Megalitismo preistorico: scoperto in Sicilia il primo complesso di Menhir orientati astronomicamente

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Il cielo s’illumina d’immenso a Cerami, nell’ex provincia di Enna, in Sicilia, in occasione delle albe e dei tramonti equinoziali e solstiziali, sopra paesaggi ancora per certi versi arcaici,

in una Sicilia interna lontana dai circuiti turistici e senza dubbio ancora poco conosciuta anche archeologicamente.
A Cerami è stato scoperto il primo complesso in Sicilia di Menhir in piedi, per di più orientati astronomicamente. Oltre ad una decina rovesciati a terra, ve ne sono ancora confitti al suolo almeno sei. Si trovano concentrati in un’area molto limitata, sotto il Monte Mersi, a un paio di km dal paese, una zona di difficile accesso e assai poco sfruttata dal punto di vista agricolo. Fattori che avranno di certo contribuito alla loro conservazione. La definizione di Menhir è senza dubbio corretta, significando com’è notissimo la parola semplicemente “pietra lunga” nell’antica lingua bretone. Abbiamo inoltre del tutto scartato altre ipotesi teoricamente possibili circa natura e funzione di questi monoliti, ad esempio quelle di pietre di confine o pilastri di una o più costruzioni. L’ipotesi più probabile, o piuttosto l’unica che ci sembra sostenibile, è che si tratti effettivamente di Menhir, giunti miracolosamente in piedi da un passato ancora imprecisabile, ma probabilmente molto remoto. Riteniamo dunque che le “pietre lunghe” infisse al suolo di Cerami vadano quindi definite anche scientificamente e archeologicamente, oltre che “tecnicamente”, come Menhir. Sono i primi scoperti in piedi in Sicilia: e riteniamo siano presumibilmente da inquadrare nel vastissimo fenomeno del megalitismo preistorico europeo e mediterraneo. Se ciò venisse confermato, anche le attuali conoscenze sul megalitismo preistorico in Sicilia dovranno essere riviste.

I sei Menhir in piedi di Sotto Mersi sembrano apparentemente disposti su un breve arco di cerchio. In realtà sono su due differenti file oggi composte rispettivamente da due e tre “pietre lunghe”, in qualche modo raccordate fra loro da un ulteriore Menhir che occupa la terza posizione da est. Tutti i Menhir sono ovviamente monolitici, ricavati nella roccia quarzarenitica locale. Ai piedi della vicinissima parete del Monte Mersi abbiamo rinvenuto una delle aree di lavorazione, con almeno tre Menhir parzialmente intagliati e però mai estratti dal banco roccioso. Una sorta di piccola “Cava di Cusa” per le “pietre lunghe” di Cerami. Numerando i menhir rinvenuti in piedi da est a ovest, il primo è alto m 1,50 con sezione quadrangolare di circa m 0,30 x 0,30 e termina con una sorta di piano tagliato trasversalmente all’asse del menhir stesso. Il secondo dista dal primo m 2,70, è alto 1,20 m e ha sezione rettangolare di ca. 0,28 x 0,40 m. termina a punta, con tracce evidenti di lavorazione. Questi primi due Menhir, oltre ad un terzo attualmente rovesciato al suolo a un paio di metri verso est dal primo, ma riteniamo nella posizione in cui sorgeva originariamente, sono posti con esattezza significativa lungo l’azimut 90°-270°. E cioè, anche qui come al castello, l’azimut delle albe e dei tramonti dei due equinozi, con entrambi i fenomeni visibili. Il terzo Menhir dista dal secondo m 3,20, è alto m 1,44 ed ha sezione rettangolare di ca. 0,20 x 0,40 m, terminando anch’esso a punta. A pochissimi metri di distanza, verso sud, giacciono a terra altri due altri Menhir integri che ipotizziamo siano caduti nel luogo in cui erano infissi al suolo. Con uno dei due, questo terzo menhir in piedi indica la meridiana, l’asse Nord-Sud. Il quarto menhir in piedi dista dal terzo m 2,40, è alto 1,18, ed ha anch’esso sezione più o meno rettangolare con lati di circa 0,34 x 0,27 m, terminando con un piano tagliato trasversalmente e inclinato per circa 45°. Il quinto menhir segue alla distanza di m 2,70, è alto 1 m e ha sezione quadrangolare di ca. 0,30 m di lato e anch’esso sembra terminare con una faccia inclinata. Con il secondo dei menhir che si trovano rovesciati al suolo a pochi metri verso sud, indica per la seconda volta la meridiana. Il sesto Menhir in piedi si trova, sempre procedendo da est verso ovest, a 1,65 m di distanza dal quinto; è alto 0,80 m ed anch’esso ha sezione quadrangolare con lati di ca. 0,30; probabilmente si è rotto o è stato spezzato in epoca imprecisabile.

