La Chiesa del SS. Crocifisso di Montemaggiore Belsito si aggiudica contributo F.A.I.

0
220

La Chiesa SS. Crocifisso di Montemaggiore Belsito vince il contributo economico del F.A.I. classificandosi al 164° posto con 2.957 voti nel 2018, per Intesa San Paolo l’importo di 5.000 euro. 

Il più antico documento relativo alla chiesa del Crocifisso di Montemaggiore ad oggi conosciuto è dell’11 di maggio dell’Anno Domini 1628. Si tratta di un atto, stipulato presso il notaio Ottavio Fera, con cui sono donate quattro case e un magazzino al SS. Crocifisso, perché il vicario, cioè in sostanza parroco, della Terra di Montemaggiore, Giuseppe Cangelosi, celebrasse nella chiesa del Crocifisso ogni anno la festa del 3 maggio, con vespro e Messa solenne. La leggenda popolare, tramandata per secoli oralmente e messa per iscritto dall’erudito sacerdote Filippo Chianchiana nel 1898, attribuisce effettivamente al Cangelosi il ritrovamento miracoloso dell’immagine, che sarebbe avvenuto presso l’antica abbazia di Santa Maria degli Angeli intorno al 1625, sotto un roveto infuocato che non si consumava. Evidente richiamo all’episodio biblico della rivelazione del nome divino a Mosè sul Monte Sinai, questo racconto coincide cronologicamente con il documento notarile citato e attribuisce a Giuseppe Cangelosi l’inizio del culto del Crocifisso a Montemaggiore. Dopo il restauro avvenuto nel 1996-97, si è potuto studiare con attenzione l’immagine, che si presenta come opera del primo rinascimento, scolpita fra il 1480 e il 1520, da autore non riconducibile ad ambito siciliano, quanto piuttosto settentrionale, forse lombardo. La famiglia Cangelosi, presente a Montemaggiore già alla fine del XVI secolo, è certamente l’artefice dell’arrivo dell’immagine a Montemaggiore e forse anche della costruzione di una prima chiesa per custodirla. In ogni caso l’attuale edificio è frutto di una ricostruzione globale, attuata probabilmente nel ventennio che va dal 1645 al 1665. L’immagine vi fu custodita in un fercolo a baldacchino con colonne tortili, fra le immagini di Maria, della Maddalena e di Giovanni. Ve ne sono sopravvivenze nell’attuale cappella custodiale, realizzata dopo il 1766, quando fu realizzato un fercolo processionale ancora più maestoso, su cui il Crocifisso viene collocato nelle due processioni annuali del 3 maggio e del 14 settembre. Col tempo la chiesa si è arricchita di opere di grande rilievo, che ne fanno uno dei maggiori contenitori d’arte figurativa del territorio madonita e del termitano. Se l’esterno si presenta decorativamente semplice e tuttavia monumentale nei volumi architettonici, l’interno è un vero e proprio scrigno di sorprese. Le statue dorate di Santa Maria Maddalena, dei Santi Cosma e Damiano e della Madonna del Carmelo, sono tutte opere della prima metà del sec. XVII, di grande raffinatezza stilistica. Nel 1732 il pittore Filippo Randazzo e il quadraturista e architetto Francesco Firrigno realizzarono e formarono gli affreschi della volta e della cantoria, tutti sul tema dell’esaltazione della Croce. Le pareti interamente dipinte ad affresco e a tempera riportano finte architetture e decorazioni barocche, forse in parte riconducibili allo stesso Firrigno. Del 1799, invece, è l’organo, realizzato da Giuseppe Fasuli e mai ammodernato nella parte strumentale, dunque, a differenza della quasi totalità degli strumenti esistenti, del tutto integro. Nel 1851 un movimento franoso di vastissime proporzioni si staccò dal Monte Roccellito, seppellendo in pochi giorni tutta la parte più antica del paese, compreso il castello-palazzo dei principi Migliaccio, ma lasciando del tutto integra la chiesa. Le carte di rilievo tecnico del tempo testimoniano come la frana si sia divisa in due braccia proprio sopra l’edificio e si sia riunificata appena sotto lo stesso, lasciandone scoperte le fondamenta. Ancora oggi è perfettamente visibile lo sbancamento del terreno e il dislivello di oltre 3 metri rispetto all’assetto originario. Oggi parte degli affreschi è stata restaurata, così come tutte le opere lignee. Rimane, però, da effettuare il recupero della preziosa volta della navata, segnata dal tempo e in attesa di un intervento quanto mai urgente e necessario.