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Campofelice di Roccella: Guardia Costiera sequestra lido abusivo: occupava 900 mq di spiaggia libera

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Proseguono, nell’ambito dell’operazione nazionale “Mare e laghi sicuri 2024”, i controlli svolti dalla Guardia Costiera di Termini Imerese per assicurare la libera fruizione delle spiagge da parte dei cittadini durante la corrente stagione estiva. Nello specifico, nei giorni scorsi, durante la programmata attività di vigilanza sul corretto utilizzo del pubblico demanio marittimo e degli specchi acquei antistanti, sul litorale del Comune di Campofelice di Roccella è stata accertata l’illecita occupazione di circa 900 mq di spiaggia libera con numerosi sdraio e ombrelloni che, di fatto, realizzavano un’area abusivamente attrezzata per la balneazione, impedendo il libero godimento del bene da parte della collettività.

L’area in questione è stata immediatamente sgomberata, restituendola così alla pubblica fruibilità dei bagnanti e le attrezzature, comprensive di un considerevole numero di pali in alluminio, a supporto di ulteriori ombrelloni che, di lì a breve, sarebbero stati installati, sono state poste sotto sequestro, mentre il responsabile è stato denunciato a piede libero alla competente Autorità Giudiziaria.

La vigilanza a tutela del pubblico demanio marittimo, si inserisce, in particolar modo durante la stagione balneare, nel più ampio quadro delle attività svolte dalla Guardia Costiera a tutela della sicurezza in mare, della balneazione e dell’ambiente marino e costiero. Sotto il coordinamento del Reparto Operativo della Direzione Marittima di Palermo, donne e uomini della Guardia Costiera di Termini Imerese sono quotidianamente impegnati, sia in mare che a terra, allo scopo di garantire sempre più elevati standard di sicurezza nel settore turistico-balneare e scongiurare ogni forma scorretto utilizzo del pubblico demanio marittimo in danno della collettività.

Inedito sito megalitico preistorico a Caltabellotta con tracce di incisioni e pitture rupestri

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Il territorio di Caltabellotta, in provincia di Agrigento, non finisce mai di stupire, sia per l’approfondimento storico delle sue note e fascinose realtà storico-artistiche che per le continue segnalazioni di siti e strutture antichissime che continuano a pervenire da cultori e ricercatori, come queste recentissime che ci arrivano da Enzo Mulé, insegnante in pensione, ricercatore indipendente, conoscitore del territorio, cultore di Megalitismo e Archeoastronomia.

Proviamo a riassumere l’essenziale dell’argomento con qualche domanda a Enzo Mulè.

Dove siamo e di cosa si tratta?

In data 22 luglio 2024 ho segnalato alla Soprintendenza dei Beni Archeologici di Agrigento e al Sindaco di Caltabellotta, per le rispettive competenze, la presenza di strutture architettoniche con ingrottati e incisioni decorate rupestri di probabile età preistorica, sulla Gran Montagna di Caltabellotta.

Si può avere qualche riferimento sull’ubicazione dell’areale segnalato?

È un sito totalmente sconosciuto alla ricerca, che provo a descrivere sommariamente, senza fornire dettagli per il riconoscimento a eventuali malintenzionati ma che ho fornito alle autorità competenti per la tutela e gli eventuali approfondimenti scientifici. Si trova nella parte angolare di uno slargo, in parte antropico, creato da due falesie sul lato destro di un torrente che più a valle, durante le piogge invernali, sfocia nell’attuale Fiume Favara.

Con riguardo alla riservatezza necessaria a tutelare il sito, si può avere una sintetica descrizione dell’impianto?

La parte aperta a sud-est è recintata da un muro di pietre, in parte opera  megalitica, su pianta a semicerchio per delimitare la zona, al cui centro troneggia un informe betilo a volume scatolare di circa 120 mc (4 x 5 x 6 m), levigato solo nella parte esposta a Sud, dove è incavato un incasso geometrico (edicola votiva-altare rituale?) di 0,30 x 1 x 2 m. Alla sua base ci sono incassati con cura una coppia di ‘rope-holes/fori passanti’. Nella parte ovest della falesia si trova scavata una grande nicchia a semisfera informe, di circa 2 x 5 m, con alla base due piani di posa: uno alto circa 1 m per più di metà della semisfera, l’altro, con 2 piani di posa a scalare, per il resto della nicchia. Dal betilo si sale un leggero declivio per circa 20 m fino a un gigantesco incavo ovale, alto per tutta la falesia, per immettersi in un ingrottato attraverso uno stretto accesso-cunicolo, dove sono ancora visibili quello che resta a parete di pitture e incisioni rupestri (in evidenza dipinte con ocra rossa e gialla, marrone manganese, nero carbone). Si accede quindi a una caverna, rimaneggiata, alta, rotonda e larga nella parte iniziale, poi sempre più stretta e profonda per più di 10 m. La caverna, tana di animali selvatici di fortuna fino a tempi attuali, è stata con ogni evidenza adibita per millenni a luogo di inumazioni e sepolture da comunità neolitiche o di età precedenti. Ovviamente questa è una mia supposizione che accredita la necessità di uno studio scientifico che andrebbe fatto primariamente sulle importanti tracce di pitture superstiti ancora in sito.

