Pietro Pisani, il rivoluzionario direttore che nell’Ottocento guidò Real Casa dei Matti di Palermo

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Un caso particolare da tenere in memoria tra gli innumerabili meriti di siciliani illustri è sicuramente quello tutto a sé stante del palermitano Pietro Pisani (Palermo, 1761 – 1837).

La singolarità inizia dal fatto che non sono tanto opere scritte che questo personaggio ha lasciato (una riguardante l’archeologia e l’altra di argomento completamente lontano , di carattere sanitario e sicuramente di forte caratura quanto a umane riflessioni), ma l’operatività imprevedibile e a volte apparentemente bizzarra che ha caratterizzato la sua vita. 
Rampollo di famiglia benestante e fiero del titolo di Ufficiale della Real Segreteria di Stato, nonché, dal 1820, segretario del luogotenente generale, principe di Cutò, il Pietro Pisani, che aveva cominciato la sua carriera pubblica di avvocato dimostrandosi un appassionato di musica più che un cultore di giurisprudenza , ha concluso la propria polivalente attività dal 1824, fino alla morte ricoprendo  la carica di “Deputato alla Real Casa dei Matti” di Palermo e qui anticipando di un secolo e mezzo l’applicazione di principi che avrebbero portato all’abolizione dei manicomi con la legge Bisaglia del secolo scorso.
Procediamo approssimandoci con qualche ordine per lumeggiare sui meriti straordinari di questo palermitano appassionato di musica al punto da seguire obtorto collo la decisione del padre che lo volle avvocato. E laurea in giurisprudenza, infatti, venne conseguita dal giovane Pisani, nell’Università di Catania. Ma le sue preferenze di cultore di musica rimasero talmente radicate e primarie da fargli preferire tra gli otto figli nati dal matrimonio con Maria Antonietta Texeira Albornoz, (gentildonna e bella di cui abbiamo notizie dalle poesie del Meli) il secondo, Antonio, che fin da piccolo si era dimostrato seguace della passione del padre e  aveva, giovanissimo, pubblicato uno studio intitolato Sul dritto uso della musica strumentale. Il Pisani padre aveva toccato il cielo per tale disposizione del figlio, ma era stato solo una breve gioia, perché Antonio era morto giovane nel 1815, procurando alla sensibilità del genitore un trauma psicologico tale da fargli tentare il suicidio. Il tempestivo intervento della moglie e degli altri figli con le loro cure affettuose riuscirono ad allontanare lo spettro del dolore del capo famiglia. Frattanto era arrivato per il Pisani il provvidenziale incarico per la sovrintendenza agli scavi archeologici che due architetti inglesi svolgevano a Selinunte.  L’impegno e la responsabilità che comportava l’incarico ripristinarono equilibrio e serenità nella sensibilità del soggetto particolarmente vibratile.
La passione per la musica non l’avrebbe mai abbandonata, ma intanto il nuovo incarico assorbiva tempo e interessi del costante cultore di opere liriche. Anzi, per concludere sulla figura del Pisani appassionato di composizioni musicali e  loro rappresentazione, prima di passare agli altri momenti in cui il Personaggio darà di sé una edificante immagine di ottimo amministratore, citiamo un episodio che si è svolto in due tempi a Palermo. Da fanatico per le opere di Mozart, nel giorno onomastico del principe ereditario, il Pisani aveva indirizzato l’omaggio da tenersi nel Real Teatro Carolino di Palermo, suggerendo la rappresentazione dell’opera mozartiana La scuola degli amanti. Ma il pubblico palermitano accolse male l’esibizione e lo spettacolo si dimostrò un clamoroso fallimento. Ebbene, il Pisani ne rimase mortificato, ma la sua preferenza assoluta per le opere di Mozart non fu scalfita dall’insuccesso e, qualche anno dopo, fece eseguire nello stesso teatro, spendendo di persona una ingente somma, altra opera del Mozart, Il flauto magico.Venendo all’impegno dimostrato come sovrintendente agli scavi archeologici, che Pietro Pisani condusse facendosi onore, bisognerà ricordare l’opposizione  a che le metope rinvenute dagli operatori inglesi finissero in Inghilterra. Pisani Trovò la soluzione del problema facendo realizzare copie in gesso delle due sculture, le stesse che ancor oggi sono proprietà del Museo Britannico. Inoltre si diede a scrivere un resoconto della esperienza vissuta, realizzando una monografia intitolata Memoria sulle opere di scultura in Selinunte. Un saggio che venne pubblicato nel 1824, quando gli interessi dell’Autore si erano già rinnovati modificati e indirizzati a quella che sarebbe stata l’impresa di carattere umanitario più incisiva che ne avrebbe immortalato la memoria. L’occasione è stata la direzione della Real Casa dei Matti di Palermo, incarico affidatogli dal luogotenente del Regno Pietro Ugo delle Favare, con nomina del 10 agosto 1824.
