ANDIAMO AL CINEMA – La Battaglia di Hacksaw Ridge

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La storia che va in scena è una storia realmente accaduta. Protagonista è Desmond Doss (1919-2006), fervente credente e praticante della Chiesa cristiana Avventista del Settimo giorno.
È un obiettore di coscienza (tra i primi) e riceverà la Medaglia d’Onore del Congresso degli Stati Uniti per aver salvato ben 75 soldati su un pianoro a Okinawa, in Giappone, dove ebbe luogo una delle più cruente battaglie del Pacifico e di tutto il secondo conflitto mondiale.

L’assalto dei giapponesi ricaccia gli americani sulla spiaggia, alla base della parete da scalare per raggiungere il pianoro e Doss (Andrew Garfield) protetto solo dalla sua Bibbia – avuta in dono dalla moglie infermiera, Dorothy Schutte (Teresa Palmer) – rimarrà per l’intera notte a cercare coloro che ancora sono in vita, calandoli giù con una corda, a metà tra parabola, miracolo e crudo eroismo. Li carica in spalla: una sorta di Forrest Gump con laccio emostatico e morfina da somministrare. Lì sopra prega Dio, chiedendogli di fargliene trovare uno e poi, ancora, un altro. Fino ai 75.

Buona parte del film concentra l’attenzione sulla battaglia nello stile gibsoniano: una macellazione – letteralmente – tra arti amputati e budella sparse sul terreno, in mezzo a corpi carbonizzati. Quasi un’unica, lunga scena: interminabile, da fiato sospeso. Lo spettatore, a tratti, cammina con i soldati, lì, a Okinawa.
La prima parte della pellicola, invece, è più intimistica: tenta di descrivere il personaggio e l’ambiente familiare. Figlio di un ubriacone – pur medagliato della Prima guerra mondiale – dedito alla violenza domestica, Doss si arruolerà volontario come il fratello. Ma prima incontrerà la sua futura moglie in ospedale e, entrato nell’Esercito, sopporterà le resistenze dei superiori e dei compagni: un commilitone che decide di non imbracciare un fucile non può essere di aiuto in guerra. E fa paura, non è compreso. Difficile non pensare che sia una questione di vigliaccheria. Quasi prossimo a comparire davanti alla corte marziale, un atto del Congresso ne scongiurerà questo esito, finendo per essere ammesso come soccorritore militare in fanteria.

“In un mondo che pensa da sé a rompersi, tentare di ricostruirlo non è male” è il mantra di Doss. Che aggiunge: “Non uccido, ma salvo vite”. L’aria che si respira è quella messianica del “non è possibile!”, ancor più per via della faccia da bravo ragazzo del protagonista, più adatta a scene meno cruente. Forse, prima di incedere sulla battaglia che fu degli eroi americani della Seconda guerra mondiale – terreno già collaudato della filmografia statunitense – soffermarsi con strumenti un tantino più convincenti sul travaglio interiore di Doss, avrebbe reso più solida l’intera pellicola.
Doss è un “cooperatore di coscienza” che non usa armi e non uccide, mentre i superiori – che lo appellano “fusto di mais” per la magrezza – gli dicono: “Tu pensi che la guerra vada d’accordo con te, con le tue idee?” Rimane convinto, fermamente. “Amatevi gli uni gli altri” è la sua citazione contro la barbarie bellica.
Film da vedere.
 
P.S.: il film è stato visto il secondo mercoledì del mese quando l’ingresso, in tutta Italia, è in promozione a 2 euro. Giorno feriale, ma sala stracolma. Come un giorno festivo. Esperimento riuscito. Conferma che la cultura deve essere popolare e accessibile a tutti.

Antonino Cicero
@AntoninoCicero1

 
Data uscita: 2 febbraio 2017
Genere: drammatico, guerra
Anno: 2016
Regia: Mel Gibson
Attori: Andrew Garfield, Teresa Palmer, Sam Worthington, Vince Vaughn, Luke Bracey, Hugo Weaving, Rachel Griffiths, Richard Roxburgh
Sceneggiatura: Andrew Knight, Robert Schenkkan
Fotografia: Simon Duggan
Montaggio: John Gilbert
Produzione: Cross Creek Pictures, Demarest Media, IM Global
Distribuzione: Eagle Pictures
Paese: Usa

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