Si può avere qualche altra informazione sulla situazione del paesaggio agrario della zona, a conferma dell’importanza archeobotanica, oltre che archeologica, del sito?

A completamento di segnalazione porto a conoscenza di chi legge che a ridosso del muro di cinta sul lato destro del torrente, cresce un boschetto di mandorli selvatici con tronchi secolari. Durante i sopralluoghi, con il mio compagno di ricerca, Salvatore La Rosa, abbiamo raccolto alcune mandorle verdi e tentato di mangiarle: le abbiamo dovute immediatamente sputare perché stranamente disgustose e impossibili da ingerire. Cosa mai provata in precedenza da esperti conoscitori di frutta selvatica, funghi ed erbe quali riteniamo di essere. Sento di aggiungere quest’altra considerazione botanica sulla probabile importanza di questi fossili di piante selvatiche antichissime. Il mandorlo amaro (mennula amara in siciliano), pianta originaria della Sicilia, è chiamato scientificamente “prunus amygdalus”, perché contiene una sostanza chiamata “amigdalina”, un glicoside che diventa cianuro. “Amygdalus”, avrà probabilmente un nesso con l’amigdala che si trova all’interno dei lobi temporali del cervello e anche con lo strumento da taglio in pietra di cui si servivano i Preistorici (l’amigdala primitiva e l’amigdala lavorata) che usavano sia in ambito botanico che per macellare animali e tagliare; e chissà che non venisse usata in ambito medico rudimentale. Quindi la sostanza cianotica di queste mandorle, poteva servire sicuramente a qualcosa, magari probabilmente come anestetico.

Carmelo Montagna

Movimento Politico Liberi di Essere. Campofelice di Roccella: da cittadina turistica in ascesa a paese in declino

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Tutto a posto… e niente in ordine!

Così recitava un vecchio detto per evidenziare ironicamente una situazione di disorganizzazione prossima al collasso.

Campofelice di Roccella una cittadina turistica in  ascesa, tra le più quotate della costa Tirrenica, con presenze turistiche da capogiro in continua crescita negli ultimi anni, sta vivendo una fase di vero e proprio declino, che addolora profondamente.

Oltre al terribile danno di immagine,  gravissimo per un territorio che vive di turismo, questa situazione, frutto di mancanza di programmazione e di disorganizzazione diffusa, desta serie preoccupazioni.

Nell’ ultimo anno, infatti, si è assistito ad una regressione che ha portato la cittadina indietro di almeno 20 anni e i fatti sono sotto gli occhi di tutti.

Rifiuti accatastati, non solo nelle aree periferiche, ma anche in pieno territorio urbano e durante il “clou” della stagione estiva, persino all’ingresso delle principali strutture alberghiere, incuranti delle numerose presenze turistiche.

Un lungomare sporco e abbandonato, con rifiuti non ritirati da giorni e persino lasciati sulla spiaggia, rivoli d’ acqua maleodoranti a suggellare un degrado inesorabile, che addolora e disincanta  cittadini e visitatori, sempre più decisi a non rimettervi più piede.

Eppure si era puntato tanto sul nuovo Lungomare, opera strategica, volano di sviluppo e di crescita economica, già finanziata con la precedente Amministrazione,  con Decreto del Sindaco Metropolitano del 10 giugno 2022.

Questa Amministrazione, però,  è stata capace di perdere il finanziamento già ottenuto, perché ha tentato di stornare le somme per fare un altro intervento (non prioritario come poteva essere il lungomare), tra l’incredulità dei cittadini, delle attività e degli addetti ai lavori, causando un danno enorme a Campofelice e al Territorio.

Errori su errori, frutto della mancanza di una guida autorevole, capace di guardare al futuro, purtroppo stanno producendo effetti devastanti.

Il malcontento dilaga e sono sempre più numerosi coloro che  affidano ai social il loro disappunto e la loro delusione e inviano foto e filmati di denuncia.

