ESPERO IN EDICOLA. Senza rete di protezione. Si continua a morire di lavoro

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Tre incidenti nel nostro territorio a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, pongono l’interrogativo sulla sicurezza nei luoghi dove le persone svolgono la propria attività, del perché nel XXI secolo si debba ancora morire, come nelle fabbriche inglesi della prima rivoluzione industriale. In Sicilia nei primi quattro mesi dell’anno sono stati otto le vittime. La crisi economica sta abbassando i livelli di sicurezza, e pur di lavorare non si fa più caso se ci sono o meno adeguate misure di prevenzione. E c’è anche una grave carenza nel sistema dei controlli. Mancano gli ispettori e per quei pochi in servizio è un’impresa ardua assicurare un livello “decente” di accertamenti

di Ciro Cardinale

Santo aveva 61 anni. Stava lavorando su su, abbarbicato ad un ponteggio come una scimmia al suo albero. Stava ristrutturando una casa ed era pagato per questo. Improvvisamente è volato giù perdendo l’equilibrio ed è morto. Francesco aveva 49 anni. Era a bordo di un escavatore, possente macchina da demolizione. Un fulmine nascosto lo ha toccato. E’ morto così, folgorato. Giuseppe aveva 55 anni. Si era arrampicato su un grande cumulo di paglia da coprire. Ha perso l’equilibrio ed è caduto.
E’ morto anche lui. Tre morti sul lavoro; tre morti bianche, come raccontano le cronache, con una circonlocuzione pietosa di parole, che nasconde o rende più dolce la cruda realtà. Tre uomini morti sul posto di lavoro, mentre svolgevano il loro mestiere per “buscarisi ‘a iurnata”. Santo, Francesco e Giuseppe sono usciti di casa quella fatale mattina, convinti che si trattasse della solita routine; certi che quello fosse un giorno come tanti altri; sicuri che l’oggi fosse uguale a ieri e dentico al domani. Ed invece proprio quel lavoro che dava loro da vivere, che permetteva di mantenere le loro famiglie ha portato quella volta la morte. Non sapevano che quel giorno era lí in agguato.
Il 19 agosto a Gangi Santo Mangano, titolare di una piccola impresa edile, si trovava su un ponteggio addossato ad una casa in ristrutturazione in contrada Sacupodi, ai piedi dell’abitato del paese madonita, quando ha perso l’equilibrio. L’uomo ha fatto un volo di quasi due metri, cadendo all’indietro e battendo violentemente la nuca. Le sue condizioni sono apparse subito disperate ai compagni di lavoro che gli hanno prestato i primi soccorsi in attesa dell’ambulanza. Mangano è così morto mentre si trovava a bordo dell’elicottero in volo verso l’ospedale Civico di Palermo.
Il 25 agosto è toccato a Francesco Ilardo. L’uomo stava effettuando lavori in una casa di Villaurea, una contrada al confine tra Cerda e Termini Imerese, guidando personalmente un escavatore, quando avrebbe tranciato un cavo dell’alta tensione sotterrato. L’uomo sarebbe sceso dal mezzo per cercare di ricollegare i due tronconi spezzati, ma una violenta scarica elettrica lo avrebbe investito, uccidendolo sul colpo.
L’1 settembre di nuovo a Gangi il proprietario di un’azienda agricola, Giuseppe Puglisi, stava sistemando un telone di plastica su un cumulo di balle di fieno, quando ha perso l’equilibrio, precipitando al suolo. Il violento impatto l’ha ucciso immediatamente.
Sono tre incidenti sul lavoro, accaduti nel nostro Comprensorio a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro; tre morti bianche registrate in due cantieri edili ed in campagna, che ci fanno porre l’interrogativo della sicurezza nei luoghi di lavoro, del perché nel XXI secolo si debba ancora morire di lavoro, come nelle fabbriche inglesi.

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