar ed al tribunale ordinario, che nominano come consulente Mauro Verace, funzionario regionale, finito poi agli arresti domiciliari, che firmerà i provvedimenti in favore ai Paratore ed in contrasto col divieto imposto da Lupo e Patella. La Cisma ottiene così l’autorizzazione all’ampliamento ed in più come “regalo” Verace si “dimentica” di indicare nel provvedimento la prescrizione che la discarica poteva ricevere rifiuti solo da Siracusa. Da allora alla Cisma arriveranno rifiuti da tutta l’Italia, pure quelli dell’Ilva, grazie ad un contatto avuto con il vice ministro dello sviluppo economico, perché i Paratore sono molto “stretti” con certi politici nazionali, tanto da fare parte del gruppo di politici ed imprenditori giunti in Cina al seguito dell’ex presidente del consiglio Matteo Renzi. E tutto questo è adesso finito nelle carte della procura catanese.