A ciò si aggiunga una viabilità caotica e confusionaria che scoraggia i visitatori a mettere piede nel centro urbano, con evidente danno per le attività del luogo. L’assenza di un dignitoso programma estivo, garantito ogni anno, anche con scarne risorse economiche, completa il quadro sconfortante.

Quest’anno (in realtà anche la scorsa estate) solo una confusionaria elencazione di eventi organizzati da altri, come il Sicily Food Festival (ottimamente organizzato da Davide Merlino e  di cui si è  elemosinata la presenza nel territorio), ovvero di timide iniziative di alcune associazioni, spesso mal riuscite e comunque incapaci di attrarre il pubblico cui Campofelice era abituata.

Una situazione insostenibile che sta causando disastri e danni di immagine ed economici ad un territorio che avrebbe dovuto raccogliere frutti di crescita e di sviluppo.

Per questi motivi, considerata la delicatezza degli argomenti ed i gravi risvolti per il tessuto economico e sociale del nostro territorio, riteniamo che sia doverosa una mobilitazione collettiva di tutte le forze politiche, mettendo da parte divisioni, contrasti e interessi particolari, per ristabilire un sano  confronto dialettico e politico,  tutelando gli interessi e le sacrosante prospettive di sviluppo di una Comunità come Campofelice che merita concordia, prosperità e benessere!

Movimento Politico Liberi di Essere

Inclusione sociale, incentivare ad un sano progetto di vita, la RCS Volley di Termini Imerese è una scuola di vita

La pallavolo, forma di inclusione sociale ad ogni livello. Tutto nasce a seguito di un’iniziativa «partorita» di un gruppo di cittadini termitani, con in comune la passione per lo sport, in particolare per la pallavolo.

Il gruppo, ha riflettuto a lungo sulla volontà di far ripartire la pratica sportiva nella città di Termini Imerese, negli ultimi anni purtroppo in forte declino. L’intento è quello di unire ancor di più i ragazzi a stare insieme, accomunandoli alla passione per lo sport e allo stesso tempo farli crescere acquisendo valori importanti che solo lo sport può dare, combattendo l’isolamento, l’emarginazione, promuovendo quindi l’inclusione sociale. La storia della pallavolo termitana ha quasi 50 anni, coinvolge almeno 4 generazioni di ragazzi e ragazze che hanno raggiunto livelli importanti, addirittura fino alla «Serie C».

Il nome della squadra viene ereditato dalle iniziali dei nomi di tre ragazzi che si sono spesi molto nella vita pallavolistica della città, vale a dire: Riccardo Chiavetta, Chiara Trippiedi e Serena Bova, da qui nasce quindi il nome RCS. Al giorno d’oggi questi ragazzi non sono più tra di noi perché il destino è stato crudele, portandoli via nella loro giovane età, ma grazie alla squadra oggi rivivono nei cuori dei ragazzi che indossano questa uniforma così che la loro storia non venisse mai dimenticata.

Crescita sportiva e umana sono i punti chiave che tutto il team di RCS vuole trasmettere ai propri ragazzi per creare il giusto mix di valori per intraprendere una un’esperienza vitale e sportiva. Attraverso lo sport quindi, la società vuole raggiungere degli obiettivi formativi, tra i quali: raggiungere bambini o famiglie che vivono pesanti disagi e soffrono di emarginazione sociale, favorire la crescita personale incentivando i ragazzi a darsi un valido progetto di vita, acquisendo anche obiettivi personali, rianimare alcuni quartieri in via di degrado sociale, organizzare eventi culturali , viaggi e attivare gemellaggi con altri gruppi regionali e nazionali per uno scambio di valori multiculturali.

Il gruppo è formato da gente appassionata, sportivi ed ex sportivi praticanti ma non solo, propone un’associazione aperta a tutti senza alcuna distinzione, considerando la città di Termini e i suoi giovani un bene comune dei quali è buono prendersi cura.

Francesco Peri

Termini Imerese, naufragio Bayesian. Conferenza stampa del procuratore Cartosio: “le vittime cercavano bolle d’aria per salvarsi”

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«Tragedia gravissima di impatto internazionale per la caratura delle persone coinvolte, e che sarebbe ancora più grave se si accertasse che è stata determinata da comportamenti non corretti. Non escludiamo nulla».

Ad affermarlo è il Procuratore della Repubblica di Termini Imerese, Ambrogio Cartosio, nella conferenza stampa dalla stesso convocata sull’affondamento, lunedì scorso, dello yacht britannico al largo di Porticello. Cartosio ha anche annunciato che sarà nuovamente sentito il comandante anche se al momento si continua a procedere per naufragio colposo e omicidio plurimo colposo contro ignoti, ma le prime iscrizioni potrebbero avvenire «molto prima del fondamentale recupero del veliero. E a breve saranno effettuate le autopsie».

