Le identità nascoste nella campagna per il rilancio del turismo in Sicilia

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Non si è ancora spenta l’eco delle polemiche suscitate dalla nomina al vertice dell’Assessorato ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana del giornalista e saggista palermitano Alberto Samonà, a causa della sua appartenenza alla lega Nord di Matteo Salvini,

e ancor più per certe manifeste-tendenze filonaziste, che nuovamente i social media sono stati inondati di scambi di opinioni più o meno moderati in merito alla presentazione del nuovo logo, o come è stato in un secondo momento specificato, della scritta che accompagna la campagna per un rilancio del turismo in Sicilia, promossa dal competente Assessorato della Regione Siciliana.
In effetti dopo aver letto almeno qualche centinaio di volte che un logo per definirsi tale deve possedere caratteristiche che la scritta in questione non presenta (trattasi del nome della nostra amata isola formato da lettere maiuscole colorate, suggestive delle nostre sfumature – questa la spiegazione fornita dai suoi promotori)  decidiamo di schivare a piè pari la controversia sulla bontà ed efficacia di un siffatto logo dato che di logo non si tratta e sia fatta la pace.
Decidiamo pure di schivare la questione “novità”; ormai tutti sono stati informati della frequenza con la quale il lettering colorato è giá stato utilizzato in passato a scopi commerciali, non solo turistici peraltro, ma principalmente. Se vi è un grande merito dei social è proprio quello di riuscire a diffondere informazioni ad un pubblico ampissimo ed in tempi brevissimi. Personalmente dubitiamo che tra coloro i quali hanno scoperto la somiglianza (indiscutibile) della scritta in questione con quelle di altri luoghi ed eventi, vi siano poi cosi tante persone che sono state ad Aruba o in Israele o all’Expo di Milano. Dunque il fatto di poter valutare e criticare la suddetta somiglianza è interamente dovuta all’informazione via web. La più democratica, senza ombra di dubbio.
Certo il fatto che altri paesi abbiano utilizzato, anni addietro, lo stesso stile per le loro scritte (ma magari per loro erano loghi, chissà) può voler dire due cose: che questo stile ottiene consensi e dunque si ripete in quanto piace, un po’ come il tormentone degli spot con le immagini girate dai droni e montate in sequenze accelerate; oppure può voler dire che quelle sfumature suggeriscono si, la luce, il blu dei fondali, i colori degli agrumi e degli alberi siciliani, ma anche quelli di altri posti.
E qui veniamo al dunque della nostra riflessione: si perché abbiamo detto che non ci interessa disquisire su bontà e novità ma vorremmo chiedere al lettore, come noi ci siamo chiesti, se esisteva, infine, a suo giudizio qualcosa da potersi sintetizzare in una scritta o in un logo, poco importa, qualcosa insomma che riuscisse ad esprimere in modo inequivocabile, e quindi valido stanti le regole del marketing e più specificatamente del destination marketing (strategia per favorire il successo commerciale di una destinazione) la nostra isola e i suoi valori.
Sembra una questione di lana caprina ma… ci abbiamo provato? Certo qui si scatenerebbero gli ingegni e le menti filosofiche ad ogni latitudine, oltretutto la Sicilia esporta soprattutto quelle, e lo diciamo senza alcuna ironia anzi, con orgoglio.
Se esistesse quell’unico simbolo, quel segno, grafico o pittorico, che può servire allo scopo, allora saremmo a metà dell’impresa. Forse, una volta scopertolo, si potrebbe semplicemente aggiungere alla scritta e avremmo il logo (e la scritta, i due insieme), e magari qualche mente più geniale del genio riuscirebbe a trovare un segno che possa adattarsi a stare all’interno della scritta stessa: qualcosa che sostituisca una lettera lasciando la scritta leggibile e comprensibile.
Geni di tutto il globo terraqueo siete ufficialmente invitati. Cosi, per gioco, perché la scritta già c’è e non si tocca! Ma hai visto mai? Si trova qualcosa che la renda ancora più un successo.
Ma, ritorniamo a chiederci, esiste un segno simile? Non sarà che la Sicilia è troppo difficile da sintetizzare in un simbolo, che anche sintetizzando al massimo non si riesce a far stare il minimo indispensabile in un logo? Già vige la guerra a colpi di arancine e arancini, la gelosia più cocente per chi sia maggiormente baciato dalla fortuna, se le spiagge fiorite dello ionio, dominate dalla maestà dell’Etna, o quelle più selvagge delle terre d’occidente con i templi superbi e il sale a specchio lungo la costa.
Insomma ci mancherebbe solo uno smacco di tale portata, che la conca del teatro di Siracusa venisse preferita alle colonne dell’Heraion di Selinunte, o che le rosse cupolette di San Cataldo venissero giudicate più rappresentative del liotru catanese o della stesso profilo del Mongibello.
E poi perché? Templi e teatri antichi oltretutto si trovano anche altrove;  certo l’Etna… beh quello ce l’abbiamo solo noi. E tanto basta? Il vulcano più alto e più attivo d’Europa ci rappresenta tutti quanti cosi che potremmo riconoscerci tutti Siciliani in un logo che sfrutti l’Etna? Rispondete voi.
Pensiamo che no. E non per invidia, pi currivu direbbe Camilleri, come magari si potrebbe pensare. No perché no. Perché siamo un sacco di altre cose e lo siamo davvero e tutte insieme. E forse è per questo che non siamo mai uniti, che non siamo d’accordo nemmeno con noi stessi, ci viene da dire. Lacerati già nella dimensione individuale, figuriamoci in quella collettiva.
Diceva Sciascia che il Siciliano è tragicamente solo, e che nella festa e nel rito ritrova un pó di quella dimensione di appartenenza a una collettività. Ritrova una identità. Che però in genere è locale. Forse dall’identità Siciliana dovremmo chiedere paradossalmente agli emigrati, a quelli che qui non vivono più e sono li a guardare la commedia dalla platea, e possono più facilmente dire se si sentono più Orlando o più Rinaldo. Noi siamo troppo impegnati a fari l’opera. E siamo ora questo e ora l’altro, a seconda della situazione.
Gentile Assessore Messina la sua proposta non ci dispiace in sé, speriamo che avrà successo con i buyers esteri, ma non si aspetti che piaccia a noi perché in quelle lettere non possiamo trovare nulla in cui riconoscerci. Salvo che nel suono di quel nome. SICILIA. Ecco forse sul suono ce la possiamo giocare. Nomina nuda tenemus (cit. Bernardo da Cluny).
Gentile Assessore Samonà, diciamo sempre che il caso è il più geniale degli strateghi, e infatti non può essere un caso che Lei sia stato nominato assessore all’identità Siciliana pur essendo esponente di un partito che già nel nome è quantomeno lontano dalla identità Siciliana. Già il fatto che vi sia bisogno di un assessorato all’identità suddetta la dice lunga. Lei è uomo di cultura, di idee lontane dalle nostre, non solo politicamente, ma certamente saprà capire dove risiedano gli universali nascosti dell’essere Siciliano oggi. Glielo auguro e spero tanto che ce ne vorrà mettere a parte.
Barbara De Gaetani