Festa di San Martino, la fine della lunga estate siciliana tra fede, vino e castagne

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“A San Martinu ogni mustu diventa vinu”, è questa la tipica frase che ogni siciliano palesa il giorno di San Martino.

Un giorno particolare, dove tradizionalmente il mosto conservato nelle botti si trasforma in vino, bevanda antichissima alla quale è legata la storia dell’uomo e per certi versi anche quella del mondo. L’11 novembre, tradizionalmente rappresenta la fine della lunghissima estate siciliana e proprio i giorni che ricadono in questa data vengono chiamati “l’Estate di San Martino”, proprio perchè le giornate risultano soleggiate e con l’aria frizzantina ma gradevole, elementi che ricordano proprio l’estate siciliana che diversamente da altre regioni, risulta essere più lunga. Ma come è arrivato il culto di San Martino in Sicilia?
Martino era originario della Pannonia, l’attuale Ungheria, figlio di un tribuno militare da quest’ultimo ricevette il nome di “Martino” in onore del dio “Marte”, molto venerato dai soldati dell’epoca secondo la teologia della religione romana. Dopo aver vissuto in diversi paesi europei, tra questi anche l’Italia, fu costretto ad arruolarsi e fu proprio durante la vita militare che avvenne la sua conversione al cristianesimo.
Era inverno e il giovane soldato si trovava in Gallia, durante un normale controllo in una notte freddissima, incontrò un mendicante che stava letteralmente congelando perchè quasi totalmente sprovvisto di abiti, Martino lo vide e senza pensarci su due volte, prese il suo mantello lo taglio in due e ne diede una metà al mendicante che non credeva ai suoi occhi.
Dopo il turno di guardia, Martino andò a riposare e durante il riposo udì una voce che diceva così: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”,  così al suo risveglio trovò il mantello integro, segno che era accaduto qualcosa di miracoloso. Da li in poi si convertì al cristianesimo divenendo addirittura Vescovo di Tours.
Dopo la sua morte, franchi e merovingi iniziarono a praticare il culto di “San Martino” portandolo con se ovunque si spostavano. In Sicilia infatti il culto di San Martino è arrivato durante la dominazione normanna e con esso anche la tradizione di bere il vino vecchio e lasciare le botti vuote per riempirle di vino nuovo che proprio in questi giorni viene travasato dopo aver raggiunto la fermentazione.
Con il vino tradizionalmente si associano le castagne, frutti abbastanza presenti nei boschi siciliani e anche il consumo di un galletto ruspante, tradizioni palesemente lasciate dai normanni.
Così, da secoli in Sicilia il giorno di San Martino è possibile assaggiare il vino nuovo, brindare e banchettare al termine del periodo del raccolto, insomma una sorta di capodanno che per certi versi ricorda le tradizioni nordiche.
Giovanni Azzara