E ancora il Procuratore: «Si è trattato di un evento repentino e improvviso. Al momento non abbiamo la certezza che ci sia una scatola nera. Il Bayesian non è stato investito da una tromba marina d’aria ma “da un downburst”. Dobbiamo attendere il recupero del veliero così come non possiamo confermare se c’erano i portelloni aperti. Non vi saranno dichiarazioni su quello che al momento hanno visto i sommozzatori. Possono essere informazioni che devono essere confermare da una seconda verifica». Poi: «La notte del naufragio c’era in plancia di comando un uomo dell’equipaggio. L’attività di indagine è tesa proprio a capire cosa sia successo».

L’allerta è stata lanciata alle 4.38 con un razzo. Sedici minuti non sono bastati alle sei vittime trovate nel super yacht britannico che hanno tentato di salvarsi disperatamente, di conquistare «le ultime bolle d’aria» nello scafo invaso dall’acqua, risalendo la nave.

Cinque di loro sono stati trovati tutti nella prima cabina sul lato sinistro: il presidente della Morgan Stanley International, Jonathan Bloomer, e sua moglie, Judy; l’avvocato Chris Morvillo, dello studio legale Clifford Chance, insieme alla moglie Neda, e il magnate britannico Mike Lynch; la figlia Hannah nella terza cabina, sempre sul lato sinistro». Segno che le persone che erano a bordo della imbarcazione hanno capito quello che stava accadendo e probabilmente hanno anche percepito che per loro era difficilissimo salvarsi.

«Le due imbarcazioni potevano stare in rada in quella zona. Del resto per quella sera non c’era un’allerta di burrasca», ha affermato Raffaele Macauda comandante della Capitaneria di Porto di Palermo.

«La nave è affondata prima di poppa e poi si è adagiata sul lato», ha aggiunto Girolamo Bentivoglio Fiandra, comandante dei vigili del fuoco di Palermo. «Abbiamo trovato i primi 5 corpi nella prima cabina sul lato sinistro e l’ultimo corpo nella terza cabina lato sinistro. In totale sei cabine, tre nel lato destro e tre nel lato sinistro».

Infine il Procuratore: «Per la conclusione delle indagini sarà fondamentale il recupero del relitto ai fini dell’accertamento delle responsabilità. Ma il passaggio del fascicolo dal registro ignoti a noti non dipende solo dal recupero del veliero, ma da tutta una serie di accertamenti e valutazioni che vanno fatte: potrebbe succedere che iscriviamo qualcuno nel registro degli indagati anche molto prima del recupero del veliero».

Notti di  BCsicilia. Alia: si presenta il libro di Francesco Teriaca “Delitto alla Gurfa”

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Nell’ambito della manifestazione “Le Notti di  BCsicilia” si presenta domenica 25 agosto 2024 alle ore 18,30, nella splendida cornice del Complesso rupestre della Gurfa di Alia, il libro di Francesco Teriaca “Delitto alla Gurfa”. Dopo i saluti di Antonino Guccione, Sindaco di Alia, di Lucia Paola Miceli, Assessore ai Beni Culturali, e di Rosolino Ortolano, Assessore alla Cultura, la presentazione di Elisa Chimento, Presidente BCsicilia Sede di Alia, dialogherà con l’autore Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale di BCsicilia. Letture a cura di Vilma Vannetti, insegnante madrelingua inglese. A seguire aperitivo al tramonto e intrattenimento musicale con Dj set Millonzi & DaniSax. L’iniziativa è promossa dalla sede BCsicilia di Alia, dal Comune e dalla Regione Siciliana.

In Delitto alla Gurfa di Francesco Teriaca, la narrazione prende corpo e si sviluppa nel contesto storico del secondo dopo guerra, in cui sono ancora forti ed evidenti le rivendicazioni sociali, in particolare quelle di una classe contadina oppressa dalla mafia agraria.

Ispirato ad una vicenda realmente accaduta, fissata nel tempo e ancora viva nella memoria collettiva e nella locale tradizione orale; capitolo dopo capitolo, il narrato scorre svelando retroscena, fino a giungere a conclusioni inaspettate di un intrigante giallo, in cui non mancano anche aspetti di costume interessanti e curiosi.  Il ritmo è intenso, infatti l’azione del racconto, si svolge in appena trentadue giorni tra giugno e luglio 1947.

I protagonisti principali sono ancora una volta il maresciallo dei carabinieri Benito Bendoni e il paese di Alia luogo natio dell’autore, menzionata in molte pagine. Infatti il racconto è ambientato in questa parte di entroterra siciliano, facendo conoscere ai lettori anche un luogo magico ed unico “la Gurfa”, antichissima architettura rupestre; luoghi, usi e consuetudini antiche di quest’angolo di Sicilia vengono magistralmente descritti arricchendo la scrittura e la narrazione.

Campofelice di Roccella, libro e recital di Gianfranco Perriera

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Nell’ambito della manifestazione “Libri in campo… Estate 2024” si terrà domenica 25 agosto 2024 alle ore 21,00 al Salotto Letterario “A casa di Anna” in Viale Italia, 1 a Campofelice di Roccella un incontro con Gianfranco Perriera autore del libro “figure dell’intellettuale”. Previsti gli interventi di Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale BCsicilia e di Anna Laurà, Presidente BCsicilia, sezione di Campofelice di Roccella. Letture a cura di Vittoria Fatta. A seguire Recital “Non riconosco allo specchio” di Gianfranco Perriera con l’attore Roberto Burgio. Produzione Teatri Storici di Sicilia.

L’appuntamento è promosso dalla Casa Editrice Don Lorenzo Milani, BCsicilia Sede di Campofelice di Roccella, Associazione L’Isola Possibile, Navarra Editore, Termini Bookfestival, Keartbook, Medinova, Fiori di Campo. Per informazioni e prenotazioni: 340.1775806.

Zen: meditazione per la salute mentale

La dottrina dello Zen, originatasi dal buddismo, sembra che sia stata fondata in Cina tra il V e il VI secolo d.C. La tradizione storica ne fa addirittura risalire la fondazione al leggendario Hui-neng vissuto tra il 638 e il 713 d.C. Altri invece sostengono che a fondare questa dottrina buddista fu Bodhisarma, nel 527. In realtà lo Zen- o ch’an secondo la lingua cinese – è probabilmente molto più antico, derivando dal sanscrito dhyana, meditazione.

Le pratiche di meditazione erano note da secoli in Estremo Oriente, sia nelle regioni continentali che in quelle insulari. Fu in Giappone, che questa corrente buddista conobbe il massimo splendore. Vi fu introdotta nel 1215 da un monaco buddista, Eisai, che fondò lo zenshu (scuola della meditazione) codificando precetti già in qualche modo noti a quelle popolazioni. Lo zenshu si ispirava alla scuola buddista lin-chi, in giapponese rinzai.

A questa scuola originaria se ne affiancò successivamente un’altra, fondata da un altro monaco, Dogen, che viaggiò in Cina allo scopo di studiare il buddismo ts’aot’ung (soto in lingua giapponese) fondato nel 1227, dopo il suo ritorno in Giappone, una seconda scuola. Pur differendo per alcuni aspetti, entrambi le scuole aderivano alla stessa dottrina religiosa fondamentale, quella del mahayana (grande veicolo in sanscrito), una corrente buddista staccatasi da quella originaria hinayana intorno al primo secolo d.C.

Anche se la definizione è sicuramente semplicistica, il mahayana è una forma laica di buddismo, che sostituisce all’ideale del monaco arhat (colui che è degno di entrare nel nirvana), quella del bodhisattva, (la cui essenza è l’illuminazione), una persona comune, che ha esperito il senso della compassione universale e che è disposto a rimandare il raggiungimento del nirvana per altruismo. Per comprendere la vera natura della realtà, egli deve conquistare la paramita, le dieci perfezioni: generosità, capacità di sopportazione, moralità, energia spirituale, saggezza, devozione religiosa, potere sulle cose, capacità di utilizzare i mezzi della salvazione, conoscenza e meditazione.

Ampliamento dello stato di coscienza

Lo Zen si ispira al mahayana, ma ne trascura, si può dire, l’aspetto metafisico, per soffermarsi su quello più umano: per raggiungere l’illuminazione basta adeguarsi alla giusta prassi etica e dedicarsi alla contemplazione. Sono questi i mezzi per raggiungere il satori, che consente l’autorealizzazione.

Raggiungere questo obiettivo implica sperimentare l’identità e l’unità dell’essere nel mondo in cui viviamo, nella assoluta quotidianità e non nell’isolamento ascetico. Ne deriva la necessità di prestare attenzione ad ogni elemento della realtà che ci circonda, al più piccolo insetto o al più esile filo d’erba: in ogni piccola cosa v’è il senso dell’integrità dell’uomo.

La scuola Zen che è più nota è quella soto, storicamente più recente. In Occidente è infatti particolarmente noto l’aspetto pragmatico di questa dottrina, ovvero le sue pratiche di meditazione. Nell’ambito della dottrina soto, infatti, si distingue una particolare dottrina per così dire pratica della meditazione, detta zazen. Lo zazen è una tecnica di meditazione suggerita per il raggiungimento di una maggiore consapevolezza di sé e del mondo, e di una maggiore integrazione con tutti gli aspetti della realtà. Questa strategia, che consisterebbe nella creazione mediante le pratiche meditative, di un vuoto interno, condizione indispensabile per l’illuminazione, conduce in realtà ad un ampliamento del proprio stato di coscienza ordinario, che raggiunge profondità inusuali.

L’altra scuola, quella originaria del rinzai, pone invece una maggiore attenzione ad un’altra tecnica, detta koan, che è rifiutata dalla scuola soto. Il koan è un enigma o un paradosso logico che ad una persona che non ha ancora raggiunto una sufficiente maturazione appare insolubile. Esso viene proposto dal maestro Zen al discepolo per fargli scoprire l’inadeguatezza di ogni sforzo razionale per descrivere o comprendere il mondo nella sua essenza ultima.

Col procedere della sua strada iniziatica, il discepolo sarà invece in grado di accogliere il koan del maestro, accettandolo senza compiere sforzi razionali. Questa accettazione gli terrà impegnata la mente senza imporre di per sé la ricerca di una soluzione razionale, e produrrà il vuoto nella coscienza, condizione necessaria per l’illuminazione. Ambedue le scuole, infatti, soto e rinzai, tendono alla ricerca di questo stato, come finalità ultima della dottrina Zen.

Apparentemente, lo Zen è quindi solo una dottrina religiosa buddista. In realtà le sue tecniche e le sue strategie vanno ben oltre il semplice precetto religioso, e si pongono come strategia olistica che fonde tra loro corpo e mente, e che ha un preciso impatto non solo sulla comprensione dell’universo (paradigma, questo, comune a tutte le discipline mediche e psicologiche e religiose tradizionali), ma anche sul benessere psicofisico.

È in questo senso che esso merita l’attenzione del distratto uomo occidentale. Il rischio è che la traduzione di questo insegnamento tradizionale orientale in un più moderno sistema occidentale lo denaturi, rendendolo forse più fruibile, ma alterandone il senso originario e iniziatico. A differenza infatti di altri sistemi di pensiero tradizionali, lo Zen ha una sua precisa identità dottrinaria, che non è, sostanzialmente, medica. Se però la finalità ultima non è sanitaria, gli effetti sono rilevanti proprio da un punto di vista medico, a testimonianza di come sistemi di pensiero possano inglobare nel loro contesto strategie tendenti al raggiungimento e al mantenimento del benessere psicofisico.

Gli esercizi dello zazen avevano lo scopo di assicurare ai monaci buddisti che li praticavano uno stato di concentrazione, astrazione e rilassamento adeguato al conseguimento di uno stato superiore di coscienza. Queste tecniche, sino a pochi anni fa ritenute di esclusiva pertinenza religiosa, sono state studiate dal punto di vista psicofisiologico.

Lo psichiatra giapponese Toshio Hirai, docente di psichiatria nell’Università di Tokio e, all’epoca dei suoi studi, Presidente della Società di Neurologia e Psichiatria del suo paese, ha studiato le tecniche Zen, proprio da una tale prospettiva. Si è posto cioè il problema di comprendere cosa in realtà producessero sull’organismo e le ha tradotte nel linguaggio scientifico occidentale. I risultati dei suoi studi sono stati di grande interesse scientifico.

L’azione del sistema nervoso autonomo

Chi pratica la meditazione zazen, in sostanza presenta una serie di modificazioni fisiologiche e metaboliche benefiche per l’organismo. Hirai osservò ripetutamente un aumento della reazione galvanica della pelle, una maggiore stabilità delle onde cerebrali, nel senso di un potenziamento dello stato alfa che coincide con una situazione di rilassamento, e un migliore controllo delle funzioni del sistema nervoso autonomo.

Nello stato più alto di meditazione, monaci esperti emettono una quantità significativamente maggiori di onde theta, e contemporaneamente si verifica una intensificazione della reazione galvanica, mentre la velocità della respirazione (il cui controllo è uno stadio fondamentale dello zazen) scende dalla media normale di 18 respiri al minuto a quella stupefacente di 4 o 5. Nel contempo si ha un aumento della frequenza cardiaca (da circa 70 battiti al minuto a 80/90).

Hirai concluse, e dimostrò, che tutto questo era una conseguenza dell’attivazione del sistema nervoso autonomo, diretta alla conservazione di uno squilibrio tra simpatico e parasimpatico. Alla scienza occidentale sono ormai noti i fenomeni di attivazione del simpatico di fronte a stimoli esterni di una certa intensità, risposte che configurano la sindrome generale di adattamento susseguente allo stress.

Cannon, il precursore degli studi sullo stress e sull’omeostasi, riteneva che quella del simpatico fosse una risposta difensiva dell’organismo. Nella meditazione zazen, il controllo dell’organismo è invece gestito fondamentalmente dal parasimpatico. Si ha, in parole povere, una diminuzione di ritmo, una diminuzione delle risposte difensive che stanno ad indicare indirettamente che l’organismo è sottoposto a tensioni, all’azione di stressors. Spostando l’attivazione del simpatico al parasimpatico, lo zazen, secondo gli studi di Hirai, riequilibra le risposte dell’organismo.

«Durante lo zazen – scrive in proposito Hirai – il sistema nervoso autonomo fa sì che l’organismo neutralizzi e assorba ogni elemento nocivo. Trenta minuti di meditazione zazen rendono possibile un graduale passaggio dal controllo operato sul parasimpatico al controllo sul simpatico, armonizzando in tal modo l’azione complessiva sul sistema autonomo».

L’azione dello zazen si manifesta anche ad altri livelli, per esempio metabolici. Lo studio del metabolismo basale di monaci abituali praticanti dello zazen, hanno mostrato un rallentamento dello stesso, e un consumo di energia inferiore a quello del loro metabolismo basale. Rispetto alle persone normali tale differenza si aggira intorno al 20%.

Il ritmo respiratorio

La respirazione è il primo gradino dell’addestramento dei monaci buddisti. Una corretta respirazione è ritenuta fondamentale per il mantenimento di uno stato ottimale di rilassamento. Di norma respiriamo una ventina di volte al minuto, con un ritmo, cioè, abbastanza veloce.

Di solito si ritiene che respirare così velocemente faccia bene alla salute perché si ossigena così tutto l’organismo, cervello compreso. In realtà fisiologicamente, non è così perché la respirazione veloce è superficiale e non riesce a portare l’aria nei polmoni, ma ne ferma una buona quantità nell’albero bronchiale; non riesce inoltre a eliminare tutta l’anidride carbonica e rende meno disponibile lo spazio con ossigeno. Invece una respirazione lenta, con espirazioni prolungate, apporta una maggiore quantità di ossigeno ai polmoni. D’altra parte, il respiro eccessivamente veloce e breve si accompagna a situazioni non fisiologiche, come l’ansia e l’agitazione. Il respiro lungo ha invece effetti benefici anche sul cuore, che diminuisce le pulsazioni, ha un carico di lavoro e compie uno sforzo minore.

Nello stesso tempo va anche considerato che respirare lentamente implica a ritmi più lunghi in tutte le proprie azioni quotidiane. È indice di temperanza e riflessività. Lo Zen prescrive una respirazione che abbia un ritmo di quattro o cinque respiri al minuto, enormemente più lenta, cioè, di quella alla quale siamo abituati.

La tecnica, semplice, è quella di inspirare velocemente col naso e di espirare molto lentamente sempre col naso, in maniera tanto lenta che, secondo lo Zen, il flusso non dovrebbe muovere una piuma sotto la punta del naso. Questa tecnica di respirazione coinvolge sia i muscoli addominali che quelli toracici. La frequenza di respirazione considerata ottimale è di cinque respiri al minuto. Questo ritmo dovrebbe essere mantenuto sempre e non solo quando si è impegnati nella meditazione. Questa prassi comporta l’acquisizione, nel tempo, di una maggiore calma quotidiana, una maggiore tolleranza alle stimolazioni emotive.

Proprio perché lo Zen suggerisce un ritmo costante e armonico nella respirazione, i monaci Zen utilizzano a tal fine dei canti particolari, dei sutra, che non sono solo delle composizioni da utilizzare per fini tecnici, ma hanno anche un significato filosofico profondo.

Il sonno ideale

Ricerche abbastanza approfondite sono state anche compiute sul sonno prodotto dalle tecniche Zen. Uno dei dati più interessanti riguarda il luogo dove si dorme. Sebbene la scienza occidentale abbia ormai riconosciuto che i morbidissimi materassi, prodotto e vanto, entro certi limiti, della tecnologia del quotidiano, siano quanto mai dannosi per la salute, questo precetto è antichissimo in Oriente, tant’è che i monaci buddisti che seguono i precetti Zen ne hanno ormai secolare consapevolezza.

Non casualmente essi dormono su stuoie, direttamente a contatto col suolo, sul quale sono adagiati. Un altro particolare è sicuramente interessante: la posizione. Se avete visto la classica immagine del Budda disteso, avrete un’idea di qual è la posizione che lo Zen reputa ideale per il sonno: sdraiato su un fianco con la testa appoggiata sul braccio. In questa posizione si esercita sulle vertebre e sui nervi una pressione molto minore che stando sulla schiena. E questo, oltre ad una corretta posizione delle vertebre, consente di dormire meglio.

Hirai ritiene che questa posizione, infatti, sia assolutamente naturale: la spina dorsale non è stimolata indebitamente e ciò crea il benessere anche perché si ottiene una migliore regolamentazione del parasimpatico. Hirai riferisce di aver curato, semplicemente facendo cambiare posizione nel dormire, diversi casi di insonnia.

Quelle che abbiamo descritto sono alcune delle pratiche specifiche del sistema di meditazione zazen, ma, naturalmente, la dottrina dello Zen non può essere esaurita in questa sorta di ginnastica psicofisica che impegna nel contempo il corpo e la mente.

Gli studi compiuti su queste tecniche ne assicurano la fruibilità per una serie notevole di disturbi psichici e psicosomatici. Hirai ha notato effetti rimarchevoli dello Zen in tutte le malattie da stress, per esempio l’ulcera duodenale, nei disturbi del sonno, in varie forme di nevrosi e nelle depressioni. L’abitudine a questo tipo di meditazione ha una generale azione tonificante, migliora i ritmi dell’organismo e consente il recupero o il mantenimento di un adeguato stato di attenzione e concentrazione.

Naturalmente, possono essere utilizzate le sue potenzialità preventive per quanto attiene a queste malattie. Lo zazen sembra infatti produrre un particolare rilassamento attivo, nel senso che alla mancanza di tensione si associa un ottimale stato di vigilanza e di lucidità mentale. Ma lo Zen non è solo questo, anzi questi precetti ne rappresentano solo l’aspetto più trascurabile. Lo Zen è una filosofia, volta alla conquista di una superiore visione del mondo mediante un ampliamento delle capacità interiori, che conduce all’illuminazione.

Per conseguire un superiore stato di coscienza, non si può non esperire la salute mentale, che è il primo gradino di una lunga strada verso il samhadi. Sembrerebbe cioè, che nella loro ricerca dell’illuminazione i seguaci dello Zen abbiano sperimentato il vero concetto di salute psicosomatica. La tranquillità dello spirito, infatti secondo lo zazen non si conquista con l’intelletto, ma con il controllo emozionale delle proprie reazioni. Non a caso, essi attribuirono grande importanza al corretto funzionamento di due punti del corpo, il kikai, posto all’altezza della seconda o terza vertebra lombare, e il tandem, posto nella parte inferiore dell’addome. Oggi sappiamo che questi due punti corrispondono a due gangli del sistema nervoso autonomo.

Molto tempo prima che venisse scoperto dalla scienza occidentale, ai monaci Zen era già noto il vasto corpus di precetti poi afferente al biofeedback, al controllo retroattivo del proprio stato psicofisico, mediante la percezione delle variazioni fisiologiche. Questi precetti non erano di natura specificatamente sanitaria, ma afferivano ad una differente visione del mondo, nella quale la via per l’autoconsapevolezza passava attraverso l’equilibrio psicofisiologico. E, ovviamente, viceversa.

Giovanni Iannuzzo

Termini Imerese, disservizi nell’erogazione idrica nei giorni 26 e 29 agosto

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L’AMAP informa che, a causa del distacco di energia elettrica in Contrada Brocato-Favara a Termini Imerese programmato da E-Distribuzione e che interessa il sollevamento della sorgente “Brocato”, si potrebbero verificare disservizi e ritardi all’erogazione idrica alle utenze della zona per le giornate 26 e 29 agosto 2024. In particolare il 26 agosto dalle ore 11,30 alle ore 18,00 e il 29 agosto dalle ore 8,30 alle ore 15,30.

Il servizio di erogazione idrica alle utenze verrà ripristinato a seguito della regolarizzazione della fornitura di energia elettrica al sollevamento e si normalizzerà nelle 24 ore successive.

Ogni aggiornamento sarà disponibile sul sito www.amapspa.it ovvero telefonando al numero 091.279111 (risponditore automatico) o al numero verde 800-915333 (esclusivamente da telefono fisso).