Gli ultimi tre Menhir (il quarto, il quinto ed il sesto) sono allineati lungo l’azimut 120°-300°, alba del solstizio d’inverno-tramonto del solstizio d’estate, con entrambi i fenomeni visibili. Quattro complementari orientamenti astronomici nello stesso complesso di menhir: due volte la meridiana Nord-Sud, la linea equinoziale e l’asse alba del solstizio d’inverno-tramonto del solstizio d’estate. Molto difficile che tali esatti allineamenti astronomici siano casuali. Non è fuori luogo a tal proposito ricordare che, negli ultimi 5000 anni circa, gli azimut di albe e tramonti solstiziali e equinoziali sono variati assai poco, di misura inferiore a un grado.
Nell’area circostante, oltre ad almeno altri otto Menhir rovesciati a terra, alcuni grandi blocchi di roccia anch’essi con asse longitudinale perfettamente orientato 120°-300° e, soprattutto, decine e decine, forse centinaia, di anelli o fori passanti artificialmente scavati nella roccia. Troppi, ci sembra, per essere stati ricavati solo per il fine pratico di legare un animale. E, ancora, affioramenti di mura, solo in parte riferibili a terrazzamenti agricoli relativamente recenti (molto importante una struttura a gradoni con piccola rampa laterale “Altare??”). A poca distanza, sotto la parete di Monte Mersi, uno scarico con pochissimi frammenti di ceramica preistorica, anche a parere di altri esperti da noi consultati. Fra essi almeno uno identificabile con maggiore certezza e ascrivibile alla Cultura di Piano Conte, da un sito delle Isole Eolie, databile alla metà del III millenio a. C.  A qualche centinaio di metri dai Menhir, questa volta più a valle, un affioramento roccioso naturale, con superficie piatta, forma allungata per circa tre metri e largo non più di uno. Lungo tutti i bordi, fori passanti artificialmente scavati nella roccia. Un confronto immediato, ovviamente tutto da verificare, sembrerebbe possibile con il lastrone a fori passanti lungo il bordo di Monte d’Accoddi, in Sardegna, il celebre sito studiato da archeologi del calibro di Ercole Contu, Giovanni Lilliu e Santo Tinè, risalente alla cultura di Abealzu-Filigosa (2700-2400 a.C.) dell’Età del rame. Anche le “pietre lunghe” di Cerami potrebbero trovare un possibile e immediato confronto in ambiente sardo con i menhir di Pranu Muttedu, un altro famososito riferito al Neolitico recente (3200-2800 a. C.), esplorato in particolare da Enrico Atzeni. Altro confronto sardo possibile con i menhir di Biru’ e Concas, un sito che va dal Neolitico recente al Bronzo. Allo stato delle conoscenze, ovviamente, tali confronti con la preistoria sarda restano solo “impressionistici”. Sarà necessario intraprendere ricognizioni archeologiche di superficie in un vasto territorio e quindi procedere allo scavo del sito dei Menhir per poter disporre di dati più precisi circa la natura, l’organizzazione e la datazione del complesso.
Ferdinando Maurici, Alberto Scuderi, Alfio Bonanno, Nicola Bruno, Andrea Polcaro,

Gli Autori
Ferdinando Maurici ha insegnato Archeologia Cristiana e Medievale all’Università di Bamberg, all’Università di Bologna e alla LUMSA.
Alfio Bonanno, astronomo, è Primo Ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica (sede di Catania).
Nicola Bruno, preistorico e archeologo subacqueo, è Funzionario archeologo presso la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.
Andrea Polcaro, Ricercatore e Professore di Archeologia del Vicino Oriente e di Storia dell’Alimentazione all’Università di Perugia, è archeologo preistorico, attivo soprattutto in Giordania.
Alberto Scuderi è Vicedirettore nazionale e Direttore regionale per la Sicilia dei Gruppi Archeologici d’Italia.
Hanno inoltre collaborato Rossana Scuderi, geologo,  Barbara Trovato, archeologa, Mario Bonaviri, studente in Beni Culturali.
Uno speciale ringraziamento al dr. Domenico  e Michele Proto ed ai signori Luca e Sebastiano Stivala che ci hanno guidato sul campo.

1 COMMENT

  1. bravissimi eccezionale un grande applauso a chi ha riconosciuto e a chi per millenni non ha distrutto!!!

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