Montemaggiore Belsito, anniversario fondazione Museo etno-antropologico Giovanna Bellomo

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Sono trascorsi cinque anni dall’inaugurazione del Museo etno-antropologico “Giovanna Bellomo” di Montemaggiore Belsito.

Istituito all’interno il 1 maggio 2014 del Centro Polifunzionale “Giovanni Paolo II” con ingresso in via P. Salvatore Messina 2 attiguo alla “Biblioteca Civica Il Ponte” che può vantare una sede definitiva in questa moderna struttura sin dal 2008, quando tutto il complesso fu completato. La professoressa Giovanna Bellomo fu per parecchi anni insegnante e Preside dell’Istituto Scolastico Comprensivo “Mons. Raffaele Arrigo”, prematuramente scomparsa. Gli oggetti in esso contenuti sono stati raccolti dal prof. Leonardo Runfola che per volere dell’Amministrazione dell’epoca, si decise di mantenere stabilmente all’interno di una adeguata struttura museale. Il Museo civico concorre a comporre la nuova rete museale madonita. Diciannove Musei delle alte e basse Madonie raccolte in un unico circuito dal nome evocativo: “Musea”. Una rete capace di mettere insieme gran parte dell’inestimabile patrimonio artistico – culturale del comprensorio imerese e madonita. Un unico logo, non a caso a forma di alveare, per rendere riconoscibile e facilmente rintracciabile ogni unità museale aderente alla rete “Musea”.
La realizzazione di questo museo, con un mondo che evoca antichi ricordi, rappresenta un importante momento di crescita culturale non solo per i visitatori giornalieri, ma anche per le future generazioni. È stato inaugurato il 1° maggio 2014, ha sede nel Centro Polifunzionale “Papa Giovanni Paolo II”. Gli oggetti schedati sono cinquecento, anche se nei depositi ne sono conservati altri.
Un museo è un luogo destinato allo studio ed alla esposizione di oggetti di interesse culturale, di testimonianze di vite vissute ma ha anche il compito di renderli visibili e promuoverne la conoscenza e la fruizione.
La concezione consolidata del museo come deposito stabile e del luogo di isolamento e di reclusione ha lasciato posto a quella attuale di centro culturale attivo al servizio della società, aperto verso l’esterno e in grado di confrontarsi con un pubblico vario comprendendo i vari interessi e i diversi modi di approcciarsi e diversificando l’offerta delle iniziative, quali mostre temporanee, itinerari e laboratori didattici per le scolaresche, centri di documentazione e di ricerca.
Un museo non è soltanto un luogo di raccolta di oggetti dotati di valore in sé ma deve essere inteso soprattutto come strumento per trasmettere messaggi ed informazioni, per “parlare” al pubblico.
Proprio con questo intento è nato il museo Civico Etnoantropologico “Giovanna Bellomo” di Montemaggiore Belsito, intitolato così per espressa volontà del marito professor Leonardo Runfola ma condivisa da tutti a partire dal Sindaco Giuseppe Scaccia e dall’Amministrazione Comunale, per ricordare una donna speciale, capace di lasciare un’impronta indelebile non solo nel cuore dei familiari ma in qualsiasi ambito culturale, scolastico, sociale.
La realizzazione di questo museo corona il sogno del professore Leonardo Runfola che, nel corso degli anni, ha raccolto e conservato con pazienza certosina ma anche con competenza, oggetti, attrezzi, ricordi che illustrano un’epoca attraverso la cultura materiale dei suoi uomini. Reperti, testimonianze abbandonati in campagna, all’interno di casolari o rimasti per decenni rilegati negli angoli bui di pagliere, stalle e solai, tra polvere, tarme e ragnatele, ritornano alla luce.
Ogni oggetto recuperato, anche se annerito dal tempo e consumato dall’uso, diventa nel cuore del professore Runfola, un gioiello da pulire, da riportare quasi all’antico splendore perché custodisce un’anima, perché rappresenta una memoria storica, perché testimonia momenti di attività di lavoro, di fatica, di sudore versato, ma anche momenti di vita quotidiana, di affetti familiari.
Sarà una vanga, un martello, un telaio, un arcolaio, un giocattolo d’altri tempo, ma è sempre un omaggio al lavoro dell’uomo, una rassegna di attrezzi utilizzati da intere generazioni nelle diverse attività: dal lavoro nei campi agli arnesi del falegname, del fabbro, del muratore, del calzolaio, alla ricostruzione di un ambiente domestico sia una cucina con i poveri arredi dell’epoca, sia una modesta camera da letto sia una stanza da lavoro, con l’immancabile telaio per creare i tessuti di una volta o i fusi per filare la lana e ottenere calde maglie per tutta la famiglia.
Santi Licata

2 COMMENTS

  1. Desiderei sapere quali sono i libri che si possono leggere tramite internet che parlano di Montemaggiore. In particolare quelli della Biblioteca civica del Ponte
    Io abito a Bergamo e sono nato a Montemaggiore
    Grazie

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