Un nome che forse non dice molto al grande pubblico, ma che per chiunque si occupi di storia rappresenta una svolta. È l’occasione perfetta per riflettere sul valore di questo storico, sulla sua eredità e sul perché, ancora oggi, continuiamo a parlare di lui.
Bloch è stato uno dei fondatori degli Annales, la corrente che ha cambiato radicalmente il modo di fare storia. Se oggi non ci occupiamo più soltanto dei re, dei principi e dei sovrani, ma anche delle comunità, dei territori, delle economie, delle mentalità, delle piccole azioni quotidiane, lo dobbiamo in gran parte a lui.
La sua rivoluzione è stata semplice e allo stesso tempo enorme:
La storia è la scienza degli uomini nel tempo.”
(Apologie pour l’histoire, 1949)
È per questo che Bloch è fondamentale anche per chi studia il Medioevo. Ha aperto una prospettiva nuova: quella della storia economica e sociale, dell’analisi dei comportamenti, della lunga durata. Ha reso visibile ciò che prima era invisibile.
In qualche modo, ci ha insegnato che la storia siamo anche noi. Ma la sua figura non è solo quella dello storico. È anche quella dell’uomo.
Marc Bloch, ebreo e patriota, rifiutò di rimanere spettatore durante l’occupazione nazista e si unì alla Resistenza francese. Fu fucilato nel 1944.
È qui che nasce la discussione di oggi: una figura così libera, così anti-autoritaria, così ostinatamente critica… sarebbe felice di essere “istituzionalizzata” entrando nel Pantheon, il tempio laico della Repubblica? Non c’è risposta. C’è però una certezza: Bloch ha dato alla storia un metodo, un respiro e un’umanità nuovi.
Se oggi possiamo interessarci non solo alle battaglie, ma anche alle emozioni, ai mestieri, ai paesaggi, ai simboli; se oggi possiamo studiare “la storia di” qualsiasi cosa, dalla cucina alla mentalità contadina; se oggi la storia è più democratica e più viva; lo dobbiamo anche al suo coraggio intellettuale.
La sua panthéonisation può dividere, e forse è giusto così. Ma per chi ama la storia, è un modo per ricordare ciò che più conta: che la storia non è mai definitiva, che si può sempre cambiare metodo, e che la ricerca — come Marc Bloch ci ha insegnato — è un atto di libertà.
Edoardo Torregrossa