Per dare una idea dell’impresa cui si rivolse la sensibilità umana, civile  e sociale del Pisani riportiamo quanto, circa un secolo dopo, nei primi due decenni del 1900, avrebbe scritto Michel Foucault, nella sua nota Storia della follia a proposito di quanto da registri memorie e testimonianze aveva potuto raccogliere per la sua opera storica. Ne citiamo uno stralcio: Colà stavano rinchiusi, ed indistintamente ammucchiati, i maniaci, i dementi, i furiosi, i melanconici. Alcuni di loro sopra poca paglia e sudicia, distesi, i più sulla nuda terra. Molti eran del tutto ignudi, vari coperti di cenci, altri in schifosi stracci avvolti; e tutti a modo di bestie incatenate, e di fastidiosi insetti ricolmi, e fame e sete, e freddo, e caldo, e scherni e strazi, e battiture pativano. Estenuati gli infelici, e quasi distrutti gli occhi tenean fissi in ogni uomo che improvviso compariva  loro innanzi, e compresi di spavento per sospetto di nuovi affanni, in impeti subitamente rompeano di rabbia e di furore.
Assumendo la direzione di quel luogo di strazio umano e di orrore il Pisani fece per prima cosa togliere le catene e rifocillare “con alimenti ricreativi e e soavi liquori”. Quindi si preoccupò di redigere un regolamento rivoluzionario che intitolò Istruzioni per la novella Real Casa dei Matti (pubblicata nel 1927).  Una serie di innovazioni e “applicazioni” che fecero scrivere a Michele Palmieri nei suoi Souvenir: “Nel Paese più arretrato d’Europa, c’è il manicomio più avanzato d’Europa” .         
Insomma, un siciliano che nella Palermo d’inizio 1800, svolge istintivamente un’opera innovativa per la cui realizzazione ha dovuto lottare con decisione e senza cedere nulla del programma umanitario cui si ispirava. Restano tra le tante testimonianze “storiche” anche lettere del Pisani ad autorità e amici di quegli anni, lettere che puntualmente continuava a firmare come “Il primo pazzo della Sicilia”.
Questo bizzarro vanto fin dal giorno in cui aveva messo in mostra negli uffici della struttura della Real Casa dei Matti, il ritratto del Beato Giovanni Liotta, da Acireale, pazzo furioso,  il quale  – come ha ironicamente ricordato Leonardo Sciascia ne “La corda pazza”, riprendendo l’episodio e citando dall’originale: “Spinto dall’ira celeste aveva ucciso con un pezzo di canna infradicita, il suo custode che voleva bastonarlo.
Che sia originato dal vezzo di Pietro Pisani di firmare attribuendosi la qualifica di pazzo, il proverbio che proclama: I pazzi sono quelli che con le loro pazzie aprono le vie che percorreranno i savi dell’avvenire? Ma no! Meglio concludere col doveroso ricordo di Pietro Pisani come di un grande e generoso siciliano dalle intuizioni artistiche geniali e dall’animo aperto ad amare il mondo nel quale era vissuto, in armonia con il suggerimento che si legge nei Vangeli, quello di operare in modo di contribuire a lasciare migliorato l’ambito nel quale si è vissuti, rispetto allo stato in cui era al momento in cui era stato trovato.
Mario